GDO, grande amore degli italiani

La grande distribuzione piace sempre di più agli italiani. E’ quanto emerge dai dati relativi alle vendite al dettaglio di febbraio diffusi dall’Istat. Secondo l’istituto di statistica le vendite della grande distribuzione hanno registrato un aumento dell’1,9% rispetto al febbraio del 2011 mentre quelle delle imprese commerciali operanti su piccole superfici hanno messo a segno una diminuzione dell’1,3%. In relazione alla tipologia di beni venduti, nella grande distribuzione le vendite segnano, in termini tendenziali, un aumento sostenuto per i prodotti alimentari (+4%) e molto più contenuto per quelli non alimentari (+0,3%). Nelle imprese operanti su piccole superfici le vendite sono diminuite sia per i prodotti alimentari (-0,3%), sia per quelli non alimentari (-1,6%). Sempre a febbraio tra le imprese della grande distribuzione si sono rilevati aumenti tendenziali sia per gli esercizi non specializzati (+2,2%), sia per quelli specializzati (+0,1%). Nei primi, le vendite degli esercizi a prevalenza alimentare sono aumentate del 2,8%, quelle degli esercizi a prevalenza non alimentare sono aumentate dello 0,4%. Tra gli esercizi non specializzati a prevalenza alimentare, si sono registrati aumenti in tutte le tipologie di esercizio. In particolare, l’aumento più sostenuto riguarda i supermercati (+3,4%) mentre quello più contenuto è rappresentato dagli ipermercati (+2,1%).

Fonte: Ansa.it

Ad ottobre l’Iva passerà a 23%

di Vera MORETTI

Confermato l’aumento dell’Iva dal 21 al 23% a partire da ottobre.
E’ stato annunciato da Vittorio Grilli, viceministro dell’economia, e subito commentato da Confesercenti come un passo falso, soprattutto perché colpirà, ancora una volta, i consumi.

Secondo l’associazione di categoria, dunque, questo passaggio non porterà nulla si buono, considerando il regime di recessione nel quale l’Italia si trova già da ora. Il rischio, concreto, è quello di congelare ulteriormente una ripresa economica che, senza aumento dei consumi, non potrà mai riavviarsi.

Inoltre, con questo provvedimento, l’Italia avrà un’Iva ben superiore rispetto ai 27 stati Ue fermi a 20,9%, senza contare Francia, 19,6%, Germania, 19%, e Spagna, 18%. E la pressione fiscale, secondo le previsioni, nel 2013 raggiungerà il 46%.

Confocommercio non è da meno, poiché parla di “autogol contro la crescita“.
Inoltre, l’associazione che riunisce i commercianti ha ribadito che l’aumento dell’aliquota standard comporterà non solo la riduzione del volume dei consumi, già ora piuttosto negativo, ma ridurrà anche il potere d’acquisto, i redditi percepiti e la ricchezza messa da parte dalle famiglie, già colpite, come precisato dall’Adoc, da cinque anni di continue riduzioni del reddito disponibile.

Consumi in calo, il dato più basso dal 2004

L’unico settore a resistere alla crisi è quello degli alimentari. Abbigliamento, calzature, elettrodomestici, mobili e tecnologie sono invece in caduta libera. E’ quanto denuncia Confcommercio, che, in base ai dati registrati dall’ultima indagine Istat, evidenzia come le vendite al dettaglio nel 2011 siano calate dell‘1,3% rispetto al 2010.

Le vendite degli alimentari restano ferme e il non food scende dell’1,8 %. Si tratta del dato peggiore dal 2009, e se si guarda alle vendite al dettaglio dello scorso dicembre (-1,1%) si tratta del ribasso più forte dal luglio 2004. Se letto in retrospettiva a un anno, l’indice grezzo del -1,1% di dicembre 2011 segna un calo del 3,7% rispetto allo stesso mese del 2010: le vendite di prodotti alimentari sono diminuite dell‘1,7%, quelle dei beni non food del 4,4 %
Confrontando i dati con novembre 2011 le vendite sono diminuiti sia per i prodotti alimentari (-1,0%) sia per quelli non alimentari (-1,2%).

