Credito di imposta del 100% per le imprese che finanziano la formazione manageriale

È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il decreto del ministero dell’Università e della Ricerca che prevede il credito di imposta fino al 100% per le imprese che finanziano la formazione dei futuri giovani manager al fine di inserirli nel sistema produttivo. Non vi sono limiti per la richiesta delle imprese ai contributi: sono ammesse tutte le realtà aziendali, a prescindere dalla forma giuridica, dal regime contabile e dal settore economico nel quale svolgono la propria attività. I tempi sono stretti: gli enti di formazione (università e scuole) dovranno presentare domanda di accreditamento al Mur entro il 28 febbraio 2022.

Credito di imposta fino al 100% per imprese che finanziano la formazione dei giovani: i riferimenti normativi

Il credito di imposta per la formazione manageriale dei giovani è riportato nella Gazzetta Ufficiale numero 33 del 9 febbraio 2022. La misura è prevista dal decreto del ministero dell’Università e della Ricerca del 19 novembre 2021. Il provvedimento del Mur va a sostenere gli investimenti delle imprese nel capitale umano nei settori strategici dell’economia. L’obiettivo è quello di facilitare l’inserimento lavorativo dei giovani neolaureati. Il limite della spesa per la formazione di ciascuna impresa è fissato in 500 mila euro per il 2021 e altrettanti per il 2022.

Credito di imposta formazione giovani: quali attività sono finanziate?

Il credito di imposta a favore delle imprese che facilitano il percorso formativo e manageriale dei giovani al fine dell’ingresso nel mondo del lavoro finanzia specifiche attività di studio. Le attività devono essere istituite dalle università, sia pubbliche che private. Ammessi ai contributi anche i percorsi di studio promossi da istituti di formazione avanzata o dalle scuole di formazione manageriale. Criterio per l’ammissibilità ai contributi statali è il numero di crediti formativi universitari ottenibili attraverso il percorso di studi. Infatti, i crediti formativi devono essere pari ad almeno 60 (o 60 European credit transfer system) oppure un volume di ore di attività pari ad almeno 1.500.

Credito di imposta per la formazione manageriale, cosa dovranno fare le imprese?

Le imprese, per ottenere il credito di imposta, dovranno procedere con la comunicazione agli enti di formazione delle donazioni a favore della formazione manageriale dei giovani. Entro il 28 febbraio 2022 gli enti comunicheranno al ministero dell’Università e della Ricerca le donazioni ottenute nel 2021. Per l’anno 2023 le comunicazioni delle donazioni relative all’anno 2022 dovranno pervenire entro fine febbraio del prossimo anno. Il ministero dell’Università e della Ricerca controllerà le donazioni pervenute a favore della formazione manageriali. In altre parole, il Mur andrà a verificare la corrispondenza tra la donazione effettuata da ciascuna singola impresa e la destinazione formativa della stessa. Al termine, il ministero emetterà il decreto con l’elenco delle imprese ammesse al credito di imposta.

Quale credito di imposta per la formazione manageriale dei giovani?

Il contributo a favore delle imprese, sotto forma di credito di imposta, può essere riconosciuto nelle seguenti percentuali:

  • fino al 100% per le piccole e micro imprese;
  • del 90% per le imprese medie;
  • all’80% per le grandi imprese.

Se il volume di donazioni delle imprese per la formazione manageriale dovesse eccedere il limite dei 500 mila euro, il credito di imposta potrà essere corrisposto integralmente fino all’importo investito se le risorse disponibili risultassero capienti. In tal caso, per l’assegnazione integrale del credito, varrà l’ordine cronologico con il quale sono state presentate le domande.

Bonus formazione manageriale giovani, come si può utilizzare il bonus?

Il bonus per la formazione manageriale dei giovani può essere utilizzato solo in compensazione. L’utilizzo del credito di imposta, nel dettaglio, può avvenire a partire dal quindicesimo giorno susseguente a quelle nel quale sia stata comunicata all’impresa beneficiaria l’assegnazione del bonus stesso. Le aziende beneficiarie possono compensare il credito di imposta per l’importo riconosciuto dal ministero dell’Università e della Ricerca. In caso di eccesso nell’utilizzo, il Mur scarta la domanda presentata con il modello F24.

Contributi per la formazione: tre bandi Fondimpresa, in Lombardia avviso per imprese e professionisti

Tre bandi al via di Fondimpresa per la formazione aziendale. Gli asset di formazione strategica saranno tre e riguarderanno il green e il digitale, l’istruzione di base e le piccole imprese. In tutto le risorse stanziate per le competenze delle imprese e delle Pmi saranno pari a 75 milioni di euro. La formazione aziendale sarà inquadrata nella ripresa in atto e alla luce dei processi innovativi del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr) che sta cambiando l’aspetto digitale e sostenibile del tessuto industriale.

