Eurospin, il franchising dei discount

Con la crisi e la necessità maggiore, da parte degli italiani, di risparmiare, anche e soprattutto sulla spesa quotidiana, sono sempre più diffusi e frequentati i supermercati discount.

Sono molte le catene presenti su territorio nazionale e, tra queste, c’è anche Eurospin, che opera in Italia con ben 301 punti vendita in franchising.

Per questo motivo, diventare franchisee di questo marchio rappresenta una sicurezza, basta aprire il proprio negozio in una zona dove ancora manca un supermercato Eurospin.

La posizione deve essere centrale o semicentrale, con la possibilità di parcheggio in prossimità e un’ampiezza del locale di almeno 900 mq.

L’investimento iniziale, vista l’entità dell’attività e la dimensione del negozio, è di quelli importanti, ovvero di 400.000 euro, senza l’aggiunta di diritti di entrata o canoni periodici.

Per ricevere ulteriori informazioni, è possibile collegarsi al sito Eurospin.

Vendite al dettaglio in calo

Il primo trimestre 2013 è stato caratterizzato da un calo delle vendite al dettaglio, con una contrazione dello 0,3% nel solo mese di marzo.

Rispetto al trimestre precedente, il calo è dello 0,8%, ma, in confronto a febbraio, nel terzo mese del primo trimestre 2013 sono aumentate le vendite di prodotti alimentari (+0,4%), mentre sono diminuite quelle di prodotti non alimentari (-0,8%).
Rispetto a marzo 2012, l’indice grezzo del totale delle vendite segna una flessione del 3,0%, sintesi di un aumento del 2% delle vendite di prodotti alimentari e di un calo del 6,1% di quelle di prodotti non alimentari.

Le vendite hanno registrato, sempre confrontate con marzo 2012, un aumento per la grande distribuzione (+1,3%) e un calo rilevante per le imprese operanti su piccole superfici (-6,6%). Nei primi tre mesi del 2013 l’indice grezzo diminuisce del 3,4% rispetto allo stesso periodo del 2012.

L’Istat rivela che nel confronto con il mese di marzo 2012, si registra un aumento dell’1,3% per le vendite delle imprese della grande distribuzione e un calo del 6,6% per quelle delle imprese operanti su piccole superfici.
Per quanto riguarda la grande distribuzione, le vendite sono aumentate del 3,8% per i prodotti alimentati, ma diminuite del 2,5% per quelli non alimentari.
Le imprese operanti su piccole superfici, invece, sono calate sia le vendite di prodotti alimentari (-2,4%) sia per quelli non alimentari (-7,7%).

Sempre a marzo, tra le imprese della grande distribuzione si rileva un aumento tendenziale per gli esercizi non specializzati (+1,9%), e una diminuzione per quelli specializzati (-2,2%). Tra i primi, in aumento del 2,4% le vendite degli esercizi a prevalenza alimentare mentre diminuiscono del 2,9% quelle degli esercizi a prevalenza non alimentare.

Guardando nel dettaglio agli esercizi non specializzati a prevalenza alimentare, sono in aumento le vendite per i discount (+4,8%), per i supermercati (+2,1%) e per gli ipermercati (+1,5%).
Con riferimento alla dimensione delle imprese, a marzo il valore delle vendite diminuisce, in termini tendenziali, del 6,4% nelle imprese fino a 5 addetti, del 5,1% nelle imprese da 6 a 49 addetti e aumenta dello 0,4% in quelle con almeno 50 addetti.

Per quanto riguarda il valore delle vendite di prodotti non alimentari, a marzo si sono registrati dati negativi per tutti i gruppi di prodotti, a cominciare da Abbigliamento e pellicceria (-9,0%) e Calzature, articoli in cuoio e da viaggio (-8,8%); quelle più contenute riguardano i gruppi Prodotti di profumeria, cura della persona (-1,4%) e Dotazioni per l’informatica, telecomunicazioni, telefonia (-2,1%).

Vera MORETTI

Gli italiani hanno fame: la parola all’esperto

Gli italiani si sono messi a dieta. E non certo per questioni estetiche, ma più di portafoglio. Se le statistiche diffuse dallIstat rivelano che la spesa media mensile per famiglia nel 2011 è stata pari a 2.488 euro ( segnando +1,4% rispetto al 2010), quello che è cambiato è il modo di consumare degli italiani, soprattutto per quanto riguarda il settore dei prodotti agroalimentari.

Coldiretti denuncia il calo nell’acquisto di prodotti ortofrutticoli e di alimenti come carne e pesce, a cui si aggiunge una particolare tendenza verso il ‘fai da te’ casalingo: con l’aumento record negli acquisti di farina (+8 %), uova (+6 %) e burro (+4 %), i cittadini dimostrano come sia meglio, e soprattutto più economico preparare in casa pane, pasta, conserve e yogurt.

Non solo. Il dato che emerge con maggior evidenza riguarda la scelta di acquistare i prodotti alimentari non più attraverso il canale classico del supermarket, ma attraverso le catene di discount e hard discount. Si compra meno, e soprattutto si guarda meno alla qualità di quello che si porta in tavola.

Questo fenomeno è destinato a ripercuotersi inevitabilmente sulle piccole e medie realtà di produttori agricoli e di beni alimentari, che ricevono sempre meno richieste e si trovano costretti a vendere a prezzi più bassi, contraendo il loro indotto economico. Dall’altro lato è in forte crescita il fenomeno dell’agricoltura a Km zero e degli orti urbani (quasi una famiglia su 3 in Italia possiede un orto, sempre secondo Coldiretti).

Che cosa dovrebbe fare allora la piccola e media impresa del settore agroalimentare per venire incontro alle esigenze del consumatore finale?
La parola all’esperto: ecco cosa ne pensa Rosario Trefiletti, Presidente di Federconsumatori, su come siano cambiate oggi le abitudini dei consumatori italiani.

Stiamo assistendo all’aumento esponenziale della tendenza ad acquistare prodotti alimentari nei discount. Lo denuncia Coldiretti, lei cosa ne pensa?
Occorre fare chiarezza. Innanzitutto questa tendenza c’è da anni, ma adesso stiamo assistendo alla sua consacrazione. Il consumo di prodotti agroalimentari, come tanti altri prodotti di altri settori, sta calando. Ed è gravissimo, perché non è che tutti gli italiani si siano improvvisamente messi a dieta, ma piuttosto è calato il loro potere d’acquisto. I cittadini comprano di meno in quantità, ma la cosa più grave è che comprano minore qualità, preferendo utilizzare gli hard discount o altri canali di approvvigionamento che non sempre sono sinonimo di qualità. Le famiglie italiane acquistano prodotti che costano di meno, mettendo in gioco anche la qualità stessa che sta all’origine delle produzioni.

E’ possibile differenziare il fenomeno e dire di una maggior diffusione di supermercati al Nord e di discount al Sud?
I cittadini si comportano sempre nello stesso modo: laddove ci sono gli hard discount, sia al Nord che al Sud, preferiscono puntare al risparmio, anche a discapito della qualità.

Coldiretti ha proposto come alternativa per il risparmio, l’acquisto di prodotti a Km zero o direttamente dai produttori agricoli. Una soluzione vincente o un fuoco di paglia?
Di norma comprare a km zero costa di meno. Ma c’è di più: esiste un protocollo d’intesa, siglato tra FederConsumatori e Coldiretti, che prevede che i mercati di Campagna Amica, a km zero, siano tenuti ad applicare uno sconto del 30% sui propri prodotti rispetto alle medie dei prezzi applicati in quel territorio.

Che cosa, allora, ne pensa del fenomeno degli orti urbani?
Un fenomeno ancora poco diffuso in Italia. Magari ce ne fossero di più. Li si intravede soprattutto nelle periferie delle grandi città, o a Roma e Bologna. Io sono per il sostegno e per lo sviluppo di queste realtà, perché permettono al cittadino di risparmiare.

Come cambia l’atteggiamento di chi acquista?
Il consumatore si adegua, cercando di risparmiare. La sua battaglia consiste nel cercare di aumentare il suo potere d’acquisto. In una fase in cui il potere d’acquisto è basso, per non dire bassissimo, usa l’arte dell’arrangiarsi: discount, mercati, produttori agricoli. Fa qualche passo in più alla ricerca di un posto dove sia possibile spuntare un prezzo migliore. Tiene gli occhi aperti sulle promozioni.

Federconsumatori come aiuta il cittadino?
Noi continuiamo a fare il nostro lavoro di denuncia e sensibilizzazione. Non abbiamo nessuno potere se non la forza della denuncia.

