Confcommercio: crescono le imprese associate

Nonostante l’acuirsi della crisi generale nel nostro Paese, la particolare stagnazione delle vendite e delle locazioni degli immobili e in un quadro generale di recessione economica, inasprita dai provvedimenti del Governo che influenzano negativamente i consumi e gli acquisti, la FIMAA, Federazione Italiana Mediatori Agenti d’Affari aderente a Confcommercio, vede crescere il numero di imprese associate confermandosi leader nei settori immobiliare, creditizio e merceologico.

Infatti, nel 2011 il totale delle imprese iscritte alla Federazione è di 11.695 e, analizzando i dati del tesseramento, il trend di crescita è del 9% dal 2009 al 2010 e del 10% dal 2010 al 2011. E’ quanto si legge in un comunicato stampa diffuso dalla Federazione stessa che, tra imprenditori, dipendenti e collaboratori, rappresenta oltre 76.000 addetti nel comparto dei servizi alle persone e alle imprese.

Il Segretario Generale FIMAA, Rossano Asciolla, dopo aver reso noti i dati del tesseramento dichiara: “è stata fondamentale la relazione tra FIMAA e Confcommercio. Ciò ha anche favorito la crescita qualitativa della categoria. Credo che la FIMAA oggi sia uno dei “pezzi” più importanti del Sistema Confederale”. Conclude dicendo: “FIMAA è intervenuta nell’ultimo anno da protagonista in tutte le principali sedi istituzionali – Parlamento, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Banca d’Italia – in cui si sono discusse le principali leggi che regolamentano i settori immobiliare e creditizio.”

La Federazione dal 1956 è ormai un punto di riferimento sicuro, anche in questi tempi complessi. FIMAA attraverso le sue attività di tutela, assistenza, consulenza sindacale e l’offerta dei servizi in generale ed anche nel credito, ha consentito a tutti gli agenti immobiliari, ai mediatori creditizi, ai mediatori merceologici e agli agenti in attività finanziaria di far crescere la propria professionalità a garanzia dei cittadini/clienti a cui sono state offerte le migliori prestazioni professionali. Per FIMAA – prosegue la nota – la crescita culturale, la formazione continua, la deontologia professionale sono i valori che vengono posti a garanzia dei consumatori che usufruiscono dei servizi di mediazione delle imprese associate. FIMAA è ben consapevole dell’importanza sociale dell’attività dei propri agenti che nell’interesse di entrambe le parti – quella venditrice e quella acquirente – svolgono un’attività economica su beni di primaria importanza per la popolazione: la casa e il denaro. Per questo è così attenta ai valori ed all’etica professionale.

Il Presidente FIMAA Nazionale Valerio Angeletti commenta: “Sono veramente molto soddisfatto della crescita della nostra Federazione, oggi FIMAA è la più grande associazione di settore e questo risultato è stato raggiunto grazie alla voglia di fare squadra con oltre 17.000 imprenditori e circa 76.000 addetti in totale che operano nel settore su tutto il territorio nazionale. Un dato importante che si consolida grazie al lavoro e all’impegno di tutti i Presidenti Provinciali e della Segreteria Nazionale, che hanno messo a disposizione della Federazione le loro esperienze e conoscenze”.

Lo rende noto la Confcommercio.

Fonte: agenparl.it

Inaz: progetto famiglia-lavoro

Se la competitività tra i sessi gioca un ruolo fondamentale sul luogo di lavoro, il rischio è che essa si traduca in una competizione fra uomo e donna anche sotto il tetto domestico. In Italia crescono le coppie in cui lavorano sia lui che lei, secondo le stime dell’ultimo Rapporto sulla coesione sociale presentato da Ministero del Lavoro, Istat e Inps nei giorni scorsi.

L’Italia è però ancora molto lontana dall’adottare una politica di welfare aziendale che testimoni una reale parità fra i sessi: la retribuzione media femminile è infatti ancora minore (in media del 20%) rispetto a quella maschile, mentre in tema di congedi parentali, in 9 casi su 10 tocca alla donna assentarsi dal posto di lavoro.

