Banche: calano i crediti ad imprese e famiglie

Niente da fare: ancora non accennano a calare le sofferenze da parte di famiglie e di imprese che, chiedendo finanziamenti alle banche, si vedono rispondere in modo negativo, o comunque non del tutto positivo.

Nonostante la situazione altamente difficile, e la necessità di avere accesso al credito per migliorare la propria condizione ed uscire dalla crisi, il trend non accenna a cambiare e sembra lontano il momento in cui si assisterà ad un’inversione di rotta.

Questo è quanto emerge dall’ultimo rapporto sul credito effettuato dal Centro Studi Unimpresa.
L’indagine prende in considerazione il periodo marzo 2013-marzo 2014, che evidenzia che nell’ultimo anno le erogazioni sono diminuite al ritmo di 2,5 miliardi al mese.
Il totale dei finanziamenti al settore privato è diminuito di 30,4 miliardi di euro, passando da 1.461,8 a 1.431,3 miliardi.
Questa riduzione interessa sia le famiglie (-6,9 miliardi) sia le imprese (-23,5 miliardi), che hanno portato ad un calo del 2,09% delle erogazioni totali da parte degli istituti di credito.

Le maggiori criticità sono relative alle imprese, che nell’ultimo anno si sono viste tagliare sia i prestiti a breve termine (-4,82%, da 323,1 miliardi a 307,5) sia quelli di medio periodo (-6,5%, da 130,4 miliardi a 121,9 miliardi). Sono leggermente cresciuti solo quelli a lungo termine, oltre 5 anni, passati da 401,7 a 402,2 miliardi.
In totale lo stock di finanziamenti alle imprese è sceso in un anno di 23, 5 miliardi, da 855,3 a 831,7.

Le famiglie, dal canto loro, non hanno di che sorridere, poiché in 12 mesi sono stati erogati meno credito al consumo per 1,8 miliardi (da 58,9 miliardi a 57,08) e meno prestiti personali per 550 milioni (da 182,9 miliardi a 182,3).
I mutui, pur in lieve ripresa negli ultimi mesi, su un orizzonte annuale sono calati: le erogazioni sono scese dai 364,6 miliardi del marzo 2013 a poco più di 360, rendendo ancora più difficile la ripresa del comparto immobiliare.
In totale, lo stock di finanziamenti alle famiglie è calato in un anno di 6,9 miliardi (-1,15%).

Ma non è tutto: peggiorano il quadro i dati sulle sofferenze, esplose in un anno del 25% (33,6 miliardi) arrivando a superare i 164 miliardi di euro.
Di questi, 116 (+32% rispetto a marzo 2013) fanno capo a imprese, mentre le rate non pagate dalle famiglie valgono oltre 31 miliardi (+9%) e quelle delle imprese familiari quasi 14 miliardi (+17%).
Superano il tetto dei 2 miliardi, poi, le sofferenze della pubblica amministrazione, delle assicurazioni e di altre istituzioni finanziarie.

Ciò significa che le sofferenze, secondo lo studio Unimpresa basato su dati della Banca d’Italia, adesso corrispondono all’11,3% dei prestiti bancari, in aumento rispetto all’8,96% di un anno fa.

Vera MORETTI

“Sconfinamenti”, a rischio il credito per le imprese

di Mirko ZAGO

Cambiano le regole in tavola per le imprese e per le banche a partire dal 1 gennaio del nuovo anno. E’ lo spinoso tema degli sconfinamenti bancari ad essere interessato dalla nuova normativa europea con ripercussioni tanto sugli istituti bancari quanto per le imprese che ricorrono ad essere per i finanziamenti. Prima di passare ad illustrare i cambiamenti facciamo un po’ di chiarezza su cosa si intende per sconfinamento.

Cos’è lo sconfinamento?

