Energia: salta il divieto di modifica unilaterale dei contratti. Aumenti in arrivo per molti consumatori

Nei mesi scorsi l’Antitrust ha indagato su fornitori di energia che avevano aumentato le tariffe, ora il Governo, attraverso il decreto Milleproroghe, sconfessa l’autorità garante e ammette la possibilità di aumentare le tariffe in caso di contratto in scadenza. Salta il divieto di modifiche unilaterali dei contratti per la fornitura di energia.

Contratto luce e gas: salta il divieto di modifiche unilaterali. Aumenti nel mercato libero

Il decreto Aiuti Bis varato dal governo Conte aveva introdotto il divieto di modifiche unilaterali alle tariffe di luce e gas proposte dalle società fornitrici. Naturalmente le società fornitrici su questo punto non sono concordi e hanno iniziato una battaglia legale annunciando che non avrebbero rinunciato. Le società Iren, Dolomiti ed Enel hanno già proposto ricorso a Tar e Consiglio di Stato. Quest’ultimo ha già accolto la richiesta di Iren di sospensione del provvedimento cautelare emesso nei confronti della società in quanto l’interpretazione dell’Antitrust relativa alle norme del decreto Aiuti Bis appaiono eccessivamente penalizzanti per i fornitori di energia.

Sembra infatti illogico il divieto di modifiche unilaterali a scadenza di contratto considerando anche che i clienti che sono ancora nel Servizio Elettrico Nazionale hanno continuato a veder crescere la bolletta avendo come punto di riferimento il costo della materia prima aggiornato costantemente dall’Arera.

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I fornitori per cercare di proteggersi e far fronte al rischio di dover continuare a vendere energia a un prezzo irrisorio rispetto al prezzo corrente hanno introdotto i contratti con PUN, cioè legati al prezzo dell’energia, ma tali contratti possono essere di fatto stipulati solo con i nuovi clienti e questo in forza di un’interpretazione del decreto Aiuti Bis particolarmente restrittiva da parte dell’Antitrust.

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Di fatto il Governo è intervenuto cercando di riportare equilibrio tra le parti, cioè tra consumatori e fornitori.

Cosa prevede il decreto Milleproroghe?

Nel decreto Milleproroghe viene esteso fino al 30 giugno 2023 il divieto di modifiche unilaterali a contratti in corso, quindi fino a scadenza, nonostante l’aumento del costo della materia prima (gas, kWh) non potranno esserci aumenti in bolletta. Tutto cambia però alla scadenza del contratto, in questo caso infatti il fornitore potrà unilateralmente stabilire un aumento delle tariffe. Naturalmente il consumatore non è obbligato ad accettare tale aumento e potrà quindi nel mercato libero cercare un nuovo fornitore che offre condizioni contrattuali più convenienti.

Restano però dei punti fermi, cioè il fornitore prima di procedere all’aumento delle tariffe deve darne un congruo preavviso al consumatore/contraente in modo che possa scegliere una diversa società fornitrice e fare preventivi.

Il rischio secondo molti è che le società possano applicare degli aumenti particolarmente elevati in modo da contrastare anche le perdite subite nei mesi precedenti, quando, in virtù dei contratti bloccati, hanno continuato a fornire energia a prezzi fuori dal mercato. Già nei mesi passati qualche società ha optato per la disdetta dei contratti affermando proprio di non poter più fornire energia ai prezzi del passato, indice che le difficoltà affrontate potrebbero essere tali anche da indurre al fallimento di molte società.

In questa delicata fase di passaggio sono avvantaggiati coloro che non hanno effettuato il passaggio al mercato libero perché Arera ha dichiarato che il prezzo dell’energia elettrica ( non del gas) scende nel mese di dicembre 2022 del 25%.

Cartelle esattoriali? Equitalia le deve conservare per 10 anni

Il Consiglio di Stato smaschera Equitalia sull’obbligo di conservazione delle cartelle esattoriali pendenti. Lo fa con una sentenza nella quale stabilisce che i 5 anni che Equitalia individua come tempo corretto di conservazione, in realtà sono obbligo minimo stabilito dal legislatore e non un termine massimo.

In sostanza, quindi, Equitalia è tenuta a conservare le cartelle di pagamento per il periodo di prescrizione ordinaria, che è individuato in 10 anni.

