G20: storico accordo per eliminazione dazi doganali su acciaio e alluminio

Il G20 tenutosi a Roma ha portato molte novità nel mondo dell’economia e tra quelle che appaiono molto importanti vi è l’eliminazione dei dazi doganali tra Unione Europea e USA su acciaio e alluminio.

Eliminazione dei dazi doganali tra USA e Unione Europea

Il G20 sembra essere stato molto proficuo, infatti sebbene si ritiene che l’impatto sarà minimo, dal 2023 sarà applicata la Global Minimum Tax. Inoltre è arrivata la notizia dell’eliminazione dei dazi doganali tra USA e Unione Europea su metalli importanti come acciaio e alluminio. A introdurre tali misure protezionistiche era stato il Presidente degli Stati Uniti  Donald Trump e molti auspicavano un cambio di passo con il cambio della presidenza degli USA. Questi materiali sono alla base di molte produzioni sia in America, sia in Unione Europea, ad oggi il maggiore produttore resta la Cina e l’applicazione di dazi sui prodotti provenienti dall’Unione Europea aveva scoraggiato la domanda dall’Unione Europea con un danno economico non da poco.

Quando sono stati introdotti i dazi doganali?

La disciplina introdotta da Trump prevedeva dazi doganali pari al 25% del valore delle importazioni sull’acciaio e il 10% sull’alluminio. Trump aveva giustificato l’introduzione di questi dazi come una misura di “sicurezza nazionale” ma in pochi vi avevano creduto, ritenendo invece che fosse solamente un modo per proteggere l’economia del Paese, andando così a violare accordi precedenti.

La risposta a questi dazi non si fece attendere, infatti l’Europa a sua volta decise di imporre dei dazi sulle importazioni di prodotti iconici per gli United States  e in particolare Harley Davidson, whiskey Bourbon, ma anche su alcuni prodotti alimentari come il mais e il burro d’arachidi. Tale contropartita aveva comunque un valore inferiore rispetto ai danni prodotti dai dazi su acciaio e alluminio imposti dall’America.

G20: cadono i dazi doganali su acciaio e alluminio

L’annuncio ufficiale sull’accordo per l’eliminazione dei dazi doganali è arrivato durante il G20 dal Segretario al Commercio americano Gina Raimondo e dalla Rappresentante per il commercio degli USA Katherine Tai. Da questi dazi erano scaturite anche molte controversie proposte davanti agli organi del Wto, l’Organizzazione Mondiale del Commercio. Non si tratta di un dettagli di poco conto infatti l’accordo prevede che con la caduta dei dazi doganali cadranno anche tutte le controversie già iniziate su tali temi.

Il valore della rimozione dei dazi oscilla intorno a 10 miliardi di dollari. Resta ora l’ultimo passo da compiere, infatti l’accordo dovrà essere ufficializzato e sarà sottoscritto da Joe Biden per gli USA e dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyern. Gli accordi erano già in itinere, ma si è deciso per un cambio di passo repentino, in modo da velocizzare l’eliminazione degli stessi, quindi è probabile che già dal 2023 tali novità saranno operative.

Il Made in Italy sotto il microscopio di Leonardo

E’ stata presentata in Campidoglio la ricerca IPSOS “Nuovi mercati e Made in Italy: cosa pensano di noi”. L’indagine, resa nota in occasione dell‘XI Forum annuale del Comitato Leonardo, è stata condotta tra gli Opinion Leader di Russia, Brasile e Malesia.

Il tema riguardava l’analisi della percezione dei fattori di debolezza e di potenziale miglioramento del Made in Italy con l’obiettivo di verificarne i margini di crescita dei settori tradizionali e di quelli più innovativi.

A commissionare la ricerca il Comitato Leonardo, nato nel 1993 su iniziativa comune di Sergio Pininfarina e Gianni Agnelli, di Confindustria, dell’ICE e di un gruppo d’imprenditori con l’obiettivo di promuovere ed affermare la “Qualità Italia” nel mondo. Il Comitato associa oggi oltre 150 eccellenze, tra le quali 116 aziende il cui fatturato complessivo, nell’ultimo anno, ha superato i 300 miliardi di euro, con una quota all’estero pari al 53%.

La ricerca ha confermato enormi potenzialità per le produzioni italiane, ma ha anche evidenziato come solo i settori tradizionali (le quattro A) risultino trasversalmente associati al Made in Italy. Gli altri comparti sono conosciuti esclusivamente dagli opinion leader più informati.

Il rischio è che i brand italiani vengano considerati sempre più come entità separate da un concetto di italianità o di “Made in Italy”. Oltre a fattori “culturali” e “istituzionali”, altri elementi strutturali frenano lo sviluppo del Made in Italy:

  • il limitato supporto finanziario-assicurativo e la mancanza di strumenti finanziari adeguati che favoriscano i rapporti e offrano linee di credito che accompagnino la crescita della domanda
  • la forte incidenza dei dazi doganali
  • la necessità di rafforzare le relazioni politico-diplomatiche
  • la semplificazione delle procedure normative e burocratiche 

Sarà necessaria un’evoluzione del sistema imprenditoriale italiano ed un approccio più maturo ed evoluto all’export: sviluppo di servizi connessi anche nelle zone più remote, maggiore attenzione alla cultura locale, diversificazione dell’offerta per rendere il Made in Italy più accessibile a target di fascia media, senza perdere la propria identità.

