Imposte patrimoniali, croce degli italiani

Quanti italiani, privati cittadini o imprenditori, hanno avuto a che fare nella vita con il salasso delle imposte patrimoniali? Moltissimi, pensiamo, per la gioia soprattutto dello Stato. Secondo una ricerca condotta dall’Ufficio Studi della Cgia di Mestre, nel 2013 le imposte patrimoniali che pesano sui contribuenti italiani hanno portato nelle casse dell’erario la bellezza di 41,5 miliardi di euro. Secondo l’Ufficio studi, la situazione per l’anno in corso è destinata a peggiorare ulteriormente.

L’Ufficio Studi della Cgia di Mestre ha considerato nella sua ricerca le seguenti imposte patrimoniali: imposta di registro e sostitutiva; imposte di bollo; imposta ipotecaria; diritti catastali; ICI/IMU; bollo auto; canoni su telecomunicazioni e RAI; imposta sulle transazioni finanziarie; imposta sul patrimonio netto delle imprese; imposta su secretazione dei capitali scudati; imposte sulle successioni e donazioni; imposta straordinaria sugli immobili; imposta straordinaria sui depositi; imposta sui beni di lusso.

Dopo un’attenta analisi, l’Ufficio Studi ha rilevato che nel 2012 il gettito delle imposte patrimoniali è cresciuto, rispetto al 2011, di 13.950 milioni di euro (+46%) e che nel 2013 si è registrata una temporanea flessione dovuta principalmente all’abolizione dell’Imu sulle abitazioni principali.

Proprio l’Imu è, in termini di gettito, l’imposta più onerosa per le gli italiani: lo scorso anno ha garantito alle casse dello Stato e dei Comuni la bellezza di 20,2 miliardi di euro. Molto a distanza seguono l’imposta di bollo (6,6 miliardi), il bollo auto (5,9) e l’imposta di registro (4,3). Una classifica poco invidiabile, questa delle imposte patrimoniali riscosse dallo Stato italiano, che l’Imu si aggiudica a mani basse

Secondo il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi, “con l’introduzione della Tasi nel 2014ritorneremo a pagare quanto abbiamo versato nel 2012: attorno ai 44 miliardi di euro. Si pensi che dal 1990 il gettito è addirittura quintuplicato. Le più onerose sono l’Imu, l’imposta di bollo, il bollo auto e l’imposta di registro: i versamenti di queste quattro imposte incidono sul gettito totale per oltre l’89%”.

Imu, rischio collasso per i Caf

L’incertezza sulle modalità di pagamento della seconda rata dell’Imu è come una valanga che lungo la sua corsa trascina con sé tutto quello che trova e che si ingrandisce sempre di più, mano a mano che prosegue sul suo cammino. Un esempio? L’allarme arrivato da Unimpresa.

Secondo l’associazione che costituisce il sistema di rappresentanza delle micro, piccole e medie imprese così come individuate dalle norme dell’Unione Europea, è allarme nei Caf (i centri di assistenza fiscale) per il calcolo della seconda rata Imu. L’approvazione del decreto legge che cancella, solo parzialmente, il versamento di dicembre sulle abitazioni principali, è arrivata infatti troppo a ridosso delle scadenze.

Ma soprattutto la confusione generata dalla norma che consente ai comuni di far pagare la quota di imposta relativa all’eventuale aumento stabilito nel 2012 e nel 2013 rispetto all’aliquota ordinaria (4 per mille) rende molto probabili errori nella determinazione degli importi da pagare entro il 16 gennaio. Con l’elevatissimo rischio di dare il via a un contenzioso di grandi proporzioni tra contribuenti e amministrazioni locali. Sono 900 Centri di assistenza fiscale, distribuiti in 60 province in tutta Italia, che aderiscono a Unimpresa.

Il decreto legge approvato mercoledì, ricorda Unimpresa, prevede il pagamento per la quota di Imu superiore alla aliquota base fissata al 4 per mille; i proprietari di abitazioni principali dovranno corrispondere ai comuni il 40% di questa eccedenza mentre il restante 60% è a carico dello Stato. Su 8.000 comuni complessivi, finora sono stati approvati circa 4.000 regolamenti Imu: c’è tempo fino al 5 dicembre ed è molto probabile che si assisterà ad aumenti selvaggi. I bilanci delle amministrazioni locali sono in rosso e l’opportunità offerta dal Governo col decreto approvato mercoledì consente di fare cassa rapidamente. Il decreto, infatti, fa scattare il prelievo extra sia per i comuni che hanno deliberato l’aumento dell’aliquota nel 2013 o devono ancora farlo, sia per i comuni che hanno confermato una aliquota superiore a quella base approvata lo scorso anno.

