Italia nella top list dei Paesi con le migliori performance estere

L’Italia a testa alta a confronto con le altre potenze mondiali quando si tratta di esportare i propri prodotti di eccellenza.
Questo è quanto emerge dal rapporto I.T.A.L.I.A. 2017 – Geografie del nuovo made in Italy realizzato da Fondazione Symbola, Unioncamere e dalla Fondazione Edison di Marco Fortis, presentato oggi a Treia nella sessione di apertura del XV Seminario estivo di Symbola.

Patrocinato dai ministeri degli Affari Esteri, dello Sviluppo Economico, delle Politiche Agricole, dei Beni Culturali e del Turismo, dell’Ambiente, il rapporto mostra un’Italia innovativa, versatile, creativa, reattiva, competitiva e vincente, anche e soprattutto nei mercati globali.

Ciò emerge dalle cifre che riguardano il triennio 2014-2016, durante il quale le esportazioni Made in Italy sono cresciute di 26,7 miliardi di euro, seconda migliore performance in valore assoluto tra i 4 maggiori paesi dell’Eurozona dopo la Germania.
Questa performance ha fatto guadagnare alla nostra bilancia commerciale un nuovo surplus record con l’estero: 51 miliardi di euro. Da record anche il surplus commerciale manifatturiero, quinto al mondo con 90,5 miliardi di euro al 2016 dietro alla Cina, alla Germania, alla Corea del Sud e al Giappone.

A fare da traino le imprese medio-grandi, ma anche le medie e piccole sono in grado di emergere e dare il proprio forte contributo, cominciando dalla loro capacità di essere flessibili e attive in campi diversi, puntando in particolare su creatività ed innovazione.
Caratteristiche che risaltano principalmente nel design, nell’hi-tech ma anche nella meccanica e nei mezzi di trasporto. e ciò ha portato all’Italia ben 844 prodotti da record per saldo commerciale attivo con l’estero.

L’Italia, grazie alle sue attrattive e alla qualità altissima dei suoi prodotti, rimane salda nella top ten delle mete più desiderate dai vacanzieri, ed è terza, dopo Stati Uniti e Gran Bretagna, per notorietà. Il Belpaese è conosciuto in primis per il patrimonio culturale e architettonico, ma anche per la creatività espressa nella moda e per l’eccellenza dell’enogastronomia. Altri elementi che giocano a favore sono apertura, tolleranza e rispetto per l’ambiente, nonostante gli italiani tendano ad avere una percezione di sé molto inferiore rispetto a ciò che davvero viene percepito all’estero.

Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola, ha dichiarato: “C’è un’Italia in grado di parlare al mondo con i suoi talenti, la sua creatività, il suo territorio, la sua bellezza. Capace con le sue energie migliori di affrontare a testa alta le sfide per il futuro a partire da quelle del clima, di un’economia più sostenibile e a misura d’uomo, della ricostruzione delle aree terremotate. Troppo spesso questo Paese non ha piena coscienza delle proprie potenzialità. Tanto che è una delle Nazioni al mondo in cui è maggiore la forbice tra percezione interna, spesso negativa, e percezione esterna positiva e favorevole. Un’Italia che fa l’Italia può essere protagonista insieme all’Europa delle grandi questioni aperte che abbiamo di fronte”.

Giuseppe Tripoli, segretario generale di Unioncamere, ha aggiunto: “L’Italia è percepita come un bouquet di eccellenze di prodotti, di brand e di territori. In sette anni le nostre esportazioni sono cresciute significativamente (+43%) e per saldo commerciale su quasi mille prodotti siamo leader nel mondo o nelle primissime posizioni. Da oltre dieci anni, inoltre, l’Italia è in vetta per pernottamenti di turisti non europei (60 milioni di notti). E possiamo fare di più per sfruttare il nostro potenziale. Ci sono almeno 70 mila imprese potenzialmente esportatrici che potrebbero varcare i confini nazionali perché hanno tutte le carte in regola per farlo. Il digitale è un moltiplicatore di esportazioni e di innovazione e cresce quotidianamente il numero delle imprese che comincia a utilizzarlo grazie anche a Industria 4.0. Ogni impresa in più che comincia a utilizzare l’e-commerce raddoppia il fatturato. E sono ancora tantissime quelle che non l’utilizzano. Sono questi i campi sui cui le Camere di commercio stanno lavorando”.

