Fattura elettronica per tutti e due anni di scivolo flat tax: le misure in arrivo con la delega fiscale

Obbligo di fattura elettronica per tutti, anche per le partite Iva a regime forfettario, e scivolo di due anni per chi supera i 65 mila euro di tetto di reddito della flat tax: sono due tra le principali novità contenute negli emendamenti alla legge fiscale. Il provvedimento contiene anche lo stop all’Irap per gli studi associati e la diminuzione dell’Irpef tagliando gli sconti fiscali e detrazioni trasformate in accrediti diretti sui conti correnti dei contribuenti (cashback fiscale). Inoltre, troverà attuazione la “mensilizzazione” progressiva dei saldi e degli acconti dei lavoratori autonomi e, principalmente, per i soggetti Isa con l’addio alla ritenuta d’acconto.

Flat tax per le partite Iva a regime forfettario, arriva lo scivolo di due anni: cosa significa?

Nel testo della legge fiscale rielaborato al ministero dell’Economia e delle Finanze entra la novità dello scivolo di due anni della flat tax. Alle partite Iva a regime forfettario che superino il tetto annuale dei compensi e dei ricavi di 65 mila euro si applicherebbe un’altra aliquota piatta, in ogni caso superiore a quella del 15%. L’aliquota non potrà essere superiore a un limite che dovrà essere specificato nel decreto legislativo.

Fattura elettronica per tutti, anche per le partite Iva a regime forfettarie

Con la legge fiscale dovrebbe arrivare anche l’obbligo di fattura elettronica esteso a tutti i soggetti, anche a quelli finora esenti. In particolare, alle partite Iva a regime forfettario che finora erano rimaste fuori dall’emissione delle fattura in modalità digitale. La novità vede le forze politiche d’accordo, compreso il ministero dell’Economia e delle Finanze, per una misura che si preannuncia come necessaria per la lotta all’evasione fiscale. Tra le misure accompagnatorie dell’obbligo della fattura elettronica, anche l’emissione degli scontrini telematici e l’utilizzo delle banche dati per la lotta all’evasione.

Legge fiscale, ecco le altre misure in arrivo

Tra le altre misure in arrivo con la legge delega, anche l’abolizione dell’Irap per gli studi associati. Il superamento dell’Imposta regionale sulle attività produttive avverrà in maniera progressiva e riguarderà anche le società di persone e le società di professionisti. L’abolizione dell’Irap non dovrà generare, in ogni modo, aumenti delle addizionali per i dipendenti e per i pensionati.

Cashback fiscale, il rimborso subito sui conti correnti dei contribuenti

Trova spazio nella legge fiscale anche il cashback fiscale. Si tratta del rimborso sui conti correnti dei contribuenti delle detrazioni di imposta. Condizione essenziale per il rimborso è che le relative spese dovranno essere state effettuate con modalità di pagamento tracciabili. Il rimborso avverrà in tempi celeri anche mediante l’utilizzo di applicazioni che già hanno funzionato per altre finalità, come l’App Io.

Lavoratori autonomi soggetti Isa, versamenti mensili e stop alla ritenuta

La legge fiscale apre ai versamenti mensili dei saldi e degli acconti per i lavoratori autonomi e in particolare dai soggetti Isa. Si tratterà di un sistema di “progressiva mensilizzazione”dei pagamenti con lo stop alla ritenuta d’acconto. Nulla cambia nel sistema attuale dei calcoli dei saldi e degli acconti. Il meccanismo non dovrà produrre dei costi per la finanza pubblica.

Partita Iva a regime forfettario, perché conviene con l’assegno unico per i figli?

Perché conviene ancora di più aderire alla partita Iva a regime forfettaria per chi ha dei figli a carico? L’introduzione dell’assegno unico per i figli ha cambiato il sistema delle detrazioni fiscali non solo per i lavoratori dipendenti e per le partite Iva ricadenti nel sistema ordinario, ma anche per i lavoratori autonomi della flat tax. Infatti, fino a tutto il 2021 chi aderiva al regime forfettario di partita Iva non otteneva le detrazioni fiscali per i figli a carico. Da marzo del 2022 i meccanismi di detrazione fiscale sono però cambiati.

Partita Iva regime forfettario: le detrazioni possibili

Chi aderisce alla partita Iva a regime forfettario non può dedurre i costi dal calcolo del reddito imponibile e nemmeno le detrazioni previste dalla legislazione vigente. A meno che non abbia altri redditi. L’impossibilità di procedere con le detrazioni è stata da sempre considerata la maggiore limitazione del regime forfettario. E su questo punto che molte partite Iva hanno basato la propria scelta tra il regime ordinario e la flat tax al 5% oppure al 15%.

Partite Iva forfettarie fino all’introduzione dell’assegno unico per i figli

Di conseguenza, fino al 2021 molte partite Iva a regime forfettario con figli a carico ma senza altri redditi, hanno dovuto rinunciare alle detrazioni fiscali. Al contrario, per altri professionisti e autonomi la scelta del regime ordinario di partita Iva ha costituito la possibilità di ottenere le detrazioni spettanti. Cosa non possibile aderendo al regime forfettario e dovendo rinunciare a detrazioni fiscali variabili fino a 1.220 euro se il figlio era minore di 36 mesi, o di 1.620 euro per figli portatori di handicap, a seconda della composizione della famiglia e del reddito prodotto. Per questo motivo, molte partite Iva hanno scelto di rimanere nel regime ordinario accettando il sistema di tassazione Irpef a scaglioni e rinunciando alla flat tax.

Partite Iva, cosa cambia con l’introduzione nel 2022 dell’assegno unico per i figli a carico?

Con l’introduzione dell’assegno unico per i figli nel 2022, il sistema delle detrazioni per i figli a carico è cambiato anche per le partite Iva a regime forfettario come per le altre tipologie di contribuenti. L’assegno unico per i figli ha prodotto l’abrogazione delle detrazioni fiscali per i figli a carico di età non eccedente i 21 anni e l’applicazione di altri bonus. Includendo, nell’assegno, anche le partite Iva forfettarie e dando una ulteriore svolta alla convenienza verso questo regime fiscale. Infatti, a decorrere da marzo 2022 chi ha figli a carico può ottenere l’assegno unico universale anche se i rapporti fiscali sono regolati dalla partita Iva a regime forfettario.

Partite Iva forfettarie, l’assegno unico spetta per figli a carico fino a 21 anni di età, poi nessuna detrazione fiscale

L’introduzione dell’assegno unico per i figli a carico ha comportato, pertanto, una maggiore convenienza ad aderire alla partita Iva a regime forfettario purché non si superino i limiti di ricavi o di redditi di 65 mila euro all’anno. Non varia nulla, invece, per le partite Iva che abbiano figli di età dai 21 anni in su. I forfettari, infatti, non potranno beneficiare dell’assegno unico per i figli o delle detrazioni. Le partite Iva a regime ordinario, invece, potranno continuare ad applicare le detrazioni Irpef per i carichi di famiglia, secondo quanto prevede l’articolo 12 del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir).

Quali partite Iva a regime forfettario possono chiedere l’assegno unico per i figli a carico?

Nulla cambia per le regole di accesso all’assegno unico per i figli a carico delle partite Iva a regime forfettario rispetto agli altri lavoratori contribuenti. Infatti, è necessario che i figli a carico non abbiano già compiuto i 21 anni di età al momento della presentazione della domanda. I figli, inoltre, devono frequentare un corso di formazione scolastica, di laurea oppure professionale; oppure un tirocinio; infine possono svolgere il servizio civile o essere alla ricerca attiva di una occupazione. Ovvero abbiano data immediata disponibilità a lavorare a un centro pubblico per l’impiego.

Qual è l’importo dell’assegno unico per i figli a carico per le partite Iva forfettarie?

L’indennità spettante per l’assegno unico per i figli a carico, per tutti i lavoratori contribuenti, varia a seconda:

  • dell’Indicatore della situazione economica equivalente (Isee);
  • del numero dei figli;
  • dell’età dei figli.

L’assegno, invece, non dipende dal tipo di regime fiscale adottato (e, pertanto, nemmeno relativamente al forfettario) o dalla tipologia di reddito prodotto. In generale, dunque, l’assegno ha un importo minimo di 50 euro per Isee di almeno 40 mila euro e un importo massimo di 175 euro per famiglie con Isee non eccedente i 15 mila euro. Gli importi possono subire ulteriori variazioni, ad esempio in base alla numerosità delle famiglie o alla presenza di figli disabili.

Partite Iva a regime forfettario: come si presenta la domanda per l’assegno unico per i figli a carico?

La modalità di presentazione della domanda per l’assegno unico per i figli a carico non varia rispetto agli altri lavoratori contribuenti. Anche per le partite Iva forfettaria l’invio della domanda è possibile già dal 1° gennaio 2022 all’Inps. Si può procedere mediante la piattaforma telematica dell’Inps, oppure tramite il call center. È necessario avere lo Spid o la Carta di identità elettronica (Cie) o la Carta nazionale dei servizi (Cns). La domanda può essere presentata anche tramite i patronati.

Come viene pagato l’assegno unico per i figli a carico alle partite Iva del regime forfettario?

La modalità di erogazione dell’assegno unico per i figli a carico non varia per le partite Iva a regime forfettario rispetto agli altri contribuenti. Infatti, l’assegno viene erogato direttamente dall’Inps sul conto corrente di uno dei due genitori oppure diviso per il 50% a entrambi i genitori. Infine, sarà necessario rinnovare periodicamente la domanda di assegno unico per i figli a carico.

 

Cos’è la flat tax fino a 65.000 euro per gli autonomi

Pare vicina alla fumata bianca la flat tax fino a 65.000 euro. La famosa tassa piatta di cui da tempo si parla potrebbe presto fare capolino. Novità fiscali a ripetizione quindi, perché in Commissione Finanza alla Camera dei deputati di sta ultimando anche la riforma del Fisco.

Flat tax in arrivo per le partite Iva

Tornando alla flat tax, pare sia stato raggiunto un accordo. Che si è reso necessario per evitare ciò che è successo in maggioranza con la riforma del catasto. Come si legge sul Corriere della Sera, potrebbe arrivare il via libera
alla tanto discussa tassa piatta al 15% per le partite Iva fino a 65.000 euro.
Accordo politico che non vuol dire provvedimento definito visto che serve l’ok della Ragioneria generale dello Stato.

Come funziona la flat tax

Novità fiscali quindi. Con la flat tax su cui il governo grazie ad una intesa preventiva, eviterà figuracce come sulla riforma del catasto (per un solo voto l’esecutivo non è andato sotto per due volte). Ma anche con una specie di cashback sulle detrazioni fiscali. In pratica si apre a rimborsi fiscali direttamente al contribuente senza passare da modello 730 o modello Redditi Persone Fisiche.
Per le partite Iva con redditi fino a 65.000 euro la flat tax è una specie di manna dal cielo. Significa una netta riduzione di imposta che sarà pari al 15%.
Risparmi evidenti sull’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef). Una tassazione di maggior favore, che non si ferma al 15% prima citato. Infatti per partite Iva con redditi superiori a 65.000 e fino a 100.000 euro, si discute di un regime agevolato di favore, di poco superiore al 15%. Due anni di regime Irpef agevolato per poi ritornare a quello ordinario. La flat tax come si sa è a forte spinta leghista. Per questo il provvedimento è stato accompagnato da molte discussioni e da varie polemiche. L’accordo comunque era davvero atteso proprio per fugare dubbi riguardo alla sua applicazione.

Irpef, rimborso senza passare per le dichiarazioni dei redditi

Flat tax importante come detto. Ma non meno importante del cosiddetto cashback sulle detrazioni Irpef già anticipato precedentemente.
Le detrazioni Irpef in genere si incassano, se danno diritto al rimborso, con le dichiarazioni dei redditi. Con la novità che ricordiamo, è a trazione grillina, i rimborsi Irpef per le detrazioni, arriveranno direttamente sui conti correnti dei contribuenti. Una soluzione votata alla semplificazione, dal momento che così si accorciano i tempi dei rimborsi. La novità deve essere ancora limata, così come quella riguardante una ipotetica nuova tassazione al 23% per i redditi da capitale. Infatti se flat tax e cashback Irpef riguardano i redditi da lavoro, si pensa anche ai redditi da capitale.

Fattura elettronica allargata a tutti, in arrivo la riforma nella legge delega fiscale

La fattura elettronica allargata a tutti, anche ai contribuenti e alle partite Iva a regime forfettario che finora ne erano esenti. È quanto ci si aspetta dalla legge delega fiscale che ha già l’ok del governo. L’emendamento che prevede l’allargamento della fattura elettronica rientra in un pacchetto di provvedimenti che hanno come obiettivo quello di combattere l’evasione fiscale. Infatti, oltre all’obbligo di fattura elettronica per tutti, vi rientrano altre misure come:

  • l’obbligo di memorizzazione elettronica e della trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri;
  • l’utilizzo pieno dei dati dell’anagrafe tributaria;
  • lo scambio dei dati e il pieno utilizzo da parte delle banche delle informazioni fiscali, economiche e patrimoniali in collaborazione con la Pubblica amministrazione.

Obbligo di fatturazione elettronica esteso a tutti, anche alle partite Iva forfettarie: ecco le novità di oggi

Sono questi alcuni dei provvedimenti contenuti negli emendamenti sui quali il governo ha dato già l’ok nella legge fiscale. L’allargamento della fattura elettronica anche alle partite Iva a regime forfettario e a tutti i soggetti che attualmente ne sono esentati è atteso al voto di approvazione che potrebbe arrivare alla Camera il 28 marzo prossimo. Nello specifico emendamento che riguarda l’obbligo di fattura elettronica a tutti si fa riferimento agli obiettivi di riduzione dell’evasione e dell’elusione fiscale.

Quali altri provvedimenti sono attesi oltre all’obbligo di fattura elettronica per tutti?

Nella stessa direzione di contrasto all’evasione fiscale vanno gli altri provvedimenti della legge fiscale relativi alla trasmissione giornaliera dei corrispettivi; all’obbligo di memorizzare elettronicamente i corrispettivi stessi ; al pieno utilizzo dei dati dei contribuenti da parte delle banche in collaborazione con la Pubblica amministrazione. Il relativo emendamento ammette dunque lo scambio dei dati tra le banche e la Pa. I dati sono quelli economici, finanziari e patrimoniali che convergono nei sistemi informativi dell’anagrafe tributaria. Inoltre, il provvedimento prevede misure che comportino la prevenzione della reiterazione nel tempo dei comportamenti evasivi.

Fattura elettronica estesa a tutti, Bitonci: ‘È necessario affrontare tempi importanti come la riduzione delle tasse’

Sugli emendamenti alla legge fiscale che allargherebbero il perimetro di applicazione della fattura elettronica, si sono espressi Massimo Bitonci e Alberto Gusmeroli. “Risulta necessario prendersi tutto il tempo che serve per esaminare gli emendamenti – hanno affermato i due responsabili fiscali della Lega – Ma occorre affrontare temi importanti come il ridurre le tasse e le semplificazioni fiscali”. Accanto al pacchetto che prevede l’allargamento della fattura elettronica a tutti, infatti, è in arrivo venerdì prossimo anche un altro pacchetto di misure dove si affronteranno le aperture sulla flat tax e sul cashback fiscale. Ma anche la revisione del sistema delle deduzioni e delle detrazione, nonché dei regimi speciali dei prelievi.

Flat tax, la Lega insiste sullo scivolo a 100 mila euro e sull’abolizione dell’Irap per gli studi associati

Proprio le partite Iva a regime forfettario e la flat tax sono oggetto di richieste di Massimo Bitonci per le misure di riforma fiscale del decreto in arrivo. Bitonci ha sottolineato infatti come sia necessario mantenere il limite di flat tax per le partite Iva a 65 mila euro ma inserire uno scivolo di 2 anni con aliquota del 20% per i contribuenti che superino la soglia massima di flat tax. Il meccanismo, in altre parole, permetterebbe alle partite Iva a regime forfettario che superano il limite dei ricavi e dei corrispettivi annui dei 65 mila euro, di non dover cambiare il regime di partita Iva come avviene oggi. Le nuove regole andrebbero a vantaggio di chi aderisce regime fiscalmente più conveniente della partita Iva forfettaria.

Flat tax, la Lega chiede la no tax area fino a 10 mila euro e l’allargamento dell’esenzione Irap

L’ampiezza della platea delle partite Iva forfettarie porta l’esponente della Lega a ribadire che la flat tax deve rimanere e deve essere rivista per lo scivolo fino ai 100 mila euro. I forfettari sono in numero di due milioni sulle 5 milioni di attività economiche. Quasi una nuova partita Iva su due (il 46%) viene aperta in regime di flat tax. “È un sistema semplice, a bassa tassazione e concorrenziale al sommerso. Abbiamo chiesto una no tax area fino a 10 mila euro e l’abolizione dell’Irap anche agli studi associati e alle società di persone”, ha concluso Massimo Bitonci.

 

Coefficienti di redditività nel regime forfetario: quali sono?

Molte persone si chiedono se effettivamente è conveniente aderire al regime forfetario, infatti questo ha un metodo particolare per la deduzione delle spese dal reddito imponibile. Le spese sono calcolate attraverso i coefficienti di redditività per il regime forfetario. Ecco come funziona.

Il regime forfetario

Il regime forfetario è caratterizzato da una flat tax al 15% o al 5%, quindi una tassazione agevolata rispetto alle aliquote ordinarie. Non solo le tariffe sono agevolate, ma sono ridotti anche gli adempimenti, infatti nella flat tax sono riunite le imposte sul reddito, non si applica l’IRAP, inoltre non è necessario il registro IVA e il pagamento dell’imposta. Allo stesso tempo però non prevede la possibilità di dedurre i costi sostenuti con il metodo analitico, ma solo con quello forfetario. Essenziale per determinare le spese è il coefficiente di redditività che cambia in base alla tipologia di attività condotta. Ecco i vari coefficienti di redditività applicati al regime forfetario.

Quali sono i coefficienti di redditività nel regime forfetario?

Il coefficiente di redditività per il regime forfetario varia da una percentuale del 40% a una percentuale dell’80% e viene determinato tenendo in considerazione gli investimenti mediamente necessari nelle varie tipologie di attività.

  • Industrie alimentari e bevande : 40%;
  • commercio all’ingrosso e al dettaglio con codici Ateco da 46.2 a 46.9 e da 47.1 a 47.7 e codice Ateco 47.9: 40%;
  • ristorazione e servizi di alloggio: 40%;
  • commercio al dettaglio di prodotti alimentari e bevande codice Ateco 47.81: 40%;
  • commercio ambulante di altri prodotti con codici Ateco 47.2 e 47.89: 54%;
  • costruzioni e attività immobiliari: 86%;
  • intermediari del commercio 46.1: 62%;
  • Attività professionali, scientifiche, tecniche, sanitarie, di istruzione, servizi finanziari e assicurativi con codici Ateco 64, 65, 66, da 69 a 75 e da 85 a 88: 78% ( questa aliquota si applica anche a molte professioni ancora non regolamentate come social media manager, copywriter, web designer, sviluppatore);
  • per tutte le altre attività non elencate in questa sede il coefficiente di redditività per il regime forfetario è del 67%. Si tratta dell’aliquota applicata nella maggior parte dei casi, tra cui parrucchieri, tatuatori, estetiste, make up artist e tutto ciò che è afferente ai servizi alla persona.

Come si applica il coefficiente di redditività?

Chi è in regime forfetario come detto non può sottrarre dal totale dei compensi e dei ricavi le spese sostenute. Questo però non vuol dire che questi non sono considerati, ma che lo sono in modo forfetario. Ad esempio se Tizio in regime forfetario ha un’attività per la quale è previsto un coefficiente di redditività al 67%, la maggior parte dei codici Ateco, vuol dire che potrà determinare il reddito imponibile al 67%, quindi su ricavi di 1.000 euro pagherà imposte su una base imponibile del 67%, cioè 670 euro. Le spese saranno il 33%.

Ne deriva che la scelta del regime forfetario sicuramente è conveniente per chi ha delle spese inferiori rispetto a quanto è possibile far valere attraverso il coefficiente di redditività. Ad esempio se lo stesso Tizio sui 1.000 euro di ricavi ha sostenuto spese per 200 euro, troverà sicuramente conveniente avere il regime forfetario. Calcoli più elaborati devono invece essere effettuati nel caso in cui le spese siano invece superiori a 330 euro. In questo caso per una differenza lieve, la flat tax al 15% potrebbe continuare ad essere vantaggiosa, ma se i costi superano di molto tale soglia, potrebbe essere maggiormente conveniente un regime ordinario.

Ricordiamo che ci sono attività escluse dalla flat tax, per conoscerle leggi l’articolo: Regime forfetario: quali sono le attività escluse? Ecco l’elenco

Riforma Irpef lavoratori autonomi: quali partite Iva ci guadagnano di più?

La riforma fiscale, con il taglio delle aliquote Irpef contenuto nella legge di Bilancio 2022, produrrà determinati vantaggi anche ai lavoratori autonomi e alle partite Iva. Nonostante la revisione fiscale, in ogni modo, permane il divario di trattamento ai fini delle imposte tra i lavoratori dipendenti e quelli autonomi a parità di reddito prodotto. Il peso fiscale continua a risultare diverso. Tuttavia, anche tra le partite Iva vi sono differenze di imposizione fiscale: i maggiori vantaggi si hanno in corrispondenza di redditi medio-alti, più elevati rispetto a quelli dei lavoratori dipendenti. In più, tra i divari fiscali, pesa la possibilità o meno per le partite Iva di optare per il regime forfettario con aliquote del 5% e del 15% fisse.

Lavoratori autonomi e partite Iva: la revisione e il taglio delle aliquote Irpef

Pure i lavoratori dipendenti e le partite Iva beneficeranno della riforma fiscale, del taglio delle aliquote Irpef e della revisione degli scaglioni di reddito. In primis per l’allargamento della no tax area che sale dai 4.800 euro ai 5.500 euro. Nella revisione delle aliquote Irpef, il taglio avviene per il secondo e il terzo scaglione che passano, rispettivamente, dal 27% al 25% (per redditi da 15.001 a 28.000 euro) e dal 38% al 35% (per redditi da 28.001 euro a 50.000 euro). Il quarto e il quinto scaglione risultano unificati dall’aliquota Irpef del 43% applicata ai redditi oltre i 50 mila euro. Per i redditi fino a 15 mila euro è stata confermata l’aliquota del 23%.

Detrazioni partite Iva a lavoratori autonomi con la riforma Irpef 2022

In merito alle detrazioni, la riforma del Fisco sui redditi delle partite Iva e dei lavoratori autonomi prevede l’incremento delle detrazioni di cui al comma 5, dell’articolo 13, del Testo unico imposte sui redditi (Tuir). Le detrazioni si applicano ai redditi da lavoro autonomo prodotti fino al limite dei 50 mila euro. Inoltre, è prevista dalla legge di Bilancio 2022 la novità di una micro detrazione aggiuntiva corrispondente a 50 euro per i lavoratori autonomi compresi nella fascia di reddito da 11.001 a 17 mila euro. Questa ulteriore detrazione ha la finalità di premiare i redditi delle partite Iva che non beneficiano di altre misure contenute nella riforma fiscale.

Riforma fiscale Irpef per partite Iva e lavoratori autonomi: chi ci guadagna di più?

In valori assoluti, la riduzione delle aliquote Irpef e le detrazioni producono il maggior beneficio fiscale in corrispondenza dei redditi di 50 mila euro. Il totale degli interventi producono risparmi in termini fiscali di 810 euro per il 2022 rispetto allo scorso anno. Più nel complesso, le detrazioni e le riduzioni delle aliquote Irpef producono i maggiori vantaggi fiscali per redditi da 45 mila a 60 mila euro. Il risparmio fiscale si attesta tra 664 euro e 670 euro nel 2022 rispetto al 2021.

Taglio Irpef nella riforma fiscale: quali sono i maggiori risparmi per le partite Iva e i lavoratori autonomi?

Rispetto al 2021, i risparmi fiscali derivanti dalla revisione delle aliquote Irpef e dalle detrazioni della riforma fiscale saranno nell’ordine di:

  • 146 euro per redditi fino a 8 mila euro (imposta netta 2021 pari a 806 euro rispetto ai 660 euro del 2022);
  • 122 euro per redditi di 10 mila euro (imposta netta 2021 pari a 1.310 euro rispetto ai 1.188 euro del 2022);
  • 148 euro per redditi di 12 mila euro (imposta netta 2021 pari a 1.814 euro rispetto ai 1.666 euro del 2022);
  • 74 euro per i rediti di 14 mila euro (imposta netta 2021 pari a 2.318 euro rispetto ai 2.244 euro del 2022);
  • 270 euro per i redditi a partire da 75 mila euro.

 

Partita Iva regime forfettario: chiusura e riapertura dopo un anno, si perde l’aliquota del 5%?

La chiusura e la riapertura della partita Iva a regime forfettario può far perdere l’aliquota vantaggiosa del 5% per i primi cinque anni di attività del regime forfettario? La risposta è positiva, ovvero dovrà essere applicata l’aliquota della flat tax al 15%, se non dovessero essere rispettate determinate condizioni.

Partita Iva a regime forfettario con aliquota del 5%: i riferimenti normativi

Per verificare la continuità dell’aliquota del 5% del regime forfettario di partita Iva è necessario rifarsi a quanto previsto dal comma 65, dell’articolo 1, della legge 190 del 2014. Il decreto è stato poi modificato dall’articolo 1 della legge numero 145 del 30 dicembre 2018. L’articolo 65, infatti, specifica che, “al fine di favorire l’avvio di nuove attività, per il periodo d’imposta in cui l’attività è iniziata e per i quattro successivi, l’aliquota di cui al comma 64 è stabilita nella misura del 5 per cento”.

Quali sono le condizioni per beneficiare dell’aliquota del 5% per le partite Iva a regime forfettario?

Affinché si possa applicare l’aliquota del 5% sui redditi delle partite Iva a regime forfettario è necessario che si verifichino tre condizioni:

  • il contribuente deve aver esercitato, nei tre anni precedenti l’inizio dell’attività di cui al comma 54, attività artistica, professionale ovvero d’impresa. Tali attività non devono essere state svolte neanche in forma associata o familiare;
  • l’attività da esercitare non deve costituire, in alcun modo, la mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo. Rimane escluso il caso in cui l’attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni;
  • l’ammontare dei relativi ricavi e compensi, realizzati nel periodo d’imposta precedente quello di riconoscimento del predetto beneficio, non deve essere superiore al limite di cui al comma 54. Tale condizione è richiesta qualora il lavoratore autonomo prosegua un’attività svolta in precedenza da altro soggetto.

Caso di chiusura e di riapertura della partita Iva a regime forfettario

La chiusura e la riapertura di una partita Iva a regime forfettario potrebbe precludere l’applicazione dell’aliquota vantaggiosa del 5%. E questa condizione potrebbe verificarsi anche all’interno dei primi cinque anni di attività. Prendiamo ad esempio un professionista che, nel 2017, ha avviato un’attività autonoma aderendo alla partita Iva a regime forfettario e applicazione dell’aliquota del 5%. Ammettiamo che il professionista abbia chiuso la partita Iva a regime forfettario nel 2020 per poi decidere di riaprirla nel 2021. Il professionista procede alla riapertura della partita Iva, a regime forfettario e sempre come libero professionista, ma con un codice Ateco diverso.

Partita Iva a regime forfettario, quando si applica l’aliquota vantaggiosa del 5%?

Nel caso in esame il libero professionista, nel momento in cui riapre la partita Iva a regime forfettario, potrebbe continuare a beneficiare dell’aliquota del 5% non avendo ancora terminato i 5 anni di “start up” della prima apertura di partita Iva? Oppure rimarrebbe obbligato all’aliquota normale di flat tax del 15%? Per rispondere a questo quesito è necessario dunque rifarsi a quanto specificato dal comma 65, dell’articolo 1, della legge 190 del 2014. E dunque alle condizioni poste dalla norma per poter beneficiare (o continuare a beneficiare) dell’aliquota del 5%.

Partita Iva forfettaria al 5%, le condizioni poste dal comma 65, dell’articolo 1, della legge 190 del 2014

Non considerando in questo caso l’ultima opzione del comma 65, è necessario verificare le prime due opzioni. In particolare, il professionista con partita Iva a regime forfetario è subordinato alla condizione che non abbia esercitato, nei 3 anni precedenti, un’altra attività di impresa o di lavoro autonomo. Allo stesso modo, è necessario che la nuova attività (con partita Iva di diverso codice Ateco) non si configuri come mera prosecuzione dell’attività svolta in precedenza, sia come lavoratore autonomo che come dipendente.

Quando non si può più beneficiare dell’aliquota del 5% della partita Iva forfettaria dei primi cinque anni?

Nel caso del professionista, le condizioni non sono tali da poter riprendere ad applicare l’aliquota del 5%. Infatti, con la riapertura della partita Iva a regime forfettario, non risulterebbe verificata la prima opzione posta dalla norma. Ovvero, quella secondo la quale la partita Iva non deve aver esercitato un’altra attività di impresa o di lavoro autonomo. Pur rientrando nei 5 anni di start up dall’apertura della partita Iva nel 2017, la chiusura della stessa nel 2020 determinerebbe l’impossibilità di poter beneficiare, di nuovo, dell’aliquota del 5% in riferimento alla nuova attività.

Partita Iva a regime forfettario: spese e ricavi da verificare a fine anno

A fine anno le partite Iva a regime forfettario sono chiamate a verificare le spese e i ricavi ai fini dei requisiti per mantenere la fiscalità di vantaggio. Restare nel regime dei forfettari comporta il soddisfacimento di determinati requisiti e l’assenza di cause ostative. Due, sono in particolare, i requisiti che devono essere verificati: il primo riguarda il limite dei ricavi o dei compensi percepiti nell’anno prima di quello nel quale si voglia aderire alla partita Iva a regime forfettario (o si voglia rimanere). Il secondo riguarda le spese che sono state sostenute per il lavoro accessorio.

Ricavi per le partite Iva del regime ordinario che vogliano passare al forfettario

In merito al requisito dei ricavi e dei compensi per l’accesso o il mantenimento della partita Iva a regime forfettario è necessario che questi non siano superiori al limite di flat tax al 15% o al 5% (per i primi cinque anni) dei 65 mila euro. Il che significa che, per chi voglia entrare nel regime forfettario, il limite è riferito all’anno precedente a quello dell’adesione. Dunque, per le partite Iva che volessero aderire al regime forfettario nel 2022, è necessario che il volume dei ricavi e dei compensi del 2021 non sia eccedente i 65 mila euro.

Mantenimento del regime forfettario per le partite Iva che già ne fanno parte

Per le partite Iva che già sono nel regime forfettario, la verifica da fare è quella di controllare che i ricavi e i compensi dell’anno non siano superiori a 65 mila euro. Pertanto, i ricavi al 31 dicembre 2021 non devono sforare la soglia della flat tax se si intende permanere nel regime forfettario anche nel 2022. In caso contrario, la partita Iva non può permanere nel regime forfettario a partire dal 1° gennaio 2022.

Partite Iva a regime forfettario, il controllo dei costi del lavoro accessorio a fine anno

La seconda verifica da fare per le partite Iva a regime forfettario (e per il mantenimento della fiscalità di vantaggio) è quella inerente le spese per il lavoro accessorio. In questa categoria rientra il lavoro svolto dal personale alle dipendenze o dai collaboratori. Il limite di costo per il lavoro accessorio è pari a 20 mila euro all’anno. Analogamente ai ricavi, anche questo requisito deve essere verificato a fine anno. In particolare il limite deve essere soddisfatto nell’anno prima di quello nel quale si voglia entrare o continuare a usufruire del regime forfettario. Se al 31 dicembre 2021 la partita Iva ha superato i 20 mila euro di lavoro accessorio, per l’anno 2022 si decade dal regime forfettario.

Partite Iva forfettarie: la verifica di assenza di cause ostative

Oltre ai requisiti per la permanenza o per l’adesione alla partita Iva a regime forfettario sono da verificare che non vi siano delle cause ostative. Si tratta di situazioni che, a differenza dei requisiti, possono ritrovarsi anche nello stesso anno nel quale si fruisce del regime forfettario. Non possono pertanto rientrare nella partita Iva agevolata le seguenti categorie:

  • chi si avvale dei regimi speciali ai fini Iva o di regimi forfettari di determinazione del reddito. In quest’ultima categoria rientra chi vende sali e tabacchi, gli agriturismi e l’editoria;
  • i soggetti che non siano residenti. Fanno eccezione i residenti in uno degli Stati membri dell’Unione europea, quelli residenti in uno Stato che aderisce all’Accordo sullo Spazio economico europeo purché fornisca adeguati scambi di informazioni. La partita Iva è, in ogni modo, assoggettata al limite minimo del 75% di produzione del reddito in Italia.

Regime forfettario delle partite Iva: le altre cause ostative

Tra le altre cause ostative al mantenimento o all’adesione del regime forfettario di partita Iva rientrano:

  • chi effettua operazioni di cessioni di fabbricati e porzioni inerenti o di terreni edificabili, o cessioni intracomunitarie di nuovi mezzi di trasporto. Tale attività deve essere svolta in maniera esclusiva o prevalente ai fini della causa ostativa;
  • le persone fisiche che abbiano delle quote di partecipazione alle società di persone o di controllo in società a responsabilità limitata (Srl) per attività economiche attinenti a quella che svolge il contribuente forfettario;
  • le persone fisiche che svolgano la propria attività in maniera prevalente nei confronti di datori di lavoro. Con il datore di lavoro, la partita Iva forfettaria per incontrare la causa ostativa deve avere dei rapporti di lavoro oppure i rapporti devono essere riconducibili ai due antecedenti periodi di imposta; i rapporti di lavoro possono essere ricondotti anche a soggetti attinenti ai datori di lavoro in via diretta o indiretta.

Partite Iva a regime forfettario e limite di attività di lavoro alle dipendenze

Una ulteriore causa ostativa può essere riconducibile al fatto che una partita Iva svolga del lavoro alle dipendenze o assimilato. Nel caso in cui il reddito da lavoro dipendente dovesse superare i 30 mila euro, si rientra in una delle cause ostative per l’ottenimento o il mantenimento del regime forfettario. La verifica da eseguire al 31 dicembre 2021 è quella che prevede che nell’anno 2021 il reddito percepito dal lavoro dipendente non superi i 30 mila euro. In caso contrario, la partita Iva non potrà mantenere il regime forfettario o non potrà accedervi nel 2022.

Cosa succede se nel nuovo anno la partita Iva emette fatture senza addebito Iva senza rientrare nel regime forfettario?

Fare un’errata valutazione della possibilità di mantenere il regime forfettario di partita Iva non comporta un’immediata esclusione dalla fiscalità di vantaggio. Se la partita Iva emette nel nuovo anno fatture senza l’addebito dell’Iva perché convinta di rientrare nel regime forfettario può sanare la propria posizione. In questo caso è necessario emettere una nota di variazione in aumento che andrà a integrare le fatture originarie.

Partita Iva, cosa fare per passare al regime forfettario nel nuovo anno da quello ordinario?

Cosa devono fare e verificare le partite Iva per passare al più conveniente regime forfettario nel prossimo anno se provengono da quello ordinario? È necessario procedere a delle verifiche e controlli per poter capire se si può rientrare nel meccanismo agevolato che consente di beneficiare dell’Irpef al 5% o al 15% dal 2022. Ciò in considerazione del fatto che per le partite Iva non dovrebbero esserci grandi sconvolgimenti nella relativa normativa. Proprio in virtù dei vantaggi previsti dai commi 54-89 dell’articolo 1 della legge numero 190 del 2014, molti professionisti potrebbero prendere in considerazione il transito verso il regime forfettario.

Partite Iva, passare al regime forfettario: viene meno l’obbligo di rimanere per tre anni nel regime ordinario

A favorire il passaggio dal regime ordinario della partita Iva a quello forfettario è innanzitutto il cadere dell’obbligo di permanenza nell’ordinario per tre anni. Ciò anche in deroga a quanto prevede il comma 70 dell’articolo 1 della legge numero 190 del 2014. Infatti, la norma prevede che le partite Iva del regime ordinario rimangano vincolate per almeno tre anni al regime fiscale. Questa norma ha l’eccezione in quanto stabilito dalla Direzione dell’Agenzia delle entrare Emilia Romagna con la risposta all’interpello numero 909 1960 del 27 settembre 2021. I professionisti che abbiano un regime ordinario possono, infatti, optare per il cambio al più vantaggioso regime forfettario anche prima del decorrere dei tre anni di vincolo.

Scelta della partita Iva a regime forfettario: il vincolo dei ricavi

Nel passaggio dal regime ordinario di partita Iva al forfettario è indispensabile verificare i ricavi. Il limite fissato dal regime forfettario è di 65 mila euro annui, superati i quali non è possibile l’accesso. Il limite di ricavi deve essere calcolato dai professionisti applicando solo il meccanismo di cassa: ciò quindi, a prescindere dalle fatture emesse, comporta che nel calcolo debbano essere considerati gli incassi effettivi nel 2021 per verificare la possibilità di accesso, nel 2022, al regime forfettario.

Passaggio dal regime forfettario di partita Iva al regime ordinario e viceversa

Peraltro, la possibilità che si entri ed esca dal regime forfettario di partita Iva a seconda degli incassi percepiti nell’anno può ripetersi nel corso del tempo. Ad esempio, una partita Iva aperta a regime forfettario, che sia stata obbligata dal superamento dei 65 mila euro di ricavi ad accedere al regime ordinario, può tornare al regime forfettario nell’anno successivo a quello nel quale non abbia superato il limite dei ricavi. Pertanto, le partite Iva che nel 2021 siano state obbligate al passaggio al regime ordinario per ricavi superiori ai 65 mila euro nel 2020, nel 2022 potranno tornare nel forfettario se nel 2021 non hanno superato la soglia di ricavi. Fa eccezione il regime minimo del 5%: una volta usciti, non si può più rientrare.

I requisiti per passare dal regime ordinario a quello forfettario della partita Iva

Gli altri requisiti per i passaggio della partita Iva dal regime ordinario a quello forfettario sono disciplinati dal comma 9 della legge numero 145 del 2019. Detti requisiti sono validi per tutte le posizioni delle partite Iva a regime forfettario. In particolare, la norma prevede come condizione di accesso, i limiti di spesa affrontati per il personale dipendente pari a 20 mila euro al lordo. Nello stesso limite devono rientrare anche le spese per il lavoro accessorio.

Un ulteriore requisito per il passaggio dal regime ordinario a quello forfettario della partita Iva è quello relativo ai rapporti con i datori di lavoro. In questo caso, il divieto riguarda le partite Iva a regime ordinario che si avvalevano o si avvalgono di rapporti con il datore di lavoro nello svolgimento della propria attività. Il limite temporale di detto divieto riguarda gli ultimi due periodi di imposta precedenti. Il divieto non è assoluto, ma relativo. Infatti, è necessario verificare che quanto incassato nei rapporti con il datore di lavoro non superi il 51% del totale dei compensi della partita Iva.

Partita Iva, quando si può passare dal regime ordinario al forfettario?

È possibile per una partita Iva del regime ordinario passare al più vantaggioso regime forfettario? La risposta è positiva e l’accesso al forfettario avviene senza una determinata opzione. Tuttavia, è necessario adottare alcuni specifici accorgimenti, soprattutto per quanto riguarda i requisiti di adesione al regime forfettario delle partite Iva.

Regime forfettario delle partite Iva, il requisito del limite dei 65 mila euro di reddito

Il primo requisito necessario per aderire alla partita Iva a regime forfettario è rappresentato dal volume di compensi e redditi annui. Il limite per le partite Iva forfettarie, infatti, è fissato a 65 mila euro. Immaginando un libero professionista che abbia avuto negli anni ricavi sempre superiori alla soglia, ma che per una riduzione dell’attività arrivi a un ammontare di compensi che non superano più i 65 mila euro, è possibile cambiare regime fiscale di partita Iva? Prendendo in esame il volume dei compensi la risposta è positiva. È possibile passare al regime forfettario delle partite Iva.

Regime forfettario di partita Iva, quali sono i requisiti richiesti?

In questo caso, affinché il professionista possa passare dal regime ordinario della partita Iva al regime forfettario, devono essere rispettati tutti i requisiti richiesti. Il limite della flax tax al 15% del regime forfettario è applicato per redditi fino a 65 mila euro. I requisiti per aderire al regime forfettario sono elencati nella legge numero 190 del 23 dicembre 2014 (legge di Stabilità 2015). Al comma 54 dell’articolo 1 è previsto che “i contribuenti persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni applicano il regime forfetario di cui al presente comma e ai commi da 55 a 89 del presente articolo se, al contempo, nell’anno precedente hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori ai limiti indicati nell’allegato numero 4 annesso alla presente legge, diversi a seconda del codice Ateco che contraddistingue l’attività esercitata”.

Chi può passare al regime fiscale forfettario di partita Iva?

In tal senso si è espressa anche l’Agenzia delle entrate nell’interpello numero 378 del 31 maggio 2021. Nell’interpretazione, l’Agenzia ha ribadito che il regime forfettario rappresenta un regime naturale e, dunque, i contribuenti che già portano avanti l’attività di impresa, di arte o di professione, possono avere accesso senza dover inviare alcuna comunicazione preventiva oppure successiva.

Partita Iva regime forfettario, le cause di esclusione

Naturalmente, per l’accesso al regime forfettario delle partite Iva, l’esercente l’impresa, l’arte o la professione non deve incorrere nelle cause di esclusione che sono elencate nel comma 54 dell’articolo 1 della legge 190 del 2014. Nel dettaglio non possono avvalersi del regime forfettario:

  • le persone fisiche aderenti già a regimi speciali ai fini dell’Iva o a regimi forfettari di determinazione del reddito;
  • le persone non residenti;
  • i soggetti che effettuano cessioni di fabbricati o di porzioni, di terreni edificabili, in via esclusiva o prevalente;
  • gli esercenti attività di impresa, arti o professioni che contemporaneamente partecipano ad attività di persone, di associazioni o a società a responsabilità limitata.

Quando può passare dal regime ordinario di partita Iva al regime forfettario?

Il lavoratore con partita Iva che, nel precedente anno abbia già ottenuto ricavi che non superino il tetto dei 65 mila euro, può passare al regime forfettario già nell’anno successivo. Pertanto, per i lavoratori con partita Iva e i professionisti che nell’anno in corso abbiano un ammontare di compensi e di ricavi che non superino i 65 mila euro, è possibile cambiare regime fiscale già dal 2022.