Nasce l’Osservatorio Internazionale sull’ Italian Sounding alimentare

Cibus, che si è chiuso con grandi numeri la scorsa settimana a Parma, è stato anche un momento di riflessione forte sulla piaga della contraffazione alimentare e del cosiddetto Italian Sounding, ovvero l’utilizzo di nomi che richiamano quelli di eccellenze agroalimentare italiane per commercializzare squallidi tarocchi a basso costo, specialmente dall’estero e all’estero.

È stato lanciato infatti in chiusura di Cibus il primo Osservatorio Internazionale sull’ Italian Sounding Alimentare. L’Osservatorio, nato dall’impegno di Federalimentare e Fiere di Parma, è il primo atto concreto a testimonianza del potenziamento del Salone internazionale dell’alimentazione, previsto anche nel rinnovo del contratto fra Federalimentare e Fiere di Parma per il decennio 2016-2026, che vedrà sempre più Cibus come piattaforma per la promozione e la salvaguardia del Made in Italy nel mondo.

L’ Italian Sounding è una fra le più subdole forme di comunicazione ingannevole per il consumatore, è un fenomeno non facilmente contrastabile e si riferisce all’attribuzione ad un prodotto di un’origine italiana che in realtà non ha. Una falsa evocazione di italianità mediante bandiere, foto, nomi posti su prodotti in realtà non fabbricati in Italia. Un giro d’affari, e quindi un relativo danno per il vero Made in Italy, che in passato è stato stimato sui 60 miliardi di euro, un valore che però oggi appare inappropriato.

Se pensiamo che solo in America il fenomeno vale circa 23 miliardi (7 prodotti su 8 sono venduti come italiani ma non lo sono) – ha ricordato Luigi Scordamaglia, Presidente di Federalimentare e coordinatore dell’Osservatorio – ecco che il valore complessivo e quindi il danno economico per l’industria alimentare italiana è ben più alto”.

L’Osservatorio sull’ Italian Sounding studierà questo fenomeno ben identificabile ma non adeguatamente approfondito, avvalendosi della consulenza scientifica di un advisor di livello in ambito studi/osservatori, e a dati di fonti accreditate. Analizzerà le modalità e le tipologie del fenomeno, ma soprattutto monitorerà i mercati geografici e i canali, dove e attraverso cui l’ Italian Sounding prolifera.

L’obiettivo finale di questo innovativo percorso di tutela dei nostri prodotti, che sarà sviluppato anche attraverso tutte le possibili sinergie con Ice e con le autorità competenti, sarà quello di favorire interventi repressivi e legali mirati per fermare il dilagare del finto prodotto italiano. Un primo rapporto dell’Osservatorio sarà presentato in occasione di Cibus Connect 2017.

Questa è una battaglia di tutto il sistema Italia e di tutta la filiera agroalimentare e l’industria alimentare del nostro Paese vuole essere in prima fila a combatterla – ha continuato Scordamaglia -. L’industria alimentare italiana auspica da tempo che Bruxelles intervenga contro il fenomeno. In tal senso è positivo che Parlamento europeo abbia approvato una risoluzione finalizzata a fermare l’inganno dei prodotti alimentari stranieri spacciati per Made in Italy auspicando l’indicazione obbligatoria del Paese d’origine o del luogo di provenienza per alcuni prodotti alimentari. E’ questa la strada, una norma comunitaria valida per tutti a cui non possono sfuggire i furbetti degli altri Paesi mentre una norma nazionale solo italiana non raggiungerebbe lo scopo anzi sarebbe controproducente”.

Federalimentare: recuperare il mercato russo

Il presidente russo Vladimir Putin è comparso a Expo 2015 e ha ricordato come le sacrosante sanzioni imposte alla Russia dalla comunità internazionale per la gestione della guerra con l’Ucraina siano un danno per le imprese di un Paese come l’Italia, che ha nel Paese degli zar un mercato di primissimo piano.

Non sono quindi casuali le parole dette, sempre a Expo 2015 nell’assemblea pubblica di Federalimentare da Luigi Scordamaglia, presidente della federazione dell’industria alimentare italiana, il quale ha affermato che per le imprese italiane del settore agroalimentare “il mercato russo è strategico e insostituibile e va recuperato a qualsiasi costo“.

Grazie all’Italia – ha proseguito il presidente di Federalimentare -, l’agroalimentare può essere un ponte di rilancio. L’auspicio è che l’incontro di oggi tra il presidente Putin ed il presidente del Consiglio Renzi, in un contesto così universale come Expo, possa riavviare il dialogo favorendo il ritorno delle eccellenze del food and beverage italiano sul mercato russo“.

Ma quali sono, secondo Federalimentare, le cifre che all’Italia costano le sanzioni contro la Russia? Nel 2013, ossia nell’ultimo anno prima che fosse imposto l’embargo, secondo Federalimentare la Russia era undicesima tra gli sbocchi dell’agroalimentare italiano, con una quota export di 562,4 milioni di euro (+24,4% sul 2012), pari al 2,2% dell’export alimentare italiano. Nel 2014 il calo dell’export agroalimentare in Russia è stato del 6% mentre, sottolinea allarmata Federalimentare, nel primo bimestre del 2015 le esportazioni sono crollate del 46,3%, con il settore lattiero-caseario di fatto scomparso: -97%.

Conclude il presidente di Federalimentare: “In meno di un anno, i limiti imposti a questo mercato sono costati alle nostre aziende alimentari circa 165 milioni di euro. Ma la perdita in valore assoluto di mancata esportazione è un dato trascurabile rispetto all’interruzione di un processo di scoperta e fidelizzazione che sta avvantaggiando la concorrenza e la contraffazione. In altre parole, non potendo accedere direttamente ai nostri prodotti, i russi stanno acquistando delle imitazioni. Per la prima volta, in Russia si sta affermando l’italian sounding. Se non si interviene al più presto, sarà difficile recuperare“.

Un logo per l’ agroalimentare italiano

Nella lotta senza quartiere alla contraffazione alimentare, adesso il made in Italy potrebbe avere un’arma in più. È stato infatti presentato nei giorni scorsi a Expo 2015 da parte del ministero delle Politiche Agricole, il “Segno unico distintivo del settore Agroalimentare italiano”, in pratica un logo unico e distintivo dell’ agroalimentare italiano.

Del resto, che l’ agroalimentare italiano sia una miniera d’oro anche e soprattutto per i taroccatori, lo testimoniano le cifre relative allo scorso anno. Nel 2014, infatti, l’ agroalimentare italiano ha registrato un valore di 34,4 miliardi di euro di export. Solo nel primo trimestre 2015 siamo già a 8,7 miliardi solo e l’obiettivo per il 2020 è di 50.

Con il logo unico del made in Italy presentato a Milano saranno marchiati i prodotti dell’ agroalimentare italiano che nascono in Italia, per evitare la confusione con i cloni che spopolano nel mondo e che sfruttano il cosiddetto “italian sounding” (nome simile a quello italiano) per mascherare una palese contraffazione.

Il ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina ha così commentato l’iniziativa: “Il logo, insieme allo slogan ‘The extraordinary Italian taste’, servono a identificare subito le attività di promozione dei nostri prodotti attraverso un’operazione di riconoscibilità. Il fine è quello di creare un filo conduttore che leghi tutte le attività di promozione del vero prodotto italiano sullo scenario internazionale. Il nostro obiettivo è essere al fianco delle imprese che in questi anni hanno messo in campo energie, capacità di fare, passione, aziende che hanno consentito all’Italia di registrare una crescita del 70% dell’Export Agroalimentare negli ultimi 10 anni”.

Il logo e lo slogan saranno utilizzati, tanto sui prodotti dell’ agroalimentare italiano, quanto durante le fiere internazionali per la promozione nei punti vendita della grande distribuzione estera, a anche sui social media e nelle campagne di comunicazione e promozione in Tv e sui media tradizionali.

La scienza contro la contraffazione alimentare

Il Cnr ha illustrato nei giorni scorsi al Padiglione Italia di Expo 2015 le nuove metodologie valorizzare i prodotti tipici italiani Dop ed Igp e difendere i consumatori dalle frodi, combattendo appunto la contraffazione alimentare, uno dei nemici più agguerriti della nostra economia.

L’evento “I prodotti tipici: una contraddizione o una speranza per l’agricoltura e il Made in Italy?”, curato dal Disba-Cnr, il Dipartimento di scienze bio-agroalimentari del Consiglio nazionale delle ricerche ha fatto proprio il punto sulle modalità più avanzate utilizzate nella lotta alla contraffazione alimentare.

Nel corso dell’evento, il direttore dell’Istituto produzione animale in ambiente mediterraneo del Cnr, Andrea Scaloni, ha illustrato le “analisi che ora sono realizzate in centri di ricerca specializzati e che presto potranno essere alla portata di tutti“. E ha portato degli esempi concreti di lotta alla contraffazione alimentare.

Per la mozzarella di bufala campana – ha detto Scaloniil disciplinare prevede che si usi il 100% di latte di bufala. I falsificatori invece lo mescolano con latte bovino o bufalino liofilizzato, meno costoso e spesso proveniente da altre nazioni: oggi la spettrometria di massa consente di analizzare un campione di latte per scoprire di che tipo è, identificandone i peptidi e le proteine”.

Altri esempi di tecnologia contro la contraffazione alimentare riguardano le carni, dove prodotti spacciati come provenienti da razze superiori sono invece il frutto di un mischione con razze meno pregiate. Ma, dice, Scaloni, “grazie a tecniche di microarray, che permettono di esaminare i prodotti derivanti dal genoma di un organismo su una singola lastrina di vetro o su un chip di silicio, è possibile riconoscere sequenze di DNA specifiche che caratterizzano in maniera univoca una determinata razza“.

La conclusione di Francesco Loreto, direttore del Disba-Cnr è comunque all’insegna del realismo, per quello che riguarda il contrasto alla contraffazione alimentare: “Il Made in Italy agroalimentare – dice – è un settore eterogeneo, che raggruppa centinaia di prodotti freschi e lavorati, una grande varietà di costi e disciplinari, di cultivar vegetali, razze animali e prodotti derivanti da processi di trasformazione, sapientemente selezionati nel tempo e in funzione del territorio, un ricco patrimonio culturale e tecnologico, non facile da regolamentare e controllare“.

Il bollino DOC per la ristorazione italiana

L’Italia, per uno straniero su dieci, è sinonimo di ottimo cibo. Un vanto, certo, ma il rovescio della medaglia si chiama contraffazione alimentare: i prodotti agroalimentari italiani sono infatti i più imitati al mondo, con una perdita annuale potenziale per i produttori di 50 miliardi di euro.

Alla salvaguardia del settore agroalimentare punta il progetto ‘Ospitalità italiana, Ristoranti italiani nel mondo‘, realizzato da Unioncamere, Isnart (Istituto nazionale ricerche turistiche) e Assocamere Estero; con questo progetto, grazie al contributo delle associazioni imprenditoriali del settore, come la Fipe, e dei Ministeri degli Esteri, dello sviluppo Economico, dei Beni culturali e del Turismo, i ristoranti italiani nel mondo potranno certificare la propria ‘italianità’ e qualità con un bollino DOC.

L’iniziativa, presentata nei giorni scorsi a Roma nella sede di Unioncamere in occasione dell’undicesimo meeting dei segretari generali delle Camere di commercio italiane all’estero, è stata così commentata dal presidente di Unioncamere Ferruccio Dardanello: “Se con questo progetto riducessimo di un centesimo il fatturato realizzato con i prodotti imitati o contraffatti, recupereremmo al made in Italy 500 milioni di euro“. “In questo modo – ha proseguito Dardanello – chi ha intrapreso la strada della gastronomia italiana all’Estero assume un ruolo di fondamentale interesse per l’economia nazionale contribuendo a valorizzare l’immagine dell’Italia nel suo complesso“. “La tutela del made in Italy è la prima battaglia del nostro Paese e quest’iniziativa si inserisce in un piano più ampio di lotta alla pirateria che il Ministero dello Sviluppo economico sta promuovendo“, ha chiosato il viceministro allo Sviluppo Economico, Adolfo Urso.