Disoccupazione agricola 2022: termini per la domanda e procedura

Gli operai iscritti nell’elenco nominativo degli operai agricoli possono presentare la domanda di disoccupazione agricola 2022 dell’INPS rispettando la scadenza del 31 marzo 2022.

Chi deve presentare la domanda per la disoccupazione agricola 2022

Possono ricevere la disoccupazione agricola 2022 e quindi devono presentare la domanda entro il 31 marzo 2022 i lavoratori:

  • operai a tempo determinato (braccianti agricoli);
  • piccoli coloni;
  • compartecipanti familiari;
  • piccoli coltivatori diretti che hanno versato volontariamente fino a 51 le giornate di iscrizione negli elenchi nominativi agricoli;
  • operai agricoli a tempo indeterminato che lavorano solo per un certo periodo dell’anno;
  • lavoratori agricoli che si dimettono per giusta causa.

Per poter ottenere questa indennità è altresì necessario che nel biennio precedente il lavoratore abbia prestato almeno 102 contributi giornalieri, ad esempio 102 nel 2021, oppure 51 nel 2020 e 51 nel 2022. Occorre avere due anni di anzianità assicurativa ed essere nell’elenco nominativo degli operai agricoli.

Come compilare la domanda per ottenere la disoccupazione agricola 2022

La domanda per la disoccupazione agricola 2022 può essere compilata rivolgendosi a un patronato, oppure può essere compilata in autonomia accedendo ai servizi online messi a disposizione dall’INPS. In questi casi per accedere autonomamente ai servizi online dell’INPS è necessario avere lo Spid o in alternativa la Carta di Identità Elettronica o la Carta Nazionale Servizi.

Una volta effettuato l’accesso, occorre andare alla sezione: “Domande, Prestazioni a sostegno del reddito”. Da qui occorre andare alla voce “Disoccupazione e/o ANF Agricola”. A questo punto è necessario compilare il modulo Sr25. Alla domanda è necessario allegare un documento di identità in corso di validità. In caso di dimissioni inoltre è necessario allegare la lettera di dimissioni per giusta causa e contestazione.

In teoria la domanda potrebbe essere presentata anche telefonicamente seguendo le indicazioni del contact center al numero 803 164 da telefono fisso (chiamata gratuita) oppure il numero 06164164 da telefono mobile e a pagamento in base al proprio piano tariffario.

Il pagamento della prestazione avviene tra il mese di giugno e il mese di luglio.

A quanto ammonta la disoccupazione agricola?

Calcolare gli importi è molto semplice. In base al numero di giornate lavorative maturate (escluse quelle in cui si è usufruito della malattia, maternità, infortunio sul lavoro, le giornate di lavoro autonomo agricolo e non agricolo) si calcola il 40% della retribuzione media giornaliera indicata nella busta paga dell’anno a cui l’indennità di disoccupazione si riferisce.

A questo importo occorre sottrarre un ulteriore 9% a titolo di contributo di solidarietà (lo stesso però viene pagato solo nel caso in cui in un anno siano state maturate più di 150 giornate lavorative). Devono inoltre essere portate in detrazione le trattenute IRPEF tenendo in considerazione però anche le detrazioni per figli a carico e coniuge a carico. Infine, se la domanda viene presentata tramite un patronato, viene trattenuta anche la quota sindacale dovuta. Ricordiamo che l’Assegno Nucleo Familiare è stato abolito in favore dell’Assegno Unico Universale quindi non viene corrisposto sulla disoccupazione agricola come in precedenza. Per saperne di più sull’Assegno Unico Universale leggi gli approfondimenti:

Dal 1° gennaio al via le domande per l’Assegno Unico Universale

Assegno Unico Ripartito: come richiederlo seguendo le indicazioni INPS

Il numero massimo di giornate per le quali si può chiedere l’indennità di disoccupazione agricola è 182 giornate.

Occorre infine sottolineare che il termine del 31 marzo 2022 non è prorogabile, non sono ammessi ritardi, in caso di mancata presentazione della stessa si perde il diritto alla percezione.

