Cara benzina…più ti tiri su più ci mandi giù…

 

… La voglia di vacanze.

Perché gli sconti sul prezzo della benzina devono valere solo per il tempo del week end? Perché dobbiamo ritrovarci tutti in coda alla pompa per godere di quel pieno di greggio a prezzo ribassato, tipo partenze intelligenti per le vacanze, che però, tra la crisi economica ed il costo quotidiano dell’oro nero, ci abbassano la voglia di prendere e andare? Noi ce lo stiamo chiedendo da un po’, e se lo sono chiesti anche in Federconsumatori…

Il prezzo dei carburanti continua a crescere: come sempre le reti distributive sono sensibilissime alla variazioni in aumento dei prezzi del greggio mentre sono molto poco sensibili nel caso di variazioni al ribasso della materia prima.

Così oggi siamo di fronte ad un nuovo incremento che va da 1,5 a 2 centesimi al litro, con buona pace degli sconti del weekend che, per poter influire sull’aumento dei prezzi dovrebbero essere permanenti, strutturali e praticati attraverso tutti i canali di distribuzione.

Il margine per un’ampia riduzione esiste, lo hanno dimostrato non solo gli sconti praticati dalla maggiore compagnia del Paese, ma anche la cascata di promozioni e diminuzioni dei prezzi attuate dalle altre compagnie.

Ogni nuovo aumento, per di più nel corso della settimana, quando cioè gli sconti non sono in pieno regime, è quindi del tutto ingiustificato.

A maggior ragione alla luce degli effetti e delle ripercussioni che l’aumento di tali prezzi ha sul mercato.

Non dimentichiamo, infatti, che l’incremento dei carburanti è una ulteriore spinta al generale rialzo dei prezzi, che a giugno ha già raggiunto il 3,3%, mentre proprio oggi l’Istat certifica che oltre il 35% delle famiglie ha ridotto la quantità e persino la qualità della spesa alimentare!

Gli automobilisti sono stremati: la riduzione dell’utilizzo dell’auto ha già abbondantemente superato la soglia del 25%, con un conseguente aumento delle presenze sullo spesso carente servizio di mezzi pubblici e trasporto locale.

È indispensabile intervenire immediatamente per far sì che i prezzi si attestino, una volta per tutte, su una soglia adeguata, eliminando ogni traccia di meccanismi speculativi sulla determinazione dei prezzi e bandendo dai listini l’inutile cifra dei millesimi, che ha la sola
funzione di complicare il confronto dei prezzi praticati dai diversi distributori.

Che ne pensate?

Unioncamere: piccole imprese a rischio

Unioncamere suona la sveglia. O lancia l’allarme, decidete voi. Nell’appuntamento con il suo Rapporto, Unioncamere rileva infatti – non che non lo sapessimo… – che questo 2012 sarà molto difficile per le piccole imprese. Nel Rapporto si prevede infatti che saranno soprattutto le piccole imprese, quelle con meno di 10 dipendenti, a essere penalizzate dal difficile contesto economico, in quanto più strettamente legate ai consumi interni. Tanto che per fine anno Unioncamere prevede quasi 62mila posti in meno per la classe di aziende 1-9 dipendenti, oltre 33mila unità in meno per le aziende da 10 a 49 dipendenti e alle -35mila per le imprese di 50 dipendenti e oltre. Insomma, la spina dorsale della nostra economia sarà colpita duro.

E non andrà meglio alle famiglie. I loro consumi sono infatti previsti in calo del 2,1% e la spesa per gli investimenti del 3,8%; a fronte di un calo medio del Pil dell’1,5%, saranno le regioni del Sud a pagare il prezzo più alto della crisi, con un decremento medio dell’1,8%. Sempre secondo il Rapporto, il segno più tornerà solo nel 2013 con un incremento del Pil dello 0,8%, sempre con una crescita più contenuta al Sud dove si prevede un +0,2%.

