Sviluppare nuove competenze per sviluppare il business

Prima di sviluppare nuove competenze, il futuro imprenditore deve essere consapevole del fatto che soluzioni che hanno funzionato nel passato oggi non sono più efficaci. Deve smontare alcune convinzioni assai diffuse fra gli artigiani.

Con i collaboratori siamo come una grande famiglia“. È un mito. Un rapporto sano, etico, professionale e volto all’eccellenza non può essere basato su simil-rapporti famigliari. Mamma e papà è meglio lasciarli a casa. Molto più trasparente una relazione fra datore di lavoro e collaboratore. L’imprenditore rischia i suoi soldi, il collaboratore la sua professionalità. Ruoli diversi. Ciò non vuol dire che l’azienda si debba trasformare in un campo di lavori forzati, ma sottolineare le differenze per evitare compiacenze e garantire un trattamento equo ed etico è salutare. Anche la comunicazione interna se ne avvantaggia. Ci si parla in modo più professionale e diretto, evitando chiacchiericci, pettegolezzi e perdite di tempo.

Inoltre, un approccio più professionale permette di gestire meglio eventuali promozioni, aumenti di salario, deleghe. Dà anche al collaboratore l’opportunità di essere valutato per i risultati ottenuti e per il contributo che dà al lavoro di squadra, evitando personalismi (favoritismi).

Noi siamo pratici, orientati al fare, al lavoro“. Anche l’uomo di Neanderthal costruiva manufatti (asce, punte di lancia, seghe, raschiatoi, flauti, etc.) e inventò nuove tecniche di scheggiatura. Quindi questo mito, così diffuso, non è originale, è “igienico”. L’uomo lavora da sempre. Oggi non basta fare. Occorre fare in modo eccellente e presto e inventare e innovare in continuazione, con un occhio al margine e l’altro alla soddisfazione dei clienti, che bisogna individuare. Ma il tutto molto velocemente, cosa che non era richiesta al nostro antenato.

Piccolo è bello“. Se guadagni molto sì. L’artigiano-artista è forse in questa categoria. L’artigiano hi-tech per guadagnare deve crescere in fatturato, deve esportare all’estero, deve ricercare alleanze per svilupparsi e garantirsi i margini che gli consentano, non solo in percentuale, ma anche in valore assoluto, di continuare a innovare il proprio know-how.

La comunicazione la fa il prodotto“. Errato. La comunicazione è un investimento e non un costo per creare valore e attrazione verso il proprio marchio, la propria azienda, la propria unicità. Si comunicano i valori dell’azienda, le proprie specificità tecnologiche, le soluzioni trovate, il modo di lavorare, le competenze del team, il servizio ai clienti. Una brochure di presentazione è il biglietto da visita dell’azienda, così come un sito ben gestito e ricco di informazioni e aggiornamenti, così come l’uso di tecniche web 2.0, piuttosto che la partecipazione a fiere ed esposizioni. Tutto gestito con intelligenza e competenze specifiche. Comunicare è un investimento (quindi occorre valutare il ritorno sull’investimento) non un costo. Ma si evitino l’approssimazione e il fare tutto in casa, pena un’immagine raffazzonata e controproducente (soldi gettati al vento).

Dalla mia esperienza operativa, ho rilevato anche la scarsa attenzione alla preparazione dei preventivi. Fatti in pochi minuti (perché bisogna correre a settare le macchine in officina) e trattati più come un aspetto burocratico che come prima sorgente del margine. Sovente l’artigiano non sa che margine ha sulle lavorazioni. Un errore imperdonabile per un imprenditore da PMI.

In sintesi, il neo-imprenditore deve ragionare e agire come se gestisse una multinazionale tascabile.

Dott. Giulio ARDENGHI | g.ardenghi[at]infoiva.it | www.businesscoachingefficace.com | Bergamo

Business Coach professionista, affianca imprenditori di grandi aziende e di PMI, manager e professionisti affinché sviluppino risorse utili a raggiungere i loro obiettivi professionali e personali con soddisfazione, velocemente, in modo misurabile e duraturo. È specializzato nei processi di cambiamento (professionali e aziendali) e nel lancio di start-up. Dopo la tesi (IULM- Milano) sulle Relazioni Esterne del Centro Georges Pompidou (Beaubourg) di Parigi ha iniziato il percorso professionale nel settore comunicazione, per proseguire nel marketing e commerciale. É stato per 25 anni manager di multinazionali italiane e straniere. Ha lavorato e vissuto a Londra, Singapore e Seoul. Ha raggiunto la posizione di direttore generale e poi ho deciso d’intraprendere l’attività di Business Coach che gli sta dando molte soddisfazioni. Ha conseguito un advanced master in PNL, un attestato di counselling in PNL, ha seguito corsi di Gestalt, l’Hoffman Process, ed ha partecipato ai seminari di Jodorowsky. È stato docente alla Scuola di Direzione Aziendale di Torino. Ha tenuto seminari in università italiane e straniere su temi della comunicazione, dell’innovazione, gestione e motivazione della forza vendita. Giornalista pubblicista, i suoi articoli specifici e dal taglio pratico su temi applicativi legati all’area del coaching (start-up, come diventare imprenditori di se stessi, il vero cambiamento, migliorare la propria carriera, trovare la propria vocazione, autostima e leadership) sono pubblicati anche in Internet. Unisce una solida e comprovata esperienza di campo con una meticolosa preparazione di psicologia applicata. Gli piace definirsi un enzima: acceleratore di processi di trasformazione. Il suo motto è pragmatismo col cuore.

