Da gennaio scoperti 5 mila evasori totali

Quasi 5 mila, 4.933 per la precisione, è il numero degli evasori totali scoperti dalla Guardia di Finanza dall’inizio dell’anno ad oggi per un totale di bel 17 miliardi di euro non dichiarati. Un numero impressionante e destinato a crescere nelle prossime settimane dopo l’entrata in vigore in questi giorni del tanto temuto “redditometro“.

Ma i numeri, impietosi nella loro freddezza, non sono finiti qui: 19.000 sono i lavoratori irregolari nel nostro Paese, di cui 9.000 impiegati completamente in nero eludendo qualunque tassa da parte di oltre 3.200 datori di lavoro. Un’economia sommersa – sotto il pelo della legalità, ma abbastanza alla luce del sole per essere intercettata con relativa facilità – che danneggia irrimediabilmente le casse dello Stato, alterando le regole del mercato e costringendo, come logico che sia, l’insostenibilità della pressione fiscale.

Sfrecciava in Ferrari: evasore “beccato”

Il desiderio di vivere una vita agiata, al di sopra delle sue possibilità, ha smascherato un imprenditore di Tortona che, incurante del fatto che sfrecciare in Ferrari per le vie della città potesse destare sospetti, è stato colto in fallo dalla Guardia di Finanza.

L’uomo, a capo di un’azienda operante nella zona nel settore del commercio di rottami, era da tempo sotto il mirino dei finanzieri, insospettiti dal tenore di vita, troppo elevato data la sua professione e le sue entrate, almeno quelle dichiarate.
Dopo mesi di indagini silenti, è stata scoperta un’evasione fiscale di oltre 400.000 euro e un giro di fatture false, emesse con alla complicità di cinque imprese della provincia, grazie alle quali la sua azienda aveva abbattuto i ricavi, diventando sempre più competitiva.

Le fatture false sono ben 700, per un importo complessivo di circa due milioni di euro, relative a operazioni inesistenti. Alcune di queste erano servite a coprire acquisti operati “in nero” da raccoglitori di rottami abusivi.
Ovviamente, alla luce di quanto scoperto, l’evasore è stato denunciato per dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e per emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

Forse ora si sarà pentito di aver esibito la sua fiammante Ferrari F430?

Vera MORETTI

Befera: il Redditometro tutela gli onesti

Ormai sembra l’unico rimasto a difendere il redditometro. Parliamo del direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, il quale è ormai il padre adottivo di questo strumento fiscale, abbandonato alla nascita dai genitori biologici e mai desiderato da chi è venuto dopo di loro.

Befera è infatti tornato a parlare dello strumento di accertamento fiscale durante l’edizione 2013 di Telefisco, annuale convegno online dedicato alle tematiche fiscali. “Il redditometro – ha detto Befera – sarà uno strumento che permetterà un doppio confronto con il contribuente“. “Gli accertamenti delle Entrate – ha continuato – sono attività unilaterali. Dopodiché si apre un dibattito con il contribuente, che può dimostrare se quanto abbiamo noi valutato non è corretto. Il contribuente può portarci documenti aggiuntivi, e in quella fase di contradditorio si può arrivare a una modifica, anche in autotutela, o alla cancellazione dell’accertamento. Con la particolarità che in questo caso l’incontro avviene due volte, una prima del procedimento e un’altra dopo l’accertamento vero e proprio“.

Dopodiché, Befera ha tranquillizzato gli imprenditori ricordando come il redditometro è finalizzato agli accertamenti sulle persone fisiche e non sulle imprese: “Con il redditometro faremo 30-35mila controlli quest’anno, dicendo addio ai controlli basati su moltiplicatori e valori catastali e concentrandoci sulle spese reali effettivamente sostenute“. Il direttore delle Entrate ha anche annunciato che la circolare applicativa sul redditometro arriverà nel giro di un paio di mesi.

Poi la stoccata, piuttosto seccata, a mass media e opinione pubblica: “La lotta all’evasione in Italia è difficile. Ogni volta che si tenta di fare un passo avanti si scatenano polemiche di tutti i tipi. L’anno scorso di questi tempi c’era la spettacolarizzazione delle operazioni sul territorio, come quelle a Cortina, e allora ci chiedevano di fare l’incrocio di banche dati. Ora l’abbiamo fatto, con il redditometro, e si sono scatenate altre proteste. Il redditometro non è altro che un incrocio di banche dati e riguarda un numero limitato di soggetti responsabili di un’evasione sfacciata“.