Come fare per assorbire meglio i colpi da parte delle imprese? Il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, ha avanzato alcune proposte presentando i dati del Rapporto 2012. Possibilità di ammortizzare gli investimenti aggiuntivi in tre anni; un patto tra governo e Camere di commercio per portare sui mercati internazionali altre 10mila imprese nei prossimi 3 anni; una disciplina speciale che impedisca il fallimento delle imprese causato dai ritardi nei pagamenti della PA e un rinvio dei pagamenti Iva e Irap per i primi due anni di attività delle nuove imprese. Basteranno? Di sicuro, se applicati saranno più utili della spending review del governo…

Confesercenti: crisi, la ripresa non arriva nemmeno nel 2012

Un Pil che fatica a raggiungere il +0,4%, i consumi delle famiglie italiane in caduta libera e l’export che dimezza per il prossimo anno l’attuale +4%. Una radiografia impietosa dell’attuale stato dell’economia italiana quella che emerge dal rapporto Ref-Confesercenti, che non lascia spazio a false speranze nemmeno per il 2012.

Un’economia ferma o quasi, che impone scelte rapide e decise soprattutto sul versante della spesa‘, così si legge nel rapporto stilato da Confesercenti.

La situazione si fa meno allarmante sul piano della disoccupazione, in calo dal 8,2% del 2011 al 7,9% per il 2012, mentre le previsioni sul debito pubblico segnano una diminuzione dal 120,5% del 2011 al 119,8% per il 2012.

I dati restano comunque preoccupanti, mentre i consumi delle famiglie registrano una netta diminuzione dal +0,6% del 2011 al +0,3% previsto per il 2012. La ripresa economica ha infatti tardato a manifestare i suoi effetti sui consumi a seguito dell’aumento dell’inflazione determinato dai rincari nei prezzi delle materie prime. Tale aumento ha ridimensionato il potere d’acquisto del reddito delle famiglie proprio quando il ciclo economico stava invertendo la rotta.

Le famiglie italiane subiscono i contraccolpi della politica fiscale, incrementati dalla manovra Iva da 4 miliardi, che penalizzerà ancor più la spesa dei cittadini. ‘Molte famiglie hanno esaurito l’ammortizzatore rappresentato dal flusso di risparmio, e la crisi ha anche ridimensionato la platea dei soggetti che possono contare sull’aumento del grado di indebitamento per sostenere il tenore di vita. Man mano che le famiglie interiorizzano che le prospettive di medio termine sono poco promettenti, potrebbe anzi verificarsi anche un nuovo aumento della quota di risparmio di natura precauzionale, finalizzata a fronteggiare eventuali shock inattesi sul reddito.’

Un andamento relativamente debole delle esportazioni e la crescente tendenza della domanda interna ad essere soddisfatta attraverso incrementi delle quantità importate hanno poi determinato una diminuzione della competitività dell’economia italiana sul mercato estero.

Alessia Casiraghi

Confcommercio presenta il Rapporto sul Terziario. Nel 2010 crescita dello 0,7%.

È stato presentato a Roma, presso la sede nazionale di Confcommercio a Roma, il Rapporto sul Terziario 2010 curato dall’Ufficio Studi della Confederazione. Ripresa lenta in un clima d’incertezza. Pmi penalizzate dalle difficoltà di accesso al credito. A illustrare la ricerca è stato il direttore dell’Ufficio Studi, Mariano Bella, che ha analizzato al tempo stesso i cambiamenti del mercato e l’evoluzione delle imprese del terziario. Secondo Bella, “la situazione complessiva del commercio mondiale è ancora caratterizzata da grande incertezza. L’euro debole favorisce le esportazioni ma aumentano i rischi di importare inflazione”. “Anche sui mercati azionari domina l’incertezza – ha osservato Bella- e la cosa non sorprende visto che spesso la Borsa anticipa l’andamento dell’economia reale”. Per quanto riguarda l’andamento dei consumi, la ricerca ha evidenziato come la fiducia delle famiglie sia andata calando negli ultimi mesi. Secondo la ricerca presentata, emergerebbe un quadro congiunturale di luci ed ombre legato al fatto che la crisi abbia colpito in tempi e modi diversi i settori di attività e per questo, l’uscita dalla crisi stessa sarà differenziata e la recessione, terminata in alcuni settori, presenta ancora pericolosi strascichi nei comparti più vicini al consumatore finale. Uno dei fattori più penalizzanti nel superamento della crisi resta la difficoltà di accesso al credito da parte delle piccole-medie imprese. Infine, per ciò che riguarda il quadro macroeconomico, Confcommercio ha rivisto al ribasso la propria stima di crescita per il 2010 a +0,7% da +0,8% e per il 2011 prevede un aumento dell’1%. I consumi delle famiglie, secondo la Confederazione, cresceranno dello 0,6% quest’anno e dell’1,1% per il 2011.