Più città d’arte, meno mare in Toscana. La parola a Paolo Corchia

 

di Alessia CASIRAGHI

Le città d’arte, amate, celebrate e sognate dai turisti stranieri in viaggio in Italia, sono state la meta più ambita del turismo in Toscana in questa estate 2012. Più sofferente si è rivelata invece l’offerta balneare, anche se Versilia e Forte dei Marmi conservano il loro fascino immutato. Infoiva ha intervistato Paolo Corchia, Presidente di Federalberghi, per stendere insieme a lui un primissimo bilancio della stagione appena trascorsa in una delle regioni più belle d’Italia, tra speranze, delusioni e nuovi obiettivi di chi decide di fare l’imprenditore nel settore turistico.

Un primo bilancio a caldo sull’andamento, in Toscana, della stagione turistica che si sta concludendo.
E’ stato un anno difficile e tormentato. Uso questo due aggettivi perchè testimoniano una crisi del mercato interno italiano, compensato però da una decisa conferma dell’internazionalizzazione della domanda turistica in Toscana. Le città d’arte continuano ad avere un segno positivo, mentre gli altri due settori importanti per il turismo regionale, quello balneare e termale, che vivono maggiormente di mercato interno, rivelano una forte crisi. Crisi compensata in parte, per quanto riguarda certe località, pensiamo ad esempio a Forte dei Marmi, dalla forte domanda dei mercati dell’Est, russo in particolare. Sia la Versilia che l’Isola d’Elba, le località che rappresentano il nostro mercato balneare, non nascondono però in questo 2012 la crisi del mercato interno italiano.

Quali tipologie di strutture hanno privilegiato i turisti? Il piccolo albergatore riesce ancora a trovare il suo spazio? (Hotel, Bed & Breakfast, grandi catene ..)
Il 90% della nostra offerta alberghiera è fatta di piccole strutture che non superano spesso le 40-50 camere, soprattutto nelle zone balneari della Versilia, dell’Elba e in Maremma. Si tratta di imprese a conduzione familiare, che hanno registrato, soprattutto nei mesi di giugno e luglio, prenotazioni inferiori alle aspettative.

Quali aree della Regione hanno registrato il maggior numero di prenotazioni?
Direi le aree del turismo balneare che presentano un’offerta del lusso, le città d’arte, come sempre e non va male nemmeno il turismo all’aria aperta, come mi confermano i miei colleghi della Faita, la Federazione dei Campeggi. Il settore che soffre di più è invece quello degli alberghi tradizionali, con cali molto sensibili rispetto al 2011, che era stato al contrario un anno di ripresa. Parliamo di un calo che si aggira, secondo i primi dati parziali, attorno al 15%, con la parziale tenuta del mese agosto, complice il clima favorevole, e in maniera sorprendente, una certa tenuta di settembre.

L’applicazione della tassa di soggiorno ha inciso negativamente sul turismo?
E’ la voce che più ha influito negativamente: intanto perché si tratta, a nostro avviso, di un balzello medievale che colpisce un solo settore, e poi perché è assolutamente priva di coerenza nella sua applicazione. Mi spiego meglio: i territori e i comuni decidono autonomamente se adottarla o mano, si tratta di una situazione a macchia di leopardo. Ma l’aspetto più grave riguarda la finalità della tassa, che è completamente disattesa: ad oggi gli introiti generati servono unicamente a ripianare bilanci, mentre la legge direbbe e vorrebbe che venisse reinvestita nel settore turistico. In Toscana esistono degli Osservatori di destinazione turistica, in cui le imprese dovrebbero avere una voce importante: quello che chiediamo come Federlaberghi è di trasformare la tassa di soggiorno in una tassa di scopo, da reimpiegare in investimenti che guardano alla creazione di infrastrutture per il turismo, o alla promozione del territorio stesso. Ma solo in pochissimi casi riusciamo a condizionare in questo modo i Comuni.

Capitolo Imu. Che impatto ha avuto e avrà sul settore alberghiero regionale?
L’aumento rispetto all’Ici in Toscana è stato in alcuni casi superiore al 100%, per cui si è avuto un netto raddoppio rispetto alla tassa precedente. L’Imu non è però l’unica tassa ad aver pesato sul bilancio degli albergatori. Un esempio su tutti: a Forte dei Marmi c’è stato un aumento del 90% in soli due anni della Tarsu, la tassa per lo smaltimento dei rifiuti.

