Cosa rischia dipendente che svolge altro lavoro per la concorrenza

Oggi ci addentriamo nel mondo del lavoro, per scoprire cosa accade nei casi di quella che si definisce concorrenza sleale. Cosa rischia, dunque, un dipendente che svolge un lavoro per la concorrenza, contemporaneamente al proprio lavoro? Scopriamolo nella guida che segue.

Concorrenza sleale, cosa vuol dire

Innanzitutto, andiamo a precisare cosa si intende quando si parla di “concorrenza sleale”.

E’ una forma di concorrenza tra imprenditori, rappresentata dall’utilizzazione diretta o indiretta da parte di un imprenditore di mezzi o tecniche non conformi ai «principi della correttezza professionale» e idonei a danneggiare l’azienda di un concorrente. Questa è sanzionata penalmente, attraverso gli articoli 2598 – 2601 del codice civile.

I più diffusi esempi di concorrenza sleale sono l’utilizzo di nomi o marchi che ricordino quelli di altre aziende (inclusa, ovviamente, la contraffazione) od anche la diffusione di informazioni che gettino discredito sulle attività dei concorrenti.

Ma cosa può determinare questo tipo di comportamento scorretto da parte di un dipendente? Scopriamolo nel prossimo paragrafo

Dipendente e concorrenza sleale

Partiamo col dire che il possibile rischio di svolgere un’attività in concorrenza, per il dipendente, non è affatto remoto: sono infatti molti i dipendenti che, avendo necessità di arrotondare, svolgono una seconda attività, sia in proprio che inquadrati come subordinati o collaboratori o lavoratori parasubordinati.

Va specificato che per far si che il lavoratore violi il divieto di concorrenza, è irrilevante che col suo comportamento si realizzi una vera e propria concorrenza sleale, poiché è sufficiente solo la potenziale concorrenza con l’impresa perché il dipendente possa essere sanzionato.

Cosa rischia il dipendente che svolge concorrenza sleale

Ma quali sono, dunque, le sanzioni a cui può andare incontro un dipendente che svolge questa ambigua concorrenza sleale?

Per far si che si violi il divieto di concorrenza, non è influente l’inquadramento specifico del lavoratore, poiché conta, come riferimento, l’attività dell’azienda, e non sono considerate le singole mansioni risultanti nel contratto. Quindi, sia esso titolare o dipendente incapperà di certo nel reato di concorrenza sleale.

Nel momento in cui l’azienda applica una sanzione disciplinare per violazione del divieto di concorrenza, questa dovrà essere proporzionata alla violazione commessa dal dipendente, tenendo presente che il licenziamento è la sanzione disciplinare più grave. Ipotesi, dunque da non escludere, come sanzione del dipendente.

Poniamo ad esempio, nel caso in cui il lavoratore eserciti un’attività solo potenzialmente in concorrenza, e in maniera esclusivamente saltuaria, un licenziamento risulterebbe una sanzione eccessiva, ed il dipendente potrebbe valutare di ricorrere al giudice del Lavoro per impugnare la cessazione del rapporto.

Ulteriori delucidazioni su sanzioni del dipendente

La possibilità di evitare sanzioni è attuabile? C’è un modo per uscirne fuori per il dipendente?

Questa domanda è piuttosto lecita e trova risposta. Di fatti, l’ unica possibilità di evitare sanzioni disciplinari, per il dipendente che esercita un’attività in concorrenza, potrebbe essere costituita da un accordo con l’azienda che deroghi al generale divieto di concorrenza, anche solo limitatamente all’attività concretamente svolta dal lavoratore.

Tale accordo, assieme a tutte le specifiche del caso, deve essere redatto per iscritto, per evitare il rischio che il datore di lavoro “si rimangi la parola” ed applichi sanzioni disciplinari.

Va aggiunto che non è costuita deroga all’obbligo di fedeltà col citato accordo, bensì un chiarimento (quasi un patteggiamento) che l’attività non è considerata dal datore una violazione effettiva.

Questo è quanto vi fosse, dunque, di più necessario ed utile da sapere in merito alla concorrenza sleale attuata da un dipendente, con conseguenti rischi derivanti da essa.

Joint Venture tra società: cos’è, vantaggi e svantaggi

Sei un imprenditore e vuoi allargare i tuoi confini? Scopri tutte le opportunità che può offrirti la joint venture.

Traduzione Joint Venture

Il mondo dell’imprenditoria è in fermento soprattutto nell’era globale: le aziende che lavorano prevalentemente in Italia sanno quanto possa essere difficile restare sul mercato se lo stesso ha un respiro molto limitato dal punto di vista territoriale. L’obiettivo di molti imprenditori è allargare i propri confini e riuscire così a sviluppare idee e progetti innovativi. Una soluzione a questo problema è la joint venture.  Si tratta di una forma di cooperazione internazionale tra aziende. In realtà il contratto può essere stipulato anche tra aziende che hanno sede nello stesso Paese, ma questo difficilmente avviene. Il contratto di Joint Venture è di origine americana, non si tratta di un contratto tipizzato nel nostro ordinamento, sebbene si ritrovi uno schema simile nelle associazioni temporanee di imprese concetto che ben definisce il concetto che a breve vedremo. Per capire è bene partire dalle basi: la traduzione di joint venture è “impresa azzardata congiunta”.

Come funziona la joint venture

La definizione di joint venture si fonda su un contratto tra due o più aziende che lavorano in modo autonomo e indipendente e che, senza perdere tali caratteristiche, avviano una cooperazione, anche temporanea,  con l’obiettivo di raggiungere uno scopo comune. Naturalmente l’accordo deve stabilire tutti i termini contrattuali inerenti le rispettive funzioni e la divisione degli introiti e delle perdite. Si possono creare due forme di joint venture, la prima è la joint venture con forma societaria, in questo caso viene creato un ente terzo il cui obiettivo è perseguire lo scopo comune delle società che partecipano alla Joint Venture. In questo caso si parla anche di Incorpored Joint Venture.

Un esempio

Un esempio aiuterà a capire: due società producono auto di diversa tipologia, ad esempio la società X è specializzata nella produzione di utilitarie, mentre la società Y produce auto del segmento lusso. Vogliono produrre un nuovo modello che ha caratteristiche particolari, ad esempio un motore a idrogeno, naturalmente si tratta di un qualcosa di nuovo per entrambe e che richiede ricerca, per dividere i rischi e mettere insieme le migliori professionalità e strutture, realizzano una joint venture facendo nascere una terza società che si occupa esclusivamente della realizzazione di questo progetto, mentre separatamente continuano a produrre una utilitarie e l’altra auto di lusso. La realizzazione di una terza società, tenendo in considerazione la possibilità di scegliere una sede fiscale  autonoma per quel determinato progetto, potrebbe anche portare vantaggi fiscali.

La seconda tipologia di schema è la Contractual Joint Venture, o Unincorpored Joint Venture,  in questo caso tutti i rapporti sono regolati dal contratto, che ovviamente deve essere scritto in modo meticoloso e controllato bene, non nasce un terzo ente e questo rappresenta comunque un risparmio economico. In caso di controversie, il giudice competente nel primo caso sarà quello del territorio dove ha sede la società, mentre nel secondo caso sono solitamente le parti a stabilire la giurisdizione a cui deve essere sottoposto, ma deve essere indicata nel contratto. In caso contrario dovrà prima essere individuata la giurisdizione competente, cosa di non poca rilevanza per una concreta tutela.

Vantaggi della joint venture

Un contratto di joint venture è la soluzione ideale tutte le volte in cui si vuole partecipare a un progetto di grande respiro, ma per un’azienda farlo da sola è praticamente impossibile e si ricercano collaborazioni di tipo internazionale. Nella maggior parte dei casi questo contratto si stipula quando si hanno delle idee innovative, ma non si ha la forza per lanciarle sul mercato, oppure occorre fare molta ricerca e non si dispone del capitale necessario per poter finanziare il progetto. Tra i vantaggi della joint venture c’è il fatto che, oltre a dividere i vantaggi, si dividono pure i rischi e di conseguenza se qualcosa nel progetto va male, questa è un’ipotesi che si può sempre verificare in qualunque attività imprenditoriale, si può evitare che questo fallimento vada a travolgere tutta l’azienda anche nei settori che in realtà funzionano bene.

La joint venture ha anche il vantaggio di consentire all’azienda di avere un respiro internazionale e quindi distribuire con maggiore facilità i propri prodotti a livello internazionale, se l’obiettivo è questo è bene anche verificare prima del contratto le norme applicabili all’import/export. I vantaggi di una joint venture dipendono molto anche dal settore in cui si opera, ad esempio può essere un modo per avere a disposizione risorse e strutture che non si hanno nella propria azienda. Una joint venture fatta bene, cioè scegliendo in modo meticoloso le aziende partner e con un contratto chiaro, senza punti dubbi o oscuri, può portare ogni partecipante ad annullare i punti deboli della propria azienda e mettere in risalto i punti di forza.

Svantaggi del contratto

Come ogni contratto, anche quello di joint venture può nascondere delle insidie, proprio per questo è bene avere al proprio fianco dei consulenti che aiutino nella redazione del contratto. Tra i possibili handicap vi è il fatto che, per poter dar vita a una proficua collaborazione, è necessario condividere parte del proprio know-how, o segreti aziendali per dirla in italiano. Naturalmente questa condizione è reciproca e proprio questo potrebbe essere un freno alla concorrenza sleale da parte di aziende che, come detto fin dall’inizio, collaborano su singoli progetto e restano completamente autonome per il resto.

Per evitare questo effetto il consiglio è di inserire nel contratto una clausola di non concorrenza o main agreement, in modo da tutelarsi. Verificare costantemente l’andamento delle attività svolte in comune è sicuramente un modo per ridurre i rischi di un fallimento. Tra gli svantaggi, come detto vi può essere la mancata individuazione della giurisdizione competente a dirimere eventuali controversie, o la scelta di una giurisdizione poco favorevole alla propria posizione.

Cosa succede in Italia?

In Italia, nonostante siamo al 2021, questo schema contrattuale si può dire che stia muovendo i primi passi, tra le joint venture che in Italia hanno destato scalpore c’è quella tra Wind e 3 nata nel 2016, ma anche Fiat e General Motors. Una partnership importante nata con l’obiettivo di far conoscere il Made in Italy nel mondo è stata quella tra Barilla e Gambero Rosso.