Debiti Pa, è il momento della Cassa depositi e prestiti

 

La Cassa depositi e prestiti – la società per azioni finanziaria italiana, partecipata per il 80,1% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, per il 18,4% da diverse fondazioni bancarie e il restante 1,5% in azioni proprie – ha ufficializzato il plafond da 10 miliardi di euro, finalizzato al saldo dei pagamenti dei debiti di parte corrente della pubblica amministrazione. Dopo la firma di una convenzione con l’Abi, l’Associazione bancaria italiana, la Cassa potrà acquisire i crediti dalle banche o dagli intermediari finanziari, ridefinendo in favore della Pubblica amministrazione termini e condizioni di pagamento dei debiti. Ed già un primo passo…

Inoltre, il plafond verrà inserito, insieme alle misure già varate in questi ultimi mesi nell’ambito del nuovo piano industriale varato dal Governo Letta, all’interno di una «Piattaforma Imprese» che racchiuderà i prodotti a sostegno dell’economia di Cdp dedicati a favorire l’accesso al credito delle pmi, mettendo a disposizione dell’economia italiana, attraverso il sistema bancario, ulteriori 5 miliardi.

Intanto, dopo il «pagheremo tutto entro fine settembre» di Renzi, anche Bruxelles sembrerebbe guardare con più ottimismo ai conti nostrani: «Con i rappresentanti europei stiamo registrando un dialogo costruttivo – hanno spiegato il sottosegretario agli Affari Europei Sandro Gozi e il commissario Ue all’Industria Ferdinando Nelli Feroci – soprattutto su come il governo sta affrontando e cercando di risolvere questo problema: ancora più che per ragioni giuridiche, riteniamo immorale non pagare i propri debiti alle imprese. E con la Commissione si è instaurato un confronto proficuo che lascia ben sperare sugli sviluppi della procedura d’infrazione».

Jacopo MARCHESANO

Sblocco debiti della Pa, c’è il via libera del governo

“Confermo quello che ho detto nei giorni scorsi: i debiti pregressi della Pubblica amministrazione li paghiamo entro il 21 settembre”. Ogni promessa, giusto per rimanere in tema, è debito. Così il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, a poche ore dalle elezioni europee che ridisegneranno il Parlamento dell’Unione, è tornato a fare chiarezza sulla questione irrisolta dei debiti della pubblica amministrazione.

“Il presidente Renzi ha fatto molto bene a programmare il pagamento dei debiti arretrati della Pa – ha commentato Paolo Buzzetti, presidente dell’Associazione nazionale dei costruttori edili (Ance), recentemente incaricato dal vicepresdente della Commissione Europea Antonio Tajani di riferire a Bruxelles lo stato di attuazione della direttiva sui pagamenti – , dimostrando chiaramente la volontà di intervenire per sanare il problema. È altrettanto vero, però, che finora è mancata la spinta decisiva per rimuovere le cause strutturali dei ritardi di pagamento, a partire dall’allentamento del Patto di stabilità interno. Ci preoccupa, inoltre, che nella prossima tranche di pagamenti prevista dal governo non siano incluse le spese per investimenti che riguardano in gran parte le infrastrutture. Per questo continuiamo e continueremo a far sentire la nostra voce, perché per risolvere il problema dei pagamenti l’unica strada è pagare tutti, nessuno escluso”.

Intanto il NCD ha presentato una proposta di legge in soccorso delle imprese creditrici della Pa e che prevede la compensazioni tra debiti e crediti. “Intendiamo correggere gli automatismi previsti nel pagamento dei debiti da parte dalla PA a fronte di pendenze con Equitalia. Il testo prevede l’erogazione all’imprenditore del 50% di quanto dovuto dall’amministrazione pubblica a fronte dell’impegno di chiedere la rateizzazione del debito fiscale. Superata questa procedura viene liquidata l’altro 50% del credito vantato nei confronti della Pubblica amministrazione” ha spiegato in una nota il capogruppo alla Camera Nunzia De Girolamo.

Jacopo MARCHESANO

Galassi: “Debiti Pa? Siamo ai limiti dell’emergenza sociale”

Il ministero dell’Economia nei giorni scorsi ha reso noto che per le imprese fornitrici è stata avviata “la terza tranche delle risorse finanziarie aggiuntive che lo Stato mette a disposizione degli enti locali per il pagamento di debiti certi, liquidi ed esigibili maturati al 31/12/2012″. La dotazione finanziaria di questa terza tranche ammonterebbe a circa 1,8 miliardi di euro, assegnata agli enti locali in sede di ripartizione delle risorse stanziate per il 2014 dal decreto legge n. 102/2013, ma le ombre rimangono. Dopo l’intervista di ieri con Edoardo Boccalini, segretario nazionale INT, oggi abbiamo incontrato Paolo Galassi, presidente di Confapi Industria, l’associazione delle piccole e medie imprese manifatturiere e di servizio alla produzione.

Presidente Galassi, a proposito di debiti della Pa: sblocco o spot da campagna elettorale?
Le Pmi rappresentano a livello territoriale le prime fornitrici di servizi per Comuni, Province, Regioni, Asl e tutto ciò che costituisce la pubblica amministrazione. I ritardi nei pagamenti, che possono arrivare anche dopo due anni, creano disagi enormi. In tempi di crisi, e non solo, i ritardi possono costare la vita di un’impresa. Da un nostro sondaggio risulta che sei pmi su dieci hanno riscontrato un allungamento dei tempi medi per i pagamenti negli ultimi quattro anni e una su due denuncia ritardi superiori ai 12 mesi. Confapi Industria è molto attenta a questo problema e sta sensibilizzando il mondo politico sulla gravità della questione. La politica deve agire e in tempi brevi, non servono spot elettorali, imprenditori e lavoratori chiedono scelte rapide ed efficaci; infatti da una parte le imprese rischiano il fallimento, dall’altro i prezzi praticati potrebbero risentire del carico degli oneri finanziari che le imprese devono sopportare. In questo senso accelerare i pagamenti potrebbe anche far scendere i prezzi dei servizi, attivando un circolo virtuoso. La vera svolta sarebbe comunque sempre quella di accelerare i pagamenti, solo così le aziende potrebbero avere la liquidità per investire e davvero uscire dalla morsa del credito bancario.