Il rincaro dei carburanti e la stretta del fisco quanto hanno inciso sull’ afflusso di turisti nella Regione?
Accidenti se ha influito! I rincari hanno penalizzato fortemente il turismo, sia italiano che internazionale, sia per chi ha deciso di venire in vacanza in Toscana, che per chi, una volta qui, desidera muoversi all’interno della regione.
Sono stato in questi giorni all’EuroBike sul lago di Costanza, una manifestazione che anticipa i mondiali di ciclismo che si terranno in Toscana nel 2013, un avvenimento sportivo di altissimo livello, e ho trovato un differenziale di almeno 60 centesimi al litro in meno per la benzina, passando tra Austria, Germania, tralasciando poi i prezzi della Svizzera.

Quali iniziative sono state promosse per incentivare il turismo nella Regione Toscana? Quali vorreste?
Vorremmo che ci fosse una strategia che premiasse i tre settori principali del turismo: città d’arte, turismo balneare e turismo termale. Parola d’ordine: valorizzare, entro una logica di prodotto che porti alla promozione di questi tre aspetti in maniera diversa da quello che si sta facendo ora. Ci attendono delle scadenze importanti: come anticipavo prima, i Mondiali di Ciclismo che si terranno l’anno prossimo, potrebbero trasformarsi nell’occasione per offrire un’immagine diversa e nuova della Toscana, promuovendo i percorsi in bicicletta della nostra Regione, dalla Lunigiana alla Maremma, ancora scarsamente conosciuti. Altra occasione di promozione, la presenza di un tratto della Via Francigena in Toscana, che permetterebbe di portare alla luce angoli suggestivi e finora inediti, piccoli centri, di conoscere da vicino la nostra offerta enogastronomica. Si tratta di possibilità inespresse e risorse in grado di trasformarsi in prodotto turistico, la questione è saperli commercializzare, valutando quali siano i mercati che in questo momento storico rispondono meglio.

Quanti sono i giovani che impegnati nel settore turistico o che desiderano ‘fare impresa’ in questo settore in Toscana? Esistono dei finanziamenti erogati dalla Regione per chi decide di avviare un’attività?
E’ l’aspetto più vitale di Federalberghi. Padroni di nuove tecnologie, capaci di raggiungere mercati e clienti in maniera innovativa, i giovani sono una risorsa fondamentale per noi e per il turismo in Toscana. Anche se non bisogna dimenticare che il nostro lavoro richiede doti particolari: la tradizionale capacità d’accoglienza che si eredita dalle generazioni passate. L’albergo è una passione.

Com’è attualmente l’umore dei vostri associati? C’è ottimismo, pessimismo…
Chi decide di fare l’imprenditore deve essere per forza ottimista: in questo momento gli albergatori stanno scontando la difficoltà della stagione che ci stiamo lasciando alle spalle, tra le più difficili e tormentate degli ultimi 10-15 anni. E’ evidente che non siamo soddisfatti dei risultati, ma dall’altro lato c’è anche la speranza di essere alla fine di un ciclo, e soprattutto la forza che nasce dalla consapevolezza di possedere un brand unico, che è la Regione Toscana stessa. Una regione, unica in Italia, che da sola, grazie al suo brand, potrebbe farsi promozione all’estero senza bisogno del marchio Italia. I trend di crescita della domanda estera in Toscana sono stati costanti negli ultimi 10 anni e sempre in crescita. E questo compensa anche la crisi del mercato interno.

Se potesse fare un appello al ministro Gnudi, che cosa chiederebbe come priorità per il turismo in Toscana?
La cosa più importante è la riqualificazione dell’offerta. Mi spiego meglio: molti dei nostri alberghi sono nati negli anni ’60 e hanno bisogno di riqualificarsi. La migliore forma di promozione del turismo consiste anche nell’offrire strutture eccellenti e all’avanguardia. Questo però si scontra troppo spesso con la difficoltà per gli imprenditori di accedere al credito: per cui chiederei al ministro Gnudi una detassazione degli investimenti per chi decide di ristrutturare e riqualificare la propria impresa turistica. E di diminuire la pressione fiscale. E una politica di crescita, che stentiamo ancora a vedere. Ne ho elencate troppe?

