Formazione: momento d’oro per biotech e enologia

Il mondo della formazione legato all’enologia e al biotech sta vivendo un momento d’oro. Anche le prospettive di lavoro sono ottime: nell’enologia gli occupati sono aumentati del 50% negli ultimi 10 anni; le aziende del green biotech sono diventate 100 con 10.000 addetti e addirittura si prevede nel 2011 una crescita dell’occupazione del 6% nel settore agricolo forestale.

Il Dipartimento per l’Innovazione nei Sistemi Biologici, Agroalimentari e Forestali (Dibaf, www.dibaf.unitus.it) dell’ Università degli Studi della Tuscia (Viterbo) ha aperto le iscrizioni a cinque corsi di laurea, tre triennali in Biotecnologie; in Tecnologie Alimentari ed Enologiche; in Scienze Forestali e Ambientali e due corsi biennali di laurea magistrale in Sicurezza e Qualità agro-alimentare e in Scienze Forestali e Ambientali.

Il Professor Piermaria Corona, direttore del Dibaf, ha affermato: “Questi corsi di laurea rispondono con prontezza alle sollecitazioni del mercato del lavoro. Il made in Italy dell’ alimentazione, dei prodotti enologici, delle biotecnologie verdi non ha conosciuto, infatti, alcuna recessione, anzi ha registrato un boom di esportazioni, così come è cresciuto l’interesse per le scienze forestali e ambientali. Inoltre i continui allarmi sulla sicurezza degli alimenti impongono la formazione di esperti sempre più preparati. Questi corsi di laurea che, con l’avvio operativo della legge Gelmini, fanno direttamente capo ai Dipartimenti, permetteranno un percorso formativo approfondito ed una attività di ricerca di alto livello“.

Si tratta di corsi ad accesso libero, a fronte di un test di valutazione preventiva.

 

Vino e motori “Made in Italy”: gioie, dolori e l’incapacità di fare sistema

di Danilo DELLA MURA

Che cosa può mai accomunare una bottiglia di vino e un’automobile? Apparentemente nulla. Anzi, in termini di sicurezza stradale dovrebbero stare molto lontane l’una dall’altra. Ma se parliamo in termini economici, di cifre, di vendite e di esportazioni, il mercato del vino italiano presenta molte, e purtroppo non felici, similitudini con il settore delle quattro ruote Made in Italy.

Per capirne il perché, iniziamo dando uno sguardo ai freddi numeri, relativi alle vendite e alle esportazioni di vino. In particolare alle vendite e alle esportazioni di vino spumante italiano: le famose “bollicine Made in Italy”.

Nei giorni scorsi sono stati presentati i dati Istat relativi alle esportazioni di vini spumanti italiani, durante i primi 8 mesi dell’anno in corso. Dati incoraggianti, positivi: + 21%. Dati, oserei dire, più che positivi, tenendo conto che il boom delle vendite deve ancora venire. Dicembre, da sempre, è il mese clou per le vendite di vino, in particolare del vino spumante e con Natale e Capodanno alle porte, il già positivo trend  non può che migliorare. Tutti felici, tutti contenti.

Ma proviamo ad andare oltre ai semplici titoli. Proviamo a leggere con attenzione anche le restanti pagine dello studio Istat. Pagine scritte a caratteri a dir poco piccoli, e forse per questo sfogliate velocemente, con poca attenzione. Da questi dati emerge una situazione non più così rosea.

Innanzitutto: è vero che le esportazioni di vino spumante italiano, da gennaio ad agosto 2010, sono cresciute del 21%, ma sono dati riferiti alle quantità, ai volumi, ovvero al numero di bottiglie. Se parliamo di  valore, la crescita è quasi dimezzata: +11%. In altre parole: esportiamo più bottiglie, ma a un prezzo più basso.
 
