Il cambiamento, da minaccia a opportunità

Il cambiamento aziendale? Non è più percepito come minaccia, ma come espressione della capacità dell’azienda di essere protagonista nel mercato e di saper creare nuove opportunità per i dipendenti.

Le stesse aziende, però, nella loro evoluzione devono fondarsi su un’identità organizzativa e su valori condivisi da tutti. Sono alcune delle principali evidenze emerse dalla Survey InfoJobs sul lavoro 2016, presentata nei giorni a Milano in occasione del Forum delle Risorse Umane 2016 dal titolo “Hr transformation: soft skills, valori e reputazione aziendale per il cambiamento efficace”.

L’indagine, condotta su un campione di 26.168 candidati e 260 aziende, ha evidenziato come il processo di trasformazione interna, affrontato dal 71,3% delle aziende intervistate, sia visto come un’occasione per approcciare in modo proattivo le sfide del mercato.

Inoltre, per il 67% delle aziende e per il 51% dei candidati rappresenta la capacità di adattarsi allo scenario del settore lavorativo in continua evoluzione, un passaggio necessario per incrementare la competitività aziendale e non subire i fattori di cambiamento esterni.

La Survey InfoJobs sul lavoro 2016 ha indagato anche gli strumenti per spiegare e monitorare il processo di cambiamento, affinché sia efficace. Da una parte, hanno sempre più importanza i nuovi tool che la digitalizzazione mette a disposizione, come canali social aziendali e chat (23,1% delle aziende e 21,2% dei candidati ne sono interessati). Dall’altra, i candidati preferiscono essere informati e ascoltati attivamente sul processo di cambiamento durante le riunioni interne periodiche (74,2% dei candidati), primo strumento anche per l’84% delle aziende.

Non interessano tanto le giornate di team building, in cui invece le aziende investono e credono molto (43,5% dei rispondenti). Una evidenza confermata dall’accordo tra aziende e candidati sull’importanza di coinvolgere tutti i livelli aziendali nel processo di cambiamento (94,2% delle aziende rispondenti e 84,9% dei candidati).

Infine, InfoJobs ha chiesto chi debba essere lo sceneggiatore del cambiamento interno. Per il 48,5% delle aziende e per il 40,2% dei candidati, le Risorse Umane devono seguire tutte le fasi del processo di cambiamento e verificarne l’effettiva riuscita in tutti i livelli aziendali. In particolare per il 23,9% delle aziende, le HR hanno un ruolo determinante quali principali promotori del cambiamento e sono fondamentali nel mostrare nella pratica le caratteristiche della nuova organizzazione. Per essere efficace, il cambiamento deve diventare parte della routine aziendale attraverso comportamenti condivisi da tutti.

Sono proprio i valori aziendali, la cui interiorizzazione riveste un ruolo cruciale per il successo del cambiamento, a rendere le aziende performanti in un mercato sempre più competitivo. Come indagato dalla Survey InfoJobs sul lavoro 2016, la reputazione e l’identità aziendale sono due asset fondamentali da mettere in luce nelle offerte lavorative per poter attrarre i talenti migliori secondo il 48% delle aziende. Opinione condivisa anche dal 37,5% candidati.

Tra i valori ritenuti più utili, le aziende intervistate mettono al primo posto le soft skills, come l’innovazione (48,9% del campione), seguita dalla passione (46,9%) e dalla capacità di lavorare in team (43,9%). Diversa invece la visione dei candidati secondo cui il valore aziendale maggiormente significativo è l’attenzione al benessere dei dipendenti (citata dal 56,2% del campione), come dimostra l’importanza della tematica del welfare e dello smart working. Seguono la qualità dell’offerta al cliente e la possibilità di lavorare in team (45,4%).

Dalla Survey InfoJobs sul lavoro 2016, è emerso inoltre che i valori sono uno specchio del modello lavorativo di un’azienda. Per questo motivo, il 49,2% delle aziende li presenta durante un colloquio e il 71,7% dei candidati si informa a riguardo tramite il sito internet. È quest’ultimo infatti il canale più utilizzato dalle organizzazioni per presentarsi all’esterno, oltre alle brochure aziendali (utilizzati dal 25,4% delle aziende) e ai canali social (24,2%).

Avvocati, il coraggio di cambiare (per non soccombere)

La drammaticità dell’attuale situazione ci rende più coraggiosi; si tratta del coraggio della disperazione dettato da chi è consapevole che ormai siamo sull’orlo del precipizio.

Giusto o sbagliato che sia le coscienze assopite si risvegliano solo quando quasi tutto è perduto. Solo quando ci rendiamo conto di non avere più una pagnotta (seppure secca) da portare a casa ai nostri figli, allora siamo pronti a tutto. Ma forse è troppo tardi.


. Oggi in Italia esiste un avvocato ogni 200 abitanti, Con le liberalizzazioni ed il venire meno di ogni “limitazione” all’accesso, il rapporto sarà di 1 a 100. Su 100 cittadini quanti in un anno mediamente si rivolgono ad un avvocato? Direi non più di un 5%. Quindi, dovremo portare avanti o ancor peggio avviare uno studio potendo contare su una media di 5 clienti all’anno (i quali comunque prima di avviare un procedimento dovranno passare sotto le forche caudine dell’istituto della meda conciliazione obbligatoria rinunziando, la maggior parte delle volte, per una questione di costi a far valere i propri legittimi diritti).

Cosa racconteremo ai giovani avvocati che entusiasti delle liberalizzazioni entreranno a far parte dell’albo? Benvenuti nel mondo dei disoccupati!

Posso solo immaginare a quale livello sarà esasperata la lotta fratricida tra colleghi per accaparrarsi un cliente. E poi, trovato il cliente cosa avviene? Complice la crisi economica, complici i costi della media conciliazione obbligatoria, complice l’aumento sconsiderato del contributo unificato (ricordo che l’art. 28, Legge 183/2011 prevede l’ulteriore aumento del contributo unificato, pari al 50%, per il grado di Appello e del 100%, per i procedimenti innanzi alla Corte di Cassazione), il cliente sarà disposto ad “offrire” all’avvocato per il servizio espletato un compenso probabilmente nemmeno sufficiente per coprire le spese minime di gestione di un piccolo studio. Non solo non esistono più i minimi tariffari ma lo stesso tariffario forense è abolito (L’art. 10, co. 12, Legge 183/2011, prevede l’abolizione delle tariffe forensi dal 1° gennaio 2012).

Il rapporto avvocato-cliente sarà contraddistinto da un contrattazione al ribasso non solo del compenso ma anche delle condizioni contrattuali da applicare. Se il cliente è disposto a corrispondere un compenso di 1000 euro perché in quel momento non può oggettivamente versare una maggior somma, a quel cliente giustamente non interessa che di quei 1000 euro 200 serviranno per pagare il contributo unificato, il 23% servirà per il pagamento dell’IVA, il 4 % per la cassa di previdenza, ecc . Lui avrà corrisposto 1000 all’avvocato, perché più di 1000 euro non è in grado di corrispondere!

Evviva! Separazioni e cause condominiali a 500 euro, tutto compreso! (tratto da un sito web dell’era post liberalizzazioni). Dobbiamo forse arrivare ad augurarci che i cittadini litighino di più per poter sopravvivere come categoria? Assolutamente no visto che il legislatore ha pensato anche a questo: media conciliazione per riappacificare a forza gli animi rancorosi o ancora meglio per far desistere i potenziali litigiosi da ogni intento bellicoso.

Che Dio ci benedica e soprattutto ci dia l’intelletto per comprendere tale scempio e la forza per ribellarci.

Avv. Matteo SANTINI | m.santini[at]infoiva.it | www.studiolegalesantini.com | Roma

È titolare dello Studio Legale Santini (sede di Roma). Il suo Studio è attualmente membro del Network LEGAL 500. || È iscritto come Curatore Fallimentare presso il Tribunale di Roma; Presidente Nazionale del Centro Studi e Ricerche sul Diritto della Famiglia e dei Minori; Membro dell’AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Consigliere Nazionale AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Responsabile per la Regione Lazio dell’Associazione Avvocati Cristiani; Membro dell’I.B.A. (International Bar Association); Membro della Commissione Osservatorio Giustizia dell’Ordine degli Avvocati di Roma; Segretario dell’Associazione degli Avvocati Romani; Conciliatore Societario abilitato ai sensi del Decreto Legislativo n. 5/2003; Direttore del “Notiziario Scientifico di Diritto di Famiglia”; Membro del Comitato Scientifico dell’ A.N.A.C. || Autore del Manuale sul trasferimento dell’Azienda edito dalla Giuffré (2006); Co-autore del Manuale sul Private Equity (2009 Edizione Le Fonti). || Docente di diritto e procedura penale al Corso in Scienze Psicologiche e Analisi delle Condotte Criminali (Federazione Polizia di Stato 2005). || Collabora in qualità di autore di pubblicazioni scientifiche con le seguenti riviste giuridiche: Diritto & Giustizia (Giuffré Editore); Corriere La Tribuna (Edizioni RCS); Notiziario Giuridico Telematico; Giustizia Oggi; Associazione Romana Studi Giuridici; Il Sole 24 Ore; Studium Fori; Filo Diritto; Erga Omnes; Iussit; Leggi Web; Diritto.net; Ius on Demand; Overlex; Altalex; Ergaomnes; Civile.it; Diritto in Rete; Diritto sul Web; Iusseek.

“Datemi un punto di appoggio e solleverò il mondo”. Qual è la tua leva?

La frase pronunciata da Archimede parlando della leva rende bene come oltre alla consapevolezza di voler cambiare, la volontà duratura di attuare il cambiamento, occorra un’azione concreta che faccia da punto di appoggio per la metamorfosi di un’azienda artigianale in una PMI.

Qual è l’unicità della tua produzione o del tuo servizio? In che cosa ti distingui concretamente dai tuoi concorrenti? Qual è l’elemento che fa la vera differenza verso la tecnologia tradizionale del settore in cui operi?

Non parlo solo di output produttivo, parlo anche di processo industriale, di software sviluppati in casa, di competenze specifiche costruite sperimentando.
Non sempre le aziende artigianali brevettano quanto inventato. In altre parole, non creano una barriera all’ingresso da parte di altri concorrenti perché pensano che nessuno sia in grado di replicare quanto esse hanno sviluppato, se non a costo di ripetere tutti gli errori che l’azienda in questione ha incontrato e risolto con sforzi di ricerca e sviluppo e investendo tempo.

La leva non può essere il prezzo basso. Questo vale forse a tutt’oggi nella minuteria metallica, un settore dove il valore aggiunto è basso e dove importare dalla Cina, per ora, non è così conveniente soprattutto per i tempi di consegna e i costi di trasporto.

Ma questa azienda è esposta all’andamento delle aziende committenti che, a loro volta, subiscono l’andamento del cliente finale e del mercato. Quindi la loro posizione è debole.

Queste aziende artigiane sono alla fine della filiera, sono terzisti che subiscono le decisioni di altri. Non parleranno mai al cliente finale. Il loro interlocutore è un committente di primo o secondo livello ed è quest’ultimo che detta il prezzo di acquisto e i tempi di consegna.

L’azienda artigianale di qualità o hi-tech deve essere in grado di individuare l’elemento o una composizione di elementi che possono trasformarla in una “boutique” super specializzata.

Faccio un esempio concreto. Un’azienda artigiana afferma di aver sviluppato un know-how unico al mondo nell’incisione laser di stampi in 3D. Questo know-how è veramente unico? Sostituisce o si affianca a tecnologie più tradizionali? C’è richiesta di mercato per l’applicazione di questo know-how? A quanto posso fatturare questa unicità? Come posso raggiungere i clienti finali interessati alla mia invenzione o innovazione?

Il primo passo è comunicare questa specificità al mondo interessato. Ma per comunicare qualcosa ho bisogno di nominarla. Non possono dire: “Noi siamo gli unici a possedere queste macchine“, “Solo noi abbiamo sviluppato un tecnologia di incisione unica“. Questa non è comunicazione. Si può comunicare solo qualcosa che si riesce a definire in modo specifico.

Nel caso citato, l’azienda hi-tech ha coniato il termine Design Rendering Engineering (DRE), sotto il quale ha raccolto tutto il suo know-how di progettazione e di produzione basato sia sullo sviluppo di software che di hardware. Oggi la sua comunicazione, via media di settore, web e web 2.0, punta sull’affermazione del DRE. Nome che è stato registrato. “Senza il DRE sono solo macchine“, è un concetto che oramai distingue questa azienda da tutta una miriade di artigiani che pullulano nel settore dell’incisione (chimica) di stampi.

Hanno trovato la differenza, le hanno dato un nome e la comunicano. Questa è una leva vera per fare sviluppo.

Dott. Giulio ARDENGHI | g.ardenghi[at]infoiva.it | www.businesscoachingefficace.com | Bergamo

Business Coach professionista, affianca imprenditori di grandi aziende e di PMI, manager e professionisti affinché sviluppino risorse utili a raggiungere i loro obiettivi professionali e personali con soddisfazione, velocemente, in modo misurabile e duraturo. È specializzato nei processi di cambiamento (professionali e aziendali) e nel lancio di start-up.Dopo la tesi (IULM- Milano) sulle Relazioni Esterne del Centro Georges Pompidou (Beaubourg) di Parigi ha iniziato il percorso professionale nel settore comunicazione, per proseguire nel marketing e commerciale. É stato per 25 anni manager di multinazionali italiane e straniere. Ha lavorato e vissuto a Londra, Singapore e Seoul. Ha raggiunto la posizione di direttore generale e poi ho deciso d’intraprendere l’attività di Business Coach che gli sta dando molte soddisfazioni. Ha conseguito un advanced master in PNL, un attestato di counselling in PNL, ha seguito corsi di Gestalt, l’Hoffman Process, ed ha partecipato ai seminari di Jodorowsky. È stato docente alla Scuola di Direzione Aziendale di Torino. Ha tenuto seminari in università italiane e straniere su temi della comunicazione, dell’innovazione, gestione e motivazione della forza vendita. Giornalista pubblicista, i suoi articoli specifici e dal taglio pratico su temi applicativi legati all’area del coaching ( start-up, come diventare imprenditori di se stessi, il vero cambiamento, migliorare la propria carriera, trovare la propria vocazione, autostima e leadership) sono pubblicati anche in Internet. Unisce una solida e comprovata esperienza di campo con una meticolosa preparazione di psicologia applicata. Gli piace definirsi un enzima: acceleratore di processi di trasformazione. Il suo motto è pragmatismo col cuore.