 

Auto, bene di lusso degli italiani

Qual è il vero bene di lusso per gli italiani? Gioielli, orologi, ville con piscina, cavalli da corsa? Sbagliato! La risposta esatta è: l’auto. Ma non una fuoriserie o un’auto di grossa cilindrata, no no… persino l’utilitaria è diventata un bene di lusso. Ce ne dà conferma il Conto nazionale delle Infrastrutture e dei trasporti 2010-2011, secondo il quale acquistare e mantenere un’auto si è rivelato negli ultimi 20 anni un investimento oneroso per gli italiani.

Qualche esempio? L’esborso per i soli carburanti è aumentato del 170%, passando dai 15,24 miliardi del 1990 ai 41,15 miliardi del 2010. Complessivamente per l’esercizio dell’auto la spesa è passata dai 47,28 miliardi del 1990 ai 103,71 miliardi del 2010 (il 43,81% del totale): un’impennata del 119%. Più che triplicate le spese relative all’rc auto, passate dai 5,17 miliardi del 1990 ai 15,64 miliardi del 2010.

L’ammontare complessivo delle spese per le auto a uso privato è stato stimato per il 2010, in circa 147,205 miliardi di euro. Al netto della cifra inerente gli interessi sul capitale investito, spiega il Rapporto “la valutazione delle spese di esercizio delle autovetture si quantifica, per il 2010, in 93,934 miliardi di euro dei quali circa il 44% è da attribuire a spese per carburanti, quasi il 18% a spese per manutenzione ordinaria, circa il 17% a spese per assicurazioni, poco meno del 6% a tasse automobilistiche ed il restante 15% circa a spese per il ricovero, per pneumatici, per lubrificanti e pedaggi autostradali“.

E il Codacons ruggisce. Per una famiglia media italiana, mantenere un’auto costa ormai, dopo gli ultimi rialzi della benzina, 4.010 euro all’anno, una “vera e propria stangata“, commenta l’associazione dei consumatori. Una cifra che risulta dalla somma di: 1728 euro per il carburante, 715 per l’Rc auto, 491 euro per le riparazioni, tra meccanici e carrozzieri, 222 euro tra pedaggi e posteggi, 265 euro per il bollo, 235 per le multe, 143 euro per il gommista, 126 euro per l’affitto del garage (non è calcolato il costo dell’acquisto di un box, essendo un investimento), 85 tra lavaggio e revisione auto.

And so… come direbbero gli anglosassoni? Per il Codacons, “ora che il ministero ha scoperto quello che ogni automobilista sapeva già, sarebbe bene che cercasse anche delle soluzioni, visto che la responsabilità di questi aumenti dipende in primo luogo dal Governo che non ha preso misure di liberalizzazione e che in questi anni ha aumentato ripetutamente le accise sui carburanti, l’Iva, ha indicizzato, invece degli stipendi e delle pensioni, le tariffe autostradali e, infine, in nome del federalismo, ha consentito l’innalzamento delle tasse sull’rc auto per finanziare le Province“.

Sarà un caso che il nostro articolo sulla prima stazione di rifornimento per veicoli elettrici ha avuto oltre 1100 like su Facebook? Meditate ministri, meditate…

Benzina, Italia quasi sul podio mondiale


Dopo gli ormai consueti “sconti estivi” del fine settimana praticati da Eni, Q8, Ip ed Esso – che termineranno però il 1 settembre – il prezzo della benzina continua a salire, aggiudicandosi quasi il podio mondiale (secondo una stima di Bloomberg) per il caro-carburante: prima di noi solo Norvegia, Turchia e Israele.

A pesare sul prezzo della benzina, in Italia, sono per oltre il 50% tasse e balzelli, l’ultimo dei quali introdotto proprio nei giorni scorsi per finanziare la ricostruzione post-terremoto in Emilia Romagna.

A Roma la benzina ha così toccato la soglia record dei 2 euro al litro, costringendo i cittadini a lasciare l’auto in garage o a cercare offerte o le cosiddette “pompe bianche”, cioè quei distributori senza logo che acquistano la benzina a prezzi di mercato.

In media, i prezzi per la benzina al servito sono di 1,878 euro al litro (al servito), mentre il diesel si attesta a 1,767 euro al litro, sempre prendendo in considerazione il servito. La meno cara è Eni per la benzina (1,873 al litro), mentre per il diesel vince Esso con 1,761 euro/litro. La più cara è invece Q8, con 1,888 per la benzina e 1,775 per il diesel.

Francesca SCARABELLI

Cara benzina…più ti tiri su più ci mandi giù…

 

… La voglia di vacanze.

