Niente rimborso Irpef per gli affitti non percepiti

Il proprietario-locatore di un locale commerciale non ha diritto al rimborso Irpef relativo ai canoni di locazione non percepiti, anche se ha ottenuto lo sfratto per morosità del conduttore. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 651 del 18 gennaio.

La possibilità di non dichiarare i redditi da locazione non percepiti, in base all‘articolo 8 della legge 431/1998, o il diritto al rimborso Irpef, riguarda infatti i soli contratti di locazione a uso abitativo e non a fini commerciale, così come stabilito dalla sentenza 362/2000 della Corte costituzionale.

La regola generale fissata dal Tuir (articolo 23 del Dpr 917/1986, nel testo vigente ratione temporis) prevede infatti che i canoni di locazione devono essere dichiarati, a prescindere dal fatto se siano stati incassati o meno. Nonostante l’introduzione di un’eccezione al principio generale, con l’articolo 8, comma 5, della legge 431/1998, in base alla quale i canoni non percepiti non concorrono a formare il reddito complessivo del contribuente, a patto però che la morosità del locatario risulti dal provvedimento di convalida dello sfratto per morosità, il Ministero delle Finanze specifica però che tale provvedimento entra in vigore per il locatario soltanto dal periodo d’imposta in cui ottiene il provvedimento giurisdizionale, ovvero a partire dalla dichiarazione dello sfratto.

Sull’argomento si sono da sempre confrontati due opposti orientamenti giurisprudenziali:
• il primo, che fa capo alla sentenza 6911/2003, afferma che, in tema di determinazione del reddito dei fabbricati, l’articolo 35 del Dpr 597/1973, laddove stabilisce che il reddito lordo effettivo è costituito dai canoni di locazione risultanti dai relativi contratti, esso riguarda soltanto i criteri applicabili per la revisione della rendita catastale e non può essere invocato sulla tassazione del reddito effettivo di un immobile

• il secondo, propugnato dalla successiva pronuncia 12095/2007, sostiene invece che il solo fatto dell’intervenuta risoluzione consensuale del contratto di locazione, unito alla circostanza del mancato pagamento dei canoni relativi a mensilità anteriori alla risoluzione, non è idoneo, di per sé, a escludere che tali canoni concorrano a formare la base imponibile Irpef

Con la sentenza 651 del 18 gennaio 2012, la Corte di Cassazione ha stabilito invece, propugnando per il secondo orientamento, che i canoni di locazione commerciale dovranno essere dichiarati fino alla data in cui è intervenuta la risoluzione del contratto, anche se non incassati per morosità del conduttore.

Affitti: sparisce il libretto al portatore per depositi cauzionali

La manovra finanziaria del 13 agosto modifica le abitudini degli italiani anche in materia di affitti. Le regole antiriciclaggio introdotte dalla nuova finanziaria prevedono infatti che il deposito cauzionale non potrà più essere fatto con libretto al portatore. Il motivo?  Dal 1 ottobre la soglia massima scenderà dagli attuali 5mila euro a 2.499 euro.

La somma di denaro che il conduttore versa al locatore alla stipula del contratto di affitto, come forma di garanzia da eventuali danni o inadempimenti, è vincolata dall’articolo 4 della legge 841/73. Tale norma prevedeva, oltre alla misura massima del deposito cauzionale in 2 mensilità di canone di affitto, anche l’obbligo di versare la somma su un conto corrente vincolato.

L’introduzione dalla legge dell’equo canone ha esteso a 3 le mensilità massime consentite e ne ha svincolato la destinazione, prevedendo solo l’obbligo da parte del locatore a corrispondere al conduttore, ogni anno, gli interessi legali sulla somma depositata. Niente più conto corrente vincolato quindi. Il locatore può infatti decidere di acquisire la somma a titolo di deposito, utilizzarla liberamente, salvo l’obbligo di restituirla a fine locazione e di corrispondere al conduttore gli interessi maturati annualmente. Il depositario diventa proprietario della somma versata, mentre il conduttore resta titolare di un credito che matura al momento del rilascio, una volta verificato che non siano presenti danni alla proprietà o altri inadempimenti contrattuali.

In Italia è invalsa la consuetudine tra affittuari e contraenti di versare su un libretto bancario al portatore la somma acquisita dal locatore a titolo di deposito cauzionale. L’introduzione di nuove norme antiriciclaggio nell’ultima finanziaria prevede però la chiusura entro il prossimo 30 settembre dei vecchi libretti al portatore qualora la somma ecceda i 2.499 euro. Ma cosa accade ai libretti al portatore in cui il vincolo sia previsto nel contratto d’affitto? Le normative antievasione e antiriciclaggio introdotte dalla nuova finanziaria non prevedono deroghe contrattuali, se successive al contratto, le clausole negoziali diventano illegittime e devono essere modificate ove contrarie alla legge.

Il problema può essere però risolto tramite la sostituzione del libretto al portatore con un libretto nominativo. Il libretto nominativo prevede infatti la disponibilità della somma per il locatore, mentre la restituzione del deposito al conduttore avviene con la chiusura del libretto e la contemporanea restituzione a mezzo assegno circolare del deposito.

Un’ultima precisazione: per i nuovi contratti è bene sottolineare la totale inutilità, sia per il locatore che per il conduttore, di vincolare le somme su un deposito per cui il locatore potrà utilizzare quanto percepito, con il solo obbligo della restituzione e del pagamento degli interessi.

A.C.