Consulenti del lavoro e contratto a tutele crescenti

I consulenti del lavoro dicono la loro sul contratto a tutele crescenti introdotto dal recente Jobs Act. Come specificato nella circolare n. 1 del 2015 emessa dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro, il contratto a tutele crescenti costituisce, per le imprese che devono assumere, una tipologia contrattuale economicamente più conveniente rispetto all’apprendistato, purché le aziende in questione abbiano più di 9 dipendenti. Secondo i consulenti del lavoro, il contratto a tutele crescenti è applicabile anche ai dipendenti pubblici, almeno fino al momento in cui non sarà specificata la loro esclusione dal raggio di influenza della legge sul lavoro.

Siamo al quarto intervento riformatore in poco più di due anni in un settore nel quale più che le regole lavoristiche manca il terreno su cui innestare l’occupazione, che, per essere rilanciata, necessita di affiancare alle buone norme sostanziali e corposi interventi sull’economia“: queste le parole del presidente della Fondazione Studi dei consulenti del lavoro, Rosario De Luca, nella circolare in questione.

E certo – prosegue la circolare – non si potrà parlare di nuovi occupati se l’applicazione del contratto a tutele crescenti, che potrebbe risultare economicamente più conveniente di cocopro e lavoro a termine, porterà alla stabilizzazione di queste figure di lavoratori già occupati. Quelli non potranno essere considerati nuovi posti di lavoro, perché non riguarderanno gli attuali disoccupati“.

Ma va salutato con positività l’accantonamento (definitivo?) della diversificazione tra imprenditori e professionisti, che ha caratterizzato decine e decine di norme penalizzanti per gli studi professionali, perennemente esclusi da benefici e agevolazioni“, continua De Luca, che aggiunge: “Sul fronte dell’accesso non si può non sottacere che sempre il contratto a tutele crescenti è quasi più conveniente del contratto di apprendistato; situazione che può determinare il definitivo accantonamento di quello che per lungo tempo è stato il vero (se non l’unico) strumento in mano ai giovani per entrare nel mondo del lavoro“.

La circolare conclude con una constatazione quasi paradossale sulle conseguenze del contratto a tutele crescenti: “Si delinea un sistema sempre più incentrato sul rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, che va nella direzione opposta non solo delle esigenze di chi l’occupazione la crea; ma anche del volere espresso dall’esecutivo“.

Le modifiche al ddl lavoro proposte da Treu e Castro

Tiziano Treu e Maurizio Castro, relatori al ddl lavoro, hanno presentato le proposte di modifica della riforma, partendo dai salari di base dei cocopro e gli assegni di disoccupazione.

Per quanto riguarda i lavoratori a progetto, nell’emendamento si legge che il loro compenso “deve essere adeguato alla quantità e qualità del lavoro eseguito e non può comunque essere inferiore, in proporzioni di durata del contratto, all’importo annuale determinato periodicamente con decreto del ministero del Lavoro“.
Lo stipendio equo si ricava dalla media degli emolumenti minimi del lavoro autonomo e di quelli del settore privato.

Per l’assegno di disoccupazione, invece, se si considera un disoccupato che ha lavorato per 6-12 mesi, il compenso una tantum dovrebbe essere di circa 6.000 euro nell’anno successivo.
Si tratta di misure sperimentali, da attuare nei prossimi tre mesi, e che dovrebbero fruttare, per i cocopro, 100 milioni di euro complessivi.

Un emendamento, come ci si aspettava, riguarda le false partite Iva.
In questo caso, il limite minimo viene fissato a 18.000 euro di reddito lordo annuo.
Ricordiamo che, nella formulazione prevista dal decreto legge, le partite Iva andavano considerate collaborazioni coordinate e continuative nei casi in cui sussistano due dei tre seguenti presupposti: collaborazione con durata superiore ai sei mesi nell’arco di un anno, corrispettivo derivante dalla collaborazione superiore al 75% del reddito totale annuo, postazione di lavoro presso la sede del committente.
Con la proposta di Treu e Castro si passa a otto mesi e 80%.

Ma le novità non finiscono qui, perché il ddl lavoro avrebbe, tra le sue novità, anche i voucher per le imprese commerciali e gli studi professionali, che in un primo momento erano stati cancellati dal disegno di legge, ma reintrodotti grazie ad “un’intesa raggiunta tra i partiti della maggioranza e governo, si tratta di emendamenti che non sono frutto della sola intesa politica tra partiti ma anche da parte del governo”.
E i voucher in agricoltura? I relatori dei nuovi emendamenti hanno ribadito “la piena agibilità ma precisando che non si può fare ricorso allo strumento nel caso in cui il titolare sia già un lavoratore iscritto nei relativi elenchi“.

Il lavoro intermittente sarà ancora possibile tramite chiamata, che potrà avvenire anche per sms, per gli under 25 e per gli over 55.

Michel Martone, viceministro del lavoro, ha anche confermato il prossimo sblocco dei bonus di produttività, e ha indicato come proficuo il confronto con i relatori. “E’ stato fatto un discorso importante, anche sulla contrattazione di secondo livello e incentivi a produttività. Da questo punto di vista la posizione e’ di ampio respiro, soprattutto in questo momento di crisi economica. Si tratta di una misura che rappresenta uno sforzo molto importante per gli incentivare il merito”.

Vera MORETTI