Gestione contabile e fiscale del contratto di leasing

Il contratto di leasing entra nel nostro ordinamento del 2017 con la legge 172 , prima dell’introduzione della legge il contratto di leasing comunque veniva utilizzato nell’ambito della libertà contrattuale prevista dal nostro ordinamento. Il leasing può essere considerato per le aziende un costo e di conseguenza è bene considerare l’aspetto fiscale del contratto e quindi come può essere contabilizzato da parte dei vari soggetti coinvolti.

Cos’è il leasing?

Per capire i criteri di contabilizzazione a fini fiscali del leasing è necessario partire dalla base, cioè dalle caratteristiche di questo contratto. Con il contratto di leasing, un soggetto concede ad un’altra parte, dietro il pagamento di un corrispettivo, l’uso di un macchinario (leasing operativo). Il contratto di leasing può anche prevedere che ci sia un soggetto terzo che acquista il bene per poi darlo all’utilizzatore in leasing. Ad esempio la banca Y, su indicazione dell’azienda X, acquista un macchinario e poi lo concede in leasing all’azienda X. L’azienda X paga il canone per il periodo concordato e in seguito può decidere di acquistare pagando un residuo oppure può scegliere di restituirlo. In questo caso si parla di leasing finanziario.

Gestione contabile e fiscale con il metodo patrimoniale

Per la gestione contabile e fiscale in Italia si applica il metodo patrimoniale. Questo vuol dire che il concedente, cioè la banca o il produttore, iscriverà il valore del bene nello stato patrimoniale e contabilizzerà i canoni di leasing periodici nel conto economico con gli importi risultanti dalle fatture passive emesse dall’utilizzatore.

L’utilizzatore invece non iscriverà il bene nelle immobilizzazioni, ma registrarà le uscite, cioè i canoni pagati. Imputerà i canoni tra i costi della produzione, voce B8 “ per godimento di beni terzi ” del conto economico.  Nel caso in cui al termine del contratto l’utilizzatore dovesse decidere di acquistare il bene, dovrà registrarlo nello stato patrimoniale per il costo residuo affrontato e potrà procedere all’ammortamento del bene utilizzando le regole ordinarie. L’ammortamento è procedimento amministrativo-contabile con cui il costo di un bene viene ripartito nel corso di più esercizi.

Cosa succede nel caso in cui sia pagato un maxi canone iniziale?

Alcuni contratti di leasing prevedono il pagamento di un maxi canone iniziale il cui importo di solito oscilla tra il 20% e il 25% del prezzo di acquisto del bene. In questo caso l’utilizzatore non potrà imputare il costo per intero all’esercizio fiscale nel quale ha versato tali somme, ma dovrà scaglionare tali costi nel tempo utilizzando la tecnica dei risconti.

In questo caso per ogni parte del maxi canone di competenza annuale, dovrà inserire tra i costi di produzione, sempre alla voce B8 del conto economico, il relativo ammontare. La parte di costo non di competenza dell’esercizio dovrà invece essere rinviata agli esercizi successivi mediante l’iscrizione di un risconto attivo. In caso di riscatto anticipato del bene, la parte del maxi canone non ancora iscritta nel conto economico dovrà essere capitalizzato nel valore del cespite, aggiungendosi al costo sostenuto per riscattare il bene.

Gestione del leasing con il metodo finanziario

Il metodo patrimoniale, si applica per i contratti di leasing in Italia, ma nel caso in cui sia necessario applicare i principi contabili internazionali IFRS 16, che dal 1°gennaio 2019 si applica in sostituzione dello IAS 17, cioè si applica il metodo finanziario. Si deve però fare una differenza, infatti prima dell’introduzione dell’ IFRS 16 era necessario distinguere tra leasing operativo, cioè che prevede l’utilizzo di macchinari appartenenti al concedente, a cui si applicava il metodo patrimoniale che abbiamo già visto, mentre per il leasing finanziario si applicava il metodo finanziario di imputazione. Ora tale distinzione è venuta meno e per le operazioni internazionali si applica solo il metodo finanziario . Il bene viene quindi trattato come se fosse oggetto di una vendita. I principi base sono:

