Il 2013 si preannuncia nero per le pmi

La crisi che ha investito le piccole e medie imprese nel 2012 si fa ancora sentire, tanto da non far presagire niente di buono per questo 2013.

A dir la verità, le pmi hanno aperto il nuovo anno con un forte pessimismo, tanto che, secondo un rapporto condotto dal Centro Studi Unimpresa, sono circa cinque aziende su sei che temono, entro la fine del 2013, di dover chiudere.

I principali motivi che impediscono di affrontare la realtà con il sorriso sono dovuti ai problemi con le banche per quanto riguarda l’accesso al credito, ma anche quelli legati ai ritardi nei pagamenti da parte della P.A.
Ci sono poi i mancati pagamenti da parte dei privati a rincarare la dose, e che, unitamente alle principali questioni, rendono sempre più difficile rispettare scadenze e adempimenti fiscali, insieme all’impossibilità di pianificare investimenti e la scarsa flessibilità nel gestire l’occupazione.

Il sondaggio, condotto dopo l’esito delle elezioni politiche su 130.000 imprese associate, dipinge uno scenario tutt’altro che roseo, con i prossimi dieci mesi che potrebbero annunciarsi funesti e caratterizzati da tanti dissesti finanziari e veri e propri fallimenti.

Vera MORETTI

La burocrazia non aiuta le pmi

Era andata peggio solo nel 2009: l’anno che si è appena concluso ha segnato la chiusura di 365.000 imprese, in prevalenza piccole e piccolissime imprese.

Ciò è emerso dalla Relazione che il Garante delle Micro PMI ha inviato al Presidente del Consiglio dei Ministri e che vede, come unica buona notizia, la stipulazione di 523 contratti di rete che coinvolgono 2.800 aziende, con molte Pmi che si affacciano per la prima volta nei mercati internazionali e che utilizzano il commercio elettronico.

L’aspetto più critico rimane quello dei tempi di attuazione delle misure che spesso, per diventare operative richiedono l’emanazione di regolamenti che allungano oltre misura i tempi. Esempio concreto è la vicenda dei pagamenti dei debiti della PA.

Ciò che maggiormente fa male alle imprese è la mancanza di semplificazioni dal punto di vista burocratico. A questo proposito, la Relazione sottolinea la necessità di agevolazioni fiscali a sostegno delle micro imprese, in particolare relative alle reti d’impresa per gli investimenti e l’innovazione.

Ma non solo: occorre anche ridurre il costo dell’energia per i consorzi di piccole imprese e l’ampliamento della compensazione tra crediti e debiti verso l’erario.
Inoltre, le imprese, per crescere, hanno bisogno di investire: per questo viene richiesto uno strumento agevolato per l’acquisto o il leasing di macchine utensili e di produzione.

Ma soprattutto la Relazione richiama l’esigenza di una diversa politica europea, come sostiene il Garante: “Con una domanda debole pure le misure introdotte per fronteggiare le emergenze, abbattere le barriere, creare ambienti più favorevoli, valorizzare le capacità delle imprese, difficilmente producono effetti significativi (anche al netto dei tanti ritardi applicativi). Se non si riattiva al più presto il volano della domanda interna, il depauperamento imprenditoriale rischia di divenire difficilmente recuperabile poiché, da solo, l’export – peraltro messo a rischio da un euro forte – non può trascinare tutta la nostra economia. Se l’Unione Europea tarderà a intraprendere politiche forti di crescita, sarà arduo venire fuori rapidamente dalla recessione”.

Vera MORETTI

Pmi, l’emorragia dei posti di lavoro

Ce la faremo a superare questa crisi? Se lo chiedono, ogni giorno, impiegati, imprenditori, professionisti, operai. E se lo chiede anche la Cgia di Mestre, che non ha perso la buona abitudine di elaborare cifre, studi e statistiche per metterci di fronte alla cruda realtà, ma anche per proporre soluzioni valide.

Secondo l’associazione mestrina, nel secondo semestre di quest’anno in Italia si rischiano oltre 200mila posti di lavoro. Di questi, 172mila sono tra le piccole e medie imprese. La stima è risultata incrociando i dati occupazionali dell’Istat e quelli di previsione realizzati da Prometeia.

Secondo il segretario Giuseppe Bortolussi, “premesso che negli ultimi quattro anni la variazione dei posti di lavoro riferiti alla seconda parte dell’anno è sempre stata negativa, la stima riferita al 2012 è comunque peggiore solo al dato di consuntivo riferito al 2009. Purtroppo in queste ore non si sta consumando solo la drammatica situazione dei lavoratori dell’Alcoa o dei minatori del Carbosulcis, ma anche quella di decine e decine di migliaia di addetti delle Pmi che rischiano di rimanere senza lavoro“.

Come detto, però, dalla Cgia non mancano proposte costruttive per aiutare le Pmi: “Le ristrutturazioni industriali avvenute negli Anni ’70, ’80 e nei primi anni ’90 – dice Bortolussi, presentavano un denominatore comune. Chi veniva espulso dalle grandi imprese spesso rientrava nel mercato del lavoro perché assunto in una Pmi. Oggi anche queste ultime sono in difficoltà e non ce la fanno più a creare nuovi posti di lavoro. Per ridare slancio alle piccole realtà imprenditoriali che continuano ad essere l’asse portante della nostra economia diventa determinante recepire in tempi brevissimi la Direttiva europea contro il ritardo dei pagamenti, per garantire una certezza economica a chi, attualmente, viene pagato mediamente dopo 120/180 giorni dall’emissione della fattura. Bisogna trovare il modo per agevolarne l’accesso al credito, altrimenti l’assenza di liquidità rischia di buttarle fuori mercato. Infine, bisogna alleggerire il carico fiscale premiando anche i lavoratori dipendenti, altrimenti sarà estremamente difficile far ripartire i consumi interni“.