In calo i protesti in Italia

Nonostante la crisi sia ancora presente nel nostro Paese, il numero dei protestati tra gennaio e maggio è diminuito di un quarto.

A rendere noto questo dato è stata l’analisi sull’andamento dei protesti nelle province italiane, su base dei dati raccolti dalle Camere di Commercio ed elaborati da InfoCamere per conto di Unioncamere.

Tra le ipotesi che possono spiegare questo andamento, c’è sicuramente la maggiore cautela che i consumatori e le imprese si assumono quando si tratta di impegni economici, anche a breve termine.
Ma esiste anche una spiegazione meno positiva, ovvero la crescente difficoltà da parte dei possibili creditori, ad accettare pagamenti ritenuti poco affidabili.

In questo scenario, che appare chiaramente determinato dalle incertezze del contesto economico, il conto degli insoluti arriva ad ammontare a fine maggio a poco più di 800 milioni di euro, contro quasi 1,3 miliardi dello stesso periodo del 2013.

Ciò significa che, tra gennaio e maggio 2014, i protesti levati nel nostro Paese sono diminuiti del 24,5% nel numero e del 36,2% in valore.
Questo calo riguarda tutte le tipologie di effetti, a cominciare dagli assegni, fino alle cambiali e alle tratte.

In particolare, gli assegni revocati per mancanza di fondi sono diminuiti del 28,6% nel numero e di oltre il 33% nell`importo (il valore medio è diminuito del 7%).

Indicatori con il segno meno anche per le cambiali. Nei primi cinque mesi del 2013 ne furono firmate oltre 424mila (per oltre 757 milioni di euro); quest’anno invece il numero è sceso a 325mila per un valore di poco inferiore ai 470 milioni di euro e un valore medio che oscilla intorno ai 1.500 euro (-19% rispetto al 2013).

Infine, in diminuzione anche le tratte, strumento di pagamento residuale ma ancora in uso nel mondo degli affari: il numero di quelle non incassate nei primi cinque mesi del 2014 è diminuito del 34,8%, così come il loro valore totale sceso di oltre il 39%.

Ciascuna tipologia di protesto incide in maniera assai differente sul totale degli effetti levati. Le cambiali superano l`80%, in crescita continua negli ultimi tempi, mentre gli assegni quasi il 20%.
Dall`analisi della composizione percentuale del valore dei titoli si nota, però, come il contributo delle cambiali rispetto all`ammontare totale scende al 58%, mentre quello degli assegni balza ad un rilevante 41%, una quota addirittura superiore di 21 punti percentuali rispetto al proprio peso sul totale dei `pagherò` raccolti dalle Camere di Commercio.

Vera MORETTI

Protesti e ritardi nei pagamenti, allarme al Sud

Il Sud a rischio per il crescere del numero dei protesti e per i gravi ritardi nei pagamenti. L’allarme è lanciato dalla società di business information Cerved: “Il peggioramento delle condizioni economiche-finanziarie delle imprese italiane, osservato da quando nella seconda metà del 2011 l’economia è rientrata in recessione, è proseguito anche nei primi tre mesi del 2012. I dati sui protesti e ritardi nei pagamenti mostrano una situazione particolarmente allarmante nelle regioni del Mezzogiorno e tra le imprese operanti nel settore delle costruzioni“.

Secondo quanto rilevato da Cerved, nei primi tre mesi dell’anno sono oltre 21mila le società cui è stato protestato almeno un assegno o una cambiale, +8,1% rispetto allo stesso periodo del 2011. “Il dato è il secondo valore più alto di un singolo trimestre dall’inizio della crisi del 2008 ed è accompagnato da un aumento dei protesti tra le imprese individuali: si contano infatti quasi 47mila imprenditori con almeno un protesto, in crescita del 3,2% rispetto al primo trimestre 2011“.

Preoccupante la situazione al Sud, mentre al Nord la situazione, benché negativa, è abbastanza stabile. Nei primi tre mesi del 2012 i protesti sono aumentati con tassi a due cifre sia nel Mezzogiorno (+13,5%) sia nel Centro (+10,6%). La diffusione del fenomeno “ha raggiunto livelli particolarmente preoccupanti in Calabria, dove l’1,9% delle imprese operative ha avuto almeno un titolo protestato nel primo trimestre del 2012 (l’1,4% del Mezzogiorno)“, afferma ancora Cerved, che prosegue: “Le difficoltà osservate per il complesso delle società non individuali non risparmiano nessun settore: la situazione più critica la vive il comparto dell’edilizia, settore in cui l’1,5% delle società operative sono state protestate nel primo trimestre dell’anno e in cui il fenomeno risulta in crescita con tassi a due cifre rispetto allo stesso periodo del 2011 (+12,5%)“. Il terziario invece “è il settore dove si conta il maggior numero di soggetti protestati: 11.500 aziende, pari allo 0,8% di tutte quelle operative, con un aumento del +8,3% sull’anno precedente“.

Ma non basta. Nel Mezzogiorno, sostiene Cerved, “il peggioramento del fenomeno dei protesti è accompagnato da un ulteriore aumento dei tempi di liquidazione delle fatture. L’attesa per i pagamenti delle società meridionali è passata da 90,4 giorni dell’ultimo trimestre 2011 a 92,9 dei primi tre mesi 2012, con un’accresciuta diffusione dei ritardi gravi che vede il 10,5% delle stesse saldare le fatture con oltre due mesi di ritardo“.

Niente di nuovo sotto il sole della crisi, purtroppo…