Esenzione Imu: ecco chi non dovrà pagarla più con la legge di bilancio 2023

La legge di bilancio è in continua evoluzione, ma sembra vi siano dei punti fermi abbastanza importanti, tra questi l’esenzione IMU su alcune tipologie di immobili.

Esenzione Imu: in quali casi spetta?

L’Imu è l’Imposta Municipale sugli Immobili, attualmente sono soggetti passivi coloro che risultano proprietari di due o più immobili, questo perché la prima casa è esentata. Vi sono però dei casi particolari in cui pagare l’Imu sulla seconda casa sembra essere una vera ingiustizia e proprio per questo è intervenuto il Governo Meloni con l’introduzione di una particolare esenzione.

L’occupazione abusiva degli immobili è un problema di particolare rilevanza, l’emergenza covid lo ha acuito a causa delle maggiori difficoltà economiche incontrate da molte famiglie. Molti proprietari si ritrovano così ad avere un immobile di cui materialmente non possono usufruire e che non possono concedere in locazione con l’obiettivo di avere una remunerazione a fronte di un investimento. Si sono però ritrovati a dover pagare comunque l’Imu. Le associazioni dei consumatori hanno raccolto molte denunce su questo problema.

Chi può beneficiarne?

Proprio per questo motivo il Governo si è mosso in questa direzione. Il base al testo dell’articolo 21 della bozza del disegno di legge di bilancio 2023 per poter però usufruire dell’agevolazione dell’esenzione dall’Imu per la seconda casa occupata è necessario aver preventivamente presentato denuncia dell’occupazione abusiva oppure deve essere già iniziata azione giudiziaria penale.

Come far valere l’esenzione Imu?

Affinché di possa godere di questa agevolazione, il soggetto passivo, cioè il soggetto tenuto al versamento dell’Imu, deve comunicare al Comune interessato lo stato dei fatti. La comunicazione deve avvenire telematicamente, ma le modalità di comunicazione saranno indicate successivamente con un decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze che sarà emanato entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio, la stessa entra in vigore il 1° gennaio 2023.

Nel momento in cui cessa il diritto all’esenzione, quindi nel momento in cui l’immobile occupato risulta libero deve essere effettuata analoga comunicazione. Al fine di aiutare i Comuni a far fronte alle mancate entrate dovute all’esenzione Imu per le case occupate viene stanziato un fondo di 62 milioni di euro annui a decorrere dal 2023.

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Ricordiamo che trattasi di una bozza e di conseguenza fino al 31 dicembre possono esservi nuove modifiche alla disciplina

Doppia esenzione IMU per coniugi ripristinata dalla Corte Costituzionale

Il giorno 13 ottobre 2022 la Corte Costituzionale ha depositato un’importante sentenza che potrebbe mettere fine alla lunga diatriba sull’esenzione IMU in caso di coniugi con residenza diversa. La stessa secondo la Corte Costituzionale spetterebbe a entrambi i coniugi. Vediamo cosa dice la sentenza 209.

Esenzione IMU per coniugi con diversa residenza

Il caso è quello di due coniugi che hanno due immobili intestati, uno ciascuno, e che richiedano entrambi di usufruire dell’esenzione IMU prevista per la prima casa. La Corte Costituzionale nel riconoscere la doppia esenzione IMU ai coniugi con due diverse residenze parte da un presupposto basilare: la società è in costante mutamento, così che oggi non è infrequente che i coniugi per ragioni lavorative siano purtroppo costretti a vivere in città diverse e si ricongiungono solo in modo saltuario. A ciò si unisce che per coloro che sono parte dell’unione civile o conviventi comunque viene normalmente applicata la doppia esenzione IMU e si verificherebbe una disparità di trattamento nei confronti dei coniugi. Precisa la sentenza che affinché sia riconosciuta la doppia esenzione è necessario che l’immobile costituisca residenza anagrafica e dimora abituale.

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La decisione della Corte Costituzionale

La Corte Costituzionalecon la sentenza 209 del 13 ottobre 2022 ha decretato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 13, comma 2, del D.L. n. 201/2011, relativo alla previgente disciplina IMU, nonché del vigente articolo 1, comma 741, lett. b), della legge n. 160/2019 modificato dall’articolo 5-decies del D.L. n. 146/2021 nella parte in cui definiscono come abitazione principale esclusivamente quella in cui dimorano anagraficamente e abitualmente i componenti del nucleo familiare e nella parte in cui statuiscono che nel caso in cui i componenti della famiglia siano residenti in diversi immobili, possa essere applicata una sola agevolazione. Si ritiene che le norme oggetto di dichiarazione di incostituzionalità violino gli articoli:

  • 3 della Costituzione ( principio di uguaglianza);
  • 31 della Costituzione in quanto le norme censurate non agevolano con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia anzi si profila un trattamento deteriore rispetto a quello che viene riservato ai single;
  • infine le norme violerebbero l’articolo 53 della Costituzione in quanto violano il principio della concorrenza alla spesa pubblica in base alla capacità contributiva.

Per evitare l’elusione fiscale non serve riconoscere una sola esenzione IMU: bastano i controlli dei Comuni

Precisa la Corte che le disposizioni valutate come illegittime non trovano giustificazione neanche nell’intento antielusivo, in quanto il rischio di elusione esiste anche per i single e per coloro che sono conviventi di fatto. Inoltre i Comuni hanno tutti i mezzi e le strutture per verificare che nell’abitazione dichiarata come prima casa ai fini IMU ci sia una reale dimora abituale e anagrafica. In poche parole non occorre la doppia imposizione per evitare l’evasione fiscale, basta che i Comuni attuino i dovuti controlli nelle situazioni che possono essere valutate a rischio. La sentenza della Corte Costituzionale deve essere attuata anche ai contenziosi pendenti. a precisarlo è la stessa sentenza.

Rete Imprese Italia: Imu, ci saremmo aspettati di più

 

Una nota appena diffusa sa Rete Imprese Italia commenta i provvedimenti adottati nei giorni scorsi dal Consiglio dei ministri sul fronte Imu: “Da questo governo ci saremmo aspettati sicuramente di più. Lasciare immutata l’Imu sugli immobili strumentali non è stata una bella sorpresa e anche la parziale deducibilità dal reddito non produrrà apprezzabili benefici. Per questo continuiamo a chiedere l’esenzione Imu per la totalità delle imprese”.

“Con altrettanta franchezza – prosegue la nota – diamo atto al governo di aver m imuantenuto gli impegni di abolire l’Imu sugli immobili invenduti e di rifinanziare gli ammortizzatori in deroga, benché le modalità di questo rifinanziamento appaiano sbagliate. Ancora una volta, infatti, le imprese, attraverso il prelievo delle risorse destinate alla decontribuzione del costo del lavoro, sono chiamate a sostenere una prestazione che dovrebbe gravare sulla fiscalità generale”.

L’esenzione Imu per gli enti non commerciali

Il pagamento dell’Imu relativamente ad enti non commerciali era stato discusso varie volte, ma sempre lasciando qualche dubbio circa i margini di applicazione.

Se, stando alle pronunce della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale, l’esenzione per gli enti non commerciali si applica a condizione che l’immobile sia posseduto e utilizzato per attività meritevoli direttamente dallo stesso ente non commerciale, il Mef ha stravolto questo orientamento concludendo che l’esenzione Imu si applica nel caso di immobili concessi in comodato a titolo gratuito ad altri enti dello stesso tipo.

Secondo il Mef, infatti, l’elemento decisivo per l’applicazione o meno dell’Imu è la presenza di un reddito determinato dall’immobile, che nel caso del comodato a titolo gratuito non sussiste.
Ciò che conta, per il Ministero, è la gratuità della concessione, e quindi la non formazione di reddito in capo all’ente.

Questo è un caso, inoltre, che non ha nulla a che vedere neppure con gli immobili dati in locazione: se, infatti, quest’ultima prevede la determinazione di un reddito ed esclude l’applicabilità dell’esenzione, nel caso del comodato gratuito non si genera alcun reddito in capo all’ente, e pertanto l’esenzione si applica.

Ovviamente l’ente utilizzatore non deve pagare l’Imu perché non è soggetto passivo, ma deve fornire all’ente non commerciale che gli ha concesso l’immobile, tutti gli elementi necessari per consentirgli l’esatto adempimento degli obblighi tributari sia di carattere formale che sostanziale.

L’esenzione rappresenta il giusto riconoscimento del valore sociale apportato dagli enti no profit attivi in settori particolarmente delicati della vita dei cittadini.
È proprio il carattere non lucrativo l’elemento che giustifica l’esenzione, e che tra l’altro, esprimendosi in termini di umanizzazione, costituisce un ritorno nelle tasche dei cittadini.

E’ pertanto la natura del contratto di comodato e la sua non onerosità a consentire al ministero di giustificare l’esenzione Imu. Restano ovviamente soggetti a tassazione gli immobili locati in quanto l’affitto rappresenta un reddito e una fonte di ricchezza che è oggettivamente incompatibile con gli obiettivi che le norme sull’esenzione dall’Imu tutelano.

Vera MORETTI

I requisiti degli enti non commerciali per non pagare l’IMU

Per quanto riguarda il pagamento dell’Imu, è stato deciso che gli enti non commerciali non sono tenuti a saldarlo, ma devono avere requisiti ben precisi:

  1. attività assistenzialirelative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita” escluse quelle di carattere sanitario, previdenziale obbligatorio e giudiziario;
  • attività sanitarie: sono quelle dirette ad assicurare i livelli essenziali di assistenza.

Per entrambe le categorie l’esenzione è valida se vengono effettuate con modalità non commerciali quando sono accreditate e contrattualizzate o convenzionate con lo Stato, le Regioni o gli enti locali e sono svolte in modo complementare o integrativo al servizio pubblico, secondo la normativa statale e regionale vigente, e quando prestano all’utenza servizi gratuiti, salvo gli importi di partecipazione alla spesa previsti dalla legge.

Se le attività non sono accreditate e contrattualizzate o convenzionate si ritengono effettuate con modalità non commerciali se sono svolte a titolo gratuito “ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali (quindi a scopo di lucro) nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio”.

  • attività didattiche: sono quelle dirette all’istruzione ed alla formazione. Perché l’attività didattica sia non commerciale essa deve essere paritaria rispetto a quella statale, l’ente che la svolge deve adottare un regolamento che garantisca la non discriminazione in fase di accettazione degli alunni, accogliere gli alunni portatori di handicap, applicare la contrattazione collettiva al personale docente e non docente, avere strutture adeguate agli standard previsti dalla legge, rendere pubblico il bilancio, svolgere l’attività a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solo una frazione del costo effettivo del servizio;
  • attività ricettive: sono quelle che prevedono “l’accessibilità limitata ai destinatari propri delle attività istituzionali dell’ente e la discontinuità dell’apertura nonché, relativamente alla ricettività sociale (cioè quella svolta per fini di utilità sociale) quelle dirette a garantire l’esigenza di sistemazioni abitative anche temporanee per bisogni speciali (per esempio, uno sfratto oppure un periodo di soggiorno in una città dove non si risiede per assistere un parente ricoverato presso un ospedale), ovvero svolte nei confronti di persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche sociali o familiari, escluse in ogni caso le attività svolte in strutture alberghiere e para alberghiere”;
  • attività culturali: sono quelle rivolte a formare e diffondere espressioni della cultura e dell’arte;
  • attività ricreative: sono quelle dirette all’animazione del tempo libero;
  • attività sportive: sono quelle rientranti nelle discipline sportive riconosciute dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) svolte dalle associazioni sportive e dalle relative sezioni senza scopo di lucro.

Anche le attività ricettive, culturali, ricreative e sportive per essere svolte con modalità non commerciali devono essere effettuate a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e, comunque, non superiori alla metà dei corrispettivi medi per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio.

I requisiti generali a cui devono rispondere gli enti che chiedono l’esenzione sono:

  • il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione, nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’ente, in favore di amministratori, soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori, a meno che la distribuzione o la destinazione non sia imposta per legge, oppure sia effettuata a favore di enti che per legge, statuto o regolamento interno, fanno parte della medesima e unitaria struttura e svolgono la stessa attività od altre attività istituzionali specificamente previste dalla legge;
  • l’obbligo di utilizzare gli utili o avanzi di gestione esclusivamente per la realizzazione delle attività funzionali a perseguire lo scopo istituzionale di solidarietà sociale, vale a dire, in parole più semplici, delle attività istituzionali;
  • l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente non commerciale, nel caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad un altro ente non commerciale che svolga un’analoga attività istituzionale.

Nel caso di utilizzazione mista dell’immobile posseduto dall’ente non commerciale, cioè di utilizzo di esso sia per attività commerciali che per una o più delle attività non commerciali elencate in precedenza, l’Imu è dovuta in proporzione all’utilizzo a fini commerciali o, il che è lo stesso, l’esenzione dall’Imu spetta in proporzione all’utilizzazione dell’immobile per attività non commerciali.

Questo rapporto proporzionale è determinato “con riferimento allo spazio, al numero dei soggetti nei confronti dei quali vengono svolte le attività commerciali e quelle non commerciali e al tempo” di utilizzo dell’immobile.

Vera MORETTI

Edilizia: ecco gli incentivi proposti dal ministero delle Infrastrutture

Il ministero delle Infrastrutture propone incentivi del 36% per le ristrutturazioni edilizie e del 55% per quanto riguarda il risparmio energetico per la casa e considera queste due manovre un vero e proprio stimolo per la crescita del comparto e del Paese.

Il 55% sarebbe rinnovato sostanzialmente com’è, per il 36% il ministero prevede un potenziamento, con innalzamento dell’aliquota (al 50%) e del tetto di spesa da 48mila a 96mila euro. Per ora è una semplice proposta, che deve ancora essere discussa con il ministero dell’Economia, ma i tempi stringono, perciò potrebbe accadere che queste nuove norme entrino nel decreto legge per lo sviluppo che il Governo vorrebbe varare in settimana.

Il ministero stima che si possa arrivare ad un investimento totale di 350 milioni di euro, ovvero il 30% della spesa aggiuntiva valutata dalla relazione al decreto Salva-Italia in 1.150 milioni per il periodo 1998-2006.
La proposta di messa a regime del 55% si avvale di un largo consenso parlamentare, espresso in più occasioni dai partiti che compongono la maggioranza e anche dalle opposizioni, mentre anche il Def (Documento economico-finanziario) del Governo, su proposta del ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, proponeva la riconferma dello strumento.

Il riordino e il potenziamento degli incentivi alle ristrutturazioni edilizie non sono però le uniche misure che il ministero delle Infrastrutture propone per rilanciare l’edilizia privata e la casa.

Ci sono anche misure che prevederebbero l’esenzione Imu di due anni per le prime case di valore dichiarato nell’atto di trasferimento inferiore a 200mila euro.
Sarà proposta anche la detrazione delle imposte di registro per compravendite di abitazioni di valore fino a 200mila euro: l’incentivo sarebbe pari alla detrazione totale dell’imposta lorda calcolata su un valore fino a 100mila euro, con l‘obiettivo di rilanciare le compravendita di immobili.
Esiste poi una proposta un po’ più onerosa, che interesserebbe la detrazione totale degli interessi passivi sui mutui per l’acquisto dell’abitazione principale: un consistente ampliamento dell’attuale agevolazione parziale che comporterebbe un aggravio di 1.113 milioni per il solo 2013.

Sembra, però, impossibile che queste due ultime proposte vengano approvate dall’Economia, mentre si fa molto affidamento al sostegno all’edilizia privata e alle imprese edili.
Esiste poi la proposta di esenzione Imu sugli immobili rimasti invenduti dai costruttori fino a tre anni: costo annuo stimato in 35,1 milioni, poiché per i costruttori quello del patrimonio invenduto rimane il problema principale.

Vera MORETTI