Torna, dunque l’aggettivo “sfacciata” riferito all’evasione nel vocabolario beferiano. E torna di nuovo, ascoltando le sue parole, la sensazione di “uomo solo al comando” nella lotta ai mariuoli. Sarà che tutti i leader politici sono impegnati in campagna elettorale e a promettere improbabili tagli di tasse, ma il contrasto all’evasione sembra essere rimasto ormai affare di pochi.

Redditometro, i dubbi di tributaristi e artigiani

di Davide PASSONI

Come c’era da aspettarsi, non sono mancate le prese di posizione contro il redditometro da diverse associazioni professionali e di categoria. Quando non si tratta di veri e propri attacchi, ci si trova comunque di fronte a perplessità o, quantomeno, a inviti alla cautela.

Come dimostra l’Istituto Nazionale Tributaristi il cui presidente, Riccardo Alemanno, sottolinea come “ogni strumento che possa fare emergere imponibile sottratto a tassazione è da accogliere positivamente, quindi anche la nuova versione del cosiddetto redditometro può essere estremamente utile nella lotta all’evasione fiscale“.

Chiarito ciò, Alemanno mette in guardia dalle inevitabili difficoltà applicative del nuovo strumento informatico, soprattutto laddove viene richiesto al contribuente di documentare spese ed investimenti, di giustificare tutte le forme di reddito o comunque di entrate di denaro. “Senza volere entrare nel merito dal punto di vista giuridico, uno strumento che sicuramente burocratizzerà la vita delle famiglie, ma il cui fine, ovvero fare emergere i redditi non dichiarati, è sicuramente condivisibile anche per il mantenimento e possibilmente dell’incremento degli aiuti al welfare“.

Naturalmente, secondo Alemanno, un giudizio ponderato potrà essere dato solo avere provato, nel concreto e con casi reali il nuovo strumento di controllo. Ai cittadini dovrà essere dato un congruo periodo di tempo per recuperare i documenti giustificativi di investimenti, reddito e spesa. “Inoltre sarà fondamentale il ruolo delle banche dati delle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici nonché degli istituti di credito: la loro capacità di incrociare dati e documenti potrebbe sollevare il contribuente dal presentare documentazione già in loro possesso, cosa che nel recente passato ha invece incontrato grosse problematiche“.

Insomma uno strumento che “se serve a colpire chi possiede beni di lusso ed ha un alto tenore di vita ma dichiara redditi bassi, senza fornirne giustificazione, ben venga; se invece si tramuterà in una sorta di controllo della vita delle persone e delle famiglie, allora vorrebbe dire che se ne è sbagliato l’uso“.

Anche la Cgia di Mestre ha recentemente sollevato qualche perplessità sugli esiti che il redditometro dovrebbe originare. Secondo l’associazione mestrina, che ha analizzato con attenzione la “Relazione Tecnica” al DL n° 78/2010 del 31 maggio 2010, che ha dato origine al nuovo redditometro, con la sua applicazione l’erario dovrebbe incassare nel 2013 quasi 815 milioni di euro: 100 milioni grazie all’attività accertativa e altri 715 circa per mezzo della dissuasione che provocherà nei confronti dei contribuenti. Insomma, come direbbero gli americani… peanuts, noccioline, a confronto con le cifre vere dell’evasione in Italia.

Ci rendiamo conto che stiamo parlando di effetti economici sulle entrate poco più che marginali – ha infatti tuonato Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre –? Con l’applicazione del Redditometro abbiamo gettato nel panico milioni di famiglie italiane per nulla. Sia chiaro: io spero che il redditometro stani gli evasori totali, colpisca chi le tasse non le paga, ma se le previsioni di incasso sono queste, concentrate per la stragrande maggioranza sull’autotassazione, il pericolo che il redditometro tradisca le aspettative è molto probabile“. E avanti così…

Redditometro: come funziona

L’aura di strumento maledetto che il redditometro porta con sé, in realtà verrebbe meno se lo si guardasse nel dettaglio. In effetti, quando si pensa a strumenti di accertamento fiscale, si immaginano accrocchi bizantini, tabelle e tabelle con campi da compilare, dati da inserire, cifre da dedurre; modelli e strumenti fatti apposta per far inciampare il contribuente sulle minuzie così che… zac! l‘amministrazione tributaria gli bussa alla porta in men che non si dica.