  • Al momento della sottoscrizione del contratto si rileva il valore del bene corrente che deve essere iscritto nell’attivo da parte del locatario/utilizzatore.  Il locatore elimina dal proprio bilancio il bene e vi imputa un credito pari all’importo dei canoni di locazione che dovrà ricevere;
  • I canoni saranno invece nel passivo del locatario/utilizzatore del bene.
  • La società di leasing (locatore), man mano che il locatario paga i canoni rendiconta gli oneri associati al finanziamento e riduce il debito del locatario (utilizzatore) ne suoi confronti.

 

Bilancio d’esercizio, quali sono i prospetti?

Per conoscere la situazione patrimoniale e finanziaria di un’impresa ci sono dei documenti contabili e dei report finanziari che, ai sensi di legge, devono essere redatti periodicamente. Questi documenti, peraltro ad accesso pubblico, vanno sotto il nome di bilancio d’esercizio con l’impresa che, tra l’altro, è pure obbligata a rispettare opportuni standard a livello contabile. Ma detto questo, quali sono i prospetti per il bilancio d’esercizio?

Ecco quali sono i prospetti del bilancio d’esercizio di un’impresa

Nel dettaglio, il bilancio d’esercizio di un’impresa si compone di tre componenti, ovverosia di tre prospetti che sono rappresentati dallo stato patrimoniale, dal conto economico e dalle note esplicative che vanno sotto il nome di nota integrativa.

Un quarto prospetto è rappresentato dal rendiconto finanziario al quale si aggiunge spesso pure una quinta componente di complemento che è rappresentata dalla relazione sulla gestione. E che è sempre presente nel bilancio d’esercizio di imprese di medie e di grandi dimensioni specie se queste sono quotate in Borsa. O se mirano alla quotazione su uno o più mercati azionari regolamentati.

Dallo stato patrimoniale alla relazione sulla gestione, ecco tutte le componenti del bilancio d’esercizio

Nel dettaglio, lo stato patrimoniale nel bilancio d’esercizio illustra la situazione patrimoniale di un’impresa al termine di un trimestre, di un semestre o di un anno fiscale. Nel farlo, l’impresa nello stato patrimoniale, con la suddivisione in sezioni, espone tutti gli attivi e tutte le passività.

Il conto economico, invece, è il prospetto del bilancio d’esercizio con il quale l’impresa espone i costi ed i ricavi fino ad arrivare, al netto delle imposte, a indicare l’utile oppure la perdita di esercizio.

Così come è previsto dal codice civile italiano, la nota integrativa, come prospetto che fa parte del bilancio d’esercizio, deve invece integrare tutte le informazioni che sono contenute nelle due componenti di cui sopra. Ovverosia, lo stato patrimoniale ed il conto economico.

Come prospetto obbligatorio nel bilancio d’esercizio, in Italia il rendiconto finanziario è stato introdotto nel 2016. Mentre in precedenza nel bilancio d’esercizio era una delle componenti facoltative. Detto questo, con il rendiconto finanziario non si fa altro che illustrare ed esporre tutti i flussi di cassa. Ovverosia, tutti i fondi che hanno apportato un incremento della liquidità, e tutti gli impieghi che, invece, hanno comportato un decremento della liquidità stessa.

La relazione sulla gestione, come documento che è facoltativo nel bilancio d’esercizio, illustra quelli che sono stati tutti i settori economici in corrispondenza dei quali, nel periodo di riferimento, l’impresa ha operato. Procedendo inoltre, settore per settore, ad esporre i ricavi ottenuti nonché i costi che sono stati sostenuti e gli investimenti che sono stati effettuati.

Con la pubblicazione del bilancio di esercizio, in maniera chiara, veritiera e corretta, l’impresa persegue il principio di verità e di trasparenza nei confronti di tutti gli stakeholder. A partire dai soci e passando per i dipendenti. Ma anche nei confronti di potenziali investitori interessati a stipulare delle partnership oppure ad entrare direttamente nel capitale sociale attraverso l’acquisizione di quote di maggioranza o di minoranza.