Un passo in avanti nel tentativo di uscire dagli stereotipi di genere è stato compiuto da Inaz, azienda di oltre 400 addetti con sede a Milano, con il progetto Famiglia-Lavoro: “”Usiamo gli strumenti della flessibilita’ e della formazione – spiega la presidente e AD di Inaz, Linda Gilli – per gestire al meglio le situazioni individuali e mantenere la professionalità di chi si assenta per il congedo parentale”. “L’obiettivo – continua la Gilli – è incentivare il rientro dopo tre mesi, su base volontaria, seguendo sempre il dipendente durante l’assenza e applicando dove possibile il part-time e il telelavoro”.

Il progetto Inaz famiglia-lavoro prevede poi una serie di focus group, composti da dipendenti e da un Comitato Famiglia-Lavoro, che hanno lo scopo di sensibilizzare i colleghi a non considerare l’assenza per maternità o paternità alla stregua di un aggravio di lavoro e responsabilità. Impresa non facile perché si tratta “di cambiare mentalità radicate – continua la Gilli. – Bisogna superare stereotipi che mortificano sia le donne, viste solo nel loro ruolo di ‘brave mamme’, sia gli uomini, ritenuti incapaci di curare e crescere i figli piccoli”.

Lo scopo del progetto promosso da Inaz è stimolare il management a proteggere le competenze professionali e settoriali acquisite da ciascun dipendente anche e soprattutto durante il periodo di congedo. Occorre poi valorizzare le persone al rientro, attraverso opportuni percorsi di formazione che ne permettano il reinserimento in azienda dopo un periodo di breve o protratta assenza.

“La questione del lavoro femminile non e’ un problema esclusivo delle donne – conclude Linda Gilli – ogni lavoratore deve essere messo in grado di organizzare il proprio tempo e dare il meglio in azienda. Se questo si verifica, l’impresa può solo crescere”.

Febbre alle stelle: le città più calde d’Italia

di Alessia CASIRAGHI

Febbre alle stelle per le imprese italiane. Peccato però che non si tratti né di febbre dell’oro, né di febbre da affari, ma piuttosto della sindrome da influenza che nell’ultimo mese ha colpito numerose città e aziende italiane. Ma quanto costa ad un impresa un dipendente a letto con raffreddore e febbre?

La Camera di Commercio di Milano, in collaborazione con Istat e Ministero della Salute, ha stilato un’insolita classifica per verificare l’incidenza in termini di costi e perdite per le aziende colpite dal virus…dell’influenza. Che il ceppo sia australiano o asiatico, poco importa, il costo stimato per le aziende nel lasso di tempo considerato, dallo scorso 17 ottobre al 22 gennaio, ha già raggiunto quota 123 milioni di euro. In breve, sono stati monetizzati all’incirca 1 milione e 600 mila giorni di malattia cui sono stati costretti i dipendenti (ma anche gli imprenditori) causa febbre e influenza stagionale.

Per ciascun lavoratore è stata considerata una media di tre giorni di convalescenza, escludendo l’incidenza del costo del weekend. E indovinate un po’ chi svetta in cima alla classifica? Milano. Colpa delle polveri sottili o meno, nel capoluogo lombardo sono stati ‘bruciati’ da ottobre a gennaio 128 mila giorni di malattia, per un costo totale di 10 milioni di euro. E il termometro scotta anche a Roma, con 9 milioni e 100 mila euro diluiti nei 124 mila giorni di malattia.

Medaglia di bronzo Torino con 5 milioni di euro per oltre 67 mila giorni persi,seguito da Napoli con 3,5 milioni di euro e Brescia, a cui l’ondata di influenza è costa 3 milioni di euro.

Nella top ten delle città più ‘febbricitanti’ troviamo le province del nord: da Bergamo a Verona, da Varese a Bologna, che superano tutte i 2 milioni di euro di costi.