Sul fronte degli esercizi di vendita, Istat ha registrato una flessione rispetto al 2010 sia per le vendite della grande distribuzione (-3,9%), sia per i piccoli negozi (-3,5%). Le diminuzioni tendenziali riguardano sia gli esercizi non specializzati (-4,2%) sia quelli specializzati (-1,9%). Aumentano invece le vendite solo per i discount alimentari (+1%), mentre diminuiscono quelle degli ipermercati (-4,4%) e dei supermercati (-2%).

“Il potere di acquisto delle famiglie è in caduta libera, per di più intaccato dalla manovra economica e dalla forte crescita dei prezzi, anche sulla spinta dell’aumento dei carburanti” denunciano Rosario Trefiletti di Federconsumatori ed Elio Lannutti di Adusbef. “Non sorprende il calo delle vendite. Il costo della spesa alimentare è salito in media del 5%, per un aggravio di spesa pari a 350 euro l’anno per famiglia” sottolinea Adoc. Punta invece all’abbattimento della pressione fiscale indiretta e diretta per far riprendere i consumi Adiconsum, mentre Federdistribuzione avverte: “La situazione dei consumi è preoccupante e un nuovo aumento dell’Iva metterebbe ulteriormente a rischio il potere d’acquisto delle famiglie”.

Consumi fermi a dicembre. Ma niente crolli

Italiani consumatori? Forse un tempo, ora molto meno. La conferma viene ancora una volta dall‘indicatore dei Consumi Confcommercio (ICC), che a dicembre 2011 è rimasto fermo in termini tendenziali ed è aumentato dello 0,3% rispetto a novembre.

Secondo l’Ufficio Studi Confcommercio, questi sono dati che “appaiono meno negativi se confrontati con quelli dei mesi precedenti e vanno letti con estrema cautela“. Nella media del 2011 l’indicatore è sceso dello 0,4%. In termini di media mobile destagionalizzata a tre mesi il dato segna un’ulteriore flessione. La tenuta della domanda “sembra riflettere più il tentativo delle famiglie di tenere invariato il livello dei consumi in un periodo come quello delle festività di fine anno, che un’inversione di tendenza“, sostiene l’Ufficio Studi Confcommercio.

L’ICC a gennaio indica un aumento dell’1,5% della domanda di servizi e una riduzione della spesa per i beni (-0,3%). Si evidenzia un deterioramento della domanda per quasi tutte le macrofunzioni di spesa che compongono il paniere dell’ICC. Fanno eccezione i consumi per i beni e i servizi per le comunicazioni (+9,4), la cui domanda continua ad essere sostenuta quasi esclusivamente dalla componente relativa ai beni per l’ICT domestico. Particolarmente negativa, anche a dicembre, la dinamica relativa alla domanda per i beni e servizi per la mobilità (-6,6%). Situazioni di forte difficoltà si sono registrate per la domanda di beni e servizi per la casa (-3,5%), tra i quali mobili ed elettrodomestici continuano a segnalare un netto ridimensionamento, e per alimentare, bevande e tabacchi (-2,4). Riguardo alle spese per i beni e servizi ricreativi si segna una diminuzione (-1,7%), fatta eccezione per giochi, lotterie e scommesse.

In termini di dinamiche congiunturali, il miglioramento registrato nell’ultimo mese del 2011 non ha consentito di recuperare quanto perso nei mesi precedenti. Si ha una moderata crescita della domanda sia per i servizi (+0,2%) che per i beni (+0,3%). La contenuta tendenza al recupero ha interessato quasi tutte le macro funzioni di spesa con l’unica eccezione della domanda per l’abbigliamento e le calzature (-0,7%). Il miglioramento più significativo si è registrato per i beni e servizi per la mobilità (+1,4%), che ha determinato un minimo recupero rispetto al segno meno che han caratterizzato quasi tutto il 2011. In moderata crescita anche i consumi per gli alimentari e le bevande (+0,2%), fenomeno su cui paiono pesare le spese per le festività di fine anno più che una modifica nei comportamenti.

Resta comunque la sensazione che a dicembre non si sia avuto alcun crollo della domanda da parte delle famiglie, che manifestano ancora importanti segnali di tenuta della propensione al consumo. Per quanto riguarda i prezzi, per febbraio viene stimata una variazione congiunturale dello 0,3% dell’indice dei prezzi al consumo. un dato che porterebbe a una stabilizzazione del tasso tendenziale al 3,2%, analogamente a quello registrato a gennaio.

Allarme Confcommercio: Italia già in recessione

Variazioni congiunturali negative su Pil e consumi sono attese già tra il terzo e il quarto trimestre 2011. La recessione per l’Italia è già alle porte, o meglio ha già girato la chiave della serratura. Secondo le stime di Confcommercio, che ha effettuato un’indagine sui consumi degli italiani in vista del Natale, già nel 2012 sono attese variazioni negative sul Pil (- 0,6%) e sui consumi degli italiani(- 0,3%). Per il 2013 si prevede un lievissimo rialzo del prodotto interno lordo dello 0,3%. Le precedenti stime di Confcommercio per il 2012 si attestavano invece sul +0,3% per il Pil e un +0,4% per i consumi.

La recessione è già cominciata. Il calo tendenziale (-0,5%) e congiunturale (-0,8%), rilevati a ottobre 2011 sarebbero, secondo Confcommercio, la “spia” di un probabile avvio, nel terzo trimestre, di una fase di contrazione dei consumi delle famiglie la cui entità non sembra trascurabile e che sarebbe destinata a proseguire anche nella prima parte del 2012. L’associazione ci tiene a precisare che si tratta per il momento di valutazioni ancora “grezze e approssimative”, ma quel che è certo è che con l’aumento delle tasse, la reintroduzione dell’Ici e il maggior sgravio fiscale destinato a incombere sulle famiglie, gli italiani spenderanno meno. Le maggiori imposte comprimeranno infatti il reddito disponibile e l‘occupazione non crescente, il clima sfiducia e la contrazione del potere d’acquisto faranno il resto.

“Le difficoltà sono evidenti. Ma speriamo che le vendite possano reggere perché regge ancora il clima di fiducia delle famiglie – ha affermato il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli. – Quello che ci preoccupa è il nuovo consistente calo dei consumi, che tra settembre e ottobre ha di fatto azzerato gran parte del recupero registrato nei mesi estivi, e il permanere, a livello nazionale e internazionale, di uno scenario di emergenza“.

Alessia CASIRAGHI

Italia, conto energetico salatissimo

Confartigianato lancia l’allarme caro-energia. Secondo un’analisi elaborata dalla confederazione degli artigiani, a settembre 2011 la bolletta energetica ha toccato il picco degli ultimi 20 anni a 61,9 miliardi, con un’incidenza del 3,91% sul Pil. Fatti i conti in tasca alle famiglie, ognuna di loro si trova a dover pagare ogni anno una bolletta 2.458 euro all’anno.

Tutta colpa, secondo Confartigianato, dell’aumento del prezzo del petrolio, che a settembre 2011 si è attestato a 108,56 dollari al barile, +143% rispetto a marzo 2009. Con conseguenze a cascata sui prezzi dei carburanti, dei trasporti e del gas. Gli aumenti italiani sono nettamente superiori alla media europea. Tra ottobre 2010 e ottobre 2011, in Italia il prezzo del gas è aumentato del 12,2%, mentre nell’area Euro la crescita si è attestata al 10,1%.

Le differenze fra Italia ed Eurozona si registrano anche sul lato dei trasporti: negli ultimi 12 mesi i prezzi in Italia hanno toccato un +7,7%, contro un +4,5% dell’area Euro. Confartigianato sottolinea anche che in alcune zone d’Italia i prezzi dei trasporti hanno subito incrementi superiori all’8%: record negativo a Potenza (+10,5%), seguono Venezia (+9,1%), Verbania (+9%), Trento +8,8%, Pescara e Piacenza +8,4%, Varese +8,1, Mantova +8%.

I consumi degli italiani sono sempre meno liberi

Gli italiani sono compatti per quanto riguarda la propria situazione finanziaria e le linee di condotta da seguire al riguardo.

Da un’indagine effettuata da Astra Ricerche e presentata nella sede di Confocommercio di Milano all’interno del convegno: Moda: la distribuzione multimarca tra vecchie crisi e nuove opportunità, emerge che il 66% degli intervistati percepisce negativamente la propria situazione personale e questa percentuale è composta soprattutto da salariati, 74%, studenti e non occupati, 70%.