Dove vanno le sopravvenienze passive nel conto economico?

Nell’esercizio dell’ordinaria attività aziendale, l’impresa spesso è costretta ad assumersi dei costi che possono essere non solo occasionali, ma anche inaspettati e quindi tanto imprevedibili quanto accidentali.

Questi costi, rientranti poi tra le componenti straordinarie da riportare a bilancio, sono definite nel linguaggio aziendale come sopravvenienze passive. Ovverosia, delle passività che si andranno a sommare a quelle ordinarie per l’attività d’impresa. Ma detto questo poi, quando c’è da redigere il bilancio, dove vanno le sopravvenienze passive nel conto economico?

Ecco dove vanno inserite le sopravvenienze passive nel conto economico di un’azienda

A livello contabile, nel conto economico, le sopravvenienze passive devono essere indicate nel conto oneri straordinari. Quando, come sopra accennato, le sopravvenienze passive sono anormali rispetto a quelle che è la gestione ordinaria dell’impresa.

Ragion per cui le sopravvenienze passive presentano in tutto e per tutto il carattere dell’infrequenza. Mentre in tutti gli altri casi le sopravvenienze passive nel conto economico devono essere inserite sempre tra gli oneri diversi.

In più, a livello fiscale, per le sopravvenienze passive l’impresa può avvalersi, quando è previsto ai sensi di legge, della deducibilità fiscale. Quando e solo se queste sopravvenienze passive, negli esercizi di bilancio precedenti, non erano determinabili e quantificabili. Ragion per cui non erano nemmeno certe.

La sopravvenienza passiva, in linea generale, ha sempre un impatto negativo sui conti aziendali. Ma quando è possibile la deducibilità fiscale di questi costi incidentali, in ogni caso, questa garantisce un impatto negativo che è decisamente più calmierato.

Quando i costi straordinari rientrano tre le sopravvenienze passive?

I costi straordinari che possono rientrare tre le sopravvenienze passive sono davvero tanti. Visto che possono spaziare dagli errori contabili ai problemi con il Fisco, e passando per richieste di risarcimento da parte di terzi come in caso di danno ambientale.

Per esempio, si può generare una sopravvenienza passiva quando, su esercizi di bilancio che sono stati già chiusi, l’impresa è chiamata a delle rettifiche a causa di errori contabili che possono poi portare proprio alla maturazione di una passività inaspettata.

Così come è una sopravvenienza passiva la pretesa del Fisco quando questa si riferisce ad accertamenti su tasse pagate in misura minore, secondo l’Agenzia delle Entrate, sempre negli esercizi di bilancio precedenti. Pure il risarcimento a terzi rientra tra le sopravvenienze passive quando il danno, in particolare, non è coperto da assicurazione.

Spesso, tra l’altro, alla voce relativa alle sopravvenienze passive nel conto economico le somme possono essere anche irrisorie. Per esempio, può generare una sopravvenienza passiva la multa inflitta ad un mezzo aziendale, per infrazione al codice delle strada, che viene notificata solo dopo la chiusura del bilancio d’esercizio.

In maniera del tutto speculare alle sopravvenienze passive, le sopravvenienze attive sono invece delle componenti che sono allo stesso modo inattese e quindi imprevedibili, ma che incidono positivamente sul reddito di impresa. Per esempio, sono sopravvenienze attive i ricavi oppure altri proventi che sono stati conseguiti per un ammontare che risulta essere superiore a quelli che hanno formato il reddito d’impresa in esercizi di bilancio precedenti.

Dove vanno le imposte dell’esercizio nel conto economico?

Tra i documenti del bilancio d’esercizio di un’impresa spicca il conto economico. Al quale si aggiunge il rendiconto finanziario, lo stato patrimoniale e la nota integrativa. In particolare, con l’approvazione del bilancio d’esercizio l’impresa per il periodo di riferimento, il conto economico è finalizzato ad illustrare ed a spiegare come si è arrivati al risultato economico. Che può essere rappresentato da un utile oppure da una perdita di esercizio. Ma detto questo, ed entrando nello specifico, dove vanno le imposte dell’esercizio nel conto economico?

