MedDiet promuove la dieta mediterranea

E’ stata presentata a Roma l’iniziativa MedDiet – Dieta Mediterranea e valorizzazione dei prodotti tradizionali, che vede protagonista la dieta mediterranea e sei Paesi che, sul mediterraneo, si affacciano: Italia, Grecia, Spagna, Egitto, Tunisia e Libano.

La dieta mediterranea, dopo essere stata riconosciuta patrimonio dell’umanità dall’Unesco, dunque, diventa centro di un progetto che durerà trenta mesi e vedrà collaborare Unioncamere con il Centro servizi promozionali per le imprese della Camera di commercio di Cagliari, l’Associazione nazionale Città dell’olio, il Forum delle Camere di commercio dell’Adriatico e dello Jonio ed altri 9 partner dei diversi Paesi coinvolti.

L’iniziativa è partita dal gennaio 2013 ed è finanziata dall’Unione Europea nell’ambito del programma Enpi Cbc Med il cui budget totale sfiora i 5 milioni di euro.

Lo scopo principale del progetto è quello di aumentare la consapevolezza che la dieta mediterranea sia parte integrante di uno stile di vita, costituito da “un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola”, che, partendo dalla terra e il mare, finiscono nei nostri piatti.

Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, ha presentato il progetto, la cui vera forza “sta nel partenariato: una rete delle reti che coinvolge le città dell’olio, le Camere di commercio italiane ed estere, quelle del Mediterraneo, dell’Adriatico e dello Ionio, di Beirut e di Monte Libano, di Messinia e di Tunisi, le associazioni di categoria e gli istituti di ricerca. La rete è un fattore strategico per realizzare il programma di lavoro e per dare un effetto moltiplicativo agli eventi e alle attività che verranno organizzare per coinvolgere milioni di consumatori e di imprese, ma anche le istituzioni politiche dell’intero bacino del Mediterraneo”.

Attraverso MedDiet verranno attivate iniziative che serviranno a valorizzare e ad avvicinare alle produzioni alimentari tradizionali.
Tra le attività previste:

  • una massiccia campagna promozionale che coinvolgerà non solo i paesi partner ma anche tutti quelli del bacino mediterraneo. Saranno organizzati 8 eventi a carattere internazionale in cui brochure, flyer, gadget racconteranno il progetto e i principi della Dieta Mediterranea. A tal fine è previsto anche un sito web multilingue, collegato ai principali social network, in cui il consumatore potrà trovare le informazioni necessarie;
  • un sistema di conoscenze condiviso, che comprenderà una biblioteca digitale contenente studi sui benefici per la salute della Dieta Mediterranea, l’elenco dei prodotti anche tradizionali e l’elenco delle buone pratiche;
  • corsi di formazione in 120 scuole dei Paesi partner che coinvolgeranno 1.200 insegnanti e quasi 5mila alunni delle scuole primarie e secondarie in 120 progetti pilota;
  • iniziative di educazione nutrizionale che vedranno 15mila consumatori coinvolti in 45 progetti pilota;
  • sperimentazione di un Certificato di Qualità MedDiet con lo scopo di aumentare la capacità delle Camere di commercio e delle organizzazioni di categoria dei Paesi partner di incoraggiare le Pmi, in particolare i ristoranti che proporranno alimenti coerenti con un’autentica Dieta Mediterranea;
  • visite studio delle best practice della Ue sulle politiche, misure e iniziative che riguardano la salvaguardia dei prodotti alimentari e appartenenti alla Dieta mediterranea per 90 funzionari delle istituzioni politiche di Egitto, Libano e Tunisia.

Vera MORETTI

Se gli stranieri preferiscono gli spaghetti

 

Battuta d’arresto come non se ne vedevano dal 2009 per l’export italiano: secondo quanto diffuso dall’indagine Istat a settembre 2012 le esportazioni sarebbero calate del 2% rispetto ad agosto 2012 e del 4,2% su base annua. Ma a far risalire la china della crisi delle esportazioni ci pensa la buona cucina rigorosamente made in Italy: il settore dell’agroalimentare infatti avrebbe registrato, secondo Coldiretti, un aumento nelle esportazioni pari all’1,2%.

Ma vediamo nel dettaglio: la crisi dell’export si è fatta sentire sia per quanto riguarda i mercati di sbocco europei (-2,1%) sia per i mercati extra Ue (-2%). In calo sono state soprattutto le vendite di beni strumentali (-4,5%) e di prodotti energetici (-2,3%), mentre i beni di consumo durevoli hanno segnato un aumento dell’1,0%.

