Il sistema informativo aziendale

Il bilancio d’esercizio, il rendiconto finanziario e il business plan previsionale e consuntivo descrivono l’attività di un’impresa. Alcuni di questi prospetti sono obbligatori per disposizioni legislative; altri, invece, sono essenziali da tenere per poter prendere delle decisioni strategiche ed esercitare le attività di controllo operative.

La redazione chiara, tempestiva e completa di questi documenti è la cartina di tornasole per l’impresa che vuole avere accesso ai prestiti bancari o che vuole attrarre nuovi soci e quindi nuovi capitali.

Il bilancio d’esercizio, il rendiconto finanziario e il business plan richiedono l’elaborazione sia dei dati e delle informazioni interne all’azienda sia dei dati e delle informazioni provenienti dall’ambiente esterno.

Alla base di questa complessa attività di stima e valutazione ci deve essere il supporto di un sistema informativo aziendale complesso, cioè capace di analizzare numerosi dati e informazioni tenendo conto delle relazioni di interdipendenza tra le variabili.

Molte realtà aziendali, soprattutto quelle di dimensioni medio piccole, non hanno al loro interno dei sistemi informativi avanzati, in grado di analizzare in ogni momento la situazione dell’impresa.

Gli investimenti nei sistemi informativi, se si possono definire tali, si basano solamente sull’acquisto di programmi di contabilità necessari per poter redigere il bilancio d’esercizio, documento obbligatorio per legge.

Non è pensabile, però, poter gestire l’impresa basandosi su quello che è già successo; il bilancio d’esercizio, infatti, fotografa lo stato di salute economico e patrimoniale dell’impresa che però fa parte ormai di un tempo già trascorso.

Come può il management dell’impresa fissare delle linee guida sulla conduzione dell’azienda ed esercitare le attività di controllo se non ha elaborato un business plan o un sistema di benchmarking?

Come può il management dell’impresa, basandosi solamente su informazioni storiche, poter capire se l’azienda si sta muovendo sulla traiettoria prescelta nei modi e nei tempi definiti?

Se un’impresa vuole crescere in modo controllato, cercando di prevenire e di correggere la rotta, allora deve essere consapevole che la progettazione e la realizzazione di un sistema informativo è indispensabile.

La tecnologia informatica, al giorno d’oggi, offre soluzioni hardware e software in grado di rispondere a qualsiasi esigenza. Si tratta di un investimento costoso, oggetto di continui adattamenti e manutenzione, ma che nel tempo aiuta l’impresa a ridurre le inefficienze e quindi i costi di gestione.

Dott. Giovanni DE LORENZI | g.delorenzi[at]infoiva.it | www.gdlstudio.it | Padova

Padovano, classe ’73, laurea in Discipline Economiche e Sociali e master in Economics presso l’Università Bocconi di Milano. Prima dell’esame di abilitazione all’esercizio della professione di Dottore Commercialista ha lavorato come analista dei processi informativi bancari. Attualmente collabora con la società Advance Group Srl per la consulenza nel campo della finanza agevolata e con la società AD Soluzioni Avanzate Srl per la consulenza nel campo dell’informatizzazione dei processi aziendali.
E’ iscritto all’Albo dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Padova, all’Albo dei Consulenti Tecnici d’Ufficio del Tribunale di Padova e al Registro dei Revisori dei Conti.
Dal 2007 è titolare di gdl Studio, che fornisce attività di consulenza in campo fiscale, dei processi informativi e dell’organizzazione aziendale e della finanza agevolata.

Il benchmarking: crescere confrontandosi

Ci sono modi di dire come “chi va con lo zoppo, impara a zoppicare” e “dimmi con chi vai e ti dirò chi sei“, che ognuno di noi si è sentito dire almeno una volta durante la fase della propria educazione.

Trovare in altre persone dei punti di riferimento è un elemento essenziale per il proprio sviluppo e per la propria crescita umana e professionale.

Anche le imprese, per poter crescere e adattarsi ai cambiamenti, hanno bisogno di trovare in altre imprese dei punti di riferimento.

Per il management, pertanto, è utilissimo conoscere come si stanno comportando le imprese concorrenti, per poter trovare conferma o smentita delle proprie decisioni.