“Datemi un punto di appoggio e solleverò il mondo”. Qual è la tua leva?

La frase pronunciata da Archimede parlando della leva rende bene come oltre alla consapevolezza di voler cambiare, la volontà duratura di attuare il cambiamento, occorra un’azione concreta che faccia da punto di appoggio per la metamorfosi di un’azienda artigianale in una PMI.

Qual è l’unicità della tua produzione o del tuo servizio? In che cosa ti distingui concretamente dai tuoi concorrenti? Qual è l’elemento che fa la vera differenza verso la tecnologia tradizionale del settore in cui operi?

Non parlo solo di output produttivo, parlo anche di processo industriale, di software sviluppati in casa, di competenze specifiche costruite sperimentando.
Non sempre le aziende artigianali brevettano quanto inventato. In altre parole, non creano una barriera all’ingresso da parte di altri concorrenti perché pensano che nessuno sia in grado di replicare quanto esse hanno sviluppato, se non a costo di ripetere tutti gli errori che l’azienda in questione ha incontrato e risolto con sforzi di ricerca e sviluppo e investendo tempo.

La leva non può essere il prezzo basso. Questo vale forse a tutt’oggi nella minuteria metallica, un settore dove il valore aggiunto è basso e dove importare dalla Cina, per ora, non è così conveniente soprattutto per i tempi di consegna e i costi di trasporto.

Ma questa azienda è esposta all’andamento delle aziende committenti che, a loro volta, subiscono l’andamento del cliente finale e del mercato. Quindi la loro posizione è debole.

Queste aziende artigiane sono alla fine della filiera, sono terzisti che subiscono le decisioni di altri. Non parleranno mai al cliente finale. Il loro interlocutore è un committente di primo o secondo livello ed è quest’ultimo che detta il prezzo di acquisto e i tempi di consegna.

L’azienda artigianale di qualità o hi-tech deve essere in grado di individuare l’elemento o una composizione di elementi che possono trasformarla in una “boutique” super specializzata.

Faccio un esempio concreto. Un’azienda artigiana afferma di aver sviluppato un know-how unico al mondo nell’incisione laser di stampi in 3D. Questo know-how è veramente unico? Sostituisce o si affianca a tecnologie più tradizionali? C’è richiesta di mercato per l’applicazione di questo know-how? A quanto posso fatturare questa unicità? Come posso raggiungere i clienti finali interessati alla mia invenzione o innovazione?

Il primo passo è comunicare questa specificità al mondo interessato. Ma per comunicare qualcosa ho bisogno di nominarla. Non possono dire: “Noi siamo gli unici a possedere queste macchine“, “Solo noi abbiamo sviluppato un tecnologia di incisione unica“. Questa non è comunicazione. Si può comunicare solo qualcosa che si riesce a definire in modo specifico.

Nel caso citato, l’azienda hi-tech ha coniato il termine Design Rendering Engineering (DRE), sotto il quale ha raccolto tutto il suo know-how di progettazione e di produzione basato sia sullo sviluppo di software che di hardware. Oggi la sua comunicazione, via media di settore, web e web 2.0, punta sull’affermazione del DRE. Nome che è stato registrato. “Senza il DRE sono solo macchine“, è un concetto che oramai distingue questa azienda da tutta una miriade di artigiani che pullulano nel settore dell’incisione (chimica) di stampi.

Hanno trovato la differenza, le hanno dato un nome e la comunicano. Questa è una leva vera per fare sviluppo.

Dott. Giulio ARDENGHI | g.ardenghi[at]infoiva.it | www.businesscoachingefficace.com | Bergamo

Business Coach professionista, affianca imprenditori di grandi aziende e di PMI, manager e professionisti affinché sviluppino risorse utili a raggiungere i loro obiettivi professionali e personali con soddisfazione, velocemente, in modo misurabile e duraturo. È specializzato nei processi di cambiamento (professionali e aziendali) e nel lancio di start-up.Dopo la tesi (IULM- Milano) sulle Relazioni Esterne del Centro Georges Pompidou (Beaubourg) di Parigi ha iniziato il percorso professionale nel settore comunicazione, per proseguire nel marketing e commerciale. É stato per 25 anni manager di multinazionali italiane e straniere. Ha lavorato e vissuto a Londra, Singapore e Seoul. Ha raggiunto la posizione di direttore generale e poi ho deciso d’intraprendere l’attività di Business Coach che gli sta dando molte soddisfazioni. Ha conseguito un advanced master in PNL, un attestato di counselling in PNL, ha seguito corsi di Gestalt, l’Hoffman Process, ed ha partecipato ai seminari di Jodorowsky. È stato docente alla Scuola di Direzione Aziendale di Torino. Ha tenuto seminari in università italiane e straniere su temi della comunicazione, dell’innovazione, gestione e motivazione della forza vendita. Giornalista pubblicista, i suoi articoli specifici e dal taglio pratico su temi applicativi legati all’area del coaching ( start-up, come diventare imprenditori di se stessi, il vero cambiamento, migliorare la propria carriera, trovare la propria vocazione, autostima e leadership) sono pubblicati anche in Internet. Unisce una solida e comprovata esperienza di campo con una meticolosa preparazione di psicologia applicata. Gli piace definirsi un enzima: acceleratore di processi di trasformazione. Il suo motto è pragmatismo col cuore.