Chi, invece, sembra più propenso a spendere ha un’età compresa tra i 35 e i 44 anni e vive, nel 47% dei casi, nel Nord Italia.

Il pessimismo nei confronti del futuro appartiene al 59,6% degli intervistati, con una prevalenza di persone tra i 45 e i 54 anni, mentre più positivi i giovani tra i 18 e i 34 anni, appartenenti ad un ceto medio-alto.

Sulle previsioni a breve circa la quantità dei prodotti acquistati, il 51,1% degli intervistati manterrà gli acquisti stabili, il 33% li diminuirà, il 15,9% li accrescerà. Fra chi ha intenzione di ridurre le proprie spese, la maggior parte ha un’età superiore ai 45 anni.

Se, invece, si tratta di fare una stima della spesa che si può affrontare, il 51,6% degli intervistati risponde di pensare d’acquistare a prezzi più bassi, il 48,4% a prezzi invariati o poco più alti. Ma le rinunce, quando ci sono, non devono essere a discapito della qualità, per ben il 62,5% degli intervistati, anche se, nella maggior parte dei casi, riguardano l‘abbigliamento (44,4%) e calzature, borse e accessori (38,5%).

I capi firmati, poi, dividono gli interpellati, poiché il 28% si reputa fan delle firme e un altro 28% ne è addirittura nemico, il 27% affezionato a pochi marchi e il 17% appassionato ma con moderazione.

Renato Borghi, presidente di Ferdermodaitalia e Federmodaitaliamilano, chiamato a fare una disamina dei dati raccolti, ha commentato: “Il quadro generale che complessivamente emerge dall’indagine è purtroppo negativo. Dalla ricerca emergono diverse considerazioni su quali azioni intraprendere, da parte delle nostre imprese distributive, per tentare un rilancio: apportare innovazione, fare formazione, rafforzare ancor più il rapporto umano e di servizio con i propri clienti, scegliere produttori di capi di qualità da etichettare con il proprio marchio d’azienda. Soprattutto importante, se non addirittura decisivo, è saper fare rete“.

Inoltre, occorre che il panorama generale appaia più favorevole al consumo, ad esempio senza ulteriori incrementi dell’Iva e delle spese obbligate, raddoppiate dal 1970 al 2010. E se i consumi “liberi” delle famiglie si riducono in maniera così drastica, certo non ci si sente invogliati a spendere.

Vera Moretti

Confcommercio: spese fisse sempre più alte per le famiglie italiane

Un’analisi effettuata dall’Ufficio Studi Confcommercio su come è cambiata negli ultimi quaranta anni l’incidenza delle spese obbligate sui consumi e sul potere di acquisto delle famiglie mette in luce una situazione che fa riflettere: tra il 1970 e il 2010 la quota di consumi assorbita dalle cosiddette spese obbligate (bollette, affitti, servizi bancari e assicurativi, carburanti…) è quasi raddoppiata ed è passata dal 23,3% sul totale dei consumi a poco meno del 40%. Nello stesso periodo, la quota di consumi “liberi” delle famiglie – quelli per beni e servizi commercializzabili – si è ridotta dal 76,7% al 61,2%, con una forte contrazione per gli alimentari la cui quota si è più che dimezzata, dal 36,1% del 1970 al 15,1% del 2010.

Entrando nel dettaglio dello studio, si scopre che tra le spese fisse, le maggiori quote, in valore, sono destinate all’abitazione (57,4%) e ad assicurazioni e trasporti (25%). Quanto alle dinamiche dei prezzi, i consumi obbligati hanno mostrato, tra il 1970 e il 2010, un’inflazione mediamente superiore al 60% rispetto a quella delle spese libere. Gli over 65 che vivono da soli destinano ai “consumi di base” oltre i tre quarti della spesa media mensile. Sul totale dei consumi liberi, le coppie senza figli spendono più di un terzo per i servizi; per le famiglie numerose con 3 o più figli, invece, quasi i tre quarti delle spese libere se ne vanno per l’acquisto di beni, soprattutto alimentari. Secondo il direttore dell’Ufficio Studi Mariano Bella, la crisi attuale, almeno fino al luglio scorso “era una crisi di produzione e reddito, non di consumi“. Ma la caduta della fiducia dei consumatori che si è registrata ad agosto comporta un grave rischio, ovvero “una nuova recessione se le famiglie ridurranno la propensione al consumo“. Per il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, “lo studio ci indica qual è la situazione reale del Paese: bassa crescita, consumi stagnanti, redditi fremi, tassazione alta, aumento delle spese obbligate. E ci dice che sono molti i settori con ampi margini per una maggiore apertura alla concorrenza“.

