Codice crisi di impresa, quando entra in vigore?

Il decreto legge numero 118 del 2021, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 202 del 24 agosto scorso, rappresenta una svolta per aiutare le aziende in difficoltà e per prevenire la crisi. La normativa corregge in corsa il Codice sulla crisi d’impresa, ma interviene oltre le difficoltà dettate dall’emergenza coronavirus di un periodo che si preannuncia, in ogni modo, non breve.

Perché le nuove norme sulla crisi delle imprese?

L’emergenza sanitaria ed economica della Covid ha comportato squilibri sia dal punto di vista economico che patrimoniale alle imprese. Tuttavia, molti di questi squilibri si presentano come reversibili e, pertanto, superabili, soprattutto al termine del periodo di emergenza.

Le nuove norme sulla crisi delle imprese sono sufficienti?

Ma, in diversi casi, gli interventi elencati dal decreto legge 118 del 2021 potrebbero risultare non sufficienti. In primis perché la pandemia e i suoi effetti potrebbero prolungarsi ancora per molto tempo. E, al termine di questo periodo, molte imprese potrebbero non essere nelle condizioni di garantire la propria continuità aziendale.

Quali sono gli aiuti alle imprese delle nuove norme sulla crisi?

Nella situazione di crisi, gli interventi messi a disposizione dal governo si concretizzano sia in aiuti alle imprese, sia attraverso la revisione delle conseguenze di alcuni istituti elencati dal diritto societario. Nel primo caso, si tratta dei diversi bonus e dei sostegni finanziari che vengono erogati alle aziende. Nel secondo, invece, si interviene in modo da alleggerire alcune norme societarie, come la continuità aziendale e l’obbligo di ricapitalizzazione.

Quali sono le principali novità del Codice della crisi d’impresa?

Le più importanti novità del decreto legge numero 118 del 2021 si ritrovano in vari articoli. In particolare:

  • l’articolo 1 che concerne il rinvio del codice della crisi d’impresa al 16 maggio 2022, almeno per la maggior parte delle norme. Il differimento si è reso necessario per coordinare le norme rinviate con la direttiva Insolvengy dell’Unione europea numero 1023 del 2019;
  • lo stesso articolo differisce le procedure di allerta davanti agli organismi di composizione della crisi al 31 dicembre 2023.

Ulteriori novità del decreto legge 118 del 2021: composizione negoziata e concordato semplificato

Ulteriori novità del codice della crisi delle imprese si riscontrano tra gli articoli da 2 al 23 del decreto legge 118 del 2021. In particolare, gli articoli dal 2 al 17 disciplinano la composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa. L’articolo 15 è inerente alla segnalazione dell’organo di controllo. Gli articoli 18 e 19 sono inerenti al concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio. Infine gli articoli dal 20 al 23 producono modifiche alla legge fallimentare risalente al Decreto Regio numero 267 del 16 marzo del 1942.

Codice della crisi d’impresa, quando entra in vigore?

Abbiamo già visto che le norme del Decreto legge numero 118 entreranno in vigore in ordine sparso. La maggior parte delle norme della crisi d’impresa entrerà in vigore il 16 maggio del 2022. Altre, invece, saranno ulteriormente differite a date certe. È il caso dello slittamento delle procedure di allerta agli Ocri che entrerà in vigore solo alla fine del 2023. Le modifiche alla legge fallimentare del Decreto regio 267 del 1942 sono entrate già in vigore il 25 agosto 2021.

Attivazione assistita e concordato semplificato: quando diventeranno operative?

Sull’attivazione assistita e del concordato semplificato, procedure che richiamano le imprese a un intervento ulteriormente anticipatorio, la data per la loro operatività è quella del 15 novembre 2021. Più specificamente, le imprese dovranno individuare per tempo le alternative valide per procedere alla ristrutturazione o al risanamento aziendale. Altrimenti dovranno procedere con l’ordinata cessazione dell’attività.

Concordato fallimentare: la procedura da seguire per ottenerlo

Il concordato fallimentare è una procedura volta a determinare la chiusura di una procedura di fallimento attraverso un accordo con i creditori, ma come funziona?

Concordato fallimentare: a cosa serve?

La crisi economica ha determinato difficoltà per molte imprese e società, non tutte sono riuscite a far fronte agli impegni economici e per molte si è aperta la porta del fallimento. Naturalmente un’impresa in difficoltà, che si avvia alla chiusura, ha sicuramente accumulato dei debiti ed è necessario comunque utilizzare i beni della società/impresa per liquidare i creditori (lavoratori, fornitori…).

Per velocizzare le procedure è possibile chiudere con un concordato fallimentare, solitamente questo si attua quando i beni sono insufficienti a coprire tutti i passivi accumulati  e consente al “fallito” di sanare definitivamente i propri debiti, sebbene non tutti i creditori siano stati interamente soddisfatti. La disciplina è contenuta nella Legge Fallimentare (legge 267 del 1942 e s.m.i.) e nel codice civile. La prima all’articolo 1 stabilisce che possono essere soggetti a concordato fallimentare gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale, la formula è quindi ampia.

L’obiettivo è ridurre i tempi rispetto alla procedura ordinaria di fallimento che, per poter avviare le procedure del concordato fallimentare (da non confondere con quello preventivo) deve essere già iniziata, infatti come vedremo per poter procedere è necessario che sia stato già determinata l’entità della situazione debitoria (art 97). Ciò implica che siamo in una fase in cui l’imprenditore non può salvarsi dal fallimento, ma semplicemente si possono semplificare le procedure tramite un concordato volto anche a evitare che con il trascorrere del tempo il valore dei beni possa diminuire.