Alessia CASIRAGHI

Il menù degli italiani: più pasta, meno bistecche

Spending review anche a tavola per gli  italiani. La crisi colpisce anche i fornelli e soprattutto il carrello della spesa dei cittadini.

Secondo i dati diffusi oggi da Coldiretti, gli italiani mangiano sempre più pasta (+3 %) e meno bistecche (-6 %), con una flessione media dei consumi alimentari  pari all`1,5 %.

Il rapporto “La crisi cambia la spesa e le vacanze degli italiani” stilato da Coldiretti sulla base dei dati relativi ai primi 5 mesi del 2012,elaborati da Coop Italia, il potere di acquisto degli italiani si è fortemente contratto, anche tra gli scaffali del supermarket.

Sempre meno pesce (-3 %) e prodotti ortofrutticolo (-3 %), mentre in crescita esponenziale è il pane ( +3 %) e la più economica carne di pollo (+1%).

Un dato che salta all’occhio è anche la tendenza, emersa con maggior forza negli ultimi mesi, ad acquistare i prodotti alimentari nei discount: il 29 % lo preferisce al supermercato, a fronte di un 57 % che si mantiene fedele alla spesa nel centro commerciale o nelle grosse catene di Supermarket. E il negozio di alimentari sotto casa, che fine ha fatto?

Neanche parlarne.

“Il fenomeno di riduzione significativa dei negozi tradizionali determina anche evidenti effetti negativi legati alla riduzione dei servizi di prossimità, ma anche un indebolimento del sistema relazionale, dell`intelaiatura sociale e spesso anche della stessa sicurezza sociale dei centri urbani”, ha sottolineato Sergio Marini, Presidente della Coldiretti, che propone però una soluzione alternativa: “per contrastare lo spopolamento dei centri urbani va segnalata l`importanza della rete di vendita degli agricoltori di Campagna Amica che puo` contare nei paesi e nelle città su 5.326 aziende agricole, 753 agriturismi, 1.028 mercati, 178 botteghe per un totale di 6.532 punti vendita, ai quali si aggiungono 131 ristoranti e 109 orti urbani “.

Il futuro sarà dunque la spesa a km zero? O il carrello a euro zero?

Alessia CASIRAGHI

 

Consumi in calo, il dato più basso dal 2004

L’unico settore a resistere alla crisi è quello degli alimentari. Abbigliamento, calzature, elettrodomestici, mobili e tecnologie sono invece in caduta libera. E’ quanto denuncia Confcommercio, che, in base ai dati registrati dall’ultima indagine Istat, evidenzia come le vendite al dettaglio nel 2011 siano calate dell‘1,3% rispetto al 2010.

Le vendite degli alimentari restano ferme e il non food scende dell’1,8 %. Si tratta del dato peggiore dal 2009, e se si guarda alle vendite al dettaglio dello scorso dicembre (-1,1%) si tratta del ribasso più forte dal luglio 2004. Se letto in retrospettiva a un anno, l’indice grezzo del -1,1% di dicembre 2011 segna un calo del 3,7% rispetto allo stesso mese del 2010: le vendite di prodotti alimentari sono diminuite dell‘1,7%, quelle dei beni non food del 4,4 %
Confrontando i dati con novembre 2011 le vendite sono diminuiti sia per i prodotti alimentari (-1,0%) sia per quelli non alimentari (-1,2%).

Sul fronte degli esercizi di vendita, Istat ha registrato una flessione rispetto al 2010 sia per le vendite della grande distribuzione (-3,9%), sia per i piccoli negozi (-3,5%). Le diminuzioni tendenziali riguardano sia gli esercizi non specializzati (-4,2%) sia quelli specializzati (-1,9%). Aumentano invece le vendite solo per i discount alimentari (+1%), mentre diminuiscono quelle degli ipermercati (-4,4%) e dei supermercati (-2%).

“Il potere di acquisto delle famiglie è in caduta libera, per di più intaccato dalla manovra economica e dalla forte crescita dei prezzi, anche sulla spinta dell’aumento dei carburanti” denunciano Rosario Trefiletti di Federconsumatori ed Elio Lannutti di Adusbef. “Non sorprende il calo delle vendite. Il costo della spesa alimentare è salito in media del 5%, per un aggravio di spesa pari a 350 euro l’anno per famiglia” sottolinea Adoc. Punta invece all’abbattimento della pressione fiscale indiretta e diretta per far riprendere i consumi Adiconsum, mentre Federdistribuzione avverte: “La situazione dei consumi è preoccupante e un nuovo aumento dell’Iva metterebbe ulteriormente a rischio il potere d’acquisto delle famiglie”.

