La corruzione mina la fiducia nelle istituzioni e nella politica

L’Ufficio informazione finanziario della Banca d’Italia ha lanciato un allarme piuttosto pericoloso, da risolvere urgentemente, che riguarda la corruzione, ancora molto presente nel sistema economico-sociale italiano e in grado di minare fortemente la fiducia del cittadino nelle istituzioni e nella politica.

Il riciclaggio, che si è manifestato nel 2014 sotto forma di 71.700 operazioni sospette segnalate, è ancora una vera e propria minaccia, mantenuto vivo dalla criminalità organizzata, ma anche da corruzione ed evasione fiscale, piaghe ben lontane da una soluzione definitiva.

Il dito è puntato anche contro la Pubblica Amministrazione, colpevole di non essere in grado di contenere, almeno, il problema, come si legge dal Rapporto 2014 dell’Unità Informazione Finanziaria della Banca d’Italia: “Gli uffici della P.A, particolarmente esposti all’incidenza della corruzione per gli appalti e i finanziamenti pubblici, mostrano ancora scarsa sensibilità per l’antiriciclaggio malgrado siano sempre stati ricompresi nel novero dei soggetti obbligati alla segnalazione. Ciò ne accresce la vulnerabilità”.

La Banca d’Italia, inoltre, ha anche affrontato la questione dei fondi per il terrorismo, che “hanno tipicamente una provenienza lecita e il loro utilizzo viene dissimulato attraverso attività imprenditoriali o caritatevoli di facciata”.

Vera MORETTI

Dagli ingegneri una scossa al ddl corruzione

Il ddl corruzione in questi giorni sta facendo un gran parlare di sé, soprattutto per i tira e molla e le strategie da prima repubblica che si stanno giocando intorno al suo testo. Intanto, la corruzione in Italia non si ferma, specialmente in un campo, quello dell’edilizia e delle grandi opere, nei quali gli ingegneri sono impegnati ogni giorno.

Proprio il Consiglio Nazionale degli Ingegneri, a modo suo, fa capire al governo che la conversione in legge del ddl corruzione non è più rinviabile con un convegno il cui titolo parla chiaro: Open Government e Agenda Digitale: Trasparenza e Anticorruzione. Appuntamento per domani, 26 marzo, alle 16 nella Sala del Refettorio della Camera dei Deputati. Accreditamento obbligatorio cliccando qui.

Le parole chiave del convegno con il quale gli ingegneri, oltre a informare e sensibilizzare sulle tematiche in questione, cercheranno di dare una mossa al ddl corruzione sono sintetizzate negli obblighi per le amministrazioni: diritti per i cittadini; strumenti per il monitoraggio; sanzioni per gli inadempienti.

Con questo incontro – commenta il Presidente del CNI, Armando Zambranovogliamo ribadire il ruolo di vera e propria ‘sentinella della legalità’ che gli ingegneri italiani assumono oggi nel contesto nazionale. Intendiamo dare un forte segnale alla politica ed alla pubblica amministrazione, affinché trasparenza e rispetto delle leggi siano la bussola dell’agire nel rispetto della correttezza e della moralità. In questo senso le nuove tecnologie possono essere uno strumento essenziale per favorire la crescita della cultura della legalità nel nostro Paese”.

Critiche dei commercialisti al ddl corruzione

Il ddl corruzione attualmente in Commissione Giustizia al Senato sta avendo un iter molto travagliato e tempi di approvazione per la conversione in legge fin troppo lunghi, visto soprattutto quanto è sentito in Italia il problema corruzione.

Oltre alle tempistiche, però, il ddl corruzione presente dei gravi ed evidenti vizi di forma e di sostanza, almeno stando a quanto denunciano i commercialisti italiani per bocca del consigliere nazionale dell’Ordine delegata alla funzioni giudiziarie, Maria Luisa Campise: “L’emendamento governativo al disegno di legge Grasso sulla corruzione, presentato presso la commissione Giustizia del Senato e relativo ai beni confiscati e sequestrati alle mafie, è del tutto sbagliato. Lo dicemmo quando era stato inserito nel pacchetto giustizia dell’agosto 2014 e lo ripetiamo oggi: questa è una norma ‘ammazza amministratori giudiziari’, che disincentiva i professionisti ad avvicinarsi ad un ruolo e a una funzione così determinanti per una gestione realmente efficace dei beni sequestrati alla malavita”.

Nello specifico, quello che non lascia sereni i commercialisti è l’emendamento al ddl corruzione che, coordinando alcune disposizioni del Codice antimafia, introduce un comma che, puntando a garantire una rotazione degli incarichi, impedisce all’Amministratore giudiziario di gestire contemporaneamente più aziende sequestrate. “La nostra idea – aggiunge ancora Campiseè che una rotazione dei professionisti nella gestione dei compendi sequestrati debba essere ovviamente assicurata (ed in tal senso la previsione normativa già esiste), rimettendo però siffatta valutazione al magistrato che conferisce l’incarico”.

