Food Made in Italy da record

Il food Made in Italy all’estero fa sempre più furore, tanto da aver determinato un record nelle esportazioni con una crescita del 7,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
A testimoniarlo è Coldiretti, con un certo entusiasmo perché già l’anno scorso l’agroalimentare aveva raggiunto il massimo storico di 38,4 miliardi.

Ciò significa che se questo trend verrà mantenuto fino a fine 2017, per la prima volta saranno superati i 40 miliardi di export agroalimentare, che ha saputo crescere sia nei Paesi dell’Unione sia in quelli fuori dall’Europa, segnando rispettivamente +5,1 e 10,8%.

Quindi, se i due terzi circa delle esportazioni alimentari riguardano i Paesi dell’Unione europea, gli Stati Uniti rappresentano il principale mercato per il food Made in Italy fuori dai confini dell’Unione e il terzo in termini generali dopo Germania e Francia, e prima della Gran Bretagna.

Tra i prodotti agroalimentari più esportati, il primo è saldamente il vino seguito da frutta e verdure fresche.
Dunque, i numeri sono altamente positivi ed incoraggianti ma, consapevoli di questo, se ci fosse un controllo maggiore e più severo, e una maggior tutela contro l’agropirateria internazionale, le percentuali andrebbero ancora più alle stelle.

A questo proposito, il mercato del falso, considerando solo l’agroalimentare, fattura all’estero oltre 60 miliardi di euro, con un uso improprio di denominazioni, ma anche ricette, immagini e parole evocative che richiamano l’Italia ma non arrivano certo da qui.

Vera MORETTI

Etichetta d’origine obbligatoria per riso e grano

Soddisfazione da parte di Andrea Renna, direttore di Coldiretti di Grosseto, in riferimento alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dei due decreti interministeriali per l’introduzione dell’obbligo di indicazione sull’etichetta dell’origine del riso e del grano per la pasta.

Questo provvedimento, infatti, tutelerà ulteriormente il Made in Italy, troppo spesso messo a rischio da contraffazioni e raggiri, e che arriva ad accontentare i consumatori, sempre più consapevoli ed esigenti quando si tratta di alimentazione e di provenienza delle materie prime.

Considerando che, a partire dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, è prevista una fase di 180 giorni che permetta alle aziende di adeguarsi al nuovo sistema, e di smaltire le etichette e le confezioni già prodotte, si stima che dal 16 febbraio per il riso e dal 17 febbraio per la pasta sarà possibile avere le confezioni nuove e non più fuorvianti.

Renna, a questo proposito, ha commentato: “Un pacco di pasta su tre è fatto con grano straniero senza indicazione in etichetta, come pure un pacco di riso su quattro. L’assenza dell’indicazione chiara dell’origine non consente di conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative, ma impedisce anche ai consumatori di sostenere le realtà produttive nazionale e con esse il lavoro e l’economia del vero Made in Italy nel sottolineare che in un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti”.

Dopo questa ulteriore battaglia vinta, Coldiretti non si ferma e mira alla regolarizzazione di altri prodotti, partendo da quelli simbolo del nostro Made in Italy, come i succhi di frutta e il concentrato di pomodoro, le cui importazioni dalla Cina sono aumentate del 43% nel 2016 ed hanno raggiunto circa 100 milioni di chili, pari a circa il 20% della produzione nazionale in pomodoro fresco equivalente.

L’Italia, dunque, deve assolutamente avere una marcia in più, per tutelare i propri prodotti e confermare la sua posizione di leader europeo per quanto riguarda la trasparenza e la qualità, nonostante l’Unione Europea abbia finora adottato politiche quantomeno contraddittorie, se si pensa che esiste l’obbligo di indicare l’etichetta per la carne fresca ma non per quella trasformata in salumi, per il miele ma non per il riso, per il pesce ma non per il grano, per farne solo alcuni esempi.
Ma noi dobbiamo fare la differenza.

Vera MORETTI

Export da record per il food Made in Italy

Il Made in Italy, soprattutto quando si tratta di food, dimostra di non conoscere crisi e di andare sempre a gonfie vele.
A fine 2016, infatti, l’Italia è al primo posto tra i Paesi appartenenti all’Unione europea per la quantità di prodotti agroalimentari di qualità: in tutto sono ben 288, tra DOP, IGP e STG.
Sono poi 4.965 i prodotti agroalimentari tradizionali censiti in Italia che utilizzano metodi di lavorazione, conservazione e stagionatura consolidati e durevoli nel tempo.

Il settore alimentare, nonostante le problematiche derivate dalla contraffazione e dall’italian sounding, ha raggiunto, nell’anno scorso, 23.758 milioni di euro di esportazioni, pari all’1,42 del PIL, che rappresenta il massimo storico degli ultimi 20 anni.

Questo risultato ha fatto salire l’export del settore del 3,6%, che rappresenta il triplo rispetto al manifatturiero (1,2%), ed è la percentuale più alta insieme al settore del Legno tra i settori a maggior concentrazione di MPI, e consolida l’ottima crescita (+6,6%) del 2015.

I tre quarti delle esportazioni italiane partono da cinque regioni: Emilia-Romagna con il 19,3% dell’export nazionale del comparto (4.592 milioni di euro), Lombardia con il 18,7% (4.444 milioni), Veneto con il 13,0% (3.095 milioni), Piemonte con il 13,0% (3.078 milioni) e Campania con il 10,6% (2.530 milioni).
Tra queste cinque regioni nel 2016 si registra una dinamica dell’export più intensa della media nazionale in Lombardia (+5,7%) e in Veneto (+4,6%) mentre un andamento sempre positivo, ma più contenuto si registra in Piemonte (+2,5%), in Campania (+2,4%) e in Emilia–Romagna (+1,7%).
La Lombardia è anche l’unica regione tra le principali cinque che presenta un miglioramento della variazione nel 2016 rispetto a quella registrata nel 2015 (-2,7%). In altre sei regioni si osserva con una dinamica migliore o uguale rispetto a quella del 2015 e precisamente in Abruzzo, Calabria, Molise, Umbria, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta.