Per approfondimenti sulla disoccupazione agricola, leggi l’articolo: Disoccupazione agricola: cos’è, chi può percepirla e a quanto ammonta

Contributo di solidarietà sulle pensioni d’oro: addio dal 2022

Il contributo di solidarietà sulle pensioni d’oro è stato introdotto per la prima volta in Italia con la legge di bilancio 2019 come misura provvisoria in scadenza al 31 dicembre 2021. Sono in molti però a temere una proroga, vediamo quali sono i potenziali rischi.

Cos’è il contributo di solidarietà sulle pensioni d’oro

Si è detto che il contributo di solidarietà è stato previsto dalla legge di bilancio 2019 (articolo 1 comma 261) sulle pensioni di ammontare superiore a 100.000 euro. Come stabilito dalla norma, la misura risulta proporzionata all’assegno e di conseguenza più è elevato l’importo e maggiore è il contributo di solidarietà trattenuto. La norma prevedeva l’applicazione della decurtazione dal 1° gennaio 2019 fino al 31 dicembre 2023. La Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi, è intervenuta sottolineando che la durata quinquennale di tale misura era sproporzionata e di conseguenza ha stabilito la cessazione della stessa il 31 dicembre 2021. Appare quindi evidente che dal 1° gennaio 2022, per effetto della decisione della Corte Costituzionale non sarà applicato il contributo di solidarietà e per effetto di ciò i pensionati vedranno crescere il loro assegno.

A quanto ammonterà l’aumento?

Naturalmente l’aumento sarà corrispondente alla decurtazione applicata e quindi:

  • 15% per le pensioni da 100.000 euro a 130.000 euro;
  • 25% sulle pensioni da 130.001 a 200.000 euro;
  • 30% per coloro che hanno una pensione 200.001 a 350.000 euro;
  • 35% per pensioni da 350.001 a 500.000 euro;
  • 40% per le pensioni da 500.001 euro.

A tali aumenti dovrebbe aggiungersi anche l’effetto della rivalutazione delle pensioni 2022.

Il Presidente del Consiglio Mario Draghi propone il contribuito di solidarietà per contrastare il caro bollette

Non vi sono però ulteriori certezze, infatti il premier Draghi ha proposto un nuovo contributo sulle pensioni di valore superiore a 75.000 euro al fine di agevolare misure volte a contenere i rincari del settore energetico. La norma ha ottenuto l’appoggio di PD, M5S e LEU, mentre  Fratelli d’Italia, Italia Viva e Lega hanno fatto opposizione. La proposta non ha avuto il via libera dal Consiglio dei Ministri.

Sarebbe d’altronde abbastanza strano approvare una norma che amplia addirittura la platea di coloro che dovrebbero partecipare al contributo di solidarietà, infatti la proposta bocciata prevedeva un abbassamento della soglia da 100.000 euro a 75.000 euro. Dal punto di vista della legittimità non dovrebbero esservi problemi perché non si tratterebbe di un’estensione del contributo “bocciato” dalla Corte, ma di un nuovo contributo. L’ipotesi allo studio dovrebbe prevedere il congelamento del taglio dell’IRPEF per i pensionati che percepiscono più di 75.000 euro e dovrebbe generare un importo di 248 milioni di euro. Sicuramente tale contributo avrebbe comunque destato molti malumori perché ci sarebbe una fascia di cittadini di fatto non ammessa a godere del taglio delle imposte.

Due nuovi tributi per il contributo di solidarietà

di Vera MORETTI

Sono stati introdotti due nuovi codici tributo, il 1618 e il 145E, che dovranno essere indicati rispettivamente in F24 e F24EP (F24 Enti Pubblici), per il versamento del contributo di solidarietà del 3% dovuto sulla parte di reddito eccedente i 300mila euro lordi annui, (articolo 2, comma 2, Dl 138/2011).
Se si tratta, dunque, di redditi di lavoro dipendente e assimilati, il sostituto d’imposta deve effettuare i calcoli e trattenere il contributo, in un’unica soluzione, in occasione del conguaglio di fine anno, versandolo poi all’erario.

Il 1618 deve essere segnalato nella sezione “Erario“, in corrispondenza dell’importo evidenziato nella colonna “importi a debito versati“, con l’indicazione, nei campi “rateazione/regione/prov./mese” e “anno di riferimento“, rispettivamente del mese e dell’anno in cui si esegue il conguaglio.