Bando Fondimpresa, Avviso 1 del 2022: formazione a sostegno dell’innovazione digitale e tecnologica

Il primo bando è l’avviso 1 del 2022 e riguarda la formazione aziendale a sostegno dell’innovazione tecnologica e digitale di processo o di prodotto delle imprese. Per il primo avviso sono stati stanziati fondi per 20 milioni di euro. Si andranno a finanziare progetti per aumentare la competitività delle imprese sul mercato e la possibilità di acquisire, da parte del personale, nuove competenze. Competenze, queste ultime, ormai obsolete e da aggiornare soprattutto in merito alla trasformazione green, digitale e di transizione verso un’economia più sostenibile.

Fondimpresa, al via il bando sulle competenze di base del personale

Il secondo bando, contenuto nell’avviso numero 2 del 2022, riguarda le competenze di base del personale aziendale. Il totale dei fondi stanziati è di 40 milioni di euro. L’esigenza di fornire le giuste competenze si riscontra nei numeri. In Italia 13 milioni di adulti tra i 25 e i 64 anni, ha un livello di istruzione bassa. Si tratta di lavoratori che, tra 5 anni, faranno ancora parte dei settori lavorativi italiani. Da qui la necessità di aggiornare le competenze di base per rimanere competitivi sul mercato del lavoro.

Bando Fondimpresa sulle competenze di base, quali saranno le materie da trattare?

Il bando Fondimpresa sulle competenze di base investirà nella formazione dei dipendenti delle aziende in queste materie:

  • competenze alfabetiche e funzionali;
  • matematica e conoscenza delle scienze;
  • ingegneria e tecnologia;
  • competenze sociali, personali, di cittadinanza, espressioni culturali;
  • attitudini imprenditoriali e competenze digitali;
  • competenze multilinguistiche.

Avviso Fondimpresa 3/2021, la formazione per le piccole e medie imprese (Pmi)

L’ultimo bando di Fondimpresa attivo riguarda l’avviso aperto dello scorso anno numero (numero 3 del 2021). I fondi a disposizione per la formazione sono pari a 15 milioni di euro e andranno a vantaggio delle piccole e medie imprese per piani formativi aziendali e interaziendali. Ciascuna piccola impresa potrà beneficiare di processi formativi di importi compresi tra i 1.500 euro e i 10 mila euro. Le imprese, grazie a questo avviso, potranno adeguare la formazione dei dipendenti rispetto agli obblighi imposti dalla normativa.

Bando Regione Lombardia per la formazione continua: di cosa si tratta?

Bando aperto dal 27 gennaio scorso in Lombardia per la formazione continua a cura di Confprofessioni. Si tratta dell’avviso finalizzato a incrementare la formazione del capitale umano rispetto alle esigenze di aggiornamento inerenti l’internazionalizzazione delle imprese, la transizione digitale, la transizione ecologica e la sostenibilità ambientale, il turismo e gli eventi sul territorio della regione, e la competitività delle imprese.

Avviso Regione Lombardia per la formazione continua, chi può richiedere i contributi?

L’avviso rientra nel programma Por Fse del settennato 2014-2020 e prende il titolo di Avviso pubblico per l’assegnazione di voucher aziendali per interventi di formazione continua del 2022. Per la presentazione delle domande si raccomanda la procedura a sportello per corsi di formazione fino all’esaurimento dei fondi. La scadenza ultima sarà comunque il 15 ottobre prossimo. Il totale dei fondi è pari a 8,5 milioni di euro per il 2022. Il corso deve essere iniziato entro due mesi dalla concessione dei contributi a favore delle imprese, dei liberi professionisti anche in forma associata e dagli enti del terzo settore.

Formazione professionale: va retribuita dal datore di lavoro?

Oggi ci addentreremo, con questa rapida guida, nel mondo della formazione professionale. Sempre più spesso si parla di formazione al lavoro, ma è giusto retribuire questa formazione? Oppure è un bagaglio da fare gratis, per poter lavorare, pagati, successivamente?

Formazione professionale: di cosa si tratta

Innanzitutto, chiariamo di cosa si parla, quando si fa riferimento alla formazione professionale.

Per dirla molto in breve, per formazione professionale o istruzione professionale (in inglese: vocational training) si intende, in generale nel lavoro, il percorso di formazione specifica che si deve intraprendere per accostarsi a una professione e per essere pronti ad entrare (o rientrare) nel mondo o mercato del lavoro.

E’ giusto, dunque che questo percorso di formazione sia retribuito? Per dare risposta a questa domanda, occorre vedere cosa rientra nell’orario di lavoro previsto.

Orari di lavoro e formazione professionale

Per valutare la possibilità di retribuzione della formazione, occorre tenere conto del tempo e degli orari del lavoro.

