L’Ue di Draghi: come difendere i capitali privati

Nonostante la Bce non possa finanziare gli stati membri dell’Eurozona, pare che Draghi intenda stampare nuova moneta per salvare l’insalvabile, per andare incontro alle banche spagnole e forse anche italiane. Sostiene che è suo compito far funzionare la politica monetaria, anche in questo modo. In pratica, però, si creerebbe ricchezza dal nulla, semplicemente stampando carta/denaro.

Il sistema bancario compra quindi titoli di Stato, che, per ricapitalizzarsi, rivende alla Bce in cambio di denaro fresco; la Bce così si troverebbe in portafoglio titoli di Stato a rischio default, fallimento che a quel punto sarebbe a carico dei contribuenti dell’intera Unione Europea e non più dei singoli Paesi che hanno generato il debito. Chi ha più crediti, ha più da perderci, chi ha debiti ha solo da guadagnarci. Tra noi, gli spagnoli e i tedeschi, questi ultimi sono certamente i maggiori creditori.

E’ una strategia semplicistica, ma contorta: pare, però, sia questa la strada indicata da Draghi.

La Bundesbank è ovviamente contraria a questa politica, ritenendola non coerente con le prerogative della Banca centrale europea, mentre la Merkel è incredibilmente d’accordo sia con Draghi  sia con la Bundesbank!

Sarà il preludio degli Stati Uniti d’Europa, a cui Angela si sta candidando alla Presidenza? Quanti e quali Stati accetteranno di rinunciare alla loro sovranità fiscale in favore di quella europea? Quali Paesi vorranno vedersi sottratte le decisioni di spesa del gettito fiscale? Ci immaginiamo un’Italia così? Forse sarebbe auspicabile per risanare una volta tanto la situazione, ma dubito che i nostri politici rinunceranno al loro strapotere.

Sarà più probabile che si abbandoni l’Europa, reclamando a gran voce il diritto di spendere (o sprecare) come si ritiene più opportuno le entrate fiscali.

Ecco quindi sorgere un nuovo motivo di frattura nella Ue. Il problema è che chi ha debiti probabilmente non avrà molta voglia di accettare la severità dei provvedimenti Merkel, chi ha crediti invece è molto bendisposto verso questa rigidità.

Tutto ciò ha ovviamente ha a che fare con le decisioni di investimento dei risparmi e del capitale familiare, poiché un’uscita dall’Area Euro potrebbe causare riduzioni del potere di acquisto della nostra nuova moneta (un ritorno alla lira?) e dei beni reali connessi (in primis gli immobili). Se gli italiani, poco avvezzi ad un approccio comportamentale alla gestione del denaro, vorranno almeno mantenere intatto il valore del proprio patrimonio, sarà sempre più necessario il supporto di un financial planner indipendente.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Seguire la rotta per non perdersi

Perché concentriamo sempre la nostra attenzione sul rendimento dei nostri investimenti finanziari e non sul perché stiamo investendo denaro, invece, magari, di spenderlo tutto? Perché, di fondo, certe scelte avvengono senza una piena consapevolezza degli scopi, e perfino di se stessi. Questo aspetto, non l’andamento delle Borse, è il vero rischio degli investimenti finanziari.

Una breve storiella forse aiuterà a comprendere meglio la questione: Nestore, il risparmiatore, non si fida dei mercati azionari e si ripromette che mai e poi mai investirà in azioni. Il suo amico Ulrico, invece, che vuole comprarsi una barca a vela, ha iniziato ad investire in azioni, con notevole profitto. Dopo alcuni mesi, le azioni continuano a salire, Ulrico cerca di convincere il suo amico Nestore che sono un buon affare, ma Nestore non cede. Dopo altri mesi, e dopo che Ulrico ha realizzato il suo sogno con quanto guadagnato con le azioni, Nestore decide di investire. Lo dice ad Ulrico, che gli risponde: “Ah, io stavo proprio pensando di vendere parte delle mie azioni, perché ho già avuto tanto”. Nestore compra azioni e il mercato sale ancora un po’, ma poi inizia a scendere, fino a perdere il 30% del prezzo che ha pagato e Nestore, spaventatissimo, decide di vendere. Parlando con Ulrico, scopre che lui ora invece sta pensando di ricomprare un po’di azioni.

Quanto ci sentiamo Nestore e quanto Ulrico? Ovvero, quali sono i nostri obiettivi nelle scelte finanziarie?

Ogni investimento ha connesso uno o più rischi specifici, ed è quindi necessario misurare il rischio che siamo disposti a sopportare rispetto alle nostre finalità.

Se l’obiettivo di Nestore è, per esempio, raddoppiare il suo capitale di 200mila euro in 5 anni, perché  vuol comprare una casa al figlio, dovrà cercare un rendimento del 20% annuo medio, con conseguente rischio elevato. Se l’obiettivo di Ulrico è di comprarsi una barca a vela del costo di 100mila euro tra 5 anni, e ha un capitale di 500mila euro, sarà sufficiente un rendimento del 4%. Inoltre, i due obiettivi potrebbero avere priorità diverse.

La casa per il figlio potrebbe essere un obiettivo primario, la barca a vela un obiettivo secondario. Un obiettivo secondario non raggiunto non mette in crisi la vita, un obiettivo primario non conseguito, può creare seri problemi esistenziali. Ma poi perché investire in azioni e non in obbligazioni, titoli di stato, etf, fondi, derivati e così via? I mercati ci ricordano insomma che l’uso del denaro non è ‘inodore e incolore’, ma è sempre connesso ai valori e al senso della nostra vita. Il denaro può essere considerato un mezzo o un fine. Con tutte le conseguenze relative da mettere in conto. E alla fine comunque ne va della nostra esistenza.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Banche e tutela dei depositi: quali garanzie?

 

La liquidità, sia in azienda che sul conto personale, non dovrebbe rappresentare un problema, semmai la sua mancanza! Invece non è così; spesso la liquidità aziendale o personale non è detenuta in quantità ideali, se ne tiene troppa, rinunciando a possibili utili da investimento, o troppo poca, con conseguenze pesanti se si finisce “in rosso” sul conto corrente.

Quindi dove si parcheggia la liquidità?

Sul conto deposito, che è garantito. Da chi? E fino a quale importo?

Le banche italiane si sono accordate dal 1987 per creare un fondo interbancario (e sono obbligate ad aderirvi) che interviene nel caso una delle consorziate, autorizzate in Italia, venga posta in liquidazione coatta amministrativa, l’equivalente della procedura fallimentare che si attua per le aziende.

Se invece è una succursale di  banca comunitaria operante in Italia, l’adesione non è obbligatoria e la garanzia opera solo se il sistema di garanzia è intervenuto nel Paese di appartenenza.

Le succursali di banche extracomunitarie, invece, sono obbligate ad aderire a meno che non partecipino già ad un sistema di garanzia nel Paese di origine.

Quindi se sono banche non italiane, potrebbero non aderire al fondo.

Che cosa garantisce il fondo? In pratica i depositi che la banca si è obbligata a restituirci e gli assegni circolari. Quindi sono esclusi depositi e fondi rimborsabili al portatore, titoli, pagherò cambiari, accettazioni.

Fino a quale cifra il fondo rimborsa? 100.000 euro per depositante (non più 103.291,38), quindi se avete più conti, il limite massimo è sempre quello sulla somma dei depositi, non per ogni conto; se avete conti cointestati, vale per ogni intestatario, per cui un solo conto intestato a due persone avrà limite massimo 100.000 più 100.000. Se invece avete conti su banche diverse, non è chiaro se il limite è considerato per banca o per depositante, poiché il regolamento parla solo del caso del fallimento di un singolo istituto di credito.

Chi garantisce i depositi? Non lo Stato, ma le stesse banche consorziate, che intervengono “a chiamata”, cioè in caso di necessità, e per quote di contribuzione proporzionate a quanto “assicurano” presso il fondo, cioè all’ammontare dei depositi tutelati, non agli attivi in generale. Può accadere che una piccola banca abbia molti conti deposito e che una grande ne abbia pochi.

Il fondo quindi non ha una dotazione finanziaria propria, se non per le spese di funzionamento, ma interviene solo quando necessario, chiedendo alle consorziate di mettere a disposizione gli importi necessari a coprire il ‘buco’ creato dalla consorziata in difficoltà.

Quante volte è intervenuto il fondo? Raramente, solo nove in venticinque anni, sempre per banche a carattere locale e solo una volta la soluzione è stata il rimborso dei depositanti: negli altri casi si è proceduto alla cessione delle attività e delle passività, in pratica un altro istituto ne ha rilevato le quote.

Ecco una tabella che descrive lo scenario.


Una riflessione: se una banca con depositi molto elevati dovesse essere posta in liquidazione coatta, le altre banche riuscirebbero ad avere le risorse sufficienti per rimborsare i depositanti? E se le banche in crisi dovessero essere più di una contemporaneamente o a cascata? Il fondo garantirebbe i depositi per tutti? Non è mai accaduto, quindi non si può sapere. Di fatto, la tutela non è così forte come si potrebbe immaginare e presenta parecchi punti deboli, che in caso di grave crisi del sistema bancario potrebbe non reggere l’impatto e non riuscire a far fronte agli impegni presi. In un momento in cui tutte le banche stanno cercando di fare raccolta allettando i clienti con i rendimenti dei conti deposito, e non spiegano le lacune del fondo di tutela, sarebbe bene valutare questo rischio “emittente” esattamente come si dovrebbe fare quando si acquista un titolo.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Euro in crisi? Ecco come salvare il patrimonio

Se, dopo lunga agonia, l’Italia verrà estromessa dalla Zona Euro oppure se altri Paesi meno critici decideranno di uscirne per non essere travolti dal disastro oppure, ancora, se si creeranno due Zone Euro “ a diversa velocità”, in ogni caso ci troveremo con una valuta più debole e un potere d’acquisto ridotto.

Quindi, tutto ciò che è prodotto in Italia varrà di meno, compresi i prodotti finanziari, anche se li acquisteremo all’estero; per esempio, un fondo di diritto lussemburghese, ma gestito da una SGR italiana, subirà la stessa sorte di un fondo di diritto italiano, poiché fa fede la valuta del Paese in cui è emesso o gestito.

Quali strumenti sono in grado di evitare la perdita del potere d’acquisto? Innanzitutto bisogna valutare quanto è concreto il rischio che si avveri l’ipotesi di uscita dall’Euro ed attribuire una percentuale al fatto che l’evento si verifichi. Poi è necessario ipotizzare di quanto potrebbe svalutarsi la nostra moneta; del 10%, del 50%…? Infine, è da considerare quanta parte del capitale è direttamente connesso al rischio Paese; ad esempio quanti titoli di Stato, quanti immobili sono posseduti in Italia, quanti titoli di società italiane sono attualmente in portafoglio. Fatte queste considerazioni, si può pensare di investire una parte del patrimonio a protezione del rischio. Quanta parte, dipende dalle variabili appena elencate.

Quali sono gli investimenti da prendere in considerazione? Valute non Euro e non collegate ad esso, beni reali, titoli emessi da società e Paesi non Euro. Sopratutto ciò che ha un valore di fondo concreto e non creato solamente dalla finanza. Titoli di Stato di Paesi ancora solidi e con valuta forte, titoli di aziende in utile e in crescita, beni reali non legati a mode o a Paesi specifici (se avete una casa, è vincolata all’andamento del Paese dove è costruita, se avete un lingotto d’oro è indifferente dove lo avete acquistato e dove lo volete vendere o portare).

La diversificazione è quanto mai opportuna anche in questo caso, quindi non concentrate tutte le uova nello stesso paniere, ma suddividete su mercati, Paesi, emittenti beni diversi, in proporzioni adeguate all’intero patrimonio e al rischio preso in considerazione.

Non è consigliabile fare un simile piano da soli, è opportuno farsi consigliare da chi, in maniera indipendente e senza conflitto di interesse, può dare un parere nel vostro esclusivo interesse. Insomma, non chiedete all’oste se il vino è buono, piuttosto assumete un sommelier che vi aiuti nella scelta migliore per voi.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Salverò il mio patrimonio?

Se e quando l’Italia uscirà dalla Zona Euro non ci è dato saperlo. Il problema è che, oltre alle difficoltà economiche di quasi tutti gli Stati “forti” (Cina compresa), stiamo vivendo una difficoltà di carattere politico. Cioè l’economia e la finanza sono in balia, sempre più, delle decisioni politiche europee.

Si diffonde anche il dubbio che questa classe politica sia veramente all’altezza della situazione e che sia davvero in grado di trovare soluzioni valide per il nostro futuro, non il solito rappezzo alla bell’e meglio. Che l’Unione Europea non abbia le idee chiare su come debba svolgersi la politica monetaria e fiscale, non è un mistero. Una “Unione” dovrebbe, come minimo, avere unità di intenti, altrimenti potremmo chiamarla “Separazione Europea”, forse calzerebbe meglio.

In questo clima totalmente incerto, cosa potrebbe accadere alla nostra moneta unica?

Gli scenari sono diversi:

1)  Si potrebbero creare due Zone Euro, una serie A, con i Paesi più virtuosi (sempre meno) e una serie B (molto più affollata), con due monete diverse, l’attuale Euro per la zona A e un Euro B (svalutato) per la zona B;

2)  Alcuni Paesi “virtuosi” potrebbero decidere di uscire dall’area Euro attuale, utilizzando la moneta d’origine (rivalutata);

3)  Alcuni Paesi potrebbero essere estromessi dall’area Euro e tornare alla propria moneta d’origine (svalutata).

Potrebbe anche esserci un mix delle diverse soluzioni.

Non credo che tutto questo possa accadere in tempi brevi, penso più che altro ad una lenta agonia, basta guardare alla Grecia per capire.

Certamente, il nostro Paese è tra quelli meno virtuosi, declassato dalle agenzie di rating, con prestiti obbligazionari che rendono percentuali da Paesi emergenti.

Che cosa succede se si verificano le ipotesi suggerite? In qualsiasi caso, gli Italiani perderanno potere d’acquisto. Quindi se si è investito del denaro in euro in Italia, si vedrà una riduzione dei valori reali. Anche se si comprata una casa, un’auto d’epoca, un quadro, in Italia tutto ciò varrà di meno. Solo alcuni beni reali saranno in grado di sostenere l’impatto, e ne parlerò prossimamente.

Ora vorrei concentrarmi sugli investimenti in azioni, obbligazioni, fondi, certificati, etf, conto deposito, conto corrente. Molti, spaventati da quanto accade e incerti sul da farsi, lasciano le proprie disponibilità economiche sul conto corrente o al massimo su un conto deposito: nel caso del conto corrente, se la banca fallisce, non ci sono tutele. Nel caso del conto deposito, la tutela esiste, ma è labile, e spiegherò prossimamente che cosa significa. Anche un investimento in un fondo di diritto lussemburghese, ma gestito in Italia, potrebbe seguire la stessa decurtazione di valore. Si salverebbero solo gli investimenti in valuta non Euro e non gestiti da SGR italiane.

Non sto suggerendo di investire tutto in valuta, ma sarebbe opportuno riflettere e farsi consigliare da qualcuno che non ha interessi in gioco, se non quello del cliente.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Imprese familiari, come fare progetti di vita felici

Nuovo appuntamento settimanale di Infoiva con il dott. Marco Degiorgis, consulente patrimonialista esperto nel campo della finanza e nella gestione del patrimonio.

Voglio il meglio per i miei figli”: è quanto pensa ogni buon padre di famiglia anche quando si accinge a fare una pianificazione dei propri beni. Dal dire al fare però c’è di mezzo il mare di decisioni che occorre prendere in un ambito che spesso si conosce poco, molto frastagliato e sul quale si esprimono numerosi attori, media, amici, promotori, commercialisti etc, creando più confusione che altro.

Come ogni progetto occorre definire bene l’obiettivo. Che cosa si intende per ‘meglio’?

Il denaro non fa la felicità ma figuriamo senza, diceva qualcuno…

La felicità è il vero obiettivo, e non c’è nulla di più difficile da definire della felicità.

Se poi la propria disponibilità finanziaria è in parte impiegata in azienda, le cose si complicano ancor di più.

Gli elementi da considerare sono infatti un mix di dati obiettivi – numeri, tempi…- ed estremamente soggettivi e irrazionali – affetti, psicologia, emotività. Le esperienze pregresse con il denaro hanno il loro peso.

Immaginate una persona a cui è stato detto, sin da piccolo, che nella vita non avrebbe mai dovuto preoccuparsi del denaro, che ne avrebbe avuto a disposizione in quantità infinita, e che invece si trova a dover faticare per arrivare a fine mese. Probabilmente farà fatica ad avere una percezione del valore del denaro adeguata alla nuova situazione. Oppure una persona che è stata sempre costretta ad umiliarsi per ottenere il denaro che gli serviva. Forse avrà psicologicamente bisogno di gestire il denaro con un sentimento di rivalsa.

Ogni nostra decisione è influenzata da quanto abbiamo vissuto in passato, anche quando si tratta di un investimento, una forma di risparmio, etc. E’ quindi molto difficile che le persone abbiano chiaro ciò che vogliono veramente ottenere con il proprio denaro.

C’è una figura professionale nuova, indipendente da interessi propri sulle varie forme di investimento, in grado di guidare alle decisioni più coerenti con il proprio vissuto, il consulente patrimoniale indipendente specializzato in life planning, in grado quindi di aiutare a districare la matassa di sentimenti, affetti, educazione, avvenimenti, informazioni, bisogni materiali che occorre gestire per una pianificazione finanziaria che dia soddisfazione. Ecco le domande principali a cui rispondere.

Quali sono gli obiettivi che stanno più a cuore? Tempi? Quantità? Quali gli obiettivi subordinati? Con quale priorità li consideriamo?

A questo punto si può ipotizzare una ‘rotta’ che consenta il raggiungimento degli obiettivi e che preveda anche rotte alternative, in caso di tempesta. Adattamento e flessibilità sono sempre indispensabili quanto la verifica, il controllo e la disciplina, se si vuole giungere in porto. La verifica deve essere effettuata sia nei confronti di agenti esogeni, cioè di mutamenti non dipendenti dalla volontà propria (un investimento in azioni di una società terza, etc), sia nei confronti di agenti endogeni, cioè di cambiamenti che avvengono per proprie necessità o volontà (nasce un figlio, pensione anticipata, etc).

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Quando le imprese familiari rischiano il naufragio

Nuovo appuntamento settimanale di Infoiva con il dott. Marco Degiorgis, consulente patrimonialista esperto nel campo della finanza e nella gestione del patrimonio.

Che cosa significa fare pianificazione finanziaria? Vuol dire non navigare a vista nell’incerto mare delle vicissitudini finanziarie di un’impresa, ma dotarsi invece di una buona mappa, tracciare una rotta ed utilizzare tutti gli strumenti (moderni e tradizionali) necessari a mantenerla.