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L’Italia dei consumi: Nord-Est batte Sud recuperando i livelli pre-crisi

Uno studio di Confcommercio rivela come le dinamiche dei consumi nell’Italia della crisi globale muti profondamente da Nord a Sud: se nel periodo che va dal 2007 al 2011 è calato significativamente il contributo in termini di consumo delle regioni del Sud Italia, il Nord, ed in particolare il Nord-Est, ha registrato al contrario una ripresa positiva della spesa sul totale nazionale, in costante aumento.

Lo studio condotto da Confcommercio, nell’ambito dell’ “Aggiornamento delle analisi e delle previsioni dei consumi delle famiglie nelle regioni italiane”, mette in luce come nello zoccolo dello stivale i consumi si siano contratti passando dal 27,2% del 2007 al 26,6% del 2011. A livello di singole regioni, i picchi sono stati registrati in Calabria (-4,2%), Puglia (-3,6%), Sicilia (-3,2%) e Campania (-3%). Segue invece un andamento completamente opposto la curva della spesa a livello nazionale se si guarda alle regioni del Settentrione: le quote sono in costante aumento sia nel Nord-Est (dal 21,8% al 22,2%) che nel Nord-Ovest (dal 30,1% al 30,6%), al punto che il Nord-Est ha recuperato nel 2010 i livelli di consumo pre-crisi.

Difficili le previsioni per il futuro: la debolezza dei consumi a livello pro capite, complice il biennio di crisi 2008-2009, lascia intravedere un rallentamento generalizzato dell’uscita dalla crisi. Confcommercio ha stimato infatti che, a fine 2011, saranno ben 17 regioni italiane su 20 a rischiare di registrare un livello di consumi inferiore a quello del 2000. Ancora meno rosee appaiono le prospettive a lungo termine: nel 2017 si prevede infatti che il Mezzogiorno avrà acuito il suo ritardo con una continua riduzione della spesa per consumi rispetto al totale nazionale.

Modesta la previsione per il 2011 con una ripresa sull’intero territorio nazionale stimata attorno al + 0,8%, anche se le famiglie italiane stanno cercando di recuperare i livelli di consumo pre-crisi.

Alessia Casiraghi

Istat: inflazione al 2,6% e in continua crescita

Continua a crescere l’inflazione secondo i dati preliminari elaborati dall’Istat. In particolare il tasso d’inflazione ad aprile e’ salito al 2,6%, dal 2,5% di marzo con un aumento dei prezzi su base mensile dello 0,5%. Si tratta del tasso annuo più’ alto da novembre 2008, quando l’inflazione si attestò al 2,7%. A influire maggiormente la crescita recente del tasso sono gli aumenti  sui prezzi dei servizi relativi ai trasporti e della dinamica dei beni energetici non regolamentati (adeguamento delle tariffe elettricità e gas).

La tendenza all’aumento per l’inflazione non conosce sosta dal dicembre 2010 così quella acquisita per il 2011 è pari al 2,2%. L’inflazione di fondo, calcolata al netto dei beni energetici e degli alimentari freschi, sale all’1,8% dall’1,7% di marzo 2011. Al netto dei soli beni energetici, il tasso di crescita tendenziale dell’indice dei prezzi al consumo è pari al 2% (era +1,9% a marzo 2011). Tendenzialmente la variazione dei prezzi dei beni sale al 2,9%, con una lieve spinta all’incremento rispetto a marzo 2011 (+2,8%), mentre quella dei prezzi dei servizi si porta al +2,2% dal +2,0% del mese precedente.

Stando a questi dati, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) è aumentato dell’1,1% rispetto al mese precedente e del 3% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (a marzo 2011 era al +2,8%).

Mirko Zago