Molti corsi, ad esempio, vengono indetti nei weekend per non andare ad interferire con lo svolgimento delle normali attività dei dipendenti. C’è chi ne usufruisce durante le ferie o nei giorni di riposo, appunto per non assentarsi dal lavoro e non interferire con le normali attività quotidiane da svolgere.

In tal senso, una fondamentale Direttiva europea disciplina l’organizzazione dell’orario di lavoro in tutti i suoi aspetti, annesse le pause, i riposi e le ferie, senza tralasciare i turni più gravosi, come quelli notturni. In base a tale direttiva, che è immediatamente applicabile in tutti gli Stati membri, vi è contenuta una doppia definizione fondamentale per la soluzione del problema di cui andiamo ad occuparci, ovvero:

  • l’orario di lavoro
  • periodi di riposo.

Quando si parla di “orario di lavoro” in senso ampio e omnicomprensivo si intende, in base alla Direttiva, «qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali».

La definizione di “periodo di riposo”, invece, è speculare alla prima e riguarda, molto semplicemente «qualsiasi periodo che non rientra nell’orario di lavoro».

Congedi formativi: vanno pagati?

Il «congedo per la formazione» (o quindi congedo formativo) è finalizzato al completamento delle scuole dell’obbligo o al conseguimento di un titolo di studio (diploma di scuola superiore, laurea, dottorato di ricerca e master) od ancora alla partecipazione ad attività formative differenti da quelle realizzate dal datore di lavoro e, quindi, rivolte ad allargare la propria preparazione personale. Nel tempo di questa aspettativa, il dipendente ha diritto alla conservazione del posto, ma non riceve la retribuzione e non matura anzianità di servizio. Le modalità di fruizione dei periodi di congedo sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro.

Per rispondere, dunque alla domanda del paragrafo, se vanno pagati o meno, diciamo che i periodi dedicati ai congedi formativi devono essere retribuiti per legge quando hanno ad oggetto la formazione professionale continua, in quanto essa costituisce un diritto e un dovere del lavoratore.

Formazione professionale, va pagata?

E veniamo, dunque alla domanda chiave di tutta la nostra guida.

Al di fuori e al di dentro di quanto detto in precedenza, una recente decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che il tempo che viene dedicato alla formazione professionale obbligatoria rientra nell’orario di lavoro e, dunque, va retribuito.

La stessa Corte ha tenuto a precisare che la formazione è considerata obbligatoria quando il suo mancato svolgimento comporterebbe penalizzazioni o la perdita del posto di lavoro.

Dunque, questo è quanto di più necessario ed esaustivo vi fosse da sapere in merito alla formazione professionale ed alla sua papabilità di retribuzione.

C’è tanta voglia di formazione

Formazione è una parola che, nell’ambito delle risorse umane, si sente spesso ripetere come un mantra. Una tendenza confermata da un’analisi della Camera di commercio di Milano su dati di Excelsior-Unioncamere, secondo la quale le imprese ritengono che il 59,2% dei neoassunti necessiti di ulteriore formazione.

La mancanza di un’adeguata preparazione professionale è infatti motivo di difficoltà nell’assunzione per circa il 35% delle imprese e il fabbisogno formativo si divide equamente tra industria e servizi, dove la percentuale si attesta, rispettivamente, al 59,4% e 59,1%. Inoltre, la mancanza di strutture destinate alla formazione rappresenta l’8,3% delle problematiche riscontrate in fase di assunzione.

Nel settore dell’industria, ad avere maggiormente bisogno di formazione sono le imprese legate all’estrazione di minerali (84,7%). A seguire le industrie chimiche, farmaceutiche e petrolifere (82,7%), le industrie elettriche, elettroniche, ottiche e medicinali (80,2%) e le industrie della gomma e delle materia plastiche (77,1%).

Sempre nel secondario, ma nel settore delle public utilities, l’impegno formativo richiesto dai gestori di reti (energia, gas, acqua) raggiunge l’80,6%.

Nel settore dei servizi, la quota percentuale dei neoassunti a cui serve una formazione integrativa è maggiore nelle imprese finanziarie e assicurative (87,9%). In seconda posizione vi sono le imprese informatiche e delle telecomunicazioni (81,3%), e terze, alla pari, le imprese legate alla sanità e al commercio al dettaglio (77,7%).

Secondo la ricerca della Camera di commercio di Milano, la carenza di formazione tocca soprattutto il Nord, dove in media il 65% delle aziende richiede attività formativa supplementare; secondo il Centro (58,8%) e, infine, il Sud e le isole (47,7%).

Commercialisti, formazione professionale continua anche per gli over 65

La formazione professionale continua è una ricchezza per tutti i professionisti. Lo sa bene il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili che, con una Nota dell’11 marzo 2016, ha fornito chiarimenