Sostegno alla “contrattazione di prossimità”: la Cgil non ci sta

Il “sostegno alla contrattazione collettiva di prossimità” è prevista dall’articolo 8 della nuova manovra anti crisi. Di cosa si tratta?  “I contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero dalle rappresentanze sindacali operanti in azienda possono realizzare specifiche intese finalizzate alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all’avvio di nuove attività”.

Le specifiche intese “possono riguardare la regolazionedelle materie inerenti l’organizzazione del lavoro e della produzione incluse quelle relative: agli impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie; alle mansioni del lavoratore, alla classificazione e inquadramento del personale; ai contratti a termine, ai contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, al regime della solidarietà negli appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro; alla disciplina dell’orario di lavoro; alle modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite Iva, alla trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e alle conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio e il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio“.

La manovra ha trovato l’appoggio di Confindustria e Cisl e Uil mentre non ci sta Cgil che giudica ingerente e inefficace la manovra che non rispetterebbe le autonomie delle parti. ”Appare unicamente una norma retroattiva in ragione di una singola azienda: la Fiat. Ma è un abitudine per un Governo che fa legge ‘ad personam’“.

Confindustria chiede una riforma fiscale al più presto

Emma Marcegaglia interviene al Congresso dei Giovani di Confindustria e chiede al Governo di abbassare le tasse a chi tiene in piedi l’Italia: cioè lavoratori dipendenti e imprese. Secondo la Marcegaglia sulla riforma fiscale si deve passare dalla fase di studio a una concreta e operativa, strutturando “una riforma fiscale che abbassi le tasse a chi tiene in piedi questo Paese, cioè lavoratori dipendenti e imprese”.

Poi la leader della Confindustria ha rilanciato il tema della crescita: “senza crescita la società si incattivisce. La crescita ha un valore economico ma anche un valore sociale”. Per la Marcegaglia non si può prescindere dal tema della crescita: “se il Paese non cresce o cresce a ritmi bassi non possiamo fare quello che vogliamo fare” per rilanciare l’economia. Anche la numero uno di Confindustria, come il Ministro Tremonti, ha toccato il tema dei contratti, ribadendo che la Confindustria non vuole abusi in tema di contratti di lavoro, ma “ci possono essere forme di flessibilità chiara in entrata. Il lavoro interinale è corretto, i contratti a termine e l’apprendistato sono forme corrette. Ci sono però forme strane di co.co.pro. Noi non vogliamo abusi nei confronti di nessuno, figuriamoci nei confronti dei lavoratori”.

Noi di INFOIVA siamo d’accordo con tutto quanto detto dalla Presidente di Confindustria, ci teniamo però a sottolineare una cosa: chiedere un abbassamento delle tasse è giusto. Soprattutto da Lei, Presidente degli Industriali. Ma secondo noi una riforma fiscale in grado di abbassare la pressione fiscale non dovrebbe coinvolgere soltanto dipendenti ed industriali (anche perché i primi godrebbero indirettamente dei benefici derivanti da una minore pressione sui loro datori di lavoro), una buona riforma dovrebbe abbassare la pressione fiscale soprattutto ai piccoli imprenditori, gli artigiani, i professionisti. Quanti sono i professionisti ed i piccoli imprenditori che tengono in piedi l’Italia? Tanti! Una buona riforma fiscale non può certo dimenticarli.

Le parti sociali incontrano Pierluigi Bersani: la politica è ancora troppo distante dalle imprese

Susanna Camuso, Emma Marcegaglia, Raffaele Bonanni, Luigi Angeletti… tutti assieme ieri (17 novembre), a Roma, hanno incontrato Pierluigi Bersani, segretario del PD. L’incontro ovviamente era incentrato su tematiche economiche, sul controllo dell’economia e i rapporti tra politica e impresa.

