Le tasse crescono, i partiti ingrassano

di Davide PASSONI

Standing ovation per l’ennesima furbata dei partiti. C’era qualcuno disposto a scommettere che si sarebbero accordati per dare un taglio ai finanziamenti che ricevono, come richiesto a gran voce dall’opinione pubblica? Ma va! Il gran parlare di questi ultimi giorni, il riunirsi in vertici fiume, lo studiare le carte che cosa ha prodotto? Nessun taglio, of course, ma solo un’operazione trasparenza che non è null’altro che un atto di onestà e democrazia dovuto. Di ridursi il fiume di denaro, nemmeno a parlarne.

E sì che la gente è stufa. Stufa di vedere tesorieri che si fanno un tesoro personale con i soldi dei cittadini elettori, o trote che, pare, sguazzano allegramente in un lago di soldi pubblici. Stufa di vedersi aumentare le tasse, allungare l’età lavorativa, sforbiciare la pensione mentre, a palazzo, nessuna stretta ma prebende e vitalizi d’oro che continuano ad allignare, come se chi la governa vivesse su un altro pianeta.

In soldoni, ecco che cosa hanno deciso i principali partiti per rendere i propri bilanci più trasparenti: pubblicazione sul web, un Authority ad hoc, la “Commissione per la trasparenza e il controllo dei bilanci dei partiti politici” (mica pizza e fichi), composta da “alte personalità”, quasi certamente i presidenti (o da loro delegati) di Corte dei Conti, Corte di Cassazione e Consiglio di Stato e presieduta dal presidente della Corte dei Conti, l’ente “terzo” a controllare e verificare la regolarità dei bilanci dei partiti.

Qualcuno vede la parola tagli? Certo che no. Per quelli si pensa a una legge più organica per la riforma del finanziamento pubblico ai partiti. Certo, e Babbo Natale esiste. E non ci si venga a spacciare per un’operazione di coscienza la sospensione (non rinuncia…) alla prossima tranche del finanziamento pubblico ai partiti per la legislatura in corso, in arrivo per fine luglio: circa 180 milioni, secondo il tesoriere del Pd Misiani. Noccioline in confronto ai 2,2 miliardi annui che finiscono nelle tasche dei partiti. Non sotto forma di finanziamento, nooo! Quello era stato abolito da noi, stupidi cittadini, con un referendum 18 anni fa. Quello attuale, inventato per aggirare la volontà popolare, si chiama rimborso elettorale ed è dovuto per le elezioni politiche, amministrative ed europee: 4 euro per ogni avente diritto al voto, si rechi esso alle urne o meno. Capite bene: si può tagliare un simile bengodi? Mai e poi mai.

E intanto aumentano le tasse, ma la spesa pubblica non si taglia. Aumentano i sacrifici ma i partiti continuano a ingrassare. E poi si dà la colpa dello spread che risale ai cattivoni che, dall’estero, remano contro l’Italia. Sentire certe cose dalla bocca dei professori al governo, mette davvero tristezza e rabbia addosso all’Italia che produce. L’Italia che i finanziamenti li va a chiedere alle banche, non agli elettori, e si becca le porte in faccia. L’Italia che non taglia i finanziamenti ma i posti di lavoro. L’Italia che taglierebbe volentieri tante teste (metaforicamente, si capisce) che, oggi come ieri, la governano e l’hanno governata.

IMUrtacci tua! Un altro scivolone del governo Monti

di Davide PASSONI

Ve lo ricordate tutto il polverone sollevato qualche mese fa dalla decisione del Governo Monti di far pagare l’Imu agli immobili eccelsiastici che ospitino attività con finalità di lucro? Come no… Applausi, consensi, una vera e propria beatificazione del presidente del Consiglio che, in quattro e quattr’otto, aveva dato una botta a una questione che si trascinava da decenni.

Ora la sorpresa. Scopriamo infatti che, mentre la maggior parte degli italiani aspetta con timore la scadenza del 18 giugno per capire quanto dovrà versare di acconto Imu (e ancora, crediamo, non percepisce la portata della stangata che la aspetterà a dicembre con il saldo), da questa imposta sono esentati gli edifici che ospitano le fondazioni bancarie.

Sì, abbiamo capito bene. Le fondazioni bancarie non pagheranno l’Imu per gli immobili che le ospitano. Ma come, un convitto gestito dalle suore, attività evidentemente a fini di lucro, pagherà questa imposta e le fondazioni che controllano le banche (a loro volta non proprio delle Onlus) no? Plauso e merito all’opera delle fondazioni bancarie, in sé non lucrative; ma come la mettiamo con gli istituti che controllano? Mah…

Questo governo di tecnici ci lascia ogni giorno sempre più perplessi e cominciamo a credere che certe topiche e certi errori, che violano i principi di equità ed uguaglianza dei cittadini, non siano più errori dovuti a inesperienza politica quanto degli scivoloni dovuti a disattenzione. Ma è mai possibile che anche sotto la guida dei professori la spesa pubblica stia continuando a crescere? E’ mai possibile che l’Esecutivo sostenga di non poter tagliare la spesa corrente perché non ha avuto il mandato politico per farlo? E che cosa ce li hanno messi a fare allora ‘sti professori? Se lo facciano dare da Napolitano questo mandato politico, visto che i partiti, di destra e di sinistra, lo hanno avuto per decenni e non hanno fatto nulla, per non erodere consensi elettorali.

Dimostrino, Monti e i suoi, di avere davvero le mani libere non solo per continuare a infilarle nelle tasche di chi ha già e ha sempre dato, ma anche per tagliare spesa pubblica e inefficienze, privilegi non solo della casta, fare una seria spending review (dov’è, ministro Giarda? Dov’è?) e, con le miliardate che arriverebbero da un’azione del genere, abbassare veramente le tasse alle imprese e ai cittadini. Altrimenti la ripresa ce la sogniamo. Erodere il potere di acquisto significa ammazzare i consumi, ammazzare i consumi significa ammazzare l’economia, ammazzare l’economia significa ammazzare l’Italia.

E sorridiamo amaramente quando il premier, forse ancora scosso dal jet lag del suo viaggio in Asia, dice che in Europa la fase acuta della crisi è alle spalle. Pare di sentire il suo predecessore quando a ottobre, con l’Italia sull’orlo del precipizio, parlava di ristoranti pieni, aerei stracolmi, posti di vacanza tutti esauriti. Sveglia. Il vero bubbone sotto l’ascella dell’Italia è lì, nella spesa pubblica che NON SI VUOLE tagliare. L’evasione fiscale, al confronto, è un brufolo in mezzo alla fronte: più antiestetico e più evidente, ma forse un po’ meno mortale.

La busta? Non paga più

di Davide PASSONI

Conto alla rovescia per l’ennesima stangata contro di noi, cittadini-sudditi del Fisco. Il decreto salva-Italia, infatti, non salverà gli italiani che possono contare su un reddito fisso né gli imprenditori che vedono aumentare sempre di più il costo del lavoro e e pagano pesantemente la riforma in discussione in questi giorni in quel di Roma.

Se la prima, vera, sassata arriverà a giugno con l’Imu, già da questo mese lo stipendio dei lavoratori dipendenti e le pensioni dovranno essere zavorrate a terra, talmente saranno leggeri. Tutto merito (si fa per dire) delle addizionali regionali e comunali Irpef. I conti li ha fatti il Caf-Cisl nazionale, secondo il quale l’aumento del prelievo che scatterà per tutti sulle addizionali regionali sarà dello 0,33%. Un valore che, calato in esempi della quotidianità, significa che un lavoratore che percepisce 1.200 euro lordi al mese avrà trattenute ulteriori 51 euro in un anno, a partire da marzo. E deve sperare che il suo comune sia distratto: se ha già stabilito l’aumento dell’Irpef comunale, la trattenuta potrà arrivare fino a 98 euro all’anno.

C’è di buono che non tutte le amministrazioni comunali utilizzeranno l’aumento dell’Irpef per aumentare i propri introiti, come concesso dalla manovra di Ferragosto (opera del governo Berlusconi); una manovra che ha riconosciuto ai Comuni la possibilità di aumentare l’imposta sulle persone fisiche fino a un massimo dello 0,8%. Una manovra che lasciato più buchi che pezze e che fa sentire i sui effetti a quasi otto mesi di distanza.

Ma qualcuno pensa che qualche comune, alla fine, non aumenterà l’Irpef? Illuso! Prepariamoci, a meno che non abbiamo un reddito o una pensione talmente bassi da non pagare l’Irpef principale: in questo caso non dovremo subire aumenti di Irpef regionale e comunale. Ma dovremmo percepire una pensione massima di 7.535 euro all’anno (7.785 se over 75) o un reddito fino a 8.030 euro lordi all’anno. Praticamente 4 gatti, magari con un Suv in garage e casa a Cortina…

A proposito… Non dimentichiamo che l’aliquota base dell’Irpef è già passata da 0,9% a 1,23%, con facoltà, da parte delle regioni, di aumentarla ulteriormente all’1,73% fino a un massimo del 2,03%. Dipende dalla Regione, dipende da dove la sorte ci ha portati ad abitare. Perché con un fisco così, il caso e la sorte valgono più delle regole dell’economia.