Delega fiscale, rispunta la web tax

 

La web tax scuote gli equilibri interni del Pd già da tempi non sospetti: prima annunciata dall’ex presidente del Consiglio Enrico Letta poi ostracizzata dal neo segretario Matteo Renzi poco dopo le primarie che lo incoronarono a capo del primo partito d’Italia, fu uno dei primi terreni di scontro tra il giovane sindaco rottamatore e l’allora premier, quando il termine staffetta era ancora gergo puramente sportivo.

Nonostante la strenua difesa del presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia – che proponeva esplicitamente di assoggettare a IVA in Italia i profitti di società estere, derivanti dalla fornitura di servizi di commercio elettronico sul territorio italiano a soggetti passivi – la misura sembrava definitivamente in accantona, ancor più quando nel decreto denominato Salva Roma fu inserito ad hoc un provvedimento per la rimozione totale della web tax. Detto questo, nella recente delega fiscale che ha il via libera definitivo negli scorsi giorni alla Camera c’è ancora un’imposta destinata alle aziende online – da Amazon a Google, per esempio, ma senza escludere anche aziende di minori dimensioni – che dovrebbero pagare una quota al fisco italiano per la vendita di inserzioni pubblicitarie. Ovviamente la tassa diventerebbe legge soltanto, come nella consuetudine delle norme che succedono alla delega, nel caso l’esecutivo sia pronto a varare una serie di decreti legislativi che attuino i principi indicati e approvati negli scorsi giorni senza nemmeno un voto contrario.

Jacopo MARCHESANO

 

 

Contrasto di interessi: di cosa si tratta?

 

D’ora in poi gli scontrini fiscali e le ricevute potranno essere scaricate direttamente dalla dichiarazione dei redditi. La commissione Finanze del Senato ha dato il via libera al ddl di delega fiscale, oltre ad approvare all’unanimità il provvedimento sulle cosiddette cartelle pazze.

Sbarca così anche nel nostro sistema fiscale il cosiddetto contrasto di interessi, che dovrebbe fornire un ulteriore supporto concreto alla lotta all’evasione fiscale

Ma di che cosa si tratta? Il contrasto di interessi consente la detraibilità di scontrini e ricevute sulle spese fatte dai contribuenti: letteralmente starebbe ad indicare il contrasto di interessi fra venditore e compratore, ovvero quando la convenienza a evadere dell’uno trova un ostacolo nella convenienza a rendere nota la transazione al Fisco da parte dell’altro.

Ma perchè dovrebbe servire da strumento antievasione? L’equazione all’apparenza è semplice: se il contribuente potrà dedurre dalla dichiarazione dei redditi scontrini e ricevute, sarà maggiormente incentivato a farne richiesta all’esercente.

Prima osteggiato, l’emendamento sul contrasto di interessi è passato con l’ok di Palazzo Chigi, lasciando dietro di sè però molte perplessità: il sottosegretario all’Economia Vieri Ceriani ha espresso il suo parere contrario commentando che “le situazioni di deducibilità o di detraibilità di spese già previste si sono rivelate fallimentari sia dal punto di vista dei risultati della lotta all’evasione che dal punto di vista del bilancio dello Stato“.

Alessia CASIRAGHI