Il termometro delle città più calde d’Italia sembra però deciso a non arrestarsi, e complice la neve, il conto rischia di scottare davvero per molto aziende dello stivale.

Microimprese: se il posto fisso non è più un miraggio

di Alessia CASIRAGHI

Il miraggio del posto fisso non sembra più così lontano. Almeno se si guarda alle microimprese. Sono loro infatti, dati alla mano, le aziende ad aver garantito nel 2011 ai propri dipendenti più sicurezze economiche e contrattuali. Termini ormai desueti come contratto a tempo indeterminato, posto fisso, stabilità economica tornano in auge se si guarda alle microimprese.

“Nel 2011 le imprese con meno di 10 dipendenti hanno offerto un lavoro a 4 persone su 10” si legge nella ricerca condotta da Fondazione Impresa, contro le grandi imprese, quelle con oltre i 250 dipendenti, che hanno garantito il posto a solo 2 italiani su 10.

Non solo: sono proprio le microimprese a garantire più stabilità con il 47% delle assunzioni non stagionali a tempo indeterminato, un dato superiore di 2 punti percentuali rispetto al dato complessivo (44,9%).

Dati alla mano, quello che sorprende è che sono proprio le piccole imprese del Mezzogiorno ad avere una propensione maggiore ad offrire il posto fisso: al primo posto troviamo la Sicilia (66,3%), seguita da Campania (63,5%) e Molise (61,9%). Nel Nord Italia capofila è il Veneto, con il 41,4% di assunzioni a tempo indeterminato per le microimprese.

Un dato in controtendenza se si pensa che nel terzo trimestre 2011 il tasso di disoccupazione registrato nel Mezzogiorno era pari al 12,4%, con picchi riguardanti la disoccupazione giovanile al 36,7%, e un tasso di inattività con punte del 49,6%.

Le microimprese non hanno paura di investire e appaiono il vero traino dell’economia in un momento di profonda crisi. “Le microimprese hanno già dimostrato di sostenere l’occupazione nel medio periodo e anche durante la crisi – confermano i ricercatori di Fondazione Impresa. – Nell’anno più buio, il 2009, hanno perso appena l’1% dell’occupazione mentre l’intero sistema delle imprese ha evidenziato una contrazione occupazionale doppia (-2%). E con le prospettive economiche di recessione per il 2012 la piccola impresa potrebbe continuare a rappresentare il vero ammortizzatore sociale dell’economia italiana”.

Cesti natalizi, feste ghiotte nonostante la crisi

di Alessia CASIRAGHI

Le imprese in Italia si confermano generose nonostante la crisi. Strenne in arrivo per clienti e dipendenti delle grandi aziende in Italia. Il classico cesto contenente panettone, cioccolata, pandoro, torrone, lenticchie e spumante, busserà alla porta delle famiglie italiane anche quest’anno.

Niente cali in picchiata per gli ordini di strenne natalizie da parte delle aziende, ma offerta differenziata a seconda dei destinatari: “Le aziende ordinano pacchi dono in particolare per terzi e per dipendenti dell’azienda stessa – spiega Roberto Castroni, titolare dell’omonima pasticceria romana. – Non abbiamo registrato cali per quanto riguarda i pacchi dono che le aziende acquistano per inviare a loro clienti o comunque a persone, enti e società esterne all’azienda. Si è verificato invece un calo del 50% tra le strenne che le aziende acquistano per i dipendenti”.

“Il business ‘strenne aziendali’ ha mantenuto lo stesso numero di clienti, che però, rispetto agli anni scorsi, si sono concentrati su un budget di fascia bassa – spiega Corrado Castrovillari, di Nestlé Italiana. -Si registra quindi una riduzione del valore del regalo e la scelta del regalo più essenziale, come ad esempio la scatola di cioccolatini senza oggetto di lusso”.