Anche il 145E va esposto nella sezione “Erario“, con indicazione del mese e dell’anno in cui è effettuata l’operazione di conguaglio, rispettivamente, nel campo “riferimento A” e nel campo “riferimento B“.

Non vanno invece riempiti i campi codice ed estremi identificativi.

Bortolussi: la manovra colpisce anche i ricchi

“Forse c’era bisogno di un’ulteriore dose di equità, ma non è vero che la manovra Monti e le ultime due redatte dal Governo Berlusconi non colpiranno anche i ricchi”. A sentenziarlo è Giuseppe Bortolussi, segretario della CGIA di Mestre, che ha calcolato gli effetti economici delle ultime 3 manovre correttive sulle tasche di tre tipologie di super- ricchi: un manager d’azienda con 550.000 euro di reddito l’anno; un dirigente con un reddito di 350.000 euro l’anno; un pensionato con un reddito di 220.000 euro l’anno.

Ebbene: a fronte della patrimoniale che graverà sui loro dossier titoli, del contributo di solidarietà introdotto da Berlusconi, dal peso dell’Imu che interesserà le loro abitazioni (1^ e 2^ casa) e la tassa di lusso che colpirà le loro auto di grossa cilindrata, per queste due tipologie di dirigenti gli aumenti saranno di tutto rispetto.

Nel primo caso, la maggiore tassazione sarà già quest’anno di quasi 8.500 euro, per oscillare poi nei prossimi tre anni tra i 16.000 euro e i 21.300 euro per ciascuna annualità. Non va molto meglio nemmeno per il nostro “ipotetico” super pensionato. Se si considera anche l’ulteriore contributo di solidarietà introdotto dalla manovra Monti sopra i 200.000 euro (aliquota del 15%), le maggiori tasse da versare all’Erario e agli Enti locali ammonteranno a 4.000 euro per l’anno in corso e tra i 10.700 euro e i 12.300 euro per ciascuno dei prossimi anni.

“La manovra Monti potrà non piacere e sicuramente si poteva fare di più e meglio, tuttavia – conclude Bortolussi – mai come in questa occasione anche i redditi alti sono stati chiamati a dare il loro contributo”.

Fonte: Agenparl.it

Contributo di solidarietà: come pagarlo

Come applicare il contributo di solidarietà richiesto ai contribuenti over 300mila euro per aiutare il Paese a superare la situazione economica ciritica? Detta le regole un decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze del 21 novembre, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale di sabato 26 novembre.

Ricordiamo che la misura, inserita nella manovra d’agosto, interessa – per il periodo 1 gennaio 2011-31 dicembre 2013 – chi ha un reddito complessivo annuo lordo superiore appunto a 300mila euro. Il decreto specifica che il contributo va determinato nell’ambito della dichiarazione dei redditi e versato, in unica soluzione, insieme al saldo Irpef.

In caso di redditi da lavoro dipendente o assimilati, tocca al sostituto d’imposta fare i calcoli e trattenere il contributo, in una soluzione unica, in occasione del conguaglio di fine anno, riversandolo poi all’Erario secondo l’iter ordinario. Il contributo di solidarietà è deducibile dal reddito imponibile e, se riconosciuto dal sostituto d’imposta, deve essere segnalato nel Cud dei lavoratori dipendenti e dei pensionati.

Il decreto del 21 novembre prende in esame anche la posizione degli impiegati pubblici e dei pensionati che hanno un reddito complessivo annuo superiore a 90mila euro. Secondo il decreto legge 78/2010, gli stipendi superiori ai 90mila euro lordi annui dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, nel periodo 1 gennaio 2011-31 dicembre 2013, sono ridotti del 5% per la parte compresa tra i 90mila e i 150mila euro, e del 10% per la parte eccedente i 150mila euro.

Anche per i pensionati over 90mila euro l’assegno cala con le stesse percentuali: del 5% fino a 150mila euro, del 10% oltre. La decorrenza è però 1 agosto 2011-31 dicembre 2014.

Impiegati pubblici e pensionati dovranno pagare il contributo di solidarietà soltanto per i redditi annui superiori a 300mila euro, diversi da quelli già ridotti perché superiori a 90mila euro.

d.S.