Per tracciare una rotta, bisogna definire però una destinazione, le tappe intermedie, i rifornimenti necessari, quante e quali persone ci saranno a bordo e così via. Quindi si tratta di stabilire a priori un percorso e di fare in modo che questo percorso sia seguito il più fedelmente possibile. E’ anche necessario prevedere alternative alla rotta, poiché gli imprevisti possono sempre accadere, ma non devono impedire di giungere in porto. Sono ragionamenti complessi specie nelle PMI a carattere familiare dove interesse privato e aziendale si intrecciano fino a confondersi, con il rischio di guidare la nave diritta sugli scogli.

E’ difficile identificare gli obiettivi e decidere le priorità degli interessi dell’impresa e della famiglia per fare piani dell’una e dell’altra coerenti.

Gli americani usano una definizione molto calzante, “life planning”, cioè pensare alla vita come ad un piano da modellare secondo le proprie esigenze, e non viceversa, lasciarsi condizionare e trasportare dagli eventi. Occorrono tutele appropriate, personali ed aziendali. Immaginiamo il danno e le difficoltà che può causare una malattia o un infortunio dell’imprenditore/capo famiglia; esistono strumenti come le assicurazioni che possono limitare il danno, si tratta di capire quali siano quelle adatte allo scopo e alla persona in questione.

Il life planning è assolutamente personale, adattabile ad ogni mutamento della vita, e, per questo, in continuo divenire; non serve a nulla avere un piano se non viene monitorato costantemente e rettificato all’occorrenza. Poi è indispensabile sapere cosa si vuole ottenere dalle proprie disponibilità finanziarie e quanta parte di queste è impiegata in azienda: la definizione deve essere precisa, calcolando anche gli ostacoli che impediscono di ottenere quanto agognato e se sono superabili (e come) oppure no.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Pmi: i patrimoni personali a garanzia dei rischi aziendali

 

Secondo appuntamento settimanale di Infoiva con il dott. Marco Degiorgis, consulente patrimonialista esperto nel campo della finanza e nella gestione del patrimonio. Dopo aver affrontato, la scorsa settimana, il tema di “Passaggi generazionali in azienda, oggi ci parlerà di patrimoni personali.

 

Per ottenere finanziamenti, troppo spesso l’imprenditore pone a garanzia il patrimonio della famiglia, a volte inconsapevolmente a causa della scarsa trasparenza di alcune operazioni. Il rischio è di raggiungere uno squilibrio finanziario, a danno dei finanziatori dell’azienda, cioè la  famiglia, che può portare al totale dissesto, con una conseguente perdita di valore e un danno per la società. Poiché in Italia  la maggior parte delle PMI sono imprese familiari, in cui impresa e famiglia sono appunto interdipendenti, l’ “insalata” tra beni di famiglia e beni dell’azienda può fare molto male alla economia del Paese. La tutela del valore dell’impresa dovrebbe essere un compito dell’imprenditore, compito che implica dunque grandi responsabilità non solo personali e familiari.

Purtroppo però l’imprenditore tipico italiano della PMI familiare ha una competenza altissima sui suoi prodotti, molto meno sugli aspetti manageriali.

Ecco allora entrare in gioco la figura del consulente. Ma come scegliere un professionista di una materia che non si conosce o si conosce poco?

Vediamo come è suddivisa oggi l’offerta e quali sono i punti critici.

tipologia di consulenti

valore per la persona e l’impresa

lacune

Studi professionali, commercialisti, consulenti aziendali conoscenza contabile, societaria e fiscale dell’impresa non hanno competenze di gestione finanziaria
Confidi analisi finanziaria, tramite con la banca scarsa conoscenza della realtà delle imprese
Promotori Finanziari vendono prodotti finanziari interesse personale nella scelta dei prodotti che rappresentano
Associazioni di categoria servizi a basso costo organizzazione funzionale solo a rapporti standard
Consulenti Indipendenti vendono competenze finanziarie e patrimoniali, non prodotti e operano in customer intimacy non sono esperti di materia fiscale e contabile

 

Da questo schema si evince che l’integrazione tra competenze di studi professionali e consulenti indipendenti favorirebbe la necessaria visione strategica della situazione contabile, fiscale e patrimoniale dell’impresa/famiglia, consentendo di ottenere indubbi benefici, immediati e per il futuro.