Perché gli sconti sul prezzo della benzina devono valere solo per il tempo del week end? Perché dobbiamo ritrovarci tutti in coda alla pompa per godere di quel pieno di greggio a prezzo ribassato, tipo partenze intelligenti per le vacanze, che però, tra la crisi economica ed il costo quotidiano dell’oro nero, ci abbassano la voglia di prendere e andare? Noi ce lo stiamo chiedendo da un po’, e se lo sono chiesti anche in Federconsumatori…

Il prezzo dei carburanti continua a crescere: come sempre le reti distributive sono sensibilissime alla variazioni in aumento dei prezzi del greggio mentre sono molto poco sensibili nel caso di variazioni al ribasso della materia prima.

Così oggi siamo di fronte ad un nuovo incremento che va da 1,5 a 2 centesimi al litro, con buona pace degli sconti del weekend che, per poter influire sull’aumento dei prezzi dovrebbero essere permanenti, strutturali e praticati attraverso tutti i canali di distribuzione.

Il margine per un’ampia riduzione esiste, lo hanno dimostrato non solo gli sconti praticati dalla maggiore compagnia del Paese, ma anche la cascata di promozioni e diminuzioni dei prezzi attuate dalle altre compagnie.

Ogni nuovo aumento, per di più nel corso della settimana, quando cioè gli sconti non sono in pieno regime, è quindi del tutto ingiustificato.

A maggior ragione alla luce degli effetti e delle ripercussioni che l’aumento di tali prezzi ha sul mercato.

Non dimentichiamo, infatti, che l’incremento dei carburanti è una ulteriore spinta al generale rialzo dei prezzi, che a giugno ha già raggiunto il 3,3%, mentre proprio oggi l’Istat certifica che oltre il 35% delle famiglie ha ridotto la quantità e persino la qualità della spesa alimentare!

Gli automobilisti sono stremati: la riduzione dell’utilizzo dell’auto ha già abbondantemente superato la soglia del 25%, con un conseguente aumento delle presenze sullo spesso carente servizio di mezzi pubblici e trasporto locale.

È indispensabile intervenire immediatamente per far sì che i prezzi si attestino, una volta per tutte, su una soglia adeguata, eliminando ogni traccia di meccanismi speculativi sulla determinazione dei prezzi e bandendo dai listini l’inutile cifra dei millesimi, che ha la sola
funzione di complicare il confronto dei prezzi praticati dai diversi distributori.

Che ne pensate?

Benzina, tutti contro tutti: scattata la guerra dei ribassi

Come era prevedibile, la mossa di Eni di abbassare nei weekend il prezzo dei carburanti ha scatenato un “tutti contro tutti” a chi lancia la promozione migliore. Secondo quotidianoenergia.it, che ha monitorato un campione di stazioni di servizio che rappresenta la situazione nazionale, Eni ha fissato i nuovi prezzi di benzina e diesel in modalità Iperself rispetto all’andamento dei mercati: 1,580 e 1,480 euro/litro contro i precedenti 1,600 e 1,500. Ora si attendono le mosse delle altre compagnie, dopo che la scorsa settimana si erano mobilitate solo Esso e Q8, con sconti superiori ma su un numero più limitato di impianti. Shell e TotalErg starebbero pensando di adeguarsi – la seconda anche in orario di apertura con un taglio fino ad un massimo di -15 cent – così anche Tamoil.

Questa l’analiso puntuale di quotidianoenergia.it: “Raffica di ribassi per i prezzi raccomandati dopo l’intervento del market leader e sull’onda del trend di continua discesa delle quotazioni dei prodotti internazionali: Tamoil giù di 2 cent euro/litro su benzina e diesel, TotalErg -1,4 su entrambi i prodotti, Shell -1,5, Q8 -1 ed Esso -0,5 -continua la nota-. Prezzi praticati serviti non riflettono le iniziative sul self ma sono comunque in calo. Scendono pure le no-logo. Gpl, in particolare, con prezzi in forte calo. I prezzi medi nazionali sono oggi a 1,816 euro/litro per la benzina, 1,705 per il diesel e 0,808 per il Gpl. Punte massime tutte in calo per la verde a 1,898 euro/litro, il diesel a 1,742 e il Gpl a 0,832. Più nel dettaglio, a livello Paese il prezzo medio praticato della benzina (in modalità servito) va
dall’1,802 euro/litro di Eni all’1,816 di Tamoil (no-logo giu’ a 1,699). Per il diesel si passa dall’1,694 euro/litro di Eni all’1,705 di IP (no-logo a 1,564). Il Gpl infine è tra 0,769 euro/litro di Eni e 0,808 di IP (no-logo a 0,769)“.

