Impresa, vuoi battere la crisi? Punta sull’e-commerce

di Davide PASSONI

La chiave giusta che possono usare le piccole imprese per affrontare la crisi? Il commercio elettronico. Un mezzo che costa relativamente poco, dà una tracciabilità pressoché immediata di investimenti e relativi ritorni e consente di aprire una vetrina sul mondo. Vero, bisogna avere anche un minimo di padronanza del mezzo, nel caso appoggiarsi a dei professionisti, ma in un momento difficile come questo può essere un ottimo volano per la crescita. Ne è convinto anche Fabiano Lazzarini, general manager di Iab Italia, intervistato al recente E-commerce Forum di Milano.

Che cos’è, oggi, l’e-commerce in Italia?
L’e-commerce italiano è come un ragazzo che appena lasciato la fanciullezza, sta iniziando a maturare – come testimoniano i dati che parlano di un +20% in Italia – e si sta approcciando all’adolescenza. In Italia è largamente sottoutilizzato rispetto, per esempio, a mercati come quello tedesco. Se pensiamo che il tessuto economico italiano è caratteizzato da piccole e medie imprese che cercano canali per vendere i loro prodotti di altissima qualità, l’e-commerce sarebbe una leva strepitosa per rilanciare l’economia.

Quindi il “ragazzo” sta bene?
L’e-commerce sta bene, sta crescendo ma ancora molto resta da fare. Per fortuna, dico io, perché è una grande opportunità.

Il fatto che molte piccole imprese si appoggino ai “big” del mercato – Poste, Google… – per implementare il proprio e-commerce è un bene o un male?
Sicuramente c’è una questione di approccio di base: per molte imprese internet è in qualche modo appena arrivato, hanno dovuto capire come utilizzarlo e ora gli imprenditori capiscono che lì c’è un potenziale che devono provare a sfruttare, magari anche sbagliando ma creandosi le proprie competenze. Altrimenti si possono appoggiare a realtà più mature, ma credo che molti imprenditori debbano ancora capire bene come realizzare un buon e-commerce. Il mio consiglio è, se si parla di piccole o medie imprese: perdere un po’ di tempo per comprendere lo scenario e poi appoggiarsi a degli esperti, che però ancora non sono molti in Italia.

E il mercato italiano della pubblicità digitale, invece, come se la passa?
Finora tutto il mercato del digitale, non solo quello della pubblicità, ha vissuto in una bolla. Per il 2012, come adv online, noi di Iab stimiamo una crescita del 15% che, se rapportato alla situazione economica generale significa uno scenario più unico che raro. Certo è che iniziano a sentirsi gli effetti dell’economia reale anche nel nostro mercato, per cui tutti gli operatori del digitale si confrontano con una economia che non è certamente positiva. Questo significa crescita meno veloce. Pensiamo quindi che la crescita comunque ci sarà, sarà importante, con qualche difficoltà in più che non ci sarebbe se l’economia andasse bene, quseto sì. Se devo “aprire un link” tra il mondo dell’e-commerce e quello dell’adv digitale, questa forte crescita dell’e-commerce è importante per il mondo dell’adv: per esempio, in Germania l’e-commerce è uno dei maggiori investitori per l’adv digitale, diversamente che in Italia dove ancora ci sono margini di incremento notevoli.

Nel 2012 esiste ancora la diffidenza dell’utente italiano nei confronti degli acquisti online?
Penso che la cultura si stia diffondendo, grazie anche ad alcuni siti che hanno avuto un ruolo forte con merce a prezzi interessanti e offerte che hanno indotto molti a provare per la prima volta l’e-commerce. Penso sia importante superare la barriera psicologica del lasciare i propri dati per pagare, perché una volta superata e constatato che non si rischia nioente, i prodotti sono buoni e si spende poco, la gente prosegue e acquista ancora e ancora. Non dimentichiamo che fare e-commerce è estremamente sensato: si possono fare in tempo reale comparazioni di prezzi e offerte che, se fatte sui punti vendita, porterebbero via un sacco di tempo; si può comprare senza muoversi da casa avendo il prodotto in tempi brevi. Perché dunque non farlo. L’e-commerce è un virus che, una volta partito, non si ferma più.

Tracciabilità immediata e costi contenuti: non sono due buoni motivi per convincere le Pmi a investire nel commercio elettronico? Lo hanno capito?
Ci sono arrivate a un livello concettuale, ma da lì a passare agli investimenti è diverso. Vero è che tante aziende ci provano, ma non è sempre vero che per un’azienda costi meno avere uno shop online di livello rispetto a un negozio “fisico”, specialemnte se si parla di grossi brand. La differenza grande, però, è che gli shop online sono una vetrina sul mondo, non solo su una strada.

I mercati più promettenti per il commercio digitale made in Italy?
Non è un mistero che i mercati dei Paesi cosiddetti Bric siano quelli che crescono e mantengono alta la domanda mondiale di consumi. Anche perché il made in Italy è conosciuto in tutto il mondo ma non sempre lo si può trovare ovunque, perché certi marchi non hanno sviluppato commercio e logistica sul territorio.

Che iniziative porta avanti Iab Italia per sensibilizzare governo e imprese sul tema e-commerce?
Stiamo lavorando sul tema dell’agenda digitale portando il nostro apporto in termini di industry. Stiamo facendo avere le nostre istanze al governo tramite incontri, iniziative e attività di lobby per fare in modo che gli imprenditori italiani si digitalizzino il prima possibile, al di là dei ritardi infrastrutturali sulla banda larga. Proprio nonostante questi ritardi, penso che oggi ci sia l’opportunità per fare grandi fatturati e margini, basta avere la sensibilità e la voglia di mettersi in gioco.

Piccole imprese, l’e-commerce per crescere

di Davide PASSONI

Crisi, crisi, crisi. C’è, è inutile negarlo, e per le piccole imprese italiane è ancora più dura. Ma piangersi addosso non serve, gli strumenti per combatterla ci sono, specialmente se si guarda alle potenzialità del digital e dell’e-commerce in particolare.

Se n’è parlato al recente E-commerce Forum di Milano dove tanti esperti del settore si sono trovati d’accordo su un punto base: è necessario che le piccole imprese siano attive nell’e-commerce, altrimenti l’economia non cresce.

Un’operazione non facile, visto che spesso mancano tempo e cultura, oltre alla possibilità di investire in una logistica nuova e in un nuovo modello di business. Siamo ancora indietro rispetto a Paesi europei come la Germania, dove la penetrazione dell’e-commerce sia verso il consumatore che da parte delle imprese è molto più alta della nostra. Eppure il passaggio alla digitalizzazione dell’esperienza di vendita può essere vincente, a costi relativamente contenuti e necessario. Nei prossimi 5 anni l’80% dei clienti del made in italy verrà da fuori Usa ed Europa: la necessità di aggredire i mercati con l’e-commerce c’è ed è forte. In Italia, Netcomm, il consorzio del commercio elettronico italiano, sta portando avanti questo messaggio da tempo, come testimonia il suo presidente, Roberto Liscia.

Che ruolo può giocare Netcomm in un periodo così difficile per aiutare le aziende italiane a spingere sull’acceleratore dell’e-commerce?
Netcomm oggi si muove su tre direzioni fondamantali. La prima: definire nuove regole legislative e iniziative con il governo per supportare a livello finanziario lo svliuppo dell’e-commerce per le piccole imprese e il finanziamento all’export. La seconda: abbiamo sviluppato un sigillo che consente alle imprese che entrano in Netcomm di avere una certificazione di qualità che dia fiducia al cliente. La terza: abbiamo creato una società, Netcomm Services, che ha lo scopo di mettere tutte le competenze presenti in Netcomm a disposizione delle piccole imprese per il loro processo di trasformazione digitale. Sono tre ambiti che riteniamo fondamentali per aiutare le piccole imprese a maturare nel campo dell’e-commerce.

Il governo ha orecchie e voglia di ascoltare queste istanze?
Sì, ma ha poche leve finanziarie per poter intervenire in modo rapido.

Ce la facciamo, come Italia, a uscire da questo momentaccio anche con l’e-commerce?
Dobbiamo, non ci sono alternative. L’economia italiana è fatta dalle piccole imprese, il mercato interno non drena, quello che drena è il mercato internazionale che non può essere accessibile alle piccole imprese con i canali di vecchia maniera. Devono per forza pensare di aggredire i potenziali 500 milioni di clienti nel mondo attraverso l’e-commerce. In questo senso, stiamo anche lavorando con la Cina e Union Pay per sviluppare dei flussi di commercio online con quel Paese, dove ci sono 153 milioni di potenziali consumatori per i prodotti del nostro made in Italy.

Un messaggio di ottimismo a chi opera in questo campo?
L’e-commerce a livello planetario cresce, in Italia cresce del 20%, i clienti a livello globale sono potenzialmente 1,5 miliardi, dei quali comprano in 500 milioni ma connessi alla rete sono appunto 1,5 miliardi: le piccole imprese devono sapere rischiare, organizzarsi per conquistare questo potenziale straordinario di clienti, innescando crescita per sé e per tutta l’economia.