Altro dato poco confortante, anzi direi preoccupante: l’andamento del valore unitario riferito sempre al vino spumante italiano. Nei primi otto mesi dell’anno in corso, il valore unitario ha subito una flessione dell’8%. Il prezzo medio di un litro di “bollicine Made in Italy” è passato da 2,7 a 2,5 euro. Rapportato al prezzo di una bottiglia (da 0,75 l), si è passati da 2 euro a 1,87 euro. Preoccupante.

Ma non basta. Se ci focalizziamo sulle bollicine più pregiate, ovvero sul vino spumante “secco”, lo scenario si fa ancora più cupo. Da gennaio ad agosto 2010, la flessione del prezzo unitario di un litro di vino spumante secco “Made in Italy”, ha toccato il 13%, con un prezzo medio al litro di 2,8 euro (2,1 euro a bottiglia).

E qui torniamo alla domanda iniziale: che cosa accomuna il mercato del vino italiano a quello delle quattro ruote nostrane? Come il settore automobilistico, anche quello enologico si sta posizionando agli estremi del mercato. In Italia produciamo, da un lato, grandi auto sportive, performanti, di lusso: Ferrari e Maserati, per fare due nomi. Dall’altro produciamo piccole autovetture, city car per utilizzare un termine in gran voga: 500 e Panda per fare altri due nomi. Ma siamo carenti sui segmenti più acquistati, ambìti ma alla portata di molti, come il segmento delle grandi berline e dei Suv. Segmenti, dove, lo sappiamo, si costruisce l’immagine del brand e, soprattutto, si realizzano i margini superiori.

Allo stesso modo, il vino italiano, sui mercati internazionali, da un lato è ben rappresentato da un ristretto numero di prestigiose etichette. Costose e preziose, ma consumate da pochi, e in occasioni particolari. Ma, dall’altro lato, troviamo un vasto numero di piccole, medio piccole aziende costrette a far leva sul fattore prezzo. E, purtroppo, gran parte del nostro export è rappresentato dai vini di quest’ultime aziende.

Purtroppo sappiamo quale è stata l’evoluzione, anzi l’involuzione, del mercato delle quattro ruote italiane. Nonostante ciò, nonostante i dati sopra analizzati, sembra che nessuno, dal piccolo produttore ai grandi consorzi di tutela, se ne preoccupi. Eppure la causa di tutto, il vero problema, è conosciuto da tutti: l’incapacità di “fare sistema”. Quella stesa incapacità di creare una comune politica di comunicazione, di immagine e di promozione, che caratterizza molti dei nostri settori nazionali. Abbiamo il prodotto giusto, ma non sappiamo farlo conoscere

Prima di tutto al mercato domestico. L’Italia può vantare una varietà e una vastità di diverse tipologie di vini che neanche la Francia può vantare. Ma ognuna di queste singole realtà, entra in competizione con le altre. Tutte alla ricerca del proprio, piccolo momento di gloria. Alzi la mano chi sa quante sono le DOCG italiane. Forse qualche sommelier più esperto saprà che ormai hanno sfondato quota cinquanta. E molte altre sono le DOC in attesa di aggiungere la tanto bramata “G”.
 
E nel frattempo, da un lato, i francesi fanno bella mostra delle loro bottiglie sugli scaffali più prestigiosi al mondo, dall’altro, Australia, Cile e Nuova Zelanda, invadono i mercati con vini buoni, ma economici, per il piacere quotidiano di americani, britannici, tedeschi e austriaci, ovvero i nostri più importanti mercati di sbocco. Prosit.

Idee imprenditoriali: DesignWine, dal web al calice

Mettete insieme l’eccellenza del vino italiano, l’immediatezza del web, una grande dedizione al lavoro e otterrete un’idea di business semplice e vincente. Un esempio di come si possa fare impresa con successo, sfruttando la rete, la propria passione e un prodotto che è il fiore all’occhiello del nostro export. L’idea si chiama DesignWine ed è venuta a un signore americano innamorato del nostro Paese e del business, Timothy O’Connell. Vendere vini pregiati (e non solo…) online? Se siete dei puristi storcerete il naso, ma a sentire come Timothy racconta la storia e l’essenza della sua impresa, vi ricrederete subito.

