Fornero: “Jobs Act una boccata d’ossigeno”

Dopo le dichiarazioni di ieri dell’Avv. Daverio, oggi riportiamo le parole dell’ex ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Elsa Fornero, sul Jobs Act renziano. Seconda donna, dopo Tina Anselmi, a presiedere tale ministero, la Fornero si è detta molto preoccupata per un piano (che di fatto cancella la sua riforma ai tempi del governo Monti) che rappresenta sì «una boccata di ossigeno per le imprese, ma non risolve i problemi di fondo del marcato del lavoro italiano».

«La priorità – ha dichiarato il ministro che dovette affrontare, uscendone indenne, la mozione di sfiducia individuale presentata  dall’Italia dei Valori e dalla Lega Nord – è quella di incoraggiare il lavoro senza perdere di vista gli obiettivi di medio termine che sono migliorare la formazione dei nostri giovani e aumentare la produttività.  Se le imprese non assumono bisogna incoraggiarle attraverso la riduzione del costo del lavoro e la flessibilità è la strada giusta e il fatto di liberalizzare i contratti a tempo determinato non è criticabile». 

Sono le misure che riguardano l’apprendistato che non convincono troppo l’ex ministro perché «deve essere visto come apprendimento, come formazione, in quanto rappresenta una strada per irrobustire le relazioni di lavoro e la produttività», mentre il decreto «indebolisce la parte formativa, senza contare che la divisione tra scuola e lavoro è una delle cause della bassa produttività e anche della precarietà nel nostro Paese».

«Capisco che rispetto al momento in cui ero ministro il mercato del lavoro è cambiato – ha concluso la Fornero -, la recessione ha colpito in modo molto duro. Incoraggiare il lavoro è una priorità e non possiamo prescindere dalla formazione dei nostri giovani attraverso l’apprendistato».

Jacopo MARCHESANO

Pensioni: da gennaio sistema retributivo addio

Dal primo gennaio 2012 la rendita di chi lascia il lavoro sarà calcolata con il sistema contributivo. Addio quindi al sistema retributivo per le pensioni degli italiani, è la proposta avanzata dal nuovo Ministro del Welfare Elsa Fornero.

Ma cosa significa il passaggio da un sistema retributivo ad uno contributivo? In pratica le pensioni non verranno più calcolate garantendo il reddito ottenuto nell’ultima parte della carriera lavorativa del contribuente, ma attraverso un sistema – meno vantaggioso ma più equo – con cui si riceverà in proporzione di ciò che si è versato. Do ut des, insomma, in cui ad essere favoriti saranno coloro che resteranno più a lungo al loro posto di lavoro.

Come funziona il sistema contributivo? Il contribuente dipendente verserà il 33% del suo stipendio ogni mese (nel caso di un lavoratore autonomo la quota scenderà al 20%).

I contributi versati subiranno poi, a fine carriera, una rivalutazione in base all’andamento quinquennale di Pil e inflazione: in pratica più saliranno questi parametri, maggiore sarà la rendita ricevuta. Il calcolo non finisce però qui. Al momento della pensione, al capitale accumulato verrà applicato un coefficiente calcolato in base all’età in cui ci si ritira dal lavoro: più alta l’età, più alto il coefficiente. Quindi, chi deciderà di andare in pensione prima subirà una riduzione proporzionale nella futura busta paga.

Il nuovo sistema entrerà in vigore il 1 gennaio 2012, ma solo per coloro che nel 1996 avevano un’anzianità di servizio inferiore ai 18 anni. Fra questi vanno distinte tre categorie:

  • coloro che lavoravano già nel 1996 vedranno applicarsi un sistema misto, ossia retributivo per gli anni lavorati prima del 1996, e contributivo per quelli successivi
  • coloro invece che hanno firmato il primo contratto di lavoro dopo il 1996 vedranno applicarsi alla loro pensione unicamente il sistema contributivo
  • continueranno invece ad avere la pensione calcolata in base al sistema retributivo coloro che nel 1995 avevano già compiuto i 18 anni di anzianità o oltre

Il sistema retributivo, in ogni caso, sparirà completamente nel 2030.

Alessia Casiraghi