Ecco dove vanno le imposte dell’esercizio nel conto economico

Al riguardo, prima di tutto, c’è da dire che il conto economico, con una struttura a scalare, si compone di 4 sezioni principali. Ovverosia, prima la parte relativa al ‘Valore della produzione‘. e poi a seguire i ‘Costi della produzione‘, i ‘Proventi e oneri finanziari‘, e le ‘Rettifiche di valore delle attività finanziarie‘.

Per quel che riguarda le imposte dell’esercizio nel conto economico, queste vengono riportate e indicate sempre dopo la voce relativa a ‘utile o perdita prima delle imposte‘. Dopo questa voce, nel conto economico, ci sarà infatti sempre presente la voce imposte sul reddito che, sottratta all’utile o alla perdita prima delle imposte, porterà all’indicazione nel documento dell’utile netto o della perdita di esercizio.

Le imposte correnti, differite e anticipate nel conto economico

In particolare, la voce relativa all’utile o alla perdita netta è data dalla differenza tra l’utile prima delle imposte e le ‘Imposte sul reddito dell’esercizio, correnti, differite e anticipate‘. Con le imposte correnti che sono quelle che si riferiscono al reddito imponibile di un determinato esercizio di bilancio.

Le imposte differite sono invece quelle che sono sempre di competenza dell’esercizio ma, pur tuttavia, sono imponibili ed esigibili negli esercizi di bilancio successivi. Mentre le imposte anticipate sono quelle recuperabili negli esercizi futuri.

Obblighi conto economico per redigere il bilancio d’esercizio

In Italia, per redigere il bilancio d’esercizio, il conto economico è un documento obbligatorio che, ai sensi di legge, è in prevalenza disciplinato dagli articoli articoli numero 2423 e numero 2425 del codice civile. Sempre ai sensi di legge, inoltre, sono gli amministratori della società le figure che sono chiamate a redigere il conto economico. L’articolo numero 2425 del codice civile, inoltre, fissa per il conto economico lo schema di sintesi.

Partendo, come sopra accennato, dal ‘Valore della produzione‘ e passando per i ‘Costi della produzione’ e per la ‘Differenza tra valore e costi della produzione‘. A seguire, nella struttura a scalare del conto economico, ci sono poi i ‘Proventi ed oneri finanziari‘, le ‘Rettifiche di valore di attività finanziarie‘, il ‘Risultato prima delle imposte’, le ‘Imposte sul reddito dell’esercizio’ e la voce ‘Utile o perdita dell’esercizio‘.

Grazie allo schema sopra indicato, il conto economico permette di avere una fotografia dettagliata della gestione aziendale su tre aspetti. Ovverosia, la gestione ordinaria, la gestione finanziaria e la gestione fiscale. Con l’obiettivo di rispettare gli obblighi di trasparenza verso i soci, ed anche per fornire dati utili e attendibili al fine magari di permettere di attrarre nuovi investitori.

Il gelato tutto l’anno, con il Franchising Lait

 

Chi l’ha detto che il gelato si mangia solo d’estate? Con “Lait – Gelateria Alpina”, la catena di gelaterie in franchising fondata dallo chef stellato Ugo Alciati e dal pasticcere Luca Montersino, è possibile gustarlo in ogni stagione, ma soprattutto al momento. La particolarità della catena di gelaterie Lait sta proprio nel fatto che il gelato viene preparato al momento, senza l’aggiunta di emulsionanti, conservanti e l’impiego di grandi quantità di grassi.

Attualmente i franchising Lait sono presenti a Genova, Torino, Roma, Cuneo, Salerno e anche alle Baleari, con un punto vendita sull’isola di Formentera. Per chi desiderasse dare vita al proprio ‘franchising del gelato’ l’investimento iniziale richiesto è pari a 80 mila euro (capitale proprio 50%), mentre il fatturato medio annuo è pari a 250 mila euro.