Le imprese sono realtà complesse dove è praticamente impossibile stimare quanto e quando si è nel giusto, proprio perché i parametri che vengono analizzati sono frutto di stime e congetture, cioè del tentativo di rendere oggettivo ciò che oggettivo non può essere.

Il benchmarking, come tecnica di management, è un processo che deve incidere continuamente sui processi aziendali, mettendo a disposizione una serie di dati e informazioni aggiornati e aderenti alla realtà competitiva.

Prendere come riferimento i prodotti, processi e servizi dei migliori concorrenti è senz’altro uno stimolo a far meglio e, soprattutto, a vedere se le decisioni prese sono corrette dal punto di vista gestionale.

Bisogna stare attenti, però, a non trasformare lo strumento del benchmarking in una mera corsa a copiare semplicemente quello che fanno gli altri. Non si tratta, infatti, di questo. Fissare delle misure di riferimento, benchmarking, vuol dire provare ad adattare nella propria realtà d’impresa soluzioni simili a quelle intraprese dalle imprese che sono punti di riferimento per il proprio settore di mercato.

Affinché la tecnica del benchmarking sia efficace è necessario che il management abbia la volontà di acquisire le informazioni e, soprattutto, di imparare dagli altri. E la cosa non è così scontata, soprattutto nelle imprese di stampo padronale dove permangono abitudini consolidate ben radicate e difficili da scalzare per imporre i cambiamenti.

Un sistema per eliminare l’inerzia delle persone al cambiamento, potrebbe essere quello di correlare i risultati conseguiti con il benchmarking al sistema degli incentivi, favorendo una migliore accettazione e assimilazione di quanto fatto esternamente.

Dott. Giovanni DE LORENZI | g.delorenzi[at]infoiva.it | www.gdlstudio.it | Padova

Padovano, classe ’73, laurea in Discipline Economiche e Sociali e master in Economics presso l’Università Bocconi di Milano. Prima dell’esame di abilitazione all’esercizio della professione di Dottore Commercialista ha lavorato come analista dei processi informativi bancari. Attualmente collabora con la società Advance Group Srl per la consulenza nel campo della finanza agevolata e con la società AD Soluzioni Avanzate Srl per la consulenza nel campo dell’informatizzazione dei processi aziendali.
E’ iscritto all’Albo dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Padova, all’Albo dei Consulenti Tecnici d’Ufficio del Tribunale di Padova e al Registro dei Revisori dei Conti.
Dal 2007 è titolare di gdl Studio, che fornisce attività di consulenza in campo fiscale, dei processi informativi e dell’organizzazione aziendale e della finanza agevolata.

Prevedere e controllare la crescita dell’impresa: il business plan

Nel mondo dell’economia e della finanza fare previsioni è diventato sempre più difficile. La globalizzazione e internet hanno incrementato in modo esponenziale lo scambio di informazioni, di beni e di servizi; sono aumentate le relazioni tra le persone, tra le imprese e, quindi, gli imprevisti.

Il piano strategico, industriale e finanziario, cioè il business plan, è uno strumento molto importante per le imprese nell’ambito del processo di controllo previsionale della gestione della loro attività; serve per descrivere un progetto imprenditoriale e capire se è fattibile, in un’ottica di medio periodo, analizzandone i punti di debolezza e di forza.

Il business plan guida l’imprenditore nel fare delle scelte precise in presenza di determinati presupposti, senza essere travolto dagli eventi. Deve essere uno strumento attendibile, costruito sulla base di un’analisi della struttura patrimoniale e finanziaria dell’impresa, dei mercati attuali e potenziali in cui collocarsi.

Il business plan è necessario che venga condiviso anche con gli altri operatori del mercato: soci attuali e potenziali, banche, altri finanziatori.

I soci attuali e potenziali sono chiamati a sottoscrivere un aumento del capitale sociale e a confermare la loro intenzione a sostenere lo sviluppo della società; se il business plan manca di prospetti chiari con diversi scenari di previsione economica, allora i soci non possono appoggiare il progetto imprenditoriale, in quanto non riescono a valutare quale sarà la redditività futura del loro capitale investito.

Le banche intervengono nella concessione dei prestiti per finanziare il progetto imprenditoriale; se il business plan non analizza la struttura patrimoniale e finanziaria di partenza dell’impresa, allora le banche non riescono a valutare il rischio di credito.