Invece, tra i tanti dubbi e difetti, il redditometro 2013 almeno un pregio ce l’ha: è relativamente semplice nella compilazione e nel meccanismo di verifica. Intanto, consumi e tenori di vita sono confrontati sulle fonti di reddito dichiarate, senza controlli patrimoniali e bancari incrociati. Per fare ciò, sono state censite 100 voci di spesa critiche, divise in due gruppi: il primo riguarda spese fatte in Italia, dagli immobili, alle auto, dai movimenti di capitali alle utenze, dai mutui alla sanità privata alle ristrutturazioni. Il secondo si basa su dati forniti dal contribuente: in primis la dichiarazione dei redditi, dove hanno un peso importante le deduzioni. In merito ai consumi correnti sono utilizzati i dati Istat, ponderati in base al luogo e al tipo di famiglia esaminata.

Una volta compilato, il redditometro ha un margine di tolleranza del 20% tra reddito dichiarato e spese accertate: oltre questo limite, il fisco chiederà al contribuente spiegazioni. Se lo scostamento del 20% è inferiore ai 12mila euro l’anno, il controllo non sarà effettuato. Un bonus pensato per correggere gli errori dovuti all’applicazione delle medie Istat.

C’è poi la parte più “pittoresca”, del redditometro, quella dei cosiddetti “beni simbolici”. Il vecchio redditometro, tanti lo ricorderanno, chiedeva al contribuente notizie sulla proprietà di beni come barche, aerei, cavalli, che costituivano gli elementi per presumere e attribuire un reddito al contribuente. Adesso l’accertamento delle spese viene fatto su uno spettro più ampio di beni e su dati certi in possesso dell’Agenzia delle entrate, come la potenza delle auto, la lunghezza delle barche, i consumi elettrici.

Ma che cosa succede se si riscontra lo scostamento fatidico del 20% con superiore ai 12mila euro? Scatta la convocazione dell’Agenzia delle entrate che si diventa contraddittorio e poi accertamento fiscale se l’amministrazione tributaria non viene convinta dalle spiegazioni del contribuente. Quest’ultimo può difendersi dimostrando che il Fisco ha ricostruito le sue spese in modo errato o che i pagamenti “sospetti” sono stati effettuati da terzio o fatti grazie a risparmi accantonati. Attenzione: in questi ultimi due casi è necessario avere le pezze giustificative, negli altri casi no, dato che di molti di queste spese l’Agenzia delle Entrate ha già traccia. E se tutto questo non bastasse e il Fisco fosse certo delle proprie ragioni, il bollo di evasore arriva appiccicato dritto sulla schiena: insieme a una multa pari al 30% della quota in eccedenza. In bocca al lupo…

Un orfanello di nome redditometro. C’è, ma nessuno lo ha creato

di Davide PASSONI

Nelle scorse settimane in Italia si è assistito a un teatrino politico con pochi precedenti. Protagonista: il redditometro. Co-protagonisti (tra gli altri): Mario Monti, Silvio Berlusconi, Giulio Tremonti.

L’attuale presidente del Consiglio, al cui governo è toccato l’onere di tenerlo a battesimo, ha scaricato la responsabilità su Berlusconi: “È stata un’altra delle tante bombe a orologeria messe dal mio predecessore che ha punteggiato il percorso del nostro governo. Io non l’avrei messo“, ha dichiarato. Berlusconi, naturalmente, a capo del governo che lo ha ideato, dice che si tratta di uno strumento da “stato di polizia“. Tremonti, a capo del ministero che, di fatto, lo ha creato, lo ripudia: “Non solo non ho adottato nessun decreto applicativo contenente le ‘cento voci’ di redditometro, ma comunque non avrei firmato un decreto del tipo di quello di Monti, esteso a così vasto spettro, basato su statistiche di massa, di riflesso così intrusivo“.

Un orfano, insomma, questo redditometro: figlio di nessuno e, in più, odiato da tutti. Praticamente tutto l’arco costituzionale lo denigra, le associazioni di categoria lo vedono come il fumo negli occhi, buona parte delle categorie professionali esprime perplessità su alcuni suoi aspetti, le associazioni dei consumatori gridano, come tanti, al terrorismo e alla vessazione.