Vera MORETTI

Design italiano sempre più all’avanguardia in Europa e nel mondo

Il design, oltre alla moda e al food, sta diventando sempre più un potente marchio di fabbrica del Made in Italy. Questo fenomeno è stato analizzato dal rapporto Design Economy realizzato da Fondazione Symbola e presentato al Salone del Mobile di Milano da Domenico Sturabotti ed Ermete Realacci, rispettivamente direttore e presidente di Symbola, alla presenza del presidente di FederlegnoArredo, Emanuele Orsini.

L’Italia mantiene nel settore un ruolo di leadership, grazie al numero delle imprese attive, che sono 29 mila, meno delle 34 mila francesi ma più delle 23 mila tedesche. Seguono poi Inghilterra con 21 mila e la Spagna con 5 mila.
Inoltre, l’Italia è seconda tra le grandi economie europee con 4,4 miliardi di fatturato, superata solo dalla Gran Bretagna (8,8 miliardi), ma davanti a Germania (3,6), Francia (1,9) e Spagna (1,0).
Da podio anche la specializzazione del Paese: l’Italia è seconda, sempre dietro il Regno Unito (0,17%), per incidenza del fatturato del design sul totale dell’economia: 0,15%, quasi il doppio della media dell’Unione europea (0,09%), molto più della Germania (0,06%) e di Francia e Spagna (0,05%).

In Europa, quasi un addetto nel design su cinque (17,4%) è italiano; in numeri assoluti si tratta di 47.274 occupati nel settore sui 272.268 dell’UE. Se osserviamo il valore aggiunto per addetto negli anni 2013-14, la sola Spagna (+23,8%, che parte però da livelli molto più bassi dell’Italia) evidenzia performance migliori del nostro Paese (+7,8%), mentre sono negative sia la media dei risultati dell’Unione europea (-1,0%) che il risultato di Regno Unito (-5,2%), Germania (-11,7%) e Francia (-13,7%).

Ermete Realacci ha voluto commentare questi dati: “Il design non è legato solo all’estetica ma anche alla capacità di risolvere problemi complicati, che vale oro nella complessità contemporanea: dall’ideazione di nuovi prodotti all’individuazione di nuovi mercati, fino alla ricerca di nuovi significati. Ieri come oggi il design è l’infrastruttura immateriale del made in Italy, e non è un caso se le imprese di design prosperano lì dove ci sono le Pmi che fanno il made in Italy. Come dimostra autorevolmente il Salone del Mobile, che alla sua 56esima edizione si conferma la più importante fiera del settore a livello internazionale contribuendo all’attrattività del nostro Paese nel mondo. Il design oggi assume e veicola nei prodotti anche i dettami dell’economia circolare: efficienza, minore impiego di materia ed energia, riciclabilità. Non a caso il settore italiano del legno-arredo è primo in Europa per efficienza energetica, riduzione delle emissioni e investimenti in ricerca e sviluppo”.

Emanuele Orsini ha aggiunto: “L’Italia ha beneficiato del fortunato incontro tra il mondo artistico e creativo e il mondo manifatturiero-produttivo fortemente radicato nel territorio e fatto di eccellenza e imprenditori votati all’innovazione, che hanno saputo tradurre in realtà concreta ciò che, senza il necessario talento, poteva essere solo. Il clima culturale ha favorito le contaminazioni internazionali, eventi come il Salone del Mobile di Milano promuovono e lanciano idee e prodotti unici nel loro genere, offrono opportunità ai giovani talenti. A parte qualche piccola battuta d’arresto il settore è in crescita, ora occorre fare sistema e favorire una strategia a livello nazionale che consenta alle nostre aziende di competere sempre più nei mercati europei e internazionali”.

Ovviamente, il Legno Arredo merita una citazione a parte, poiché si dimostra essere all’avanguardia non solo per il design, ma anche per la sostenibilità ambientale.
Le aziende italiane, infatti, utilizzano 30 tonnellate equivalenti di petrolio per ogni milione di euro prodotto, contro una media Ue di 68. Ma anche per quanto riguarda le emissioni: con 39 tonnellate di CO2 equivalente per milione di euro, contro le 50 dei Tedeschi, le 52 dei Francesi, le 93 dei Britannici e le 124 degli Spagnoli.

Risultati per i quali vanno ringraziati soprattutto gli investimenti delle imprese in ricerca e sviluppo: ben 67 milioni di euro nel 2014. Più di quanti ne abbiano fatti nel medesimo anno Regno Unito e Germania, rispettivamente a quota 48,4 e 39 milioni, oppure Spagna e Polonia, ferme a 18 e 12,3 milioni.

Vera MORETTI

Italia, la più cliccata dai mercati stranieri

L’Italia e il Made in Italy piacciono ancora, anzi, sempre di più.
A testimoniarlo sono le percentuali delle ricerche su Google, che negli ultimi tre anni sono aumentate del 22%.

Questo dato è frutto di uno studio, il rapporto Italia – Geografie del nuovo Made in Italy, realizzato da Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison, presentato a Treia (Macerata) nella sessione di apertura del XIII seminario estivo.

Questo risultato fa capire come il Belpaese sia concepito all’estero, nonostante i sette anni di crisi: i mercati globali, infatti, hanno ancora un’idea di Italia innovativa, versatile, creativa, reattiva, competitiva e vincente.

Questo successo, comunque, è dovuto grazie ad un percorso che, in questi anni, si è deciso di percorrere, senza mai lasciare da parte la qualità, che da sempre contraddistingue, ad esempio, la nostra attività manifatturiera.

Proprio questo settore ha contribuito a far arrivare l’Italia tra le prime cinque potenze industriali, insieme a Cina, Germania, Giappone e Corea.
Non a caso dall’introduzione dell’euro l’Italia ha visto i valori medi unitari dei suoi prodotti salire del 39%, facendo meglio di Regno unito (36%) e Germania (23%).

Ma la qualità dei prodotti italiani non viene riconosciuta solo all’estero perché ben due italiani su tre sono disposti a pagare un sovrapprezzo per avere prodotti 100% italiani. E questa tendenza si riscontra anche in Giappone, Emirati Arabi, Usa, Russia e Brasile.

Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola, ha dichiarato in proposito: “Mentre la crisi sembra finalmente allentare la sua presa sul Paese, è ancora più importante avere un’idea di futuro, capire quale posto vogliamo che l’Italia occupi in un mondo che cambia. Più che in passato, mi piace dire che l’Italia deve fare l’Italia, rispondendo ad una domanda che aumenta ed e’ confermata dai dati sull’innalzamento delle ricerche sul maggiore motore di navigazione internet, e puntare sui talenti che il mondo le riconosce: bellezza, qualità, conoscenza, innovazione, territorio e coesione sociale che sempre più incrociano la frontiera della green economy. Talenti che ci consegnano le chiavi della contemporaneità e delle sfide del futuro perchè assecondano la voglia crescente di sostenibilità dei consumatori e danno risposte ai grandi cambiamenti negli stili di vita e nei modelli di produzione”.

Vera MORETTI

Un milione di euro per le pmi green

Cloros, Energy Service Company, ha deciso di mettere a disposizione delle piccole e medie imprese che puntano sulla sostenibilità per essere competitive, un milione di euro per diventare ancora più efficienti.

Questa iniziativa è sostenuta in partnership con Symbola, Fondazione per le qualità italiane, e prevede una selezione dei migliori progetti candidati non solo da un punto di vista tecnologico, ma anche in base alla capacità di rappresentare il Made in Italy in maniera concreta ed originale.

Riccardo Caliari, Amministratore Delegato di Cloros, ha presentato il progetto: “Creatività, soluzioni su misura, innovazione. E, certamente, efficienza. La forza del Made in Italy sta qui. Ma la crisi e le difficoltà di accesso al credito non aiutano certo le imprese a investire per essere competitive. Cloros è una E.S.Co che crede nelle eccellenze italiane e ha deciso di dedicare il progetto proprio alle Piccole e Medie Imprese perché crede nella forza del nostro Paese e nei suoi talenti. E per fare questo non potevamo che scegliere di affiancarci a un partner autorevole come Symbola, la fondazione che seleziona e promuove le qualità italiane”.

Ermete Realacci, presidente di Symbola, ha aggiunto: “La green economy già oggi in Italia significa non solo qualità ambientale, benessere per i cittadini, ma competitività. Lo hanno capito quelle 341.500 aziende italiane dell’industria e dei servizi con dipendenti (un quinto circa del totale) che dal 2008, in piena crisi, hanno investito in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2. Un dato che sale al 33% nell’industria manifatturiera”.

I risultati ottenuti sono stati soddisfacenti, poiché nella manifattura il 25,8% delle imprese eco-investitrici ha visto crescere il proprio fatturato nel 2013, mentre tra le non investitrici è successo solo nel 17,5% dei casi.
Inoltre, le imprese manifatturiere che fanno eco-investimenti sono anche più forti all’estero: il 44% esporta stabilmente, contro il 24% di quelle che non investono.

La cifra di 1 milione di euro messa a disposizione da Cloros sarà impiegata per finanziare interventi tecnologici finalizzati alla riduzione dei consumi energetici nei processi produttivi delle aziende italiane, con conseguente riduzione delle emissioni di CO2.
Gli interventi saranno realizzati attraverso l’innovativo meccanismo del contratto a prestazione energetica garantita o Energy Performance Contract (EPC): il risparmio energetico generato viene condiviso tra l’impresa, che vede ridurre da subito il costo in bolletta, e Cloros, che lo utilizza per recuperare il capitale investito (in massimo 5 anni).

Gli interventi finanziabili riguardano la sostituzione dei sistemi di riscaldamento, condizionamento, illuminazione, ma anche l’installazione di motori elettrici efficienti o dotati di inverter, l’adozione di macchine a basso consumo di energia e la realizzazione di impianti per la produzione di energia termica ed elettrica.

Per partecipare al progetto “Made in Italy in green. Nuove energie per la tua impresa” occorre visitare il sito Madeinitalygreen.it e compilare un breve modulo entro il 30 giugno 2015.
Ogni impresa potrà beneficiare di un budget complessivo che varierà da 30 a 250mila euro circa.
L’elenco delle aziende selezionate sarà reso noto entro il 31 luglio 2015 e gli interventi verranno portati a termine entro la fine del 2015.

Vera MORETTI

Legno arredo campione dell’export

È cosa piuttosto nota che l’economia italiana è sempre più salvata dall’export e che le aziende italiane che meglio riescono a stare sul mercato e a resistere ai colpi della crisi sono quelle più vocate alle esportazioni. Tra queste, si confermano ancora in grande spolvero quelle del settore legno arredo, non solo in questi giorni di Salone del Mobile a Milano.

Anche lo scorso anno, nonostante i duri colpi sferrati dalla crisi, le aziende italiane del legno arredo hanno permesso al settore di chiudere positivamente il 2014, soprattutto grazie ai buoni risultati legati all’export. A fronte infatti dell’ennesima frenata dei consumi interni -4%, secondo il Focus sul settore del Legno Arredo stilato dalla Fondazione Symbola insieme a Unioncamere, il legno arredo italiano ha fatto registrare un avanzo commerciale superiore ai 10 miliardi di euro, performance che ha fatto guadagnare all’Italia il secondo posto mondiale per il saldo della bilancia commerciale, dopo il mostro cinese.

E anche in Europa non siamo messi affatto male. Secondo il Focus, più del 60% dei prodotti del legno arredo italiano sono primi, secondi o terzi nel continente per l’attivo commerciale. Un primato ottenuto anche grazie alla forte propensione all’innovazione e alla ricerca delle aziende italiane del settore legno arredo.

Questa volta è l’Eurostat a certificare il primato delle aziende italiane del legno arredo, che per ricerca e sviluppo hanno stanziato la bellezza di 56,4 miliardi di euro, contro i 44,6 miliardi del Regno Unito, i 39,9 miliardi della Germania e i miseri 17,5 miliardi della Francia.

E non è finita qui. FederlegnoArredo, infatti, vede rosa anche per il 2015, con il commercio estero delle aziende di settore che è dato in ulteriore ascesa. Secondo l’associazione di categoria, infatti, l’export del legno arredo italiano potrebbe crescere ancora del 5%, il fatturato del 2% (con un +4% dopo il -2% del 2014) e i consumi interni potrebbero alleggerire la loro zavorra, passando dal -4% del 2013 al -1,6%.

Il Salone del Mobile e il futuro del settore

Il Salone del Mobile di Milano che prende il via oggi porterà all’attenzione degli addetti ai lavori e non solo quello che, per l’economia e per il Pil italiani, significa la filiera nazionale del legno arredo. Secondo il dossier “10 verità sulla competitività italiana – Focus sul settore Legno Arredo”, redatto da Fondazione Symbola, Unioncamere, FederlegnoArredo e Fondazione Edison, l’industria del mobile e dell’interior design italiano è seconda al mondo nella classifica con la quale si valuta il saldo della bilancia commerciale grazie ai 10 miliardi di surplus. Davanti a noi la Cina. Mica pizza e fichi.