L’altro grave problema ricordato da Unimpresa, è la determinazione degli importi, considerato che il decreto Imu prevede che solo una parte (il 40%) dell’imposta si effettivamente pagata. “Il decreto – osserva il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardiè una barzelletta. In un colpo solo sono stati spostati due termini, quello per le delibere comunali e quello per il versamento, ed è stata portata dal 16 dicembre al 16 gennaio la scadenza per i versamenti. E poi c’è l’aspetto politico. Il Governo di Enrico Letta si è rimangiato la promessa e alla fine, anche se per cifre non rilevanti, obbliga le famiglie a una ministangata”.

Imurtacci vostri! L’imposta sugli immobili è sempre più un caos

di Davide PASSONI

Siamo veramente il Paese di Pulcinella. Neanche sulla tanto contestata Imu il governo è riuscito a dare una risposta chiara e definitiva. Va bene che in Italia ammazza quasi di più l’incertezza fiscale che il fisco stesso, ma con l’imposta sulla prima casa il governo ha sfiorato ancora di più il ridicolo.

Dopo la pubblicazione dei decreti sulla Gazzetta Ufficiale è infatti ancora più chiaro il caos che regna in materia. Prima la parte della seconda rata a carico dei cittadini, adesso la clausola di salvaguardia posta a garanzia dell’incasso, per cancellare la prima rata. Una mossa che prevedeva che il gettito in sarebbe arrivato dalla sanatoria sui giochi on line (600 milioni) e dalla maggiore Iva incassata dopo l’accelerazione dei pagamenti dei debiti della PA. (925 milioni). Ma, almeno per i giochi, non sarebbe andata come il ministro Saccomanni sperava, avendo incassato poco più della metà di quanto previsto; in sostanza, mancano i soldi: scattano quindi gli aumenti degli acconti Ires-Irap (per le aziende) e delle accise (gas, energia, alcolici ma non benzina, almeno per ora…).

Insomma, buio totale. Ecco perché questa settimana noi di INFOIVA cercheremo di capirne di più. Perché se, come detto all’inizio, l’incertezza fiscale è, sia per le imprese sia per i cittadini, quasi più dannosa della marea di tasse stessa, non possiamo arrenderci al fatto di essere trattati come sudditi. Il nostro compito è quello di mantenere alta l’attenzione: sudditi sì (purtroppo), scemi no.

Stop all’Imu sulle case, su l’Imu sui capannoni?

Una delle asimmetricità più evidenti della battaglia sull’Imu che si sta combattendo in questi giorni è quella relativa alle tipologie di immobili che potrebbero essere esentate dal pagamento dell’imposta. Se si va sempre più decisamente verso una sospensione della rata di giugno per le abitazioni principali, capannoni e immobili adibiti ad attività produttive continueranno a pagarla.

Purtroppo però la notizia che circola ultimamente è ancora più devastante per le piccole e medie imprese e per i professionisti: l’eventuale abolizione dell’Imu sulla prima casa potrebbe essere finanziata con l’aumento dell’imposizione sulle attività produttive. Un’ipotesi che ha fatto andare su tutte le furie il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi: “Se fosse confermata, tale ipotesi sarebbe drammatica per le casse di milioni di piccole imprese, che sono sempre più a corto di liquidità. Si pensi che nel passaggio da Ici ad Imu, nel 2012 gli imprenditori hanno visto raddoppiare il prelievo sugli immobili“.

Un aggravio che si somma a quello complessivo del 2013 quando, con l’aumento di 5 punti del coefficiente moltiplicatore dell’Imu (60 a 65 punti), l’imposta sui capannoni costerà alle imprese circa 270 milioni di euro in più rispetto al 2012.

Come sarebbe possibile accettare un ulteriore aumento della tassazione sulle piccole attività, quando il Pil quest’anno registrerà una contrazione del -1,4%, i consumi delle famiglie del -1,6% e la disoccupazione salirà all’ 11,9% – commenta ancora Bortolussi? Oggettivamente, non è possibile pensare di uscire da questa situazione di crisi diffusa se si continuano a penalizzare le imprese“.

A supportare questa conclusione, tanto limpida e banale quanto poco tenuta in considerazione dal governo, la CGIA ricorda che gli alberghi sono stati gli immobili a destinazione produttiva che hanno pagato l’Imu più pesante: mediamente 11.429 euro (+4.740 euro rispetto al 2011). Dopo gli alberghi vengono i 7.325 euro della grande distribuzione (+3.020), i 5.786 euro dei capannoni (+2.385 euro), i 3.352 euro dei piccoli industriali (+1.376), i 1.835 euro degli uffici dei liberi professionisti (+1.030 euro), gli 894 euro dei commercianti (+494 euro) e i 700 euro i laboratori artigianali (+338 euro). Si può andare avanti così?

L’ABC dell’Imu

Ecco una piccola guida all’Imu, giusto per capire come funziona, che cifre fa girare e quanta gente guarda a una sua sospensione come a una salvezza per le proprie tasche.

Chi è tenuto a pagare l’Imu?
Decono paga l’Imu tutti i proprietari di immobili, compresi terreni e aree edificabili, di qualunque destinazione d’uso. Deve pagare l’Imu chi è in possesso di immobili già soggetti a Ici ma, a differenza dell’Ici, anche i fabbricati rurali ad uso strumentale vengono considerati tassati.

Quanti sono i comuni che hanno deciso di ritoccare le aliquote?
Il 17,8% dei Comuni ha aumentato l’aliquota Imu fino a un punto percentuale, il 7,5% ha elevato l’aliquota di 2 punti. Oltre il 25% del gettito derivante dall’aumento delle aliquote dei Comuni proviene da sole cinque città: Roma, Milano, Torino, Napoli e Genova.

Entro quando bisogna pagare la prima rata dell’Imu?
La scadenza è fissata per il 17 giugno (perché il 16 è domenica), ma è quasi sicuro che ci sarà una sospensione del pagamento della prima rata sull’abitazione principale per decreto legge. Un intervento che vale da due miliardi di euro.

Quanto ha incassato lo Stato nel 2012 dall’Imu?
Il gettito totale è stato pari a 23,7 miliardi. Di questi, la quota di maggior gettito che deriva dalle aliquote maggiorate fissate dai Comuni è stata pari a 3,8 miliardi, per cui il gettito Imu ad aliquota standard è stato di circa 19,9 miliardi.

Quanti saranno gli italiani interessati dalla sospensione?
Saranno circa 20 milioni di appartamenti, nei quali cui vivono 45 milioni di abitanti.

Quanti sarebbero i mancati introiti dei Comuni qualora fossero bloccati i versamenti Imu?
Per Roma saranno 283 milioni, per Milano 70 milioni di euro, per Torino 85 milioni.

Rispetto agli altri Paesi come è in Italia la tassazione degli immobili?
Oggi è sopra la media Ocse (1,1% del Pil), pari all’1,5%. Fino al 2011, dopo l’abolizione dell’Ici, l’Italia era il Paese con la minore tassazione della proprietà. Rielaborando i dati forniti dall’Ocse e dal ministero dell’Economia, l’Italia resta sotto il livello di tassazione britannico (3,5%), americano e canadese (circa il 3%), francese (2,5%).

Che cosa è l’ipotetica tassa Ics?
È una sorta di Imu 2.0. Ics è l’acronimo di “Imposta casa e servizi” e dal 2014 potrebbe sostituire Imu, Tares, imposta di registro e addizionale comunale Irpef che sarebbero rimpiazzate da un unica imposta.

Stop all’Imu, quanto vale?

di Davide PASSONI

Tra una schermaglia e l’altra in Parlamento, quanto vale veramente una possibile abolizione dell’Imu? Se lo chiedono in tanti, imprese e cittadini, che guardano alle decisioni che prenderà in merito il Governo con un misto di ansia e apprensione.

Per molti, la cancellazione o, quantomeno, il rinvio della rata di giugno significa una piccola o grande boccata di ossigeno ma per le casse dello Stato può fare una differenza enorme. Se, come è ormai chiaro, la tassazione sulla prima casa dovrà essere rivista e alleggerita non di poco, la sospensione del pagamento di giugno può dare tempo all’Esecutivo di intervenire in tal senso per eliminare l’obbligo del pagamento almeno per le fasce di reddito più basse.

In ogni caso, vuoto per pieno, si parla di circa 2 miliardi di euro dei complessivi 4 che l’Imu vale. L’acconto Imu si dovrebbe pagare entro il 17 giugno e dovrebbe essere calcolato sulle nuove aliquote decise dal proprio comune, purché la delibera sia adottata e inviata al ministero delle Finanze entro il 9 maggio e pubblicata sul sito del ministero entro il 16. Qualora ciò non venisse fatto, l’acconto sarà calcolato in base alle aliquote 2012, con un adeguamento alle eventuali nuove aliquote che avverrà al saldo di dicembre.

Come fare dunque? È probabile che una ipotetica rimodulazione dell’Imu per fasce di reddito porti a una manovra che aumenti le detrazioni sull’abitazione principale insieme a una scontistica sui carichi di famiglia favorevole ai nuclei familiari più numerosi. Un’operazione fattibile, che porterebbe a un costo costo finale che oscillerebbe tra 2 e 2,5 miliardi. Insomma, ci saremmo.

Un’altra strada è quella della riduzione dei coeffecienti di calcolo dell’Imu a favore della fasce di contribuenti più deboli. Tra i quali, ahinoi, non sembra possano figurare le imprese sui cui immobili, nel 2013, i Comuni potranno solo innalzare le addizionali. Se da una parte si vuole quindi aiutare le famiglie a mantenere liquidità per incentivare una ripresa dei consumi, dall’altro il tessuto produttivo italiano continuerà a rimanere fortemente represso dall’Imu. Con buona pace della ripresa.

Ah, e che succederebbe se, come vuole il Pdl, l’Imu sulla prima casa fosse abolita del tutto e fosse restituito ai cittadini quanto pagato nel 2012? Lo Stato dovrebbe scucire circa 8 miliardi di euro. Fattibile? Nella cifra sta già la risposta.

Imu, ci risiamo. Resta o viene tolta? Meglio rimodularla

di Davide PASSONI

E adesso vediamo un po’ che cosa succederà con l’Imu. Una delle imposte più detestate dagli italiani, introdotta dal governo Monti come condizione necessaria per risollevare un’Italia sull’orlo del baratro e accettata dai più come si ingoia una medicina amara – è per il mio bene, si pensa… -, adesso torna a essere materia di stabilità di governo, più che fiscale.

Da una parte, una delle prime dichiarazioni del neo primo ministro Enrico Letta era stata quella che l’Imu sarebbe stata cancellata, salvo poi dire prorogata la prima rata di giugno, poi congelata… Insomma, dichiarazioni da campagna elettorale più che da programma di governo, che hanno subito dovuto fare i conti con la necessità di reperire da qualche parte l’eventuale gettito Imu mancante (circa 4 miliardi) e con le minacce di Berlusconi.

Il Cavaliere, che detesta l’Imu quanto se non più dei comunisti, ha infatti subito legato l’appoggio del Pdl al governo Letta a una cancellazione (altro che congelamento o dilazione) dell’imposta. Un suo vecchio pallino che ora, sia per strategia politica o per reale questione di principio, rischia di far traballare un governo appena nato e incaricato di fronteggiare un’emergenza economica e sociale tra le peggiori di sempre.

In mezzo, come sempre, ci sono imprese e cittadini. Che, se da un lato vedono con presumibile favore uno stop all’Imu, dall’altra sono ben consapevoli del fatto che, da una parte o dall’altra, i soldi dovranno comunque rientrare. Certi che non rientreranno grazie al taglio delle spese, sono pronti a nuove imposte, per quanto il governo tenda a escluderlo.

Ebbene, questa settimana Infoiva vedrà di capire di più di questa nuova battaglia sull’Imu, partendo dal fatto che secondo noi si tratta di un’imposta che non va abolita ma rimodulata in modo da tutelare le fasce di contribuenti più deboli. Perché, così come è concepita, è di fatto una patrimoniale e di patrimoniali il nostro Paese proprio non ha bisogno ma necessita di un sistema fiscale razionale e meno oppressivo. E perché, lo ribadiamo, l’Imu è conseguenza mortale dell’abolizione dell’Ici, che chi oggi non vuole l’Imu (almeno su questo mostra coerenza) tolse in un momento in cui l’Italia non se lo poteva permettere. Più o meno come ora.