Cenone di Capodanno? Meglio il discount!

di Alessia CASIRAGHI

Cenone della Vigilia, pranzo di Natale, abbuffata di Capodanno. Le feste natalizie sono all’insegna della buona cucina e della riscoperta delle delizie gastronomiche del Bel Paese. Natale a parte, la vendita di prodotti alimentari ha segnato una netta ripresa nell’ultimo quadrimestre del 2011, con un +0,7% nel mese di ottobre rispetto a settembre. Lo rivela un’indagine dell’Istat secondo cui le vendite dei beni alimentari al dettaglio hanno registrato un trend positivo, con una crescita su base annua dello 0,9% per il 2011. L’indagine Istat ha evidenziato inoltre come nella grande distribuzione siano i discount alimentari a guadagnare in termini di vendite, con un + 2,9% rispetto alle altre categorie di esercizi.

A frenare gli entusiasmi, il Codacons, secondo cui la crescita registrata a ottobre sarebbe il frutto di un effetto ottico, dovuto al fatto che i dati presi in considerazione , incorporano sia la dinamica delle quantità che dei prezzi. Se nel mese di ottobre 2011, secondo l’Istat, a causa dell’aumento dell’Iva, si era registrata una inflazione record, su base annua, pari al 3,4%, questo fa dedurre che gli italiani continuano a mangiare sempre meno rispetto al 2010. Si tratta quindi di un sintomo più che evidente della povertà crescente che colpisce le famiglie italiane, confermata anche dal calo delle vendite degli ipermercati (-1,3% su base annua) a vantaggio dei discount (+2,9%).

Le famiglie italiane, costrette ad abbandonare i negozi tradizionali e gli ipermercati, pur avendo questi ultimi prezzi inferiori anche del 20% rispetto all’esercizio sottocasa, preferiscono il discount. Il risultato? Gli italiani abbandonano i brand leader della produzione alimentare italiana, e acquistano prodotti sconosciuti ma più economici, causando con un danno economico notevole per tutte quelle industrie che avevano fatto da traino all’economia nei decenni passati. E’ il gatto che si mangia la coda, insomma, o forse nemmeno quella.

Coldiretti: gli Italiani preferiscono il discount al negozio sotto casa

“Il 25 per cento degli italiani ha aumentato nel 2011 la frequenza dei discount mentre, all’opposto, ben il 38 per cento ha ridotto la propria presenza nei negozi alimentari tradizionali, che rischiano un vero crack mentre tengono sostanzialmente i supermercati”. E’ quanto emerge dalla presentazione dei risultati dall’Indagine Coldiretti-Swg divulgata in occasione della diffusione dei dati Istat sul commercio al dettaglio a settembre che evidenziano una sostanziale tenuta degli acquisti alimentari su base tendenziale (+0,7 per cento), ma con un ulteriore calo dei piccoli negozi (-1,9 per cento). “Si evidenzia la tendenza da parte di un crescente segmento della popolazione ad acquistare prodotti alimentari a basso prezzo nei discount, a cui però può corrispondere anche una bassa qualità con il rischio che il risparmio sia solo apparente”, ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini. Risparmiare oltre un certo limite sul cibo può significare nutrirsi di alimenti che possono avere contenuto scadente – ha precisato Marini – con effetti negativi sul piano nutrizionale, sulla salute e sul benessere delle persone. Il fenomeno di riduzione significativa dei negozi tradizionali determina anche evidenti effetti negativi legati alla riduzione dei servizi di prossimità ma anche un indebolimento del sistema relazionale, dell’intelaiatura sociale e spesso anche della stessa sicurezza sociale dei centri urbani. A contrastare lo spopolamento dei centri urbani va segnalata peraltro la crescente presenza di mercati degli agricoltori e di Botteghe di Campagna Amica. Una opportunità per i produttori e per i consumatori che – conclude Marini – va anche a sostegno della storia, della cultura e della vivibilità dei centri urbani.

Fonte: Agenparl.it