Quali sarebbero i provvedimenti più urgenti per il bene delle piccole e medie imprese?
Difficile scegliere, dato il momento che stiamo attraversando, sono diversi i provvedimenti significativi e improcrastinabili. Agire sull’eccessiva fiscalità, ridurre il costo del lavoro per poter creare occupazione e rilanciare i consumi, ridurre e semplificare la burocrazia,aprire i rubinetti del credito bancario che restano chiusi, ampliare i margini di contribuzione ridotti di un mercato che è diventato quasi insostenibile, la difficoltà di competere a pari condizioni con le imprese estere, i continui aumenti nei costi delle materie prime sono macigni che gravano sulle pmi. Le aziende auspicano inoltre la riduzione della spesa pubblica, oltre al già citato sbocco dei debiti della Pubblica amministrazione e il rispetto della normativa Europea.

Da troppo tempo l’industria denuncia, infatti, la mancanza di una visione di insieme e la capacità della politica di dare vita a progetti a medio e lungo termine. Va attuato concretamente il rilancio della manifattura italiana.
Riforme sociali, rilancio dell’economia, consolidamento delle scelte a favore della libertà d’impresa devono essere le parole d’ordine. Nonostante le imprese mettano in campo nuove strategie, come l’ampliamento e il miglioramento della gamma dei prodotti, la razionalizzazione dei costi di produzione, la ricerca di nuovi canali, forme distributive e mercati di sbocco, una considerevole fascia di imprenditori (oltre il 43%) afferma che produzione, ordini, fatturato hanno registrato un calo negli ultimi mesi e che le prospettive non sono favorevoli. Altri dichiarano stabilità (36%). Pochi gli ottimisti. Ho voluto con qualche dato, tratto dall’indagine congiunturale di CONFAPI INDUSTRIA, dare il polso della situazione e il perché delle nostre richieste. Quello che più mi impressiona è la situazione delle pmi lombarde che, rispetto alla scorsa rilevazione congiunturale, è rimasta pressoché invariata. Questo ci dimostra che l’industria manifatturiera, pur continuando duramente a “tenere” e in qualche caso a “sopravvivere” stenta ancora ad uscire dalla crisi. Però, gli imprenditori continuano caparbiamente a sostenere e a sviluppare il proprio business, l’ottimismo innato lo aiuta nelle scelte quotidiane e nella pianificazione strategica.

Intanto nel primo trimestre dell’anno il Pil italiano è tornato a scendere, facendo indietreggiare l’economia di 14 anni, vanificando in un istante le aspettative su una ripresa ormai imminente…
Anche se tutti siamo chiamati a fare la nostra parte, il Governo dovrebbe stare in prima linea perché si tratta di una vera e propria emergenza sociale. Il mondo istituzionale dovrebbe darci delle risposte, perché questa condizione di disagio è terribilmente diffusa. Troppi parlano di ripresa, o di ripresina, ma ci vorranno anni prima che la nostra economia ritorni ad essere florida.

La capacità di resistenza delle imprese lombarde, provata da anni di andamenti negativi, è ai limiti.
Dobbiamo lavorare per la vera ripresa, per ottenere risultati concreti – creazione di posti di lavoro, riduzione della pressione fiscale, strategie chiare per le aziende – e vanno messe in campo politiche precise e condivisibili tese a sostenere le imprese, soprattutto quelle piccole e medie, che rappresentano il 97% del tessuto produttivo italiano e sono il vero motore di una crescita per l’intero Paese ancor prima che per la Lombardia. Lavorare per riattivare un circolo virtuoso nel mercato interno è la base per il rilancio del sistema: la ricchezza generata dalle imprese deve restare in Italia.

Jacopo MARCHESANO

Approvato il decreto sui debiti delle PA

Il decreto per il pagamento dei debiti da parte della Pubblica Amministrazione nei confronti delle imprese è stato finalmente approvato: i voti a favore alla Camera sono stati 508, e nessun contrario.
Il secondo tentativo, dunque, dopo che, passato alla Camera, il decreto era stato modificato radicalmente dal Senato, è andato a buon fine, non senza qualche preoccupazione e timore.
L’approvazione, infatti, è arrivata quasi al fotofinish, poiché la scadenza era stata fissata per il 7 giugno.

Il via libera al decreto non è stato dato a cuor leggero, poiché i deputati, dopo le modifiche apportate dal Senato, si sono lamentati di aver avuto poco tempo per studiare a fondo il testo modificato. Per questo, si sono rivolti al presidente della commissione Bilancio Francesco Boccia, per avere un maggior raccordo tra i due rami del Parlamento.

Le critiche, dunque, nei confronti dei cambiamenti che il Senato ha voluto fare al decreto, non sono certo mancate, e questo ha portato sia Boccia sia Alberto Giorgetti, sottosegretario
all’Economia, ad annunciare nuovi provvedimenti futuri del governo o del Parlamento su alcuni nodi del decreto.
In particolare Giorgetti ha annunciato nuovi interventi sulle garanzie dello Stato per i pagamenti e patto di stabilità.

Vera MORETTI