Lait, il format di gelaterie giovani in franchising, non richiede la presenza di un laboratorio, e offre consulenza sia nella ricerca della location più adatta per aprire il tuo punto vendita,sia nella stesura del conto economico previsionale, sia nell’allestimento del punto di vendita e nel set-up iniziale.

Per scoprire come aprire un franchising Lait è possibile consultare il sito di Lait Gelateria Alpina.

Il rendiconto finanziario: l’analisi di bilancio per flussi finanziari

I costi e i ricavi che danno vita al risultato economico d’esercizio dell’impresa sono iscritti in base al criterio della competenza economica e non della cassa.
Il risultato economico non è dato dalla differenza tra le entrate e le uscite finanziarie ma dalla differenza tra i ricavi e i costi generati dall’esercizio dell’attività dell’impresa.

Per capire bene questo concetto facciamo l’esempio di un’impresa che acquista nel corso dell’anno 2010 un capannone del costo di 1.000.000 di euro, per l’esercizio della propria attività.
Nel conto economico relativo all’esercizio 2010, l’impresa registra il costo di competenza, relativo al capannone acquistato, rappresentato dalla quota annuale di ammortamento supponiamo pari a 30.000 euro.

Il capannone è un bene strumentale all’attività d’impresa e partecipa alla formazione del risultato economico dell’impresa per più anni; per questo motivo, non è possibile iscrivere nel conto economico relativo all’esercizio 2010 tutto il valore di acquisto di 1.000.000 di euro, anche se il bene strumentale è stato completamente pagato nello stesso anno.
Se per ipotesi l’impresa registra ricavi per 200.000 euro e come costi ha solamente la quota di ammortamento per l’utilizzo del capannone, il conto economico relativo all’esercizio 2010 sarà positivo per 170.000 euro.

Tale valore, però, non corrisponde alla differenza tra le entrate e le uscite finanziarie avvenute nel corso dell’esercizio 2010.
Per poter avere una corretta visione dell’andamento delle entrate e delle uscite finanziarie è necessario ricorrere allo strumento del rendiconto finanziario.

Continuando con l’esempio, supponiamo che i ricavi siano stati completamente incassati nel corso del 2010 e che l’impresa abbia dovuto pagare alla banca 100.000 euro come rimborso annuale del prestito contratto per l’acquisto del capannone; allora il flusso di cassa relativo all’anno 2010 sarà pari a 100.000 euro, dato dalla differenza tra le entrate finanziare di 200.000 euro e l’uscita finanziaria di 100.000 euro per la quota di rimborso del prestito.
Il rendiconto finanziario, diventato obbligatorio per le società quotate in borsa, è ancora poco diffuso tra le imprese di piccole dimensioni. Si tratta di uno strumento essenziale per capire quali sono le attività che generano liquidità e quali che assorbono liquidità.

Per gli istituti di credito che devono concedere dei finanziamenti alle imprese, lo strumento del rendiconto finanziario è fondamentale per determinare la capacità dell’impresa di onorare il prestito.

Dott. Giovanni DE LORENZI | g.delorenzi[at]infoiva.it | www.gdlstudio.it | Padova

Padovano, classe ’73, laurea in Discipline Economiche e Sociali e master in Economics presso l’Università Bocconi di Milano. Prima dell’esame di abilitazione all’esercizio della professione di Dottore Commercialista ha lavorato come analista dei processi informativi bancari. Attualmente collabora con la società Advance Group Srl per la consulenza nel campo della finanza agevolata e con la società AD Soluzioni Avanzate Srl per la consulenza nel campo dell’informatizzazione dei processi aziendali.
E’ iscritto all’Albo dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Padova, all’Albo dei Consulenti Tecnici d’Ufficio del Tribunale di Padova e al Registro dei Revisori dei Conti.
Dal 2007 è titolare di gdl Studio, che fornisce attività di consulenza in campo fiscale, dei processi informativi e dell’organizzazione aziendale e della finanza agevolata.