Per una volta una guerra che fa bene a imprese e cittadini.

Il caro benzina influisce anche sul caro spiaggia

Per quest’anno non cambiare, stessa spiaggia stesso mare? Dipende. Da cosa? Da chi se lo potrà permettere, ovviamente.

Con la bella stagione in arrivo c’è chi comincia a pensare alle vacanze e se già l’anno scorso il prezzo di una giornata al mare aveva segnato un consistente incremento, questo 2012 non è da meno. Sì perché secondo il Codacons, 24 ore tra sabbia, ombrelloni, paletta e secchiello costerà in media il 15% in più rispetto all’anno scorso.

Ma a cosa è dovuto questo rincaro? Il tutto è da attribuire al caro benzina che comporta costi maggiori in tutti i settori, con un conseguente aumento dell’affitto di ombrelloni, lettini e cabine, senza dimenticare costumi da bagno e creme solari. Costituisce un grosso problema in questo senso anche la pressione fiscale, con l’aumento dell’Iva e le nuove tasse, che determinano un incremento di spese, prezzi e tariffe.

Spiega così il presidente di Codacons Carlo Rienzi: “Una giornata al mare, comprensiva di spostamenti in automobile, affitto di lettino e ombrellone e consumazioni alimentari, costerà quest’anno mediamente il 15% in più rispetto al 2011. Basti pensare che allo stato attuale solo per la benzina occorre spendere oggi il 20% in più rispetto allo scorso anno. Non andrà meglio a chi deciderà di trascorrere le vacanze all’estero: per mete come Maldive o Messico si potrà arrivare a pagare fino a 50 euro in più a passeggero solo per l’incidenza dei carburanti.”

Veniamo agli aumenti stimati dal Codacons: il prezzo medio di un lettino vola da 9-12,50 euro a 9-13 euro, segnando una variazione fino a +4%; l’ombrellone da 10-13 euro aumenta del 7,7% (10-14 euro), mentre per l’abbonamento mensile (1 ombrellone e 2 lettini) si passa da 500-650 euro ai 500-670 euro, con un rincaro del +3%.

Per chi si potrà permettere ancora tutto questo, ecco la “stangata del bikini”: se l’anno scorso un costume da donna di marca costava tra gli 80 ai 110 euro, oggi le signore più alla moda dovranno sborsare fino a 119 euro, ben il 9% in più. Per gli uomini invece la variazione va da 5,7% a 7,6% in più, con 74-85 euro.

Sarà davvero il caso di dire “buone vacanze”?!

Giulia DONDONI

Cellulari salvi, ma ci ammazzano ancora con la benzina

L’abbiamo sfangata di poco, la tassa sugli sms per finanziare la Protezione Civile. Ma non c’è da preoccuparsi, il modo per trovare quei soldi lo hanno già ideato, i tecnici del ministero dell’Economia: si ritornerà ancora a ritoccare al rialzo le accise sulla benzina. E basta, su!

La tassa sugli sms per finanziare le emergenze, prevista nella bozza arrivata al preconsiglio dei ministri e saltata letteralmente a furor di tecnico, era infatti parti di un testo il quale prevedeva che, per reintegrare il fondo imprevisti del ministero dell’Economia con cui finanziare gli stati di emergenza in caso di calamità, il governo poteva aumentare l’aliquota delle accise sulla benzina fino a 5 centesimi, oltre a tassare fino ad un massimo di 2 centesimi (mica noccioline) tutti gli sms inviati “mediante telefono cellulare, computer o siti internet”. Telefonino salvo, dunque, ma non il serbatoio dell’auto.