Le modifiche più sostanziali rispetto al 2010 riguardano quindi il valore della strenna e la tendenza ad acquistare i prodotti più a ridosso delle feste natalizie, magari confidando in qualche offerta o riduzione: “fino alla scorsa settimana la richiesta era piatta, adesso qualcosa si sta muovendo – dichiara Sebastiano Caffo, produttore di liquori. – Le aziende aspettano l’ultimo momento per fare ordini, anche per via della situazione di incertezza che sta caratterizzando questo momento economico”.

I commercianti hanno trovato però un escamotage per superare l’ostacolo crisi. Come? Offrendo cesti con prodotti diversificati in varie fasce di prezzo a seconda del contenuto, come spiega Castroni, “abbiamo predisposto un cesto natalizio, del costo di 55 euro che contiene un pezzo di tutti i prodotti, dallo spumante al panettone fino al torroncino, tutti a marchio Castroni e di qualità. Ne abbiamo venduti tantissimi”.

Contributo di solidarietà: come pagarlo

Come applicare il contributo di solidarietà richiesto ai contribuenti over 300mila euro per aiutare il Paese a superare la situazione economica ciritica? Detta le regole un decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze del 21 novembre, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale di sabato 26 novembre.

Ricordiamo che la misura, inserita nella manovra d’agosto, interessa – per il periodo 1 gennaio 2011-31 dicembre 2013 – chi ha un reddito complessivo annuo lordo superiore appunto a 300mila euro. Il decreto specifica che il contributo va determinato nell’ambito della dichiarazione dei redditi e versato, in unica soluzione, insieme al saldo Irpef.

In caso di redditi da lavoro dipendente o assimilati, tocca al sostituto d’imposta fare i calcoli e trattenere il contributo, in una soluzione unica, in occasione del conguaglio di fine anno, riversandolo poi all’Erario secondo l’iter ordinario. Il contributo di solidarietà è deducibile dal reddito imponibile e, se riconosciuto dal sostituto d’imposta, deve essere segnalato nel Cud dei lavoratori dipendenti e dei pensionati.

Il decreto del 21 novembre prende in esame anche la posizione degli impiegati pubblici e dei pensionati che hanno un reddito complessivo annuo superiore a 90mila euro. Secondo il decreto legge 78/2010, gli stipendi superiori ai 90mila euro lordi annui dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, nel periodo 1 gennaio 2011-31 dicembre 2013, sono ridotti del 5% per la parte compresa tra i 90mila e i 150mila euro, e del 10% per la parte eccedente i 150mila euro.

Anche per i pensionati over 90mila euro l’assegno cala con le stesse percentuali: del 5% fino a 150mila euro, del 10% oltre. La decorrenza è però 1 agosto 2011-31 dicembre 2014.

Impiegati pubblici e pensionati dovranno pagare il contributo di solidarietà soltanto per i redditi annui superiori a 300mila euro, diversi da quelli già ridotti perché superiori a 90mila euro.

d.S.

Società senza dipendenti: nuove istruzioni per il DURC

L’Inps ha reso noto con la circolare n. 59 del 28/03/2011 come procedere per accedere e operare nella nuova applicazione “sportello unico previdenziale” – versione 4.0 – operativa a partire dal 28.03.2011.

In particolare in caso di richiesta di DURC relativa a società senza dipendenti, con soli soci iscritti alla gestione artigiani o commercianti, la richiesta dovrà essere proposta per via telematica secondo le modalità di seguito riportate:

1) nel campo “Codice Fiscale impresa” dovrà essere riportato il codice fiscale della società;

2) nel campo “tipo ditta” dovrà essere selezionata l’opzione “lavoratore autonomo”;

3) nel campo “dati INPS” dovrà essere indicata la “posizione contributiva individuale” di almeno un soci e dovrà, inoltre, essere indicato il CAP della sede legale della società ai fini del corretto smistamento della pratica alla sede Inps competente.

M.Z.