Crisi del settore automobilistico: per ora nessuna luce

Il mercato automobilistico sta attraversando un periodo di crisi dura e, per questo, le case automobilistiche stanno studiando misure per arginare la flessione della domanda senza, però, gravare sulle casse dello Stato.

Le istituzioni, per ora, non sembrano essere particolarmente sensibili alla problematica e anche la Consulta Automotive non sembra per il momento portare a risultati concreti, come è stato confermato durante il congresso “La Capitale Automobile Service“, promosso dal Centro Studi Fleet&Mobility, che si è svolto a Roma.

Massimo Nordio, presidente dell’Unrae, ha dichiarato a proposito: “Non più di una settimana fa si parlava di revisione della deducibilità e detraibilità dei costi dell’automobile, mentre oggi sembra che queste ipotesi non esistano più. Nonostante le nostre azioni continue e martellanti, spariscono gli interlocutori politici. I tavoli che si erano aperti, adesso non si aprono più. Stiamo studiando nuove strade perché non possiamo fermarci. Tuttavia noi automobilisti siamo indifesi“.

Gli ha fatto eco Gianmarco Giorda, direttore generale dell’Anfia: “Le istituzioni lavorano sulle emergenze, c’è il rischio che vedendo il segno positivo del mercato auto in gennaio possano accantonare il problema del settore. In realtà se non si inverte il trend economico generale non cambieranno neanche le performance del settore auto”.

E Saverio Greco, vicepresidente di Federauto, ha aggiunto che nel 2013 “le concessionarie sono state le uniche persone giuridiche che hanno sostenuto proporzionalmente gli acquisti con i km 0. Le auto immatricolazioni rappresentano il 15% del mercato e questa è una patologia sulla quale si deve per forza intervenire a livello strutturale”.

Fabrizio Ruggiero, presidente dell’Aniasa, ha infine voluto sottolineare che le difficoltà economiche non hanno avuto lo stesso peso su tutta la filiera: “Il noleggio riesce a gestire meglio rispetto alle case automobilistiche i periodi di crisi agendo sulla leva dell’allungamento delle durate contrattuali. E’ indubbio che il trattamento fiscale sulle auto aziendali in Italia sia penalizzante. Definire livelli di fiscalità adeguata porterebbe a un potenziale sviluppo del mercato perché le aziende clienti potrebbero decidere di allargare il numero di dipendenti a cui concedere l’auto aziendale”.

Vera MORETTI

Crisi dell’auto: i carrozzieri sempre meno italiani, sempre più cinesi

Sempre più orfani della Fiat, i carrozzieri italiani rischiano di essere assorbiti dal mercato estero. E’ il timore espresso da Leonardo Fioravanti, Presidente del gruppo Carrozzieri Autovetture ANFIA, l’associazione della case automobilistiche italiane: “dietro alla maggior parte dei carrozzieri oggi non c’è più capitale italiano, la proprietà è sempre più straniera. Un tempo tutti lavoravano per la Fiat, oggi nessuno. I committenti sono aziende cinesi. Il rischio è che un enorme patrimonio di eccellenza venga disperso“.

Dati alla mano, il comparto della carrozzeria conta oggi 3.500 dipendenti, poco meno di un terzo di 20 anni fa, quando il numero dei carrozzieri in Italia era di almeno 10.000. Anche se il fatturato supera ogni anno il mezzo miliardo di euro, il quadro complessivo del settore assume proporzioni molto differenti rispetto al passato: la ex Bertone, che compirà 100 anni nel 2012, è ormai un satellite Fiat, mentre su Pininfarina, la cui produzione è ferma, ha già messo l’occhio il finanziere bretone Vincent Bolloré. In materia di acquisizioni, l’Italdesign di Giorgetto Giugiaro è ora di proprietà di Volkswagen, mentre l’Idea, che ha in Cina una sede operativa e rapporti con la Chang’an, è stata rilevata dalla società Quantum Kapital. Costretta al fallimento invece la Carrozzeria Maggiora.

Quella dei carrozzieri italiani come produttori dell’alta moda dell’auto, autosufficienti è un’esperienza conclusa” ha sottolineato Giorgio Airaudo, responsabile Auto della Fiom, “Torino ha perso una grande occasione perché aveva un’alta concentrazione dal punto di vista progettuale e industriale. I buoi sono ormai scappati e la classe dirigente piemontese rischia di non governarne neppure gli effetti“.

Un tempo tutti lavoravano pressoché per la Fiat, oggi quasi nessuno” spiega Leonardo Fioravanti, “la parte manifatturiera che ci caratterizzava è scomparsa perché con la lean production le grandi case automobilistiche realizzano da sole le piccole-medie produzioni. Il comparto però non è finito: la parte creativa c’é ancora ed è riconosciuta a livello mondiale. In fondo le acquisizioni fatte da società automobilistiche di livello mondiale sono una conferma di questo, e dietro ai più bei modelli prodotti ci sono degli italiani.’

Ma quali sono le prospettive per il futuro del comparto carrozzeria in Italia? I carrozzieri non potranno di certo sparire, ma la loro sopravvivenza dipenderà anche dal sostegno che l’intero sistema darà alla filiera. “Tramite la partecipazione attiva al Tavolo Istituzionale per la Ricerca Automotive avviato a ottobre 2009 – ricorda Fioravantil’Anfia nel 2010 ha presentato formalmente al ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca un Piano strategico di filiera, costituito da 23 progetti, tra cui il progetto Tris, per realizzare un veicolo ibrido o elettrico, ultra low cost. Un progetto che richiede 10 milioni di euro in due anni e che, per la prima volta in 100 anni, vede una collaborazione fra i carrozzieri italiani. Purtroppo, per ragioni varie, finora è rimasto nel cassetto. Eppure servirebbe a far crescere l’occupazione e a rimettere in funzione gli stabilimenti. Siamo una risorsa del made in Italy, un fiore all’occhiello, abbiamo tutto il diritto di dire ‘dateci una mano’ per resistere e contribuire alla crescita.’

Alessia Casiraghi