Non ci stancheremo mai di ripeterlo: fino a quando la gente sopporterà di dover pagare di più per salvare l’Italia, mentre vede che i primi che dovrebbero pagare, i responsabili del baratro sul cui orlo continuiamo a ballare, fanno di tutto per conservare prebende, vitalizi, privilegi? Mentre la spesa pubblica non viene tagliata (anzi, ci sono ministri che dicono che va bene così, che la spesa è ferma e va tenuta ferma. Balle!) ma il potere di acquisto degli stipendi sì? Mentre le viene raccontato che l’Italia si sta riprendendo e invece, avanti di questo passo, entro l’anno ci sarà un’altra manovra economica per garantire il pareggio di bilancio nel 2013 che l’Europa ci chiede? Fino a quando? A nostro parere, ancora non per molto

Guardia di Finanza contro il caro-benzina

La benzina vola e le Fiamme Gialle si muovono per capire come mai ha messo le ali. La procura di Varese ha infatti avviato un’indagine nella quale le compagnie petrolifere vengono assimilate a soggetti incaricati di un pubblico servizio; così, i militari del Nucleo di Polizia Tributaria della Gdf di Varese si sono recati nelle sedi delle principali compagnie petrolifere italiane per acquisire la documentazione necessaria a verificare l’esistenza di possibili manovre speculative sui prezzi dei prodotti petroliferi. L’indagine della procura varesina ha preso il via da un esposto presentato dal Codacons, riferito a possibili manovre speculative su prodotti petroliferi atte a determinare, indebitamente, il rincaro di benzina e gasolio al dettaglio sul mercato nazionale italiano

La denuncia fa riferimento alla “violazione delle norme che puniscono la condotta di chi pone in essere manovre speculative sulle merci“. “Negli ultimi anni – si legge nell’esposto – abbiamo dovuto assistere ad un continuo, elastico speculativo margine tra il prezzo del singolo barile di petrolio e le influenze dello stesso sul costo del carburante presso i vari distributori. In particolare, avviene di sovente che il prezzo del carburante per i consumatori aumenti immediatamente ogni qual volta si verifica un incremento del costo del petrolio mentre, viceversa, tale corrispondenza viene a mancare nel momento in cui il prezzo del petrolio scende“.

In quest’ultimo caso, infatti, la diminuzione del prezzo del carburante presso i distributori è molto lento, causando un ingiusto profitto a danno dei consumatori. Inoltre tali aumenti tendono a verificarsi sistematicamente in prossimità delle cosidette grandi partenze, incrementando il sospetto che in queste occasioni vengano scientificamente poste in essere delle manovre atte ad aumentare il prezzo del bene benzina, in danno ai consumatori“.

Questa azione della Gdf è un provvedimento innovativo, sotto il profilo dell’inquadramento giuridico, poiché assimila le compagnie petrolifere a soggetti incaricati di un pubblico servizio in quanto l’attività esercitata, rivolta a un pubblico indeterminato e caratterizzata da un prodotto di essenziale utilità per i cittadini e le imprese, è soggetta a norme di diritto pubblico ed a provvedimenti e interventi da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

Nonostante l’apertura delle indagini, il presidente di Unione Petrolifera, Pasquale De Vita, si mostra sereno. Un’indagine di questo tipo “è una cosa seria e sarà fatta seriamente ed emergerà la verità. Sono molto tranquillo“.

Caro benzina, uccisi dalle accise

di Davide PASSONI

Ci risiamo. Nuovo inizio di settimana e nuovo record per benzina e gasolio. Stavolta il primato (si fa per dire…) spetta a Shell dove, secondo le rilevazioni di Staffetta quotidiana, siamo a arrivati 1,865 euro al litro per la verde e a 1,780 euro per il diesel.

Dove vogliamo arrivare? Secondo qualcuno, a 2 euro al litro per la benzina nelle prossime vacanze di Pasqua. Come sempre, in occasione di ponti, esodi, ferie assortite. Ma non diamo la colpa ai petrolieri e ai gestori delle pompe; le loro responsabilità le hanno eccome, per carità, ma vogliamo parlare di quanto incidono le tasse sul costo di un litro di carburante?

Il 58% del prezzo della benzina e il 52% di quello del gasolio è formato da tasse, un mix mortale di accise e Iva, che, nel caso della verde, su 1,80 euro/litro vale circa 1,10 euro. Tutta ciccia che finisce in tasca al fisco, leggi lo Stato ladro.

E le compagnie? Pagano la materia prima circa 60 centesimi (il 35% del totale) e hanno un margine lordo (MOL, ovvero prezzo di vendita al netto delle tasse meno prezzo della materia prima al porto di destinazione) di circa il 12,5% per il gasolio e del 7,8% per la benzina. Che, in soldini, fanno 21 cent. per il gasolio e 14 per la verde. Peanuts, noccioline come dicono gli americani.

E allora? E allora torniamo al fisco, il vero assetato, il Signore delle accise. Già, le accise… Se non fossero un furto legalizzato ci sarebbe da ridere. 0,001 euro per contribuire alla guerra di Abissinia del 1935 (è un millesimo di euro, nulla, ma c’è, Santo Dio, c’è!), 0,007 per la crisi di Suez (anno di grazia 1956), 0,005 per il disastro del Vajont (1963). Ma pensate all’accisa più grande di 0,106 euro per la missione in Libano dell’83 (finita!!), a quella di 0,051 per il terremoto del Friuli del ’76 (ricostruito tutto, e meglio di prima), agli 0,039 euro per il terremoto dell’Irpinia dell’80 (e ancora c’è gente che sta nelle baracche) e agli 0,040 euro per gli immigrati della crisi libica del 2011… Vien quasi da dire che la botta di 0,082 euro infilata nel decreto Salva Italia di Monti sono soldi ben spesi. Quasi… Perché quello che invece diciamo è: Stato ladro, ladro, ladro!

Benzina sempre più su. E io pago…

Avreste mai pensato di pagare un litro di benzina di più che un chilo di broccoli? Eppure con gli ultimi rincari del prezzo dei carburanti è così. E basta! Perché i cittadini italiani devono essere sempre i più fessi d’Europa quando vanno alla pompa a fare il pieno? Il prezzo della benzina, infatti, non si ferma più e ha raggiunto un nuovo record. Eni ha ritoccato i prezzi con una media ponderata salita nel servito a 1,801 euro/litro (+0,6 centesimi), con punte sul territorio che – per via delle accise regionali – sfondano quota 1,9 euro/litro. Naturalmente sale anche il prezzo del diesel, giusto per non farsi mancare niente, con una media attorno a 1,74 euro/litro, con picchi al Sud oltre 1,77.

Furibonde le associazioni di consumatori, oltre che la gente in fila al distributore… La soglia di 1,90 euro al litro, sottolinea il Codacons, rappresenta “una stangata che per un pieno di benzina si traduce in 19,50 euro a pieno, considerato che il 20 febbraio 2011 si pagava mediamente, con servizio, 1,510 euro al litro. Un incremento del 25,8%“. Sempre secondo il Codaconsil ministro Corrado Passera deve convocare immediatamente, ad un unico tavolo di confronto, le associazioni di rappresentanza delle compagnie petrolifere, quelle dei gestori degli impianti e le associazioni di consumatori per stabilire regole ben più efficaci” sui carburanti rispetto a quelle previste nel decreto sulle liberalizzazioni.

Ci vanno giù ancora più pesanti Adusbef e Federconsumatori: “La situazione è gravissima, è urgente sterilizzare la tassazione applicando l’accisa mobile“. E l’Adoc si mette a far classifiche; con un costo medio di 1,80 euro al litro l’Italia è diventato il Paese più caro d’Europa dove fare il pieno, per il quale si spende in media il 12% in più che nel resto d’Europa, con una differenza di 350 euro. “Un anno di rifornimenti costa in media 3.240 euro a un italiano, il 12% in più della media europea, con un aggravio di spesa pari a circa 350 euro annui – dice Carlo Pileri, presidente dell’Adoc -. L’Italia è il Paese europeo con i costi più alti dei carburanti, si spende il 10% in più che in Francia, il 7% in più che in Germania, il 20% in più della Svizzera e poco meno del 30% in più che in Spagna. Un pieno oggi costa 90 euro, in Europa mediamente si spendono 80 euro, in Svizzera si spendono circa 15 euro in meno ad ogni rifornimento“.

Si diceva dei broccoli, all’inizio… Non ci siamo inventati il paragone, lo ha cavato dalle statistiche Coldiretti, che ha rilevato come il prezzo della benzina alla pompa ha raggiunto quello di un chilo di lattuga (1,90 euro al chilo) e superato quello di broccoli, appunto, (1,75 euro al chilo), dei finocchi (1,65 euro al chilo) e delle arance tarocco (1,60 euro al chilo) tartassate dagli effetti del maltempo delle ultime settimane. Secondo Coldiretti è l’effetto più evidente dei cambiamenti in atto nella distribuzione della spesa degli italiani, per i quali la spesa per trasporti, combustibili ed energia elettrica ha sorpassato quella per gli alimentari e le bevande. Potessimo far camminare le auto con il succo d’arancia… metterebbero le accise anche su quello.