Rispetto a settembre 2011, la flessione delle vendite risulta accentuata per Cina (-18,8%), paesi Mercosur (-13,7), Romania (-13,6%), Spagna (-12,8%) e Germania (-10,3%), mentre aumentano i flussi verso Stati Uniti (+19,4%) e paesi ASEAN (+22,9%).

Un segnale di controtendenza, che fa ben sperare, viene invece dal settore dell’agroalimentare italiano: secondo un’analisi Coldiretti su base Istat, a settembre 2012 si è registrato un aumento nelle esportazioni pari all’1,2% per un valore totale di 2,731 miliardi.

La crescita dell’agroalimentare è dovuta ad un aumento del 5,4 % delle spedizioni di prodotti agricoli e dell`1,1 % di quelle degli alimentari e delle bevande – sottolinea Coldiretti. –  Ad aumentare sono state le esportazioni in valore dei prodotti simbolo della dieta mediterranea Made in Italy come la pasta, il vino e le conserve di pomodoro”. E se l’auspicio è quello di cavalcare il trend più che positivo del cibo made in Italy, “il valore dell`export agroalimentare è destinato a far segnare a fine anno il nuovo record con un valore delle spedizioni superiore ai 30 miliardi di euro fatti registrare lo scorso anno – stima Coldiretti. – Un risultato importante poiché l’agroalimentare svolge in realtà un effetto traino per l`intero Made in Italy all’estero dove il buon cibo italiano contribuisce in misura determinante a valorizzare l`immagine dell’Italia all’estero“.

Sul fronte importazioni, i dati registrati da Istat non sono invece per nulla positivi: la battuta d’arresto ha riguardato anche il settore import, gli acquisti sono calati del 4,2% a livello congiunturale e del 10,6% su base annua.

Segnali di forte flessione si rilevano per gli acquisti da Giappone (-35,0%), India (-30,9%) e paesi EDA (-26,0%), mentre sono in forte crescita gli acquisti dai paesi OPEC (+18,0%) e Russia (+16,7%). Gli acquisti di autoveicoli (-44,9%) sono in netta flessione.

 

Alessia CASIRAGHI

Il pane di Milano è il più caro d’Italia

E’ Milano la città italiana dove il pane è più caro: minimo 3,9 euro al chilo. Mentre Napoli, con i suoi 1,7 euro, è la città dove ‘la mollica’ è più economica. Ma ci sono anche dei picchi, come nel caso di Bologna, dove chi vuole pane ‘speciale’ deve sborsare 6 euro. E’ quanto emerge da un’inchiesta di ‘Altroconsumo’ su 138 punti vendita, tra panetterie e supermercati e ipermercati in dieci grandi città: Bari, Bologna, Genova, Firenze, Milano, Napoli, Padova, Palermo, Roma e Torino.

Il 90% degli italiani – ricorda Altroconsumo – consuma pane tutti i giorni. Per averlo in tavola spendiamo fino a 270 euro l’anno a testa. Alimento sempre più costoso, se è di tipo speciale arriva a costare oltre 6 euro al chilo a Bologna. Solo Napoli resiste al caro-mollica. Per fotografare la varietà di prezzi attraverso la penisola Altroconsumo ha realizzato un’indagine sul prodotto-base della dieta mediterranea. L’inchiesta ha coinvolto 138 punti vendita, tra panetterie e supermercati e ipermercati in dieci grandi città: Bari, Bologna, Genova, Firenze, Milano, Napoli, Padova, Palermo, Roma e Torino. Il prezzo varia anche da regione a regione, oltre che da un tipo all’altro – ne esistono diverse centinaia sul mercato italiano. Differenze notevoli emergono da città a città.

Milano è in assoluto il luogo dove la pagnotta costa di più, minimo 3,94 euro al chilo, mentre Napoli è la più economica: 1,70 euro per kg. Scegliendo il tipo più caro in metà delle città dell’inchiesta – Genova, Milano, Padova, Bologna e Firenze si arriva a spendere più di 5 euro al chilo. Al supermercato si risparmia; pur variando ampiamente il prezzo a seconda che si tratti di pane economico o costoso nella grande distribuzione i prezzi sono piu’ abbordabili: 1,96 euro in media al chilo, nei panifici il pane costa in media il 50% in piu’: 2,95 euro per kg. Ma il pane che compriamo è sempre all’altezza del suo costo? Con qualche trucco – spiegano da Altroconsumo – è possibile imparare a riconoscere un pane di qualità. Per esempio, il colore ideale della crosta dovrebbe essere tra il giallo ocra e il marrone. Deve essere leggera, croccante, non troppo spessa. La mollica deve aderire bene alla crosta, deve essere appena umida, non deve sbriciolarsi nè essere troppo compatta. In bocca deve essere soffice, leggermente elastica.

Fonte: ansa.it