Intanto alcune semplici regole da seguire: distinguere il patrimonio familiare da quello aziendale,  limitare i prelievi dai conti aziendali per consumi personali, fare attenzione nell’assumere rischi sul patrimonio familiare, non sovrainvestire in azienda (sopratutto se il modello di business non è più sostenibile).

Solo in questo modo si può tutelare il benessere patrimoniale dell’imprenditore e salvaguardare la famiglia: considerare le esigenze di entrambi i soggetti come separate, anche se in capo alla stessa persona e nel tempo. E’ un processo che non è mai semplice e richiede una intensa attività di life planning, per individuare necessità e desideri della famiglia, “misurarli”, evidenziare le priorità, stabilire se sono o meno raggiungibili con le risorse finanziarie presenti e future.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

I passaggi generazionali in azienda tra opportunità e rischi

 

Secondo appuntamento settimanale di Infoiva con il dott. Marco Degiorgis, consulente patrimonialista esperto nel campo della finanza e nella gestione del patrimonio. Dopo aver affrontato, la scorsa settimana, il tema di “Famiglia e impresa nella pmi“, oggi ci parlerà di passaggi generazionali.

 

Il passaggio generazionale in azienda è un processo di mutamento assai delicato, che intreccia interessi (e affetti) familiari e imprenditoriali. Uno o più membri della famiglia, la nuova generazione, devono sostituire altri membri della famiglia, la vecchia generazione, in posizioni strategiche e operative; un cambio della guardia, insomma, con l’imprenditore uscente che assume un ruolo via via più defilato. In Italia il 40% delle aziende affronterà il passaggio generazionale entro i prossimi 10 anni e le stime dicono che solo 3 aziende su 100 sono ancora vive dopo due generazioni. In pratica, l’industria italiana, tipicamente familiare, è al capolinea per incapacità di gestire il passaggio generazionale, prima e più che per altre dinamiche di macroeconomia.

Per quanto riguarda gli aspetti patrimoniali, le aziende italiane non fanno le adeguate distinzioni tra azienda e famiglia, neppure quando  una generazione deve passare il testimone alla successiva, creando squilibri e scompensi pericolosi per il patrimonio familiare.

Alcuni dati:

  1. il 60% degli imprenditori ha più di 60 anni
  2. il 68% degli imprenditori pensa di lasciare l’impresa in famiglia, affidandola ad un figlio o ad un nipote
  3. l’80% degli imprenditori è molto preoccupato dal passaggio generazionale, tanto da considerarlo ingestibile
  4. il 24% delle aziende sopravvive al primo passaggio generazionale
  5. il 14% delle aziende sopravvive al secondo passaggio generazionale

Non dimentichiamo che un’azienda che non riesce a proseguire l’attività rappresenta un danno economico e sociale rilevante.

Perché il cambiamento generazionale alla testa delle imprese non sia traumatico è dunque importante che sia vissuto consapevolmente dagli interessati. Chi si trova a dover affrontare la questione come generazione uscente, dovrebbe tener presente che ha la responsabilità di far condividere obiettivi, sviluppo e realizzazione del passaggio, costruendo un nuovo ruolo per se stessi. Si tratta di delegare per gradi, fino a divenire un consigliere, ruolo importante, ma non decisivo, e di sostenere le nuove leve.

Per la generazione entrante, crescita professionale e una progressiva assunzione di responsabilità, rappresentano gli obiettivi.