Ci racconti brevemente la sua storia personale e imprenditoriale.
Sono nato negli Stati Uniti e cresciuto a Chicago. Ho studiato all’Università del Wisconsin completando gli studi con un Master in Economia e Scienze Politiche alla McGill University di Montreal. Ho avviato la mia prima impresa, Mountain Adventures, a Treviso nel 1995 e in seguito ho creato assieme ad alcuni soci un’azienda di Consulenza a Venezia nel 1998. Nel 2002 sono entrato in Technogym prima come Direttore dell’area Consumer poi come Direttore Marketing. Nel 2009 ho deciso di riprendere la carriera imprenditoriale fondando assieme ad alcuni soci, DesignWine.

Com’è fare business in Italia agli occhi di un americano? Facile, complesso, stimolante…?
Lavorare in Italia è sempre stimolante, sebbene io mi sia sempre adoperato nel supporto delle aziende italiane che cercavano di crescere all’estero. Anche oggi DesignWine ha due aree di business: la prima focalizzata sulla promozione e vendita online dei vini, l’altra opera nella consulenza per supportare lo sviluppo del Business delle aziende.

Come è nata la sua passione per i vini?
Amo il buon cibo e ovviamente il vino è il complemento naturale: ecco un altro motivo per cui vivo in Italia!

E la passione per l’Italia?
Nasce dal territorio, dalla cultura e dalla passione delle persone. Non è sempre facile, ma quando le cose funzionano allora funzionano bene. Buona parte di questa passione nasce anche dalla vita con mia moglie e i miei figli.

Spesso si pensa che il vino pregiato debba essere comprato solo in enoteca o nelle migliori cantine. Il vostro sito dimostra il contrario: come ha pensato di sposare il web e l’alta enologia?
La vera opportunità dei produttori italiani di vini pregiati è il web come strumento per comunicare il vero valore dei loro prodotti. Una bottiglia di vino piazzata sullo scaffale di un’enoteca in mezzo a altre centinaia di bottiglie per non dire migliaia, comunica poco e purtroppo a volte vende meno. A DesignWine lavoriamo ogni giorno per usare il web nel modo più corretto per comunicare la storia che c’è dietro ogni singola bottiglia dei nostri vini.

Come scegliete i vini in vendita su DesignWine.com?
Attraverso l’esperienza del nostro comitato di selezionatori che degusta e valuta ciascun vino. Evitiamo di usare le classiche pubblicazioni tipo Gambero Rosso o Espresso per giudicare i vini.

Che cos’hanno di particolare i vini italiani rispetto ai “fratelli” di tutto il mondo?
Scegliere un vino italiano è spesso molto più complesso che sceglierne uno straniero. Poiché l’Italia produce un’enorme quantità di vino (è sempre fra i primi 2 produttori al mondo) il livello di qualità dei prodotti che si trovano sul mercato è amplissimo. Se a questo uniamo che l’Italia ha alcuni dei migliori vini al mondo, con un rapporto qualità-prezzo fantastico, è chiaro che il tipico consumatore necessità di essere guidato nella selezione del vino giusto. Il nostro impegno come DesignWine è proprio quello di essere il partner di fiducia per chi cerca i grandi vini italiani.

Italians do it better: quanto c’è di vero, secondo lei, in questa celebre frase?
Gli italiani sono i migliori nel fare molte cose, specialmente in ambito creativo, ma hanno bisogno di comprendere meglio che l’attuale situazione economica e competitiva richiede la massima focalizzazione su marketing e vendite. Fare grandi prodotti è il primo passo, ma dopo è necessario venderli.

Davide Passoni

Contatti
Timothy O’Connell
DesignWine s.r.l.
Via Roberto Ruffilli, n. 18/20
47030 San Mauro Pascoli (FC)
Italy
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