La transazione fiscale in caso di debiti tributari

In caso di crisi aziendale, la transazione tributaria, che collabora con l’amministrazione finanziaria, è finalizzata a garantire l’assolvimento pieno del debito tributario da parte del contribuente.

Si può ricorrere alla transazione fiscale per:

  • debiti inerenti crediti tributari (compresi indennità di mora, accessori e interessi);
  • sanzioni amministrative derivanti da violazioni tributarie;
  • IRAP;
  • imposte derivanti da dichiarazioni dei redditi presentate fino alla domanda di transazione anche se non soggette a liquidazione;
  • imposte derivanti da dichiarazioni integrative che il contribuente ha presentato per rettificare o integrare dichiarazioni precedenti;
  • per quelle derivanti da liquidazione delle dichiarazioni;
  • per i debiti d’imposta quantificati in avvisi di liquidazione, atti di accertamento, recupero, contestazione e irrogazione di sanzioni che possono anche non essere definitivi per la parte che non è iscritta a ruolo;
  • debiti di natura chirografaria;
  • debiti di natura privilegiata anche se la legge fallimentare impone che lo Stato non possa ottenere un trattamento peggiore di quello riservato ai creditori con privilegio inferiore o posizione giuridica e interessi economici omogenei rispetto a quelli vantati dall’Agenzia delle Entrate.

E’ chiamato a procedere direttamente il contribuente in debito, mentre l’amministrazione finanziaria può solo accettare o rifiutare.
Nonostante la prassi tenda a far desumere che non sia possibile presentare proposte di concordato senza transazione fiscale, la norma non prevede un obbligo.
La transazione è ammessa anche se, decorsi 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento, il ruolo determina l’iscrizione di una ipoteca equivalente al doppio del credito sugli immobili del debitore.

I beni mobili del debitore subiscono il privilegio generale dei debiti contratti con lo Stato per imposte e sanzioni derivanti da imposte sul reddito di società, persone fisiche e giuridiche, oltre che dall’imposta sulle attività produttive e dall’imposta locale sui redditi. Il privilegio sui beni mobili vale anche per i crediti dello Stato legati a imposte, pene pecuniarie e soprattasse maturate per l’Iva“.

Se si tratta di un accordo su crediti fiscali, occorre depositare presso il tribunale, il cessionario del servizio nazionale competente e l’ufficio competente relativamente al domicilio fiscale del debitore, una copia di tutta la documentazione, della domanda, delle dichiarazioni fiscali rispetto a cui non si è ottenuto il risultato dei controlli automatici e delle dichiarazioni integrative effettuate fino alla presentazione della domanda stessa.

Dalla data di presentazione il cessionario ha 30 giorni per inviare al debitore una certificazione in grado di attestare la misura del debito appurata dai ruoli e dagli atti di accertamento per la quota parte non iscritta a ruolo.

L’approvazione o il rifiuto della proposta di concordato per i tributi non iscritti a ruolo spetta al Direttore dell’Ufficio, che deve redigere l’atto tenendo conto del parere della Direzione regionale competente, e si materializza nel voto favorevole o contrario espresso nell’adunanza dei creditori; per i debiti iscritti a ruolo, il concessionario del Servizio nazionale della riscossione dovrà votare nell’adunanza dei creditori, ottemperando all’indicazione del Direttore dell’Ufficio che a sua volta dovrà tener conto del parere della Direzione regionale competente.
La proposta di transazione, completa di tutta la documentazione necessaria e la dichiarazione sostitutiva in cui il debitore attesta che quanto presentato riflette fedelmente e integralmente la situazione dell’impresa, vanno depositate presso gli uffici competenti, che a loro volta sono tenuti a procedere con la trasmissione e la liquidazione.

Nei successivi 30 giorni il Direttore dell’Ufficio deve, dopo aver allegato il parere della Direzione regionale competente, fornire l’assenso alla proposta in merito ai tributi non iscritti a ruolo, mentre per quelli iscritti l’assenso deve essere fornito attraverso un atto del cessionario su indicazione del Direttore dell’Ufficio sentita la Direzione regionale.

La transazione fiscale si conclude se avviene la ristrutturazione dei debiti, se entro 90 giorni non avviene il pagamento e in presenza di una revoca di diritto, superabile solo nel caso in cui il debitore paghi tutto il debito nei 90 giorni che seguono le scadenze indicate.

Vera MORETTI

Fare pace con il fisco da oggi conviene meno

Dalle modifiche alle circostanze attenuanti ed alle pene accessorie dei reati tributari contenute dagli emendamenti al decreto di Ferragosto in corso di approvazione al Senato.

Attualmente, in base all’articolo 13 del decreto legislativo 74 del 2000, le pene previste per i delitti tributari sono diminuite fino alla metà, ma da ora l’estinzione del debito sarà comunque necessaria per accedere al patteggiamento e, se si è evaso più di tre milioni di euro, per beneficiare della sospensione condizionale della pena.

Non si applicano poi le pene accessorie previste se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari relativi ai fatti costitutivi dei delitti, vengono estinti mediante pagamento, anche a seguito delle speciali procedure conciliative o di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie.

Con le modifiche in corso di approvazione viene invece previsto che la diminuzione delle pene, una volta estinto il debito tributario, non sarà più fino alla metà ma solo fino a un terzo. Sotto il punto di vista penale quindi sarà meno conveniente pagare quanto contestato dal fisco.

E per ottenere il patteggiamento?

Si dovrà obbligatoriamente estinguere il debito e quindi far ricorso a questa procedura.

In sostanza, il contribuente per poter beneficiare del patteggiamento dovrà:
estinguere ai fini fiscali il debito tributario costituente delitto ricorrendo alle procedure conciliative ammesse nell’ordinamento tributario
corrispondere le sanzioni tributarie

L’irrogazione delle sanzioni avverrà in via ridotta a seconda delle regole tributarie relative allo strumento adottato.

All’articolo 12 del decreto legislativo 74/2000 viene aggiunto poi un nuovo comma: niente sospensione condizionale della pena qualora l’imposta evasa o non versata superi i tre milioni di euro.

Poiché ora nell’articolo 12 viene inserita, oltre alle altre pene accessorie già previste, anche l’impossibilità di fruire della sospensione condizionale della pena, dovrebbe dedursi che il pagamento farebbe venir meno anche tale nuova misura.

Se questa tesi interpretativa venisse confermata, sembrerebbe che le modifiche proposte dal Governo siano state introdotte non tanto per colpire gli evasori con la sanzione penale ma per far restituire i soldi allo Stato

Marco Poggi