Gli altri finanziatori, ad esempio le istituzioni pubbliche, concedono finanziamenti a tasso zero e contributi a fondo perduto attraverso la partecipazione dell’impresa a dei bandi di finanza agevolata; se la descrizione del progetto imprenditoriale non risponde ai requisiti previsti dal bando e se gli scenari economici riportati nel business plan non sono reputati attendibili, l’istituzione governativa non può concedere il contributo.

Sono poche in Italia e nel resto del mondo le imprese in grado di sviluppare e dare attuazione a dei progetti di sviluppo attingendo solo a risorse interne. E allora, se si vuole crescere, si deve condividere con altri il progetto imprenditoriale, descrivendolo e motivandolo in modo chiaro e con dovizia di particolari.

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Padovano, classe ’73, laurea in Discipline Economiche e Sociali e master in Economics presso l’Università Bocconi di Milano. Prima dell’esame di abilitazione all’esercizio della professione di Dottore Commercialista ha lavorato come analista dei processi informativi bancari. Attualmente collabora con la società Advance Group Srl per la consulenza nel campo della finanza agevolata e con la società AD Soluzioni Avanzate Srl per la consulenza nel campo dell’informatizzazione dei processi aziendali.
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Guidare l’impresa tra pianificazione e controllo

Ognuno di noi avrà provato, almeno una volta, a pianificare le attività da svolgere nell’arco di una giornata e a fare delle scelte; tante sono le cose da fare e, molto spesso, ci si trova di fronte a degli imprevisti che ci costringono a rinunciare a un appuntamento o a posticiparlo.

Una realtà complessa come quella d’impresa pianifica le sue attività per valutare tra alternative decisionali.

Il management dell’impresa elabora degli scenari indicando le attività e le risorse umane, tecnologiche e finanziarie, da impiegare nelle scelte da fare per il raggiungimento degli obiettivi: aumento del fatturato, innovazione tecnologica, riduzione dei costi fissi, eccetera.

Gli scenari devono essere attendibili e costruiti tenendo conto dell’effettiva struttura dimensionale dell’impresa, della sua storia passata, del tipo di attività che svolge e dei mercati di sbocco dei propri prodotti.

Se un’impresa che produce macchine agricole decide di raddoppiare il fatturato entrando nel mercato della moda, allora sta costruendo degli scenari che non corrispondono alla realtà.

La costruzione di scenari fatta in modo razionale è molto importante per poter esercitare una corretta funzione di controllo delle attività dell’impresa e, quindi, per intervenire in modo tempestivo ogniqualvolta si presentino delle criticità gestionali.

Il controllo di gestione è necessario per poter utilizzare al meglio le risorse umane, tecnologiche e finanziarie dell’impresa, in modo da consentire il raggiungimento degli obiettivi stabili e verificare che la gestione si svolga secondo criteri di economicità al fine di consentire il perdurare dell’impresa nel tempo.

È necessario formulare degli obiettivi intermedi di breve periodo per analizzare eventuali scostamenti della gestione operativa dalle linee stabilite in sede di pianificazione strategica.

Una pianificazione fatta tenendo conto della storia passata e del presente dell’impresa consente di individuare gli elementi che disturbano e ostacolano il raggiungimento del profitto.

Lo strumento del controllo di gestione deve vestire l’impresa come un abito sartoriale. L’efficacia del controllo di gestione, infatti, dipende dai legami con la struttura organizzativa dell’impresa.
Soltanto se costruito come un abito su misura, allora il controllo di gestione potrà agire in modo efficace sui processi gestionali dell’impresa, regolandoli in tutti quelle situazioni dove si sono manifestati gli scostamenti tra gli obiettivi e i risultati effettivamente conseguiti.

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Padovano, classe ’73, laurea in Discipline Economiche e Sociali e master in Economics presso l’Università Bocconi di Milano. Prima dell’esame di abilitazione all’esercizio della professione di Dottore Commercialista ha lavorato come analista dei processi informativi bancari. Attualmente collabora con la società Advance Group Srl per la consulenza nel campo della finanza agevolata e con la società AD Soluzioni Avanzate Srl per la consulenza nel campo dell’informatizzazione dei processi aziendali.
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Cara impresa, ma quanto mi costi?