Una presa di posizione dura, alla quale Campise aggancia altre recriminazioni: “A questa norma si aggiunge purtroppo anche l’incredibile ritardo nell’attuazione dell’Albo e nell’emanazione del tariffario degli amministratori giudiziari”. Senza contare che l’emendamento al ddl corruzionedi fatto disincentiva qualificati professionisti a lavorare nel settore investendovi tempo, risorse umane e finanziarie”, dice ancora Campise.

Il notariato contro la corruzione

È stato siglato il 18 novembre scorso a Roma il protocollo d’intesa tra da Raffaele Cantone, Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (A.N.A.C.) e Maurizio D’Errico, Presidente del Consiglio Nazionale del Notariato, per avviare un tavolo tecnico in tema di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione.

L’accordo, risultato di un confronto avviato nella comune consapevolezza dell’utilità di una partnership per diffondere la cultura della legalità, ha come scopo quello di prevenire possibili rischi di infiltrazioni mafiose e fenomeni collusivi e di corruzione nel sistema dei contratti pubblici.

Il tavolo tecnico ha tre obiettivi previsti dall’accordo:

 – instaurare un sistema di integrazione dei flussi e scambio dei dati acquisiti per verificare la coerenza tra le informazioni raccolte dall’A.N.A.C. per il monitoraggio dei contratti pubblici e quelle acquisite dai notai in sede di stipula dei contratti;

– avviare attività di formazione gratuite per le stazioni appaltanti e fornire un supporto metodologico nella fase di definizione dei contratti pubblici;

– collaborare, anche nella prospettiva di recepimento delle nuove direttive comunitarie in materia di appalti, nelle misure volte a rafforzare i presidi di legalità nelle procedure relative ai contratti pubblici.

Nella rilevazione del 2013 di Transparency International, l’Italia ha registrato un indice di corruzione percepita pari a 43 (rispetto al valore di massima trasparenza di 100) che riflette l’impatto che fenomeni di corruzione e di malversazioni hanno avuto sulla percezione nazionale e internazionale del fenomeno. L’Italia si colloca su posizioni analoghe a quelle di numerosi Paesi dell’Asia e dell’America Latina.

Dal 2006 al 2011 il fenomeno della corruzione in Italia si rivela sostanzialmente stabile, ad eccezione che nel 2009 in cui il numero dei reati di corruzione (nella sua accezione aggregata) passa da 975 a 1205.

Dall’analisi delle condanne per concussione e corruzione passate in giudicato il numero dei condannati per corruzione diminuisce notevolmente dal 2007 al 2011 (si passa da 749 a 458), il numero dei condannati per concussione si triplica, passando da 134 a 344.

La distribuzione del tasso di condanne per corruzione può contribuire a dare la dimensione degli esiti della lotta alla corruzione condotta nelle singole Regioni. Le inchieste giudiziarie che hanno portato a una significativa emersione della criminalità corruttiva nel 2011 hanno interessato soprattutto, in ordine decrescente, la Liguria, la Puglia e l’Abruzzo, per la concussione, e il Lazio, la Campania, la Calabria e la Lombardia, per la corruzione. Questo dato trova conferma tendenzialmente anche negli anni precedenti.

Un’azienda su quattro vittima di corruzione e frodi

La corruzione e i crimini economici sono, per le imprese italiane, uno dei deterrenti a continuare la propria attività in proprio.

E’ stato appurato, da Pwc nella sua indagine Global Crime Survey 2014, che hanno a che fare con frodi e criminalità un quarto delle aziende del Belpaese, che diventano una su tre a livello mondiale.
Colpevole numero uno sarebbe, nella maggior parte dei casi, un senior manager, che arriverebbe a causare danni fino a 75 milioni di euro.

Questa ricerca sul fenomeno delle frodi economico-finanziarie è stata fatta compiendo più di cinquemila interviste in 95 Paesi, con il coinvolgimento di 101 aziende italiane.

Negli ultimi due anni, inoltre, nel nostro Paese le frodi sono cresciute dal 17 al 23%, pur restando sotto la media globale del 37% e quindi messi meglio di Turchia, Perù, Hong Kong/Macao, Giappone, Portogallo, Danimarca e Arabia Saudita.

Per il 65% dei casi si tratta di appropriazione indebita ma si fanno largo anche il cyber crime e le frodi contabili (22%). A subire il maggior numero di frodi sono le aziende del settore manifatturiero, (67%), energia e utility (43%), trasporto e logistica (40%), servizi finanziari (28%).

Alberto Beretta, partner forensic services di Pwc, ha voluto specificare: “Abbiamo però rilevato una crescente sensibilità e un maggior impegno nella fase di prevenzione da parte delle aziende. Infatti è cresciuto il numero delle organizzazioni che negli ultimi 24 mesi ha effettuato un fraud risk assessment (dal 54% al 70%)”.

Oltre ai danni economici, le organizzazioni sono preoccupate anche dei cosiddetti ‘danni collaterali’, difficilmente stimabili in termini finanziari, che riguardano in particolare la motivazione dei dipendenti (22%), la reputazione dell’azienda (17%) e le sanzioni delle autorità di vigilanza (13%).

Vera MORETTI