La sentenza emanata dal Consiglio di Stato è conseguente all’accoglimento del ricorso presentato da una società di servizi alla quale non era stato permesso l’accesso integrale ad alcune cartelle esattoriali pendenti a proprio carico da oltre cinque anni.

Equitalia sosteneva che i documenti richiesti non fossero più accessibili poiché era scaduto il tempo di tenuta obbligatoria fissato dalle norme sulla riscossione; queste norme prevedono che il concessionario conservi per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o con l’avviso di ricevimento e che le esibisca qualora il contribuente o l’amministrazione tributaria ne facciano richiesta.

Il Consiglio di Stato ha invece ribaltato la tesi di Equitalia, spiegando che il termine di legge è minimo “non potendo, d’altra parte, incidere sul termine decennale di prescrizione ordinaria“, in quanto “costituisce, infatti, precipuo interesse dell’esattore, nonché preciso onere improntato alla diligenza, conservare, in caso di mancata riscossione dei tributi nel quinquennio e in occasione di rapporti giuridici ancora aperti e non definiti, la copia della cartella oltre i cinque anni, per tutto il periodo in cui il credito portato ad esecuzione non sia stato recuperato, in modo da conservarne prova documentale ostensibile, anche a richiesta dei soggetti legittimati, nelle varie fasi di definizione del rapporto, onde poter compiutamente esercitare le prerogative esattoriali“.

Orlandi: “La riforma delle professioni è da rifare”

Secondo Roberto Orlandi, la riforma delle professioni va completamente rifatta dopo il parere del Consiglio di Stato. Il vicepresidente del Cup (Comitato unitario professioni) e presidente del Collegio nazionale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati, commenta con LABITALIA il parere del Consiglio di Stato relativo al decreto del Presidente della Repubblica, predisposto dal ministro della Giustizia, di riforma del sistema professionale. “Sicuramente – ammette – sono molto soddisfatto, perchè il Consiglio di Stato ha ripreso per il 90% tutte le obiezioni che lo scorso 3 luglio gli avevamo inviato”.

“Per l’ufficio legislativo del ministero di via Arenula – sottolinea – il parere rappresenta una debacle che ha pochi precedenti, per il mondo delle professioni, e soprattutto per i giovani praticanti rappresenta una ventata di fresca aria di buon senso e libertà. In sintesi, il ministero deve riscrivere tutto”.

“Incontrerò il ministro Severino – aggiunge Orlandi – e vedremo come si procederà. Certo, il governo può anche decidere di disattendere il parere del Consiglio di Stato, tuttavia non è affatto consigliabile: sarebbe un vero e proprio suicidio”.

“Tecnicamente – spiega il vicepresidente del Cup – come fatto osservare dagli agrotecnici, l’articolo 1 del testo di riforma, secondo il Consiglio di Stato, va riscritto perché ampliava all’infinito la definizione di ‘professione intellettuale’. Viene ripristinata la capacità negoziale dei consigli nazionali professionali in materia assicurativa che il ministero aveva cancellato”.

“Sono salvi – fa notare Orlandi – i tirocini inferiori a 18 mesi e salta l’obbligo del tirocinio generalizzato per tutti, anche per quelle categorie che non lo avevano. Viene ripristinata l’autonoma capacità dei consigli nazionali professionali di stipulare in proprio convenzioni con le università per lo svolgimento dl tirocinio durante il corso di studi”.

E’ stato, inoltre, eliminato – rimarca – l’assurdo divieto del limite di non più di tre tirocinanti ogni professionista (ciascun albo deciderà quanti). Salta il divieto per i pubblici dipendenti di svolgere l’attività professionale. Salta anche l’obbligo di ripetere il tirocinio se lo si sospende per più di sei mesi e l’odioso e costoso obbligo del corso di formazione semestrale a cui erano irragionevolmente costretti i tirocinanti. Il corso sopravvive ma come alternativa al tirocinio, non più come ulteriore gravame”.

Pedaggi autostradali: il Consiglio di stato ferma gli aumenti.

È stato confermato lo stop agli aumenti dei pedaggi su autostrade e raccordi autostradali in gestione Anas che erano stati decisi con la manovra economica.

Gli aumenti erano scattati dal primo luglio scorso ma erano stati bloccati dal Tar del Lazio il 29 luglio successivo. Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso contro la sospensiva presentata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dall’Anas.