La proposta di concordato fallimentare

La procedura per il concordato fallimentare è distinta in diverse fasi, la prima è la proposta, qui c’è la prima cosa da sottolineare, l’articolo 124 della Legge Fallimentare stabilisce che può essere presentata “da uno o più creditori o da un terzo, anche prima del decreto che rende esecutivo lo stato passivo” ciò a condizione che il curatore fallimentare possa predisporre un elenco provvisorio dei creditori del fallito, oppure può essere proposta dal “fallito, da società cui egli partecipi o da società sottoposte a comune controllo se non dopo il decorso di un anno dalla dichiarazione di fallimento e purché non siano decorsi due anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo”. Ci sono quindi due strade percorribili, con tempi però diversi, infatti i debitori possono chiedere il concordato in modo anticipato rispetto al fallito.

Contenuto della proposta

La proposta di concordato fallimentare deve avere un contenuto ben determinato con:

  • Suddivisione dei creditori in classi definite (devono essere adottati criteri omogenei per la definizione delle classi);
  • possono essere indicati trattamenti diversi per i vari crediti vantati, ma tale differenziazione deve essere giustificata. Non può essere alterato l’ordine delle classi di prelazione, ad esempio un creditore assistito da un’ipoteca su un bene immobile ha diritto ad essere soddisfatto in via principale sul ricavato della vendita di quel determinato bene rispetto ad altri creditori. Se sullo stesso immobile sono presenti più ipoteche comunque si tiene in considerazione la data di iscrizione, per il semplice fatto che i creditori successivi potevano sapere dell’esistenza di una causa di prelazione su quell’immobile. Vedremo nel prosieguo che i creditori assistiti da causa di prelazione possono rinunciarvi;
  • il concordato fallimentare deve prevedere la ristrutturazione dei debiti, ciò anche attraverso la vendita di beni, attraverso l’accollo e altre operazioni straordinarie volte a liquidare il patrimonio, ad esempio cessione di azioni e obbligazioni ai creditori.

Deve essere sottolineato che in base al piano è possibile che i creditori non siano totalmente soddisfatti, sebbene siano assistiti da cause di prelazione, è però essenziale che siano rispettate determinate condizioni e cioè che l’ordine delle cause di prelazione sia rispettato e che la soddisfazione sia in misura non inferiore rispetto a quanto ricavabile in relazione al valore di mercato del bene indicato in una relazione giurata stilata da un professionista nominato dal tribunale. Questa misura è volta a proteggere i creditori assistiti da garanzia da manovre poco corrette volte a ledere i diritti da questi acquisiti.

A chi viene presentata la proposta

La proposta di concordato fallimentare deve essere presentata al giudice delegato che a sua volta deve:

  • valutarne la correttezza;
  • chiedere un parere al comitato dei creditori (parere vincolante) e uno al curatore fallimentare (parere non vincolante);
  • predisporre la comunicazione ai creditori indicando loro una data entro la quale far pervenire il loro dissenso o consenso. Il termine non può essere inferiore a 20 giorni e superiore a 30 (art 125 Legge Fallimentare).  Il silenzio ha valore di assenso (art.128).

Il concordato fallimentare è approvato nel caso in cui ottenga il voto favorevole dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Non sono ammessi al voto i creditori assistiti da causa di prelazione (pegno/ipoteca), tranne nel caso in cui rinunciano a tale causa di prelazione. In base all’articolo 127 L.F la rinuncia può essere anche parziale purché non inferiore a 1/3 e comunque il voto è ammesso solo per la quota non coperta da prelazione. Se però la proposta iniziale di concordato comunque non prevede l’intero soddisfacimento dei crediti assistiti da prelazione, i creditori con prelazione possono partecipare al voto anche senza la rinuncia formale alla prelazione.

Il curatore al termine delle operazioni di voto trasmette una relazione sull’esito dello stesso al giudice. Se la proposta risulta approvata, il giudice cura che ne sia data comunicazione con PEC ai creditori (anche dissenzienti), al proponente, che può richiederne l’omologazione, e al fallito ( in questo caso anche con raccomandata con avviso di ricevimento). Il giudice in tale sede stabilisce anche il termine per proporre opposizione al concordato fallimentare.

Omologazione del concordato fallimentare

Se non vengono proposte opposizioni, il giudice procede all’omologazione del concordato preventivo con decreto. Avverso tale decreto è possibile proporre ricorso davanti alla Corte di Appello entro 30 giorni dalla notificazione del decreto. Se nessuno propone ricorso nei termini, oppure nel caso in cui le impugnazioni siano state esaurite,  il concordato diviene obbligatorio e quindi iniziano le procedure per l’effettivo pagamento dei vari crediti. Il concordato è obbligatorio per il fallito e per tutti i creditori antecedenti all’inizio della procedura.

Annullamento e risoluzione del concordato

Il curatore o i creditori attraverso un’istanza possono chiedere l’annullamento del concordato fallimentare, ciò  nel caso in cui si rendano conto che l’attivo è stato in parte occultato oppure è stato dolosamente esagerato il passivo. Si ha invece la risoluzione nel caso in cui non siano effettivamente costituite le garanzie previste all’interno del concordato stesso. Sulla corretta esecuzione del concordato vigilano giudice delegato, curatore e comitato dei creditori. Nel caso in cui i creditori attraverso il concordato non riescano ad ottenere una soddisfazione totale dei crediti, possono comunque agire verso eventuali coobbligati, ad esempio fideiussori.