“Abbiamo espresso un giudizio comune sulla necessita che nella manovra ci siano strumenti per la crescita e sollecitato un’attenzione agli ammortizzatori sociali. Tutto il resto si vedrà”, così ha sintetizzato al termine della riunione il segretario generale della Cgil, Susanna Camuso. Secondo il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, “l’importante e fare presto: non è un momento in cui si possa vivacchiare. Bisogna decidere, fare in fretta: l’appello e sempre lo stesso: bisogna occuparsi dei problemi dell’ economia e dell’occupazione e trovare una soluzione che permetta a questo Paese di essere davvero governato”. Reddito, produttività e investimenti: sono questi, per il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, i nodi cruciali da affrontare indicando una strada al Paese, lontana da populismi di destra e sinistra. “Sul resto – ha detto il segretario della Cisl – le parti sociali sono gia al lavoro, stiamo tentando una via per darci un indirizzo comune e speriamo di trovare convergenze anche con le forze politiche”. Un appello a far tornare il dibattito politico sui temi che interessano alle persone è quello che arriva, infine, dal leader della Uil, Luigi Angeletti che sintetizza: “oggi abbiamo fatto un salto nella realtà”.

Da Confindustria serve chiarezza per aiutare il Paese a uscire dalle secche

di Gianni GAMBAROTTA

“L’Italia è alla paralisi”, titolava in prima pagina ilSole24Ore di domenica scorsa, presentando l’intervento del presidente della Confindustria sul palco dei Giovani Industriali riuniti nel convegno di Capri. “C’è uno smarrimento forte nel Paese – ha detto Emma Marcegaglia, è necessario trovare il senso delle istituzioni e della dignità. Il parlamento non funziona più, manca ancora il presidente della Consob. Siamo alla paralisi“. E qual è la soluzione per uscire da “questa ondata di fango che investe le istituzioni“? Non le elezioni anticipate, perché “sarebbero sei mesi di campagna elettorale drammatica“. E allora? Qual è la strada virtuosa da imboccare per uscire da questo pantano, secondo il leader degli imprenditori nazionali? La Marcegaglia non lo dice perché non spetta alla Confindustriadire alla politica che cosa deve fare“, anche se – aggiunge – gli imprenditori non vedono di buon occhio “alchimie partitiche che discutano per mesi di legge elettorale“.

L’Italia ha un grave problema di leadership, la sua classe dirigente si sta dimostrando assolutamente inadeguata a fronteggiare i problemi di crescita che il Paese deve affrontare, come stanno facendo in partner europei; non sembra esserci nessuno, a destra come a sinistra, in grado di immaginare un futuro e farlo diventare un obiettivo condiviso da una parte determinante degli italiani. Il Paese è senza una guida e – fatto ancora più grave – questa situazione è chiaramente percepita.

In passato, a una simile carenza (perché non è la prima volta che si manifesta) il mondo produttivo sapeva offrire un’alternativa, una supplenza; riusciva a colmare un vuoto che veniva dalle stanze ufficiali del potere. Forse ciò non sempre è stato un bene, spesso ha anzi rappresentato un precedente che alla lunga si è rivelato scomodo. Però, nei momenti di impasse, arrivavano delle indicazioni di tendenza e di priorità che erano utili, nelle quali molti si riconoscevano.

Questo è proprio uno di quei frangenti in cui il Paese del fare dovrebbe lanciare quei segnali. Invece da viale dell’Astronomia, quartier generale degli industriali italiani, arrivano messaggi incerti, contraddittori. Emma Marcegaglia alterna momenti di affiancamento al governo (sono di pochi giorni fa le sue parole di apprezzamento per il ministro Giulio Tremonti e, in generale, per tutta la politica economica) ad attacchi aperti e severi come, appunto, quello di Capri. Sarebbe meglio una maggiore chiarezza, una scelta precisa: al Paese sarebbe utile sapere da che parte sta Confindustria che è – o almeno pretende di essere – una parte di spicco della sua classe dirigente.