Il Made in Italy è un valore aggiunto – ha sottolineato Luisa Todini, Presidente del Comitato Leonardo – che tutto il Sistema Paese deve saper sfruttare per la conquista di nuovi mercati e il consolidamento non solo nei settori tradizionali. Non è un caso che gli italiani siano apprezzati all’estero per creatività, qualità e capacità innovativa, spesso più degli altri competitor. Le aziende devono fare la loro parte, ma hanno bisogno di un maggiore sostegno istituzionale, non solo finanziario, soprattutto tramite incentivi fiscali e semplificazioni burocratiche“.

La Presidente del Comitato Leonardo ha poi messo in evidenza l’esigenza di rafforzare la presenza della aziende italiane all’estero: “ facendo sistema e organizzandoci a filiera: se avessimo una grande distribuzione italiana saremmo i primi al mondo in molti settori di largo consumo. Ma dobbiamo saper essere anche attrattivi verso le multinazionali, gli investitori e i talenti di ogni genere, ben vengano quei grandi gruppi stranieri o i fondi sovrani che vogliono investire nei nostri marchi mantenendo know-how e attività produttive nel nostro Paese: è la testimonianza della forza del nostro made in”.

Il Made in Italy – ha concluso il Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi – è una questione di interesse nazionale. Il consumatore globale associa il Made in Italy alla “Qualità”. E’ questo il segno distintivo del nostro brand nazionale sul quale dobbiamo continuare ad investire per intercettare la domanda dei mercati internazionali, sia di quelli avanzati, sia di quelli emergenti” che ha poi precisato “l’affermazione delle nostre eccellenze nel mondo necessita certamente di azioni immediate, inserite in una strategia complessiva di più lungo periodo volta a garantirne l’efficacia e la sostenibilità. L’unitarietà e la coesione del Sistema-Paese nel suo complesso è la condizione necessaria per la promozione, ma anche il sostegno all’internazionalizzazione delle imprese, la tutela legale della proprietà intellettuale e industriale, il rispetto di regole commerciali sottoscritte e condivise a livello multilaterale e l’abbattimento delle barriere tariffarie e tecniche che impediscono al Made in Italy di dispiegare appieno tutto il suo potenziale“.

Quali sono allora gli strumenti su cui puntare per sostenere il Made in Italy all’estero?

  • introdurre modalità di promozione e di strumenti finanziari di accompagnamento
  • puntare su accordi bilaterali di libero scambio
  • combattere la contraffazione
  • identificare le priorità geografiche e settoriali
  • definire una programmazione pluriennale di politica estera economica

L’Agenzia ICE – ha evidenziato infine Riccardo Maria Monti, Presidente dell’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane  – intende contribuire a dare sempre maggiore visibilità internazionale alle attività del Comitato Leonardo, adottando tre linee di azione: dare ulteriore impulso alle attività del Premio all’estero, puntare su innovazione e high-tech, mobilitare le eccellenze Italiane in chiave di attrazione degli investimenti”.

 

Italia-Brasile: le pmi si giocano la partita più importante

 

Santa Caterina pensaci tu.

No, non è un ex voto verso qualche martire italiana, ma uno dei 27 Stati Confederati del Brasile con cui Regione Liguria, Liguria International e il Ministero dello Sviluppo Economico Italiano hanno firmato un importante accordo, un impegno che rappresenta un decisivo passo in avanti per le imprese italiane impegnate nel settore nautico.

“Il settore ha dei dazi doganali molto forti ma anche una grande volontà di collaborazione. Grazie all’intesa a Santa Caterina sarà possibile anche per le piccole e medie imprese italiane accedere ad agevolazioni e partnership con quelle locali, mentre a livello nazionale brasiliano si creeranno dei tavoli di lavoro che dovrebbero sfociare in nuovi accordi futuri” – ha commentato Emanuele Spadaro, export manager di Ucina (la Confindustria del settore) subito dopo la sigla.

L’intesa è stata promossa da Regione Liguria, che guida la delegazione italiana per il settore nautico, e Liguria International: “Tramite la Liguria si promuove tutta la capacità nazionale, attraverso decine di imprese che abbiamo portato qui a caccia di affari e questo tipo di avvenimenti può dare risultati concreti rilevanti” – è stato il parere di Franco Aprile, presidente di Liguria International.

Con questo passo, infatti, Italia e Brasile hanno intrapreso la costituzione di un polo nella regione di Santa Caterina (uno dei 27 stati federati brasiliani collocato nella porzione meridionale del Paese) e di un tavolo di lavoro permanente per lo sviluppo che agevolerà i cantieri e i mercati nautici della Penisola del Belpaese in uno dei mercati emergenti più interessanti del momento.

Vento in poppa!

 

Paola PERFETTI