Tra le trentacinque principali province con una quota superiore o uguale all’1% dell’export nazionale di Prodotti alimentari, ventisette sono in crescita e diciannove mostrano una dinamica maggiore rispetto alla media nazionale (+3,6%); nel dettaglio si tratta di: Lodi (112,3%, crescita per il 92,7% determinata dall’incremento delle esportazioni di Prodotti delle industrie lattiero-casearie), Roma (29,0%), Venezia (26,1%), Firenze (21,9%), Padova (16,6%), Varese (14,9%), Torino (14,5%), Como (11,6%), Cremona (10,7%), Vicenza (10,6%), Verona (8,3%), Provincia Autonoma di Trento (7,7%), Provincia Autonoma di Bolzano e Bologna (entrambe con il 6,7%), Bergamo (6,3%), Avellino (5,4%), Brescia (5,3%), Ravenna (5,0%), Modena (4,1%). In 52 delle 110 province italiane nel 2016 la dinamica dell’export di alimentari migliora o è uguale rispetto a quella osservata nel 2015.

Vera MORETTI

Food Made in Italy re dell’export

Seppur siano tanti i settori di eccellenza che hanno imposto il Made in Italy oltre i confini nazionali, è ancora il food che spopola e che colloca il Belpaese ai vertici mondiali di gradimento, con ben 20 prodotti.

Sono la pasta, le conserve di pomodoro, gli insaccati, i formaggi, ma anche le verdure e gli ortaggi, i prodotti più amati dagli stranieri, in particolare nel Paesi dove l’export è cresciuto maggiormente nell’ultimo anno, come la Germania (+17,3 per cento), la Francia (+20,5 per cento), l’Inghilterra (+23,6 per cento) e gli Stati Uniti (+37,8 per cento).

Tra gli alimenti che solleticano le papille gustative in Europa e nel mondo, ci sono anche i dolci e i prodotti da forno, il caffè, le carni e i vini, immancabili quando si tratta di Made in Italy.

si tratta di un patrimonio il cui export vale 30 miliardi di euro, in crescita di un terzo rispetto a cinque anni fa, nonostante le contraffazioni e l‘italian sounding, che danneggiano pesantemente il nostro nome e le nostre tradizioni.

Le cifre sono da capogiro: si tratta di un fatturato di quasi 300 miliardi di euro, che garantisce 230mila posti di lavoro.
Considerando la qualità, altissima, dei prodotti, c’è da andarne fieri.

Vera MORETTI

Il cibo made in Italy: un conto da 5 miliardi

Dalle bandiere blu alle bandiere del gusto. L’Italia è terra di vacanze, e non solo per il suo mare, le sue coste incontaminate e le bellezze paesaggistiche. L’ultima novità, anche se proprio di novità non si tratta, è il cibo made in Italy. La Coldiretti ha infatti stimato che il turismo enogastronomico nel 2012 arriverà a superare i 5 miliardi di fatturato, diventando il vero motore della vacanza in tempi di crisi.

Se il Conto Satellite Turismo 2012, primo report statistico sul business delle vacanze, ha rivelato come l’indotto del settore turistico in Italia copra ben il 6% del Pil nazionale, stavolta a fare la parte del leone è proprio lei, la cucina mediterranea.

I dati sono stati resi noti in occasione della conferenza  “L’Italia che piace nell’estate 2012: il turismo ambientale ed enogastronomicoorganizzata da Coldiretti insieme alla Fondazione Univerde, durante la quale è stata resa nota la classifica delle regioni più virtuose in Italia, in base all’offerta di prodotti agroalimentari tradizionali che possono essere gustati durante l’estate 2012.

Ma quanto influisce la buona cucina sulla scelta della destinazione di vacanza? Secondo Coldiretti per più di un italiano su tre, pari al 35%, la buona riuscita di una vacanza dipende proprio dal cibo, e in particolare dalla possibilità di degustazione di speciaità enogastronomiche locali.

“Il cibo è considerato dagli italiani l’ingrediente piu’ importante della vacanza – ha sottolineato il presidente della Coldiretti Sergio Marini – batte la visita a musei e mostre, (29%), lo shopping (16%), la ricerca di nuove amicizie (12 %), lo sport (6 %) e il gioco d’azzardo (2 %)”.

L’indagine svolta da Coldiretti ha censito 4671 prodotti tradizionali provenienti da tutto lo stivale: al primo posto per l’offerta di prelibatezze locali si classifica la Toscana, con ben 465 specialità, pari al 10% del totale, tutte ottenute secondo regole tradizionali protratte nel tempo per almeno 25 anni e realizzate in un paesaggio incantevole. Per i più golosi qualche assaggio : la torta di Villa Basilica, una torta salata a base di riso, dal caratteristico color giallo ocra che racchiude però un sapore piccante e salato, ottenuto grazie all’aggiunta del formaggio e delle spezie. Oppure il toscanissimo prosciutto di cinta senese ricavato da un’antica razza suina, la cinta senese, che viene ancora allevata allo stato brado e che deve il suo nome alla particolare cintura di pelo più chiaro a metà del corpo.

Alessia CASIRAGHI