Parenti: “L’imprenditoria femminile motore fondamentale per la crescita “

 

A Torino l’1 e 2 ottobre si terrà la sesta edizione del Salone Nazionale dell’Imprenditoria Femminile e Giovanile dal titolo Come cambia l’Italia? I modelli imprenditoriali emergenti, organizzato dall’Associazione GammaDonna in collaborazione con la Camera di Commercio di Torino e al suo Comitato per l’Imprenditoria Femminile. Per concludere questa nostra settimana dedicata alle imprese rosa, oggi abbiamo incontrato Mario Parenti, presidente dell’associazione che da ormai un paio d’anni promuovere la crescita del ruolo delle donne e dei giovani nel mondo delle imprese e delle professioni.

Dott. Parenti, secondo i dati resi noti dall’Osservatorio dell’Imprenditoria femminile di Unioncamere-InfoCamere, le imprese femminili rappresentano solo il 21,4% dell’universo delle imprese operanti in Italia (circa 1,3 milioni su un totale di 6). Come leggere questi dati?
Il dato percentuale – che comunque a me risulta però del 23,6% nel 2013 (fonte Unioncamere) – ci vede ben sotto alla media europea che è attorno al 30%. Per contro, se la crescita tendenziale degli ultimi anni continuasse al ritmo attuale, potremmo raggiungere il livello europeo nel medio periodo.

Tuttavia, le nuove imprese a guida femminile nascono a un ritmo superiore alla media: +0,73%. La creatività e l’intraprendenza “rosa” possono essere tra gli ingredienti principali della ripresa economica?
E’ stato stimato da numerosi economisti che un migliore e più esteso utilizzo della “risorsa” donna nell’economia potrebbe accrescere il PIL di almeno 2 punti percentuali. Il che, oltre a riequilibrare socialmente il nostro Paese, ci porterebbe di fatto fuori dalla crisi. Il 2013 ha fatto registrare 3.415 imprese femminili in più rispetto all’anno precedente: il maggior incremento si è registrato nel turismo e nelle agenzie di viaggio, ma sono cresciute anche le attività finanziarie e assicurative e i servizi alle imprese, settori questi tradizionalmente maschili. A fronte di queste notizie incoraggianti, va osservato che per il 60% le imprese femminili sono individuali, sottocapitalizzate e pertanto più vulnerabili alla crisi. Anche qui il dato confortante, che speriamo tenda a rafforzarsi in futuro, è che le società di capitali nel 2013 sono cresciute di 10.000 unità sul 2012.

Quali sono le difficoltà che una donna dove “mettere in conto” prima di aprire un’attività propria?
I dati che fornisco provengono da sondaggi effettuati periodicamente dall’Osservatorio GammaDonna sulle imprese femminili.
Le esigenze più sentite riguardano, nell’ordine, il finanziamento dell’azienda, il reperimento di personale qualificato, la scelta di partner, consulenza tecnico-amministrativa, il mentoring. Le maggiori difficoltà incontrate riguardano la burocrazia, il credito e la carenza di reti relazionali. La crescita dell’autostima è la soddisfazione più grande, seguita dalla possibilità di conciliare lavoro e famiglia, e dal raggiungimento dell’autonomia economica.

In Italia siamo molto indietro rispetto all’Europa e al resto del mondo, è solo una questione culturale?
E’ principalmente una questione culturale, con profonde radici storiche a cui si aggiunge una forte resistenza al cambiamento. Altrimenti non si spiegherebbe la resistenza del sistema ad adeguare legislazione e strutture organizzative e di assistenza ai livelli europei.

Donna, spesso moglie e madre, e imprenditrice di successo. Quant’è difficile riuscire a conciliare tutto?
Difficile ma possibile e con soddisfazione di tutta la famiglia. Lo dicono i nostri sondaggi che segnalano la collaborazione fattiva del partner nel 75% dei casi e, dato entusiasmante, che la totalità delle imprenditrici intervistate rifarebbe l’esperienza di costruirsi la propria impresa.

JM

Bernardini: “L’imprenditoria femminile è più creativa e flessibile”

Dopo aver ascoltato ieri Salma Chiosso, giornalista de La Stampa e presidente distrettuale della Fidapa, per continuare ad occuparci di imprenditoria femminile oggi abbiamo incontrato Patrizia Bernardini, responsabile del servizio Nuova Impresa di Vicenza e coordinatrice del Programma Regionale per la Promozione dell’Imprenditoria Giovanile e Femminile in Veneto.

Dott.ssa Bernardini, secondo i dati resi noti dall’Osservatorio dell’Imprenditoria femminile di Unioncamere-InfoCamere, le imprese femminili rappresentano solo il 21,4% dell’universo delle imprese operanti in Italia (circa 1,3 milioni su un totale di 6). Come leggere questi dati?
Questa percentuale non elevata di donne imprenditrici rispecchia la bassa partecipazione delle donne al mondo del lavoro in Italia, percentuale inferiore rispetto agli altri paesi europei (una media di 12 punti in percentuale sotto media UE). Sebbene le linee guida europee della politica occupazionale (proposte prima dal Vertice di Lisbona e poi nel documento Europa 2020) continuino a considerare la partecipazione femminile nel mercato del lavoro come uno degli obiettivi prioritari, grazie anche ad un maggior utilizzo di politiche di conciliazione, i passi fatti dall’Italia sono stati molto lenti.
In Italia un elemento che condiziona notevolmente l’occupazione femminile (dipendente e autonoma) è la presenza ed il numero dei figli. Così i tassi di occupazione sono inversamente proporzionali al numero di figli e le donne con figli piccoli hanno una probabilità di lavorare inferiore del 30% rispetto alle donne senza figli.

Tuttavia, le nuove imprese a guida femminile nascono a un ritmo superiore alla media: +0,73%. La creatività e l’intraprendenza “rosa” possono essere tra gli ingredienti principali della ripresa economica?
Cresce l’occupazione femminile, e crescono anche le imprese femminili. Le motivazioni alla creazione d’impresa sono diverse: talvolta è la ricerca di un reddito e di auto-occupazione, come soluzione al problema della disoccupazione. Altre volte è proprio la ricerca di una maggiore flessibilità di tempo e di una migliore possibilità di conciliare lavoro e famiglia che spinge le donne a creare una propria attività autonoma. Sempre più spesso è la volontà di mettere in gioco le proprie competenze e abilità personali, soprattutto in termini di relazioni umane e di creatività, così molte donne aprono nel settore terziario. Come indica il rapporto di Unioncamere il 70,5% delle imprese di donne si concentra nei settori dei servizi alla persona, della sanità, dell’istruzione, dell’agricoltura, del commercio e turismo, dell’intrattenimento.
Alcune indagini (ad esempio “Straordinarie imprenditrici comuni” realizzata in Veneto nel 2009) evidenziano che le imprese di donne sono state in grado di rispondere meglio alla crisi economica. Così le piccole dimensioni dell’impresa, la bassa propensione al rischio, il lavorare nel settore terziario, spesso considerate dei limiti delle imprese femminili, hanno consentito di rimanere sul mercato.

In Italia siamo molto indietro rispetto all’Europa e al resto del mondo, è solo una questione culturale?
Si principalmente culturale, che si snoda su queste questioni non risolte:
– la scarsa condivisione del lavoro di cura tra uomo e donna;
– la limitata presenza di servizi di cura, sia per i piccolissimi che per gli anziani non autosufficienti e il costo elevato di questi servizi;
– un’organizzazione del lavoro poco incline a favorire la conciliazione vita e lavoro; si potrebbe modificare il modello attraverso una maggiore flessibilità degli orari, un ampliamento dell’utilizzo del part time etc..

Donna, spesso moglie e madre, e imprenditrice di successo. Quant’è difficile riuscire a conciliare tutto?
Le donne vogliono studiare e lavorare senza rinunciare alla maternità. La conciliazione tra tempi di vita e di lavoro é difficile anche per le imprenditrici, soprattutto per quelle autonome, per le quali pesa anche la difficile sostituibilità della loro presenza, in caso di maternità.
E’ pur vero che talvolta l’attività imprenditoriale è vissuta essa stessa come un tempo di vita, che grazie ad una maggiore flessibilità rispetto al lavoro dipendente riesce ad attivare modalità nuove di gestione del lavoro di cura e lavoro in azienda. Un tempo conciliato grazie alla capacità delle imprenditrici di trattare la complessità del lavoro, aggiornando continuamente le priorità, e sviluppando molta creatività.
Questo continuo mettersi in gioco e lavoro sulle relazioni fa emergere un “modo femminile di fare impresa”, attento alle persone, ai legami sociali, all’ambiente e alla sostenibilità. E molte imprenditrici operano proprio su questi settori. Imprese di donne in grado di affrontare la difficile congiuntura economica opponendo creatività, flessibilità, reattività, empatia, sensibilità al sociale e all’ambiente.

Jacopo MARCHESANO

Il turismo è donna, boom di imprese rosa

In occasione della Dodicesima Giornata dell’Economia, l’Ufficio Studi della Camera di Commercio di Roma, per controbilanciare i drammatici dati resi noti dall’Osservatorio Confesercenti nei giorni scorsi, ha diffuso i dati della situazione regionale. Resta preoccupantemente alto il tasso di disoccupazione, mentre perdura la difficoltà di accesso al credito per le imprese (come abbiamo già specificato ieri), con una marcata contrazione dei prestiti da parte degli Istituti di credito. In controtendenza rispetto ai dati a livello nazionale, cresce il numero delle imprese: al 31 dicembre 2013 erano 465mila e di queste oltre 100mila sono femminili.

Le aziende registrate a fine 2013 si attestano a 464.986 unità (7,7% della base produttiva nazionale). Nel 2013 le iscrizioni sono state 31.598 a fronte di 23.637 cessazioni (escluse le cancellazioni d’ufficio). Il saldo risulta positivo e pari a +7.961 imprese, con un tasso di crescita del +1,7%, il terzo più alto tra tutte le province italiane e nettamente superiore alla media nazionale (+0,2%), ma in costante flessione rispetto ai valori registrati nel biennio precedente (+2,3% nel 2011 e +1,9% nel 2012).

I numeri più positivi, comunque, si registrano per le imprese “rosa”: alla CCIAA capitolina risultano più di 100mila imprese femminili, pari al 7% della base produttiva “femminile” nazionale, con un tasso di femminilizzazione del sistema produttivo provinciale pari al 21,7% (Italia: 23,6%). Nonostante l’impresa individuale rappresenti ancora la soluzione organizzativa prevalente tra le imprenditrici romane (45,3% del totale), sono le società di capitale gestite da donne a far rilevare il dinamismo maggiore: con un incremento pari al 3,4%.

Jacopo MARCHESANO

La CCIAA di Treviso organizza due concorsi per studenti

Saper cosa fare da grandi, in un periodo storico di incertezza come questo, potrebbe rivelarsi fondamentale e permettere di trovare un’occupazione in tempi brevi.

E’ proprio con questo fine che il Comitato per l’imprenditoria femminile della Camera di Commercio di Treviso ha deciso di organizzare due concorsi rivolti agli studenti.

Il primo è rivolto agli studenti che frequentano le ultime due classi degli Istituti Secondari di Secondo Grado statali o paritari della provincia di Treviso, che possono scaricare la modulistica collegandosi direttamente al sito della CCIAA di Treviso.

Il secondo è destinato agli studenti universitari iscritti ad una delle facoltà con sede in provincia di Treviso. Anche in questo caso è possibile scaricare informazioni e moduli sul sito della Camera di Commercio di Treviso.

A ciascun partecipante verrà richiesto di inviare una pre-adesione al concorso entro il 31 gennaio 2013, con indicazione – ancorché non vincolante – del tipo di elaborato scelto. Tale comunicazione potrà essere inviata via mail alla Segreteria del Comitato, all’indirizzo servizi.impresa@tv.camcom.it.
Le domande di partecipazione ai concorsi devono essere inviate entro il termine perentorio del 20 aprile 2013.

Vera MORETTI