Eh no, Veltroni, non ci siamo: la tua patrimoniale è un’idea insana

di Gianni GAMBAROTTA

Non so chi sia, secondo le ultime statistiche del mensile americano Forbes sui Paperoni del mondo, l’uomo più ricco d’Italia. Forse è ancora Leonardo Del Vecchio, padrone di Luxottica, o uno dei fratelli Benetton, o l’immancabile Silvio Bersluconi, o qualcun altro, una new entry finora sconosciuta al grande pubblico.

Non importa. Chiunque sia, desidero affermare un concetto che ritengo fondamentale nella situazione politica italiana di oggi: sono contrario a qualsiasi proposta, da qualunque parte venga, che punti ad aumentare anche solo di un euro all’anno le tasse sul primo nababbo nazionale. E a scendere su tutti gli altri, compresi i detentori di risparmi per poche decine di migliaia di euro.

Dico questo dopo aver letto le cronache dell’intervento di Walter Veltroni al convegno del Lingotto nel weekend scorso. Il leader di Modem, l’unica minoranza organizzata all’interno del Pd, ha detto che fra le tante cose che farebbe se un giorno dovesse andare al governo, ce n’è una che gli sta particolarmente a cuore: una patrimoniale, sul tipo dell’eurotassa varata dal governo di Romano Prodi nel 1997, che colpisca i grandi patrimoni. “Il debito pubblico italiano – ha detto – ha raggiunto livelli insostenibili. Bisogna per tre anni tassare chi ha di più per portare quel debito a grandezze ragionevoli, attorno all’80 per cento del prodotto interno lordo contro l’attuale 120 per cento“.

Un’idea insana. Oggi una cifra vicina al 50 per cento di tutta la ricchezza prodotta dal Paese va allo Stato e al parastato sotto forma di tasse dirette e indirette e prelievi di vario tipo. Questo succede perché da decenni politici come Veltroni hanno chiesto e spinto sull’aumento delle spese pubbliche per conquistare consensi elettorali. L’Italia si basa su un gigantesco voto di scambio, che è una delle ragioni della sua arretratezza e dell’esplosione del debito pubblico.

Che questo (del debito) sia uno dei più gravi problemi italiani è fuori discussione. Ma lo si deve aggredire tagliando senza andare per il sottile la spesa pubblica, togliendo favori, elargizioni, prebende alle clientele elettorali che invece ogni politico culla amorevolmente. Aumentare le tasse, anche solo introducendo un’imposta straordinaria sulla ricchezza, non farebbe altro che fornire altro ossigeno finanziario ai partiti che lo userebbero come hanno sempre fatto, dilatando la spesa per catturare consensi al momento delle urne.

La stessa eurotassa citata da Veltroni lo prova: è servita sì a darci un salvacondotto momentaneo per entrare nell’euro, ma non ha prodotto alcun effetto sullo stock del debito che ha continuato, imperturbato, a crescere. E’ dal lato della spesa che deve essere affrontata la questione. Anche della spesa che riguarda la politica e il suo costo. Perché Veltroni non mette nel suo programma la netta riduzione degli emolumenti dei nostri parlamentari e ministri che guadagnano più dei loro colleghi tedeschi? Perché deve essere normale che una consigliera della Regione Lombardia, Nicole Minetti, divenuta famosa per le sue capacità di organizzatrice di festini con prostitute, riceva dalla Regione stessa uno stipendio da oltre 10mila euro al mese?

Consolidare il debito pubblico? Caro Della Vedova, pesa bene le tue parole…

di Gianni GAMBAROTTA

Futuro e Libertà, il movimento che fa capo al presidente della Camera, Gianfranco Fini, annovera nelle sue schiere molti esponenti che in queste settimane hanno goduto di grande attenzione mediatica. E non potrebbe essere diversamente, visto che da loro dipende il futuro del governo: è ovvio che giornali e tv seguano con interesse le loro dichiarazioni, le loro prese di posizione. Fra questi esponenti politici ce n’è uno che conta in modo particolare, tanto da essere considerato il braccio destro di Fini, ascoltato dal capo su tutti gli argomenti, in particolare su quelli che hanno attinenza con l’economia.

Si tratta di Benedetto Della Vedova, ex militante del Partito Radicale, politico raffinato ed esperto che, qualche giorno fa, parlando in uno dei tanti talk show televisivi ha affrontato il tema spinoso del debito pubblico, un macigno che grava sull’Italia da anni e finisce persino per condizionarne la sovranità. Della Vedova ha detto, senza scomporsi, che la soluzione è molto semplice: l’Italia dovrebbe fare come ha fatto tempo fa l’Argentina, che ha consolidato il debito. Che significa? Questo: che non lo ha restituito alla scadenze previste, ma lo ha dilazionato. Della Vedova ha detto che questa è una ricetta validissima: per esempio i titoli di Stato in scadenza fra cinque anni, si potrebbero rimborsare fra 50 anni. Così si sposta il problema e, anzi, lo si annulla perché in mezzo secolo l’inflazione si occuperà di azzerare (o quasi) il valore reale di quel debito.

Ora ci si domanda: ma com’è possibile che un leader politico faccia affermazioni di questo genere? Non sa Della Vedova che il Tesoro italiano nel 2011 dovrà collocare sui mercati titoli per 200 miliardi di euro? Stiamo parlando di un quarto di tutto il debito pubblico che sarà emesso in Europa nei prossimi 12 mesi. Per convincere gli investitori a sottoscriverlo, il Tesoro dovrà già pagare interessi più alti rispetto alla Germania e avrà bisogno di trovare sui mercati un clima di fiducia nei confronti dell’Italia. Clima che, come tutti sanno, non c’è. Anzi, c’è diffidenza, timore che la crisi finanziaria, dopo aver colpito Grecia e Irlanda e minacciato seriamente il Portogallo, punti direttamente verso di noi dato il caos politico che regna dalle nostre parti. E a questi mercati, Della Vedova, sostanzialmente dice che il nostro governo, a suo avviso, in futuro non dovrebbe onorare gli impegni.

C’è da sperare che il Financial Times e gli altri media sempre molto critici con l’Italia, ma seguitissimi dalla business community, non si siano accorti delle dichiarazioni di Della Vedova, o che non le abbiano ritenute degne di attenzione. E c’è da augurarsi che il prossimo governo (qualunque sia) sia formato da persone che pesino bene le parole quando toccano argomenti delicati come il debito sovrano.