Sembra rimasta solo l’Agenzia delle Entrate a difendere il povero figlio di NN. Il suo direttore, Attilio Befera, parla di strumento contro “l’evasione sfacciata“, il vicedirettore Marco Di Capua esclude che il redditometro serva a lanciare una “crociata contro i ricchi“. E ci crediamo, sono loro quelli ai quali tocca portare i risultati, scovare i mariuoli, portare nelle casse dello Stato i soldi che dovrebbero servire (in un Paese normale…) ad abbassare le tasse per quanti, onestamente le pagano. Ed è grazie al loro lavoro, e a quello della Guardia di Finanza, che poi i presidenti del Consiglio vanno in televisione a vantare numeri e successi del Fisco. Anche se, sia mai, il redditometro mica lo hanno inventato loro, no! Anzi…

Tutti bravi a parlare di lotta all’evasione, un po’ meno ad andare oltre la critica proponendo soluzioni costruttive. Come recuperare, allora, i 13 miliardi di euro di evasione fiscale accertati lo scorso anno?

Durante questa settimana, cercheremo di capire di più su questo contestatissimo strumento ascoltando le voci di quanti, direttamente o meno, avranno a che fare con lui da qui ai prossimi mesi e cercando, tra i pochi pro e i tanti contro, di offrire a voi lettori gli strumenti per farvi un’opinione la più oggettiva possibile. Che, ne siamo consapevoli, potrebbe cambiare di colpo se foste tra quelli cui toccherà in sorte l’accertamento tramite il redditometro…

Pressione fiscale da record: sale al 55%

Un pressione fiscale effettiva pari al 55%. L’Italia detiene il primato della pressione del Fisco più alto al mondo,  oltre che il più elevato della propria storia economica recente.

Se la pressione fiscale apparente nel 2012 si è stabilizzata su livelli pari al 45,2% del Pil, la pressione effettiva percepita sale però di ben 10 punti.  E’ quanto rileva il rapporto del Centro studi di Confcommercio ‘Sulle determinanti dell’economia sommersa’.

Il valore della pressione fiscale effettiva “non solo è il più elevato della nostra storia economica recente – precisa Confcommercio – ma costituisce un record mondiale assoluto”.

L’Italia si posiziona infatti in cima alla classifica con il 55%. seguita da Danimarca (48,6%), Francia (48,2%) e Svezia (48%). Il dato è invertito se si guarda alla pressione fiscale apparente: per l’Italia si attesta al 42,5%, è il Belpaese  questa volta è quinto dietro la Danimarca (47,4%), la Francia (46,3%), la Svezia (45,8%) e il Belgio (45,8%).

Come convivono dunque i due dati? Il problema reale per l’italia è il sommerso: se si guarda infatti al rapporto tra pressione fiscale e Pil al netto del sommerso, che vale il 17,5% del Prodotto interno lordo, allora la pressione fiscale effettiva in Italia sale al 55%. Un’incidenza estremamente elevato quello dell‘evasione fiscale in Italia:  l’imposta evasa ammonterebbe infatti a circa 154 miliardi di euro (il 55% di 280 miliardi di imponibile evaso). Anche in questo caso, un record mondiale per l’ Italia: il Belpaese è infatti  al primo posto al mondo davanti a Messico (12,1%) e Spagna (11,2%) per quanto riguarda l’evasione fiscale.

Hai comprato casa? Evasore!

di Davide PASSONI

L’Agenzia delle Entrate l’ha fatto ancora, ci ha preso di nuovo per evasori fiscali a prescindere. Ma questa volta l’ha fatto con il sorriso sulle labbra, con la mano tesa che sembra aiutare e invece, come al solito, questua, con una finta aria bonaria che in realtà è la supponenza di chi pensa di essere sempre e comunque dalla parte del giusto.

Lo ha fatto con una lettera spedita a circa 300mila contribuenti che, più che una lettera, è un vero e proprio ultimatum. Il senso della missiva è: caro contribuente, c’è qualcosa che non ci torna, perché nel 2010 ci risulta che tu abbia fatto delle spese non compatibili con quanto riporti nella tua dichiarazione dei redditi 2011. Se, come pensiamo, hai fatto quelle spese utilizzando soldi provenienti da fonti di reddito non dichiarate, per favore, mettiti in regola, fai anche tu le tue veririche, nel caso fai un bel ravvedimento operoso, saldaci quanto ci devi e ci hai invece nascosto e tutto si sistemerà. In caso contrario occhio, perché faremo altri controlli e ti verremo a beccare.

Beh, che c’è di male, direte voi? Una moral suasion nei confronti dei contribuenti per non abbassare la guardia di fronte all’evasione. Sacrosanto, ma cosa pensare del fatto che praticamente tutte le persone che l’hanno ricevuta si sono ritrovate indicate tra le spese sospette l’acquisto di una casa? Ovvio che non si può confrontare l’importo dell’acquisto con la sola dichiarazione 2010, visto anche che la normativa precedente prevedeva che tale costo sarebbe stato ripartito in cinque anni e non calcolato solo su un periodo d’imposta. Una casa diventa a prescindere un acquisto sospetto: ditelo a quelli che magari l’hanno acquistata con l’aiuto di parenti, dando fondo ai risparmi e con un mutuo asfissiante

Insomma, un’altra occasione persa dall’Agenzia delle Entrate per dimostrare di essere non solo dalla parte dello stato ladro ma anche da quella di tutti i contribuenti onesti. Tutti. Perché è vero che a sparare nel mucchio qualche nemico lo si becca, ma si fanno anche tante vittime innocenti. E di questi “danni collaterali“, oggi, proprio non ne abbiamo bisogno.

Ah, a proposito, qui sotto il testo della lettera. Valutate voi. E se l’avete ricevuta, diteci che cosa ne pensate?
Gentile contribuente, desideriamo offrirle alcuni elementi di valutazione relativi ai redditi dichiarati nel 2011 (anno d’imposta 2010). Questa comunicazione ha finalità esclusivamente informative e pertanto non è necessaria, da parte sua, alcuna risposta.

Dal confronto dei dati indicati nella sua dichiarazione dei redditi 2011 con le informazioni presenti nelle banche dati dell’Agenzia delle Entrate, risultano alcune spese apparentemente non compatibili con i redditi dichiarati. La natura di tali spese (ad esempio acquisto di autovetture, acquisto di imbarcazione da diporto, spese per lavoro domestico) è indicata nel prospetto allegato. Per tutelare la sua riservatezza, nel prospetto non è precisato l’ammontare delle spese rilevate dalle banche dati dell’Agenzia, nel presupposto che le siano certamente note, in quanto relative alla recente annualità 2010.

Nel caso in cui rilevi errori o incongruenze nel prospetto allegato, può comunque segnalarli inviando una mail all’indirizzo dc.acc.commsint@agenziaentrate.it o rivolgersi ai Centri Assistenza Multicanale, telefonando al numero 848800444. Se invece non rileva errori o incongruenze, la invitiamo a valutare le compatibilità del reddito complessivo dichiarato per il 2010 con le spese indicate nel prospetto e con le altre spese, di diversa natura da lei sostenute nel 2010 (incluse quelle per il suo sostentamento e quello di eventuali familiari a carico).

Infatti, in sede di controllo della dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2010, l’Agenzia delle Entrate effettuerà una analoga valutazione e, in presenza di spese di ammontare complessivo significativamente superiore al reddito dichiarato, procederà ai necessari approfondimenti. In particolare, le potrà essere chiesto di dimostrare che la quota di spese eccedente, per almeno un quinto, il reddito complessivo dichiarato sia stata finanziata con redditi diversi da quelli posseduti nel 2010, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.

Le ricordiamo che, nel caso in cui non fosse in grado di dimostrare la compatibilità delle spese sostenute con il reddito dichiarato, l’Agenzia delle Entrate potrà procedere all’accertamento sintetico del reddito complessivo. Le suggeriamo quindi di considerare con attenzione questa comunicazione e le opportunità di ravvedimento offerte dalla normativa fiscale (art. 13 del decreto legislativo n 472/1997). La invitiamo a considerare il contenuto di questa comunicazione anche ai fini della dichiarazione 2012, valutando la compatibilità delle spese effettuate lo scorso anno con il reddito complessivo da dichiarare.

Caccia all’evasione 2.0

 

Un nuovo modo per ‘scaricare’ le tasse, o meglio gli evasori. Si chiama Tassa.li, la nuova app per Android e Apple che permette di segnalare direttamente dal proprio smartphone chi evade il fisco. Come?

Basterà scaricare sul proprio cellulare l’app gratuita e tenere gli occhi aperti: Tassa.li permette infatti agli utenti di segnalare in tempo reale e in modo anonimo ogni abuso al fisco. Scontrini mancati, fatture non emesse, importi non corretti. L’idea è semplice e intuitiva: basterà scrivere l’importo della mancata ricevuta e indicare a quale delle quattro categorie fa parte (bar e ristoranti, locali notturni, servizi, negozi) e premere invio. Il gioco è fatto: la segnalazione è partita. Grazie infatti al sistema di localizzazione satellitare dei cellulari la posizione dell’evasore viene rilevata e inviata immediatamente al server di Tassa.li.

Un vero e proprio data base stana-evasore, che ha già raggiunto quota 27 mila utenti che hanno inviato oltre 43 mila segnalazioni tramite il sistema ‘Tassa.li’. In coordinamento con la Guardia di Finanza e le Forze dell’Ordine, la nuova app ha già permesso l’individuazione di oltre 7 milioni e 300mila euro di evasione.

Tassa.li è nata da un’idea di un giovanissimo imprenditore, Edoardo Serra, che insieme a un gruppo di ‘malati di tecnologia’, fra cui alcuni studenti del Politecnico di Milano ha dato vita alla nuova application. L’app era già stata lanciata a luglio 2011, ma solo dopo il boom dei controlli di finanza nelle varie città italiane ha conquistato la ribalta di giornali e siti web. Per chi non possiede uno smartphone, Tassa.li è disponibile anche in versione web.

L’esercito degli evasori totali

Tra il 2001 e il 2010 la Guardia di Finanza ha svolto un lavoro ciclopico di lotta all’evasione fiscale e al lavoro nero. Secondo un’laborazione dell’Ufficio Studi della Cgia di Mestre, nel periodo indicato sono stati scovati quasi 350mila lavoratori in nero ed evasori totali e paratotali. L’imponibile recuperato dal contrasto all’evasione si aggira attorno ai 230 miliardi di euro: un valore leggermente superiore al Pil di Piemonte e la Toscana.

Secondo il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi, “se facciamo una media molto trilussiana possiamo dire che in questi ultimi 10 anni sono venuti a ‘galla’ mediamente oltre 63 milioni di euro al giorno“.

Riguardo alla crescita dell’imponibile recuperato, in termini assoluti si è passati dai 15,28 miliardi accertati nel 2001 ai 49,24 “recuperati” nel 2010: +222% nel decennio.

Non è un caso – dice ancora Bortolussiche l’imponibile accertato abbia assunto dimensioni rilevanti negli ultimi 4 anni. Il merito va alla politica adottata dall’Amministrazione finanziaria che ha intensificato in maniera encomiabile l’azione contro i grandi evasori e coloro che sono completamente sconosciuti al fisco“.

Se sarà introdotta la cosiddetta patrimoniale – prosegue-, a pagare non saranno, ancora una volta, solo coloro che sono conosciuti al fisco, mentre chi è un evasore totale la farà franca ancora una volta? Quindi, non è meglio potenziare l’attività di contrasto alla grande evasione che in questi ultimi anni ha dato ottimi risultati?“.

Parlando di persone, nel periodo in esame ne sono state scoperte quasi 350mila: 81.770 evasori totali (persone completamente sconosciute al fisco) e paratotali (contribuenti che hanno occultato oltre il 50% del loro giro d’affari) e altri 267.355 che svolgevano un’attività completamente o del tutto in nero.

Secondo l’Istat, però, in Italia l’imponibile sottratto ogni anno al fisco attorno è di circa 250/275 miliardi di euro. Se nel 2010 sono stati recuperati poco meno di 50 miliardi, significa che siamo ancora intorno al 20% del totale stimato.

Attenzione a distinguere bene tra imponibile accertato e riscossione effettiva, ossia i soldi che concretamente finiscono nelle casse dell’Erario dopo i vari livelli di giudizio. “Ebbene – conclude Bortolussile riscossioni effettive, seppur in forte aumento negli ultimi anni, si aggirano attorno al 10-12% dell’imponibile accertato. Un risultato ancora contenuto che va assolutamente migliorato“.