Formaggio italiano sotto attacco

Non c’è pace per il formaggio made in Italy. Se, da un lato, è una delle eccellenze gastronomiche italiane più apprezzate ed esportate al mondo, dall’altro è vittima di contraffazione e indegni taroccamenti all’estero. E, in Italia, è uno dei prodotti più rubati nei supermercati.

Secondo una stima di Coldiretti, infatti, ai danni, per esempio, del Parmigiano si registra una percentuale di furti tripla rispetto alla media dei prodotti rubati supermercati italiani, dove nel 2015 è stata trafugata merce per un valore di 2,95 miliardi.

L’analisi di Coldiretti è stata presentata in occasione dell’incontro su Sicurezza e criminalità, promosso nei giorni scorsi a Reggio Emilia, per evidenziare i fenomeni criminali che mettono in pericolo il formaggio e il settore lattiero-caseario made in Italy.

Il fenomeno dei furti di formaggio, in particolare di Parmigiano, non colpisce però solo i supermercati. Anche le aziende casearie e i magazzini sono spesso visitati da ladri e bande organizzate che, secondo quanto rileva Coldiretti, vanno sul sicuro scegliendo le forme migliori (40 kg, stagionatura di 24 mesi) e rivendendole al mercato nero con il conseguente crollo dei prezzi sul mercato.

Oltre ai furti fisici in Italia, come ricordato il formaggio di casa nostra subisce anche continui furti di identità all’estero, con una fioritura di formaggi taroccati incredibile. Secondo Coldiretti, la produzione delle imitazioni di formaggio made in Italy, in primis Parmigiano Reggiano e Grana Padano, ha superato i 300 milioni di kg nel mondo, poco meno della metà prodotti negli Usa.

Un attacco che penalizza un sistema, quello della filiera del Grana e del Parmigiano, fatto di 363 caseifici artigianali della zona tipica, dove si ricava il formaggio dal latte prodotto in 3348 da 245mila mucche.

Per il resto, il formaggio taroccato viene prodotto in buona parte del Sudamerica, in Russia e in Australia. Per non parlare dell’Europa, dove a farla da padroni sono gli ex Paesi in orbita sovietica: Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Estonia e Lettonia.

Allarme etichette bugiarde

Tre cartoni su quattro di latte Uht presenti nei nostri supermercati sono di importazione; la maggior parte dei prosciutti – due su tre – sono prodotti con cosce di animali di importazione, ad esclusione di quelli a denominazione di origine; metà delle nostre mozzarelle e dei nostri formaggi, non a denominazione di origine, non sono prodotti in Italia ed un terzo della nostra pasta, venduta nel nostro Paese, è fatta con grano saraceno. Eppure tutti vengono venduti come prodotti italiani. Sono solo alcuni esempi che danno un’idea di quanto sia esteso nel settore agroalimentare italiano – un settore d’oro, ricorda la Coldiretti, che in valore assoluto produce nel nostro paese circa 150 miliardi di euro di fatturato – il fenomeno della contraffazione.

I risultati emergono dal lavoro d’indagine della Commissione parlamentare d’inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, che ha approvato una relazione specifica sui reati nel settore agroalimentare, in questi giorni al vaglio dell’Aula di Montecitorio. Perchè dell’argomento se ne occupi il Parlamento con una commissione ad hoc è presto detto: i danni provocati da questo tipo di reati sono ingenti, per i produttori e per i consumatori. Nell’ultimo triennio – e a parlare chiaramente sono sempre i numeri – i reparti della Guardia di Finanza hanno sottoposto a sequestro oltre 3.700 tonnellate di merci e quasi 6 milioni e mezzo di litri di prodotti alimentari contraffatti o comunque recanti un’etichettatura ingannevole sull’origine o sulla qualità del prodotto. “Naturalmente si tratta non di prodotti di alta qualità – si precisa nella relazione del Parlamento -, ma comunque destinati ai nostri supermercati senza alcuna indicazione riferita all’origine o che ne caratterizzi la qualità”.

La cronaca, ancora meglio dei numeri, racconta la reale portata del fenomeno. A Salerno, ad esempio, sono stati sequestrati quasi 100 mila litri di olio destinati al mercato italiano e a quelli statunitense e canadese. Le bottiglie riportavano un’etichetta doppiamente ‘bugiarda’: non si trattava di olio extravergine di oliva nè, soprattutto, di olio italiano bensì spagnolo. Dell’immagine italiana si abusa anche quando si parla di formaggi: a giugno a Taranto sono state sequestrate oltre 24 tonnellate di formaggio proveniente da Amburgo e destianato al mercato libico, che riportava sull’etichetta la denominazione ‘mozzarella’, con il tricolore italiano e altri segni distintivi nazionali come gli scavi di Pompei. Contraffazioni a go go anche per i pomodori, specie per i San Marzano.

“Si tratta di un settore che merita particolare attenzione – fanno notare i commissari nella loro relazione – perché alcune statistiche indicano come l’importazione di pomodoro di origine extra Unione europea sia incrementata nell’ultimo anno del 187 per cento, con la conseguente possibilità di un crescente utilizzo fraudolento dell’alimento in produzioni dichiarate nazionali”. Non va meglio nel settore vinicolo, dove la contraffazione non ha risparmiato nemmeno vini di qualità come il Sassicaia e l’Amarone della Val Policella Docg. Dal 2007 al 2009 le bottiglie di finto Amarone vendute sono state circa 1.200.000, per un guadagno illecito di circa 2.500.000 euro.

Fonte: agenparl.it

Cibus Tec e Summilk, il made in Italy in tavola

Dalla tavola alla tecnologia. Se il successo dei cibi made in Italy all’estero è una certezza, la crescita del settore tecnologico legato alla produzione alimentare negli ultimi 12 mesi è una promettente scoperta.

A confermare il successo italiano nel settore meccanico-alimentare sarà la 72ma edizione di Cibus Tec – Technologies & Solutions for the food industry, in programma a Parma del 18 al 21 ottobre. 700 aziende, 25 mila visitatori provenienti da tutto il mondo, dall’India al Brasile, dalla Russia alla Francia, e un nutrito programma di workshop e conferenze sul tema dell’innovazione tecnologica in campo alimentare.

Cibus Tec edizione 2011 si avvantaggia inoltre della concomitanza con Summilk, il convegno mondiale del latte, che vedrà la presenza a Parma, dal 15 al 19 ottobre, di oltre 1500 operatori del settore lattiero-caseario provenienti da 80 Paesi.

Molte le novità che verranno presentate in anteprima nel corso di Cibus Tek: i dall’Evero Aseptic di Tetrapack, alle Buste Preformate in asettico di Goglio, e ancora le soluzioni multitecnologia di GEA per i Convenience Food e i Ready Meals, e gli evaporatori Apollo Mixflow di CFT ad elevato risparmio energetico.

Il settore meccano-alimentare mostrerà a Cibus Tec tutta la sua vitalità. – ha dichiarato Antonio Cellie, amministratore delegato di Fiere di ParmaE’ un comparto ormai proiettato verso i 4 miliardi di euro di ricavi complessivi, con una quota export superiore all’80%, che è stato solo sfiorato dalla crisi e negli ultimi 12 mesi ha continuato a crescere. Le ragioni di questo successo, che ci vede impegnati a contendere ai tedeschi la leadership mondiale avendo entrambe una quota di mercato superiore al 20%, vanno ricercate nelle competenze tecnologiche e di filiera che solo il nostro paese ha saputo sviluppare.’

Dall’innovazione tecnologica alla materia prima. Parma si prepara ad ospitare Summilk, il  Word Dairy Summit della FIL/IDF. Esperti di latte, burro, formaggi e yogurt si confronteranno su un tema di grandissima attualità, la crescita sostenibile.

La crescita della popolazione mondiale corrisponde ad un aumento sempre maggiore della domanda di proteine di alto valore nutrivo, come latte e prodotti caseari. Agricoltura e industria dovranno essere pronte ad affrontare questa nuova domanda di cibo, mettendo a punto tecnologie che permettano da un lato di aumentare l’offerta, dall’altro di ridurre gli sprechi.

Christian Robert, direttore generale della Federazione internazionale del latte (FIL/IDF), ha ricordato l’impegno della filiera del latte in tutto il mondo. ‘Da molti anni si cercano soluzioni sostenibili alla nuova domanda di prodotti lattieri. La sicurezza del cibo è infatti una priorità assoluta ed è dovere di tutti impegnarsi per far fronte a questa richiesta in modo consapevole e sostenibile’. Per questo, già nel 2008, la FIL con l’aiuto di organizzazioni internazionali, prima fra tutte la FAO, ha sottoscritto un protocollo di impegno per lavorare in modo concreto alla ricerca di ogni possibile soluzione.

Alessia Casiraghi