Un’impresa è in grado di produrre e, quindi, di generare ricavi solo se sostiene dei costi di produzione: materie prime, macchinari, risorse umane, consulenze esterne, eccetera.

I ricavi sono dati dalla moltiplicazione tra la quantità prodotta e il prezzo unitario.

I costi sono dati dalla sommatoria tra i costi fissi e i costi variabili.

I costi fissi non variano al variare della quantità prodotta. Sia che un’impresa produca o che non produca, questi costi devono essere comunque sostenuti; pensiamo all’affitto dei locali, ai costi del personale impiegato, all’ammortamento dei beni strumentali.

I costi variabili sono legati alla quantità prodotta.
Se un’impresa ha bisogno di materie prime per fabbricare il proprio prodotto allora i costi delle materie prime crescono all’aumentare della produzione.

Il risultato economico di un’impresa è dato dalla differenza tra i ricavi e i costi della produzione.
Un’impresa che è appena partita o che ha avviato da poco un nuovo processo produttivo presenterà per i primi tempi un risultato economico negativo, soprattutto se i costi fissi sono alti.
Tale situazione è tipica delle imprese manifatturiere, che effettuano degli investimenti elevati per l’acquisto dei macchinari e degli impianti.
Mano a mano che l’attività produttiva cresce, il risultato economico inizia a salire, in quanto i costi fissi sono assorbiti dai ricavi.

Per arrivare al punto di pareggio, cioè a un risultato economico dove i ricavi sono pari ai costi della produzione, è necessario che il prezzo unitario di vendita dei prodotti sia comunque superiore al costo unitario di acquisto delle materie prime.

Per esempio, se un’impresa decide di vendere i propri prodotti a un prezzo unitario di 90 euro, ma sostiene dei costi unitari variabili pari a 100 euro, non potrà mai raggiungere una situazione di pareggio; i costi cresceranno più rapidamente dei ricavi portando l’impresa alla chiusura dell’attività per fallimento.
Viceversa, se decide di vendere i propri prodotti a un prezzo unitario di 100 Euro con dei costi unitari variabili pari a 90 euro, il risultato economico raggiungerà e supererà la situazione di pareggio.

È importante, quindi, conoscere bene la struttura dei costi dei fattori produttivi di un’impresa. Solo così si è in grado di fissare dei prezzi di vendita che rispondano non solo alle esigenze di mercato ma anche a quelle di reddito.

L’adozione di un accurato controllo di gestione aiuta a evidenziare i punti critici che frenano il raggiungimento dello scopo principe di ogni impresa: il profitto.

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Gli indici di bilancio: il termometro per l’impresa

Anche i numeri hanno un’anima; in apparenza freddi e insignificanti, nascondono tantissime informazioni. I numeri sono razionali e la loro obiettività è di grande aiuto per le persone che hanno in mano la gestione di realtà complesse come quella d’impresa.

Se il bilancio d’esercizio è una sommatoria di numeri ognuno dei quali rappresenta il valore di una determinata voce o aggregato (ad esempio i costi per le materie prime, i costi per le consulenze, i beni materiali), gli indici di bilancio sono dati da relazioni tra voci e/aggregativi di bilancio: pensiamo all’indice che misura la redditività d’impresa, il grado d’indebitamento, il livello di giacenza delle materie prime nel magazzino.

La redditività d’impresa è misurata dal rapporto tra l’utile e il capitale sociale e rappresenta il grado di remunerazione del capitale di rischio. Per un’attività di impresa avviata da pochi anni questo indicatore, in molti casi, ha un valore negativo. Questo deriva dal fatto che un’impresa, con alti livelli di investimento iniziale, difficilmente raggiunge in pochi anni una situazione di pareggio.

Se l’impresa è sana e il mercato di sbocco offre opportunità di sviluppo, i margini di guadagno inizieranno a vedersi dopo diversi anni di attività.

Per crescere e svilupparsi, oltre all’apporto di capitale da parte dei proprietari e all’autofinanziamento, un’impresa ricorre al mercato del debito. Il capitale di terzi è da sempre un’arma a doppio taglio, da gestire con prudenza e perizia.

L’indice di indebitamento, dato dal rapporto tra il capitale investito e il patrimonio netto, aiuta l’impresa nelle scelte finanziarie. Il capitale investito rappresenta la ricchezza impiegata per acquistare i beni materiali e immateriali e corrisponde alla somma tra il capitale proprio e il capitale dei soggetti esterni all’impresa. Un rapporto pari a 2, ad esempio, indica che un’impresa è finanziata per il 50% con il capitale proprio e per il 50% con il capitale di terzi.
L’indebitamento è visto come uno dei mali delle nostre economie: basti pensare al debito pubblico che grava sul bilancio del nostro Paese.

Ma non è sempre e soltanto così: se il costo del capitale di terzi preso a prestito è minore della redditività dell’impresa allora conviene indebitarsi in quanto si attirano capitali che generano un effetto leva positivo per l’impresa. Certo che per avere redditività un’impresa deve adottare anche politiche di contenimento dei costi. Per le imprese che hanno un magazzino, ad esempio, avere un indice di rotazione delle materie prime basso significa costi fissi elevati per la merce che rimane in giacenza per lunghi periodi di tempo.

Gli indici di bilancio sono un ottimo strumento per capire come sta andando l’impresa nel tempo perché sintetizzano le diverse dinamiche che si sviluppano all’interno di organizzazioni complesse.

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Il bilancio d’esercizio: la bussola d’oro

Torna da oggi a scrivere sulle pagine di Infoiva il dott. Giovanni De Lorenzi, dottore commercialista in Padova. Dopo averci accompagnato, nei mesi scorsi, nel mondo della finanza agevolata, ora svilupperà, in 8 puntate, il concetto di controllo di gestione.

Il primo bilancio non si scorda mai. Mi ricordo ancora dell’agenda che i miei genitori tenevano per controllare le uscite settimanali. Alla fine del mese, calcolavano quanto erano riusciti a risparmiare, confrontando le uscite con le entrate. Seppure in forma molto rudimentale, utilizzando il metodo della cassa, avevano costruito un bilancio.

Nel caso di una realtà complessa come l’impresa, il bilancio si redige utilizzando dei metodi e delle regole previsti dai Principi contabili e dal Codice Civile; lo scopo è arrivare a un documento che possa essere letto da tutti gli operatori economici che vogliono avere informazioni circa l’andamento dell’impresa.

Senza delle regole condivise nella redazione di un bilancio, sarebbe impossibile esprimere dei giudizi sull’andamento dell’economia: le banche non potrebbero valutare il merito creditizio e calcolare il rischio nella concessione di un prestito; gli Istituti di statistica non potrebbero calcolare la crescita o meno dei settori in cui operano le imprese; gli uffici erariali non potrebbero stimare gli introiti derivanti dalle imposte e tantomeno verificare in modo oggettivo eventuali evasioni d’imposta.

Il bilancio è la bussola d’oro che guida il mondo dell’economia: un documento che sintetizza le operazioni che l’impresa ha svolto nel corso di un periodo di tempo e che hanno un loro impatto sulla sua situazione economica, patrimoniale e finanziaria.

La situazione economica è data dalla differenza tra ricavi e costi, riepilogati nel Conto Economico con il metodo della competenza; se i ricavi sono superiori ai costi ho un utile, altrimenti ho una perdita.

La situazione patrimoniale è data dall’insieme dei beni materiali e immateriali posseduti dall’impresa e, quindi, rappresenta la ricchezza dell’impresa.

L’impresa che fa utile consolida e accresce la propria ricchezza; il suo patrimonio aumenta grazie al risultato positivo della gestione economica.
L’impresa che va in perdita deteriora il proprio patrimonio e aumentano le difficoltà nei rapporti con i fornitori e le istituzioni finanziarie.

Per evitare che la perdita possa contagiare gli altri operatori del mercato, il legislatore ha posto delle forme di tutela, come il reintegro del capitale sociale dell’impresa nel caso di forte deterioramento del patrimonio.
Per prevenire le cause di indebolimento della propria struttura patrimoniale, l’impresa deve analizzare nel dettaglio la propria attività.

Il bilancio, elaborato con le regole e i metodi previsti dalla disciplina aziendale, è il punto di partenza per costruire indicatori e processi volti a migliorare la gestione d’impresa e quindi ad accrescerne il patrimonio nel tempo.

Dott. Giovanni DE LORENZI | g.delorenzi[at]infoiva.it | www.gdlstudio.it | Padova

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