Nel caso in cui l’importo degli addebiti del cliente che usufruisce di un servizio bancario ecceda quello degli accrediti, il conto assume un saldo debitore per il cliente. Ciò significa che la banca ha anticipato a quest’ultimo le somme necessarie ad eseguire pagamenti e si verifica di conseguenza lo scoperto di conto. Lo scoperto di conto va distinto dallo sconfinamento che ricorre quando il c/c è assistito da un fido. Il fido rappresenta un vero e proprio finanziamento. Lo scoperto di conto ha carattere episodico e necessita il pronto rimborso delle somme utilizzate a debito; il fido rappresenta una somma di denaro che la banca ha concesso al cliente e che questi può utilizzare liberamente; richiede la sottoscrizione di un apposito contratto che ne regola l’ammontare e le condizioni (ad esempio: tasso di interesse). L’utilizzo del conto oltre il limite di fido genera lo sconfinamento di conto” (tratto dal sito della Banca d’Italia).

Fino ad oggi gli sconfinamenti hanno avuto vita tutto sommato facile. La normativa prevedeva infatti una segnalazione di sconfinamento solo nel caso in cui lo scoperto durasse più di 180 giorni. Le banche dunque sono sempre state molto tolleranti rispetto a sfori del fido concesso, senza richiedere entro questo termine, l’apertura di nuovi contratti di prestito di denaro. Tutto ciò era permessa fino ad oggi da Basilea 2. Si tratta di un accordo internazionale sui requisiti patrimoniali delle banche. In base ad esso le banche dei Paesi aderenti devono accantonare quote di capitale proporzionali al rischio derivante dai vari rapporti di credito assunti oltre che rispettare certe direttive e standard di qualità.

L’anno nuovo porta grandi cambiamenti. Le tempistiche per la segnalazioni calano infatti a 90 giorni. Le banche quindi potranno pazientare solo 3 mesi e non più 6 prima di effettuare la segnalazione. Per il credito retail e verso gli enti pubblici resta invece in vigore la deroga permanente; in questo modo le banche potranno utilizzare sistemi di rating interni continuando a segnalare gli sconfinamenti dopo 180 giorni, almeno fino all’introduzione di Basilea 3 nel 2013.

Cosa comporta per un’azienda essere “segnalata”?

Un’azienda considerata “past due” (insolvente per superamento del limite di tempo concesso allo scoperto) potrebbe vedersi revocare il credito concesso dalla banca, un immediata richiesta di esposizione oltre che una segnalazione a tutti gli istituti bancari della posizione “pericolosa” dell’impresa. In sostanza il nominativo dell’azienda sarà inserita nella La Centrale dei rischi. Si tratta di uno strumento  istituito nel 1962 ed operativo dal 1964, ha l’obiettivo di supportare il sistema bancario nella gestione delle politiche di prestito e di controllo dei rischi creditizi. Si intuisce che essere inseriti in questo indice equivale a azzerare le possibilità di vedersi concesso credito.

Anche le banche avranno però delle ripercussioni negative.  I crediti sconfinati infatti devono essere dichiarati “crediti deteriorati” che richiedono un aggravio di requisiti patrimoniali e nuovi accantonamenti. In sostanza l’accorciamento dei tempi, seppur importante per elevare gli standard, potrebbe aggravare la situazione economica delle imprese che già non godono di ottima salute, stretti dalla morsa fiscale.

Quale situazione si prospetta?

Serve naturalmente in fase iniziale una informazione efficace sui rischi che si possono correre. In tal senso l’Abi e le associazioni di categoria  Assoconfidi, Confagricoltura, Confedilizia, Cia, Coldiretti, Confapi, Confindustria e Rete imprese Italia  hanno firmato un protocollo  “Comunicazione alle imprese sull’entrata in vigore dei nuovi termini per la segnalazione degli sconfinamenti bancari – past due” con l’intento di salvaguardare le imprese e il sistema bancario congiuntamente. Dall’altro lato i Confidi cercheranno di garantire prestiti ponte delle banche alle imprese per i 90 giorni che queste perdono con le nuove tempistiche. “Una misura legata all’emergenza di questo periodo, nella consapevolezza però che la certezza dei pagamenti sia una buona regola per tutti”, assicura Antonio Lo Monaco, segretario nazionale Federconfidi.