Internazionalizzazione, il Cibus 2014 ci prova


Internazionalizzazione, sostenibilità e lotta agli sprechi, sono le parole chiave dell’edizione 2014 del Cibus che si concluderà domani a Parma. “La richiesta di cibo made in Italy da ogni angolo del pianeta – sottolinea Fiera di Parma Spa – sta rapidamente crescendo e la nostra produzione sta cercando di divenire prodotto di largo consumo, arrivando sugli scaffali della grande distribuzione estera”. Immagina il tuo nuovo business nel food è il leitmotiv della manifestazione concentrata soprattutto sulla nuova passione degli italiani per i cibi biologici e salutistici.

Anche sull’incoming Cibus ha investito pesantemente (anche guidando vari tour delle Pmi presso le catene internazionali) ritenendolo, giustamente, uno snodo di fondamentale importanza per se stessa e per le aziende italiane del food, “costrette” a conquistare mercati esteri per sfuggire alla sempre più evidente stagnazione domestica. L’anno scorso a fronte di un calo dei consumi alimentari in Italia, l’export tricolore dell’industria del food è cresciuto del 5,8% a 26,2 miliardi su 132 miliardi di fatturato, quest’anno le previsioni sono ancor più positive. “Di dolente ci sono invece i dati sulla produzione industriale del comparto e sui consumi interni in continua discesa. Il 2013, con il suo -4% in termini di fatturato a valori costanti e del -2,1% in quantità, è stato l’anno peggiore per i consumi interni. Sono le discese più marcate degli ultimi anni, che fissano il calo dei consumi interni in quasi 14 punti dal 2007” ha dichiarato Filippo Ferrua Modigliani, presidente di Federalimentare. Un trend negativo che continua, pur se attenuato leggermente, anche nel primo trimestre del 2014 con cali prossimi a 2 punti percentuali in termini di fatturato vendite in valuta costante, e a 1 punto in termini quantitativi. “In 10 anni abbiamo visto chiudere 12 mila microimprese nonostante un andamento decennale assai più dinamico (+8% contro -22%) rispetto al resto dell’industria italiana” conclude Ferrua.

Spazio dunque al commercio al dettaglio, oltre che alla grande distribuzione, al food service e alla ristorazione fuori casa, ai prodotti biologici, gluten free, halal e kosher, alle Pmi regionali, alla ristorazione con il ruolo attivo di Alma, la Scuola di cucina internazionale.

Jacopo MARCHESANO

Federalimentare: “Siamo in lenta, ma inesorabile, ripresa”

E’iniziata ieri, con la partecipazione del vice ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, l’edizione 2014 di Cibus, la fiera internazionale dell’alimentare italiano che resterà aperta a Parma fino all’8 maggio. A riguardo, abbiamo incontrato oggi il responsabile Ufficio Studi e Mercato di Federalimentare, Luigi Pelliccia, per una breve chiacchierata sull’evento che vedrà coinvolte circa 2700 aziende alimentari italiane e circa 10 mila operatori commerciali.

Dott. Pelliccia, quant’è ancora importante per la Federazione Italiana dell’Industria Alimentare l’appuntamento annuale con il Cibus, di cui la vostra associazione confindustriale detiene il 50% del marchio?
Molto importante. Nonostante le esportazioni continuino a crescere, sono comunque sottodimensionate rispetto alle potenzialità del settore e poter dar vita ad una vetrina così importante dei nostri prodotti è ancora di fondamentale importanza, considerando che è stato proprio l’export a far sì che l’industria alimentare abbia indubbiamente sofferto meno rispetto agli altri comparti manifatturieri in questi anni di violenta crisi economica.

Nei prossimi anni il settore è quello che crescerà di più in valore, +8,2% a fine 2017 con 800 milioni di nuovi consumatori di prodotti italiani. Eppure gran parte del giro d’affari è in mano a un piccolo numero di grandi aziende. Come dovrà muoversi il Governo per favorire i processi di internazionalizzazione delle Pmi?
Intanto nel nostro settore ci sono piccole aziende che riescono ad esportare anche all’estero a differenza di quanto avviene nell’intero comparto manifatturiero, ma il Governo deve lavorare per allargare questi modelli di impresa: incentivi promozionali, potenziamento delle imprese e migliorare il clima attorno alle aziende per accelerare l’innovazione, la competitività e la capacità di penetrazione. Se il nuovo esecutivo saprà muoversi e riformare i diversi campi, dalla tassazione alla logistica, il settore non potrà che beneficiarne.

Come sono cambiate le abitudini alimentari italiane negli anni della crisi economica?
Inevitabilmente la grande crisi economica degli ultimi anni ha modificato non poco le abitudini alimentari italiane. Certi prodotti, ovviamente i più costosi, scarseggiano sempre di più sulla tavola delle famiglie che prediligono alimenti di minor valore ma comunque di qualità. Sono calati gli sprechi e gli acquisti sono mirati su prodotti in promozione, non si è abbandonata del tutto la qualità dei prodotti per fortuna. Il cibo è ancora un elemento cardine della nostra società e parte integrante fondamentale della nostra cultura.

Jacopo MARCHESANO