Del resto, che l’arredamento italiano sia campione del mondo non è una cosa che si scopre solo una volta all’anno quando, quando apre i battenti il Salone del Mobile. Secondo i dati contenuti nel rapporto, il legno arredo italiano esporta il 60% di quanto produce, export che in 5 anni (2008-2013) è aumentato del 16,5%, stracciando i concorrenti storici della Germania (ferma a un +11,6%) e della Francia (indietro di quasi due terzi, a +5,9%).

E i primati continentali del legno arredo italiano non finiscono certo qui. Il focus di Symbola, particolarmente importante se letto alla luce del recente Salone del Mobile, ricorda che il nostro Paese è ai vertici della Ue a 28 per quanto riguarda il saldo commerciale di ben 22 prodotti sui 37 censiti del settore legno arredo, tra mobili, finestre, porte, finestre e illuminazione.

Una maestria della manifattura italiana che ha la sua forza tanto nel sistema Paese quanto nelle eccellenze territoriali. Lombardia e Veneto sono infatti due delle tre principali regioni produttrici di mobili dell’Ue e tra le prime 15 compaiono anche Friuli Venezia Giulia, Marche e Toscana. Ben 5 su 15, un terzo, sono italiane. Tutte realtà per le quali il Salone del Mobile è un’ulteriore, grande vetrina.

E pensare che, come ricorda il rapporto Symbola, il valore aggiunto che le competenze della manifattura italiana portano alla nostra industria del mobile è pari a quasi 5 miliardi di euro (4,9, per la precisione). Una cifra ben al di sopra di quella portata alle industrie del legno arredo di altri Paesi europei tradizionalmente più ricchi di materie prime rispetto al nostro; basti pensa che la Francia si ferma a 2,3 miliardi, la Spagna a 1,8 e la Svezia, terra di foreste e patria del colosso globale Ikea a 900 milioni.

Ma il rapporto, per l’onesta intellettuale e il rigore scientifico che distingue i suoi curatori, non si ferma alle luci della filiera italiana del legno arredo (quelle che si vedranno al Salone del Mobile), ma indaga anche le ombre, evidenziandone i problemi che fermano la crescita: “La diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza, la mancanza di lavoro, il peso delle mafie e di una corruzione mai contrastata adeguatamente, una burocrazia spesso soffocante, il Sud che perde contatto con il resto del Paese”.

Handicap storici per i quali c’è soluzione: “Rimediare non è facile, ma è alla nostra portata. Serve però un’idea di futuro. E’ indispensabile acquisire la consapevolezza dei nostri punti di forza, per mobilitare i talenti e le energie migliori“. Proprio quelli che, in questi giorni, popolano il Salone del Mobile di Milano.

Niente crisi per la green economy

Investire per combattere la crisi aiuta a rimanere a galla, soprattutto se si tratta di innovazioni nel campo della green economy.
Dal rapporto di GreenItaly 2014, redatto da Unioncamere e Fondazione Symbola, che da 5 anni fa il punto sulle eccellenze della green economy nazionale, emerge infatti che in questo periodo più di un’impresa su cinque ha scommesso su innovazione, ricerca, conoscenza, qualità e bellezza, e soprattutto sulla green economy.

Sono infatti 341.500 le aziende italiane (circa il 22%) dell’industria e dei servizi con dipendenti che dal 2008 hanno investito, o lo faranno quest’anno, in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2.
La percentuale sale al 33% se si considerano le industrie manifatturiere.

L’economia verde non ha solo portato ricchezza alle aziende che vi hanno creduto, ma anche nuovi posti di lavoro, ben 3 milioni dal 2008 e la cifra è destinata a crescere ulteriormente nell’anno in corso con 234 mila assunzioni legate a competenze green: ben il 61% della domanda di lavoro.

Con questo andamento, i green jobs sono oggi al 70% per quanto riguarda le assunzioni destinate ad attività di ricerca e sviluppo, che supera dunque quel 61,2% che già aveva stupito l’anno scorso.

A questo proposito, ha dichiarato Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere: “Che la cultura green non sia oggi più soltanto patrimonio di un piccola cerchia di illuminati, ma, al contrario, sia un orientamento che sta progressivamente conquistando gran parte dei nostri connazionali, è dimostrato dalla disponibilità, che quasi 8 italiani su 10 dichiarano, a preferire prodotti eco-sostenibili all’atto dell’acquisto. Un acquisto peraltro oggi sempre più oculato e attento, visto il permanere di una sostanziale crisi dei consumi. Questa semplice constatazione deve ancora di più valorizzare l’atteggiamento seguito dalle nostre imprese, che si rivelano campioni anche nel fare un diverso tipo di made in Italy, in cui il rispetto della nostra tradizione produttiva si sposa indissolubilmente con la tutela dell’ambiente e si coniuga con una idea di business anche eticamente positiva, oltre che vincente”.

Vera MORETTI

Eccellenze in Digitale in aiuto delle pmi

Il cammino dell’iniziativa Made in Italy: eccellenze in digitale prosegue, forte dell’impegno e della collaborazione di Google, Unioncamere, Fondazione Symbola e Università Ca’ Foscari.

Al centro delle iniziative proposte c’è sempre il desiderio di avvicinare le imprese italiane al digitale, attraverso una sempre più consolidata consapevolezza del potenziale economico che si cela dietro ad un utilizzo più continuativo del web per fare affari e per promuovere la propria attività soprattutto all’estero.

Sul sito Eccellenzeindigitale.it ci sarà prima possibile una sezione dedicata alle piccole e medie imprese, alle quali verranno date indicazioni per realizzare una strategia di internazionalizzazione.
Inserendo poche informazioni sarà possibile ricevere un piano con consigli utili per iniziare a muovere i primi passi.

A disposizione delle aziende, ci saranno validi strumenti, come Google Trends, Global Market Finder, Consumer Barometer e Translate, che aiuteranno ad avviare la propria attività anche all’estero.
Inoltre, grazie al sistema percorso Selfservice ideato da Unioncamere, gli imprenditori saranno aiutate a districarsi in tutte le principali formalità necessarie per esportare.

Altro dato interessante è sicuramente la possibilità, da parte delle imprese interessate, ad entrare in contatto con imprenditori che hanno già seguito queste linee per utilizzare il web come leva distintiva per promuoversi in nuovi Paesi e capire cosi come avviare o rafforzare la propria strategia di internazionalizzazione.

I nuovi strumenti saranno inoltre a disposizione dei 104 giovani digitalizzatori, formati da Google e Unioncamere, attivi nelle 51 camere di commercio in tutta Italia per avvicinare le imprese al web.

Fabio Vaccarono, Managing Director di Google in Italia, ha commentato così l’iniziativa: “L’Italia ha un potenziale enorme. L’eccellenza italiana, fatta di milioni di piccole e medie imprese, ha tutte le carte in regola per eccellere sul web. Grazie al digitale, infatti, anche quelle che possiamo definire vere e proprie micro-multinazionali, PMI con grandi potenziale di export, hanno la possibilità di far conoscere i propri prodotti e la propria eccellenza anche all’estero in maniera semplice e scalabile“.

Vera MORETTI

Le 10 verità sulla competitività dell’Italia

L’Italia è tra i cinque Paesi che, al mondo, possono vantare un surplus commerciale manifatturiero superiore a 100 miliardi di dollari.

Questo dato è una delle 10 verità che riguardano la competitività del Belpaese, secondo un’indagine condotta da Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison, illustrata da Marco Fortis, vicepresidente Fondazione Edison, e Ermete Realacci, presidente di Symbola, e che punta a “sfatare i tanti luoghi comuni che non rendono giustizia al nostro Paese e rischiano di distogliere l’attenzione dai suoi reali problemi. Dal 2008 il nostro fatturato estero manifatturiero è cresciuto (+16,5%) più di quello tedesco (+11,6%)”.

Oltre all’Italia, gli altri quattro Paesi sono Cina, Germania, Giappone e Corea del Sud, mentre Francia (-34 mld), Gran Bretagna (-99) e Usa (-610) vedono la bilancia commerciale manifatturiera pendere al contrario, secondo i dati del Wto.

Le altre nove verità sulla competitività dell’Italia sono le seguenti:

  • Le imprese italiane sono tra le più competitive al mondo. Su un totale di 5.117 prodotti nel 2012, l’Italia si è piazzata prima, seconda o terza al mondo per attivo commerciale con l’estero in ben 935 (dati Istat, Eurostat, Un Comtrade).
  • L’Italia è tra i paesi avanzati che, nella globalizzazione, ha conservato maggiori quote di mercato mondiale. Mantenendo, dopo l’irruzione della Cina e degli altri Brics, il 71% delle quote di export rispetto al 1999: come gli Usa, mentre il Giappone le ha viste ridotte al 67%, la Francia al 61%, la Gran Bretagna al 55% (dati Wto).
  • Il modello produttivo italiano è tra i più innovativi in campo ambientale. Per ogni milione di euro prodotto dalla nostra economia emettiamo in atmosfera 104 tonnellate di CO2, la Spagna 110, il Regno Unito 130, la Germania 143. Più efficienti anche nel campo dei rifiuti: con 41 tonnellate ogni milione di euro prodotto distanziamo di parecchio anche la Germania (65 t).
  • L’Italia è, in Europa, la meta preferita dei turisti extraeuropei. Il primo paese dell’eurozona per pernottamenti di turisti extra Ue, con 54 milioni di notti. Meta preferita di paesi come la Cina, il Brasile, il Giappone, l’Australia, gli Usa e il Canada (dati Eurostat).
  • La zavorra del Pil italiano non è certo la competitività dell’industria, ma il crollo della domanda interna. Il fatturato interno dell’industria manifatturiera italiana ha perso il 15,9% rispetto al 2008, contro lo 0,3% della Germania e a fronte di una crescita del 4,6% in Francia.
  • La crescita degli altri paesi non è fatta di sola competitività, ma anche di debito. Un ruolo decisivo, infatti, lo ha avuto proprio l’aumento del debito: quello aggregato (pubblico e privato) dell’Italia è cresciuto del 61% rispetto al Pil tra il 1995 e il 2012, mentre quello francese cresceva dell’81%, quello britannico del 93%, quello spagnolo del 141% (dati Eurostat).
  • Dagli inizi degli anni ’90 ad oggi la ‘quota di mercato’ dell’Italia nel debito pubblico totale dell’eurozona è costantemente calata. Infatti il peso del nostro debito pubblico rispetto al totale del debito pubblico europeo è sceso dal 28,7% del 1995 al 22,1% del 2013 (dati Commissione Europea).
  • Considerando il debito aggregato (Stato, famiglie, imprese) l’Italia è uno dei paesi meno indebitati al mondo: quello italiano pesa il 261% del Pil. Quello del Giappone il 412%, quello della Spagna il 305%, quello britannico il 284%, quello degli Stati Uniti il 264% (dati Banca d’Italia).
  • Dal 1996 ad oggi l’Italia ha prodotto il più alto avanzo primario statale cumulato della storia: 591 miliardi di euro correnti, ben 220 miliardi in più della virtuosa Germania.

Vera MORETTI

La green economy contro la crisi

Di dubbi, Ermete Realacci di Fondazione Symbola e Ferruccio Dardanello di Unioncamere, ne hanno ben pochi: la green economy e le sue molteplici potenzialità, ci salveranno dalla crisi.

I due hanno dichiarato in coro: “La green economy, è un nuovo paradigma produttivo che esprime, nel nostro Paese, la parte propulsiva dell’economia. Dall’inizio della crisi, nonostante la necessità di stringere i cordoni della borsa, più di un’impresa su cinque ha scommesso sulla green economy. Che è stata, quindi, percepita come una risposta alla crisi stessa, e non ha deluso le aspettative“.

A testimoniarlo, i dati di GreenItaly 2013, il rapporto annuale di Unioncamere e Fondazione Symbola che racconta le eccellenze della green economy nazionale e che è stato presentato a Milano presso la sede di Expo 2015.
Dal 2008, infatti, hanno investito, o lo faranno entro la fine dell’anno, in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale ben 328mila aziende italiane appartenenti ai settori dell‘industria e dei servizi, che corrispondono al 22% del totale.

E proprio da queste imprese quest’anno arriverà il 38% delle assunzioni totali, segnale che l’economia green non solo traina il mercato italiano, ma crea anche buone opportunità di lavoro. Se si considerano, poi, le assunzioni destinate a ricerca e sviluppo, la percentuale si alza fino al 61,2%.

Ha dichiarato Ferruccio Dardanello: “GreenItaly ci racconta di un’Italia che sa essere più competitiva e più equa, perché fondata su un modello produttivo diverso. In cui tradizione e innovazione, sostenibilità e qualità si incrociano realizzando una nuova competitività. L’Italia non una delle vittime della globalizzazione ma, anzi, un Paese che ne ha approfittato per modificare profondamente la propria specializzazione internazionale, modernizzandola, proprio grazie alla green economy. Creando valore aggiunto in settori in cui ci davano per spacciati e creando nuove specializzazioni in altri settori, in cui siamo oggi leader. L’Expo 2015 è un’occasione unica per presentare al mondo questo modello di sviluppo e l’Italia come suo autorevole paladino. Se vogliamo che questo modello vincente contagi tutto il nostro sistema produttivo, dobbiamo sostenerlo. Anzitutto liberandolo dagli ostacoli che incontra lungo il cammino, primo fra tutti l’eccesso di burocrazia. E poi con politiche industriali e fiscali più green: nelle tecnologie, nella formazione, nella tassazione del lavoro, nel credito, negli investimenti“.

Altri interessanti numeri arrivano dal rapporto, giunto ormai alla sua quarta edizione: il 42% delle imprese manifatturiere che fanno eco-investimenti esporta i propri prodotti, contro il 25,4% di quelle che non lo fanno.
Il 30,4% delle imprese del manifatturiero che investono in eco-efficienza ha effettuato innovazioni di prodotto o di servizi, contro il 16,8% delle imprese non investitrici.
Il 21,1% delle imprese manifatturiere eco-investitrici ha visto crescere il proprio fatturato nel 2012, tra le non investitrici è successo solo nel 15,2% dei casi.

Cosa significa ciò? Semplicemente che la green economy aiuta ad aver maggior successo anche all’estero, oltre che ad aumentare produttività e reddito.

Anche i dati relativi all’occupazione giovanile sono incoraggianti, poiché il 42% del totale delle assunzioni under 30 programmate quest’anno dalle imprese dell’industria e dei servizi con almeno un dipendente, verrà fatto proprio da quel 22% di aziende che fanno investimenti.

Sostengono Unioncamere e Symbola: “Non stiamo parlando, evidentemente, di un settore dell’economia, ma di un tracciante verde che percorre il sistema produttivo italiano e che, a ben guardare, delinea il ritratto più fedele del nuovo made in Italy“.

I settori che maggiormente si sono dimostrati sensibili ed attenti all’economia green, sono
il comparto alimentare (27,7% contro una media del complesso dell’industria e dei servizi del 22%), quello agricolo (49,1%), il legno-mobile (30,6%), il settore della fabbricazione delle macchine ed attrezzature e mezzi di trasporto (30,2%), e poi tessile, abbigliamento, calzature e pelli (23%).

Il Nord del Paese si sta dimostrando più partecipativo in questo senso, con 170mila imprese sul totale delle 327mila, ossia il 52% del totale.
Di queste, 94mila sono al Nord Ovest (28,7%) e circa 75.600 nel Nord-Est (23,1%).
Aziende verdi si trovano anche al Sud, con 93.500 imprese (28,5%), mentre nel Centro si fermano a 64.800 (19,8%).

Per quanto riguarda la distribuzione a livello regionale, spicca la Lombardia, dove le aziende green sono più di 60mila, ovvero il 18% delle imprese green di tutto il Paese.
Segue il Veneto con 30.670 imprese che puntano sull’eco-efficienza (9,4%), terza posizione a pari merito davanti all’Emilia-Romagna e il Lazio, dove sono presenti, in ciascun territorio, poco più di 28mila imprese (8,6%).
Seguono Piemonte, Campania, Toscana e Puglia, rispettivamente con 23.690, 22.540, 21.440 e 20mila imprese attente alle loro performance ambientali. E quindi troviamo la Sicilia, a quota 19.760, e le Marche, che si attestano a 9.830 imprese green.

Ha dichiarato Ermete Realacci: “Non sarà certo la politica economica dell’Adda passà ’a nuttata, per dirla con De Filippo, a tirarci fuori dalla crisi. L’Italia deve affrontare i suoi mali antichi, che vanno ben oltre il debito pubblico e che la crisi ha reso ancora più opprimenti: le diseguaglianze sociali, l’economia in nero, quella criminale, il ritardo del Sud, una burocrazia spesso persecutoria e inefficace. Deve rilanciare il mercato interno, stremato dalla recessione, dall’austerità e dalla paura. E deve saper fare tesoro della crisi per cogliere le sfide, e le opportunità, della nuova economia mondiale. Lo deve fare scommettendo sull’innovazione, la ricerca, la qualità, la green economy, per rinnovare il suo sapere fare, la sua vocazione imprenditoriale e artigiana. L’Italia, insomma, deve fare l’Italia. La prossima Expo di Milano, pensata dopo la crisi, può essere anche la prima esposizione mondiale della green economy“.

Vera MORETTI