Tutto questo può essere fatto elaborando assieme un piano di cui si condividano obiettivi, intermedi e finali, in modo costruttivo e strategico. In pratica occorre ‘fare squadra’ tra generazioni e lavorare insieme per la realizzazione di un progetto complesso perché implica dei rapporti familiari che non sempre sono lineari e felici.

Stesse logiche per la gestione dei patrimoni: gli asset familiari e aziendali dovrebbero essere distinti e gestiti in modo congruo e condiviso, con beneficio per proprietari, management e personale, nonché per la collettività. Sarebbe opportuno quindi predisporre il passaggio generazionale degli asset, utilizzando gli strumenti più adatti alla situazione, quali trust, fondo, polizza, disposizioni testamentarie….

E’ indispensabile però affidarsi a professionisti, competenti e specializzati nel valutare il patrimonio personale ed aziendale, come i consulenti finanziari indipendenti, che possano seguire ed affiancare tutte le delicate fasi  prima, durante e dopo, del passaggio generazionale.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis 

 

Famiglia e impresa nelle Pmi, un connubio pericoloso?

Inizia da questa settimana la sua collaborazione con Infoiva il dott. Marco Degiorgis, consulente patrimonialista esperto nel campo della finanza e nella gestione del patrimonio. Un professionista il cui contributo potrà risultare utile e interessante, anche in virtù anche del fatto di essere una delle poche figure che attualmente, in Italia, svolgono questo tipo di consulenza indipendente.

 

Un fattore accomuna le imprese italiane, indipendentemente dalle dimensioni, dal settore, dalla dislocazione geografica: la famiglia coincide con la proprietà dell’azienda.

Da questo fatto derivano intrecci complicati di interessi e contesti, che sarebbe opportuno invece considerare separatamente. Una cosa è l’azienda, altra cosa è la famiglia ed il patrimonio personale.

La principale lacuna nella gestione finanziaria delle Pmi italiane è una totale mancanza di chiarezza su:

1) quanto renda e a quanto ammonti il capitale investito nell’impresa
2) come siano generati i flussi di cassa
3) come i flussi di cassa si correlino alla produzione del reddito, alla fiscalità, alle scelte di investimento e di prelievo degli utili
4) quanto renda la ricchezza dei soci investita nell’impresa
5) quanto si può realizzare dall’impresa in caso di cessione o di passaggio generazionale o di liquidazione

Il benessere dell’imprenditore e della sua famiglia dovrebbero essere correlati alla tutela del valore dell’impresa. Sono aspetti  interdipendenti e fondamentali nell’economia italiana, dove domina l’impresa familiare: molte scelte critiche di gestione finanziaria aziendale, in particolare la politica dei dividendi e le operazioni di trasferimento dell’azienda, sono guidate dalle esigenze del nucleo familiare.

In caso di indebitamento, le Pmi utilizzano le disponibilità finanziarie familiari a garanzia dei rischi aziendali; tuttavia, ciò avviene quasi sempre in modo non trasparente e non sono chiari i costi, i benefici e i rischi.

Non è semplice gestire l’intreccio tra reddito e patrimonio aziendale e personale, è necessario affrontare la questione radicalmente, controllando valore e rischi degli investimenti sia dell’impresa sia della famiglia.

Per le questioni personali, si dovrà considerare una corretta pianificazione finanziaria, che tenga conto delle forme di previdenza integrativa, delle coperture assicurative, delle scelte di investimento, delle necessità dei figli, della sostenibilità del tenore di vita.

Le imprese di medie dimensioni possono rivolgersi a servizi di family office, offerti da studi legali o a divisioni di private banking, mentre imprese medio-piccole o perfino micro-imprese potrebbero trovare risposte adeguate ed economicamente sostenibili in soggetti professionali nuovi, come i consulenti finanziari indipendenti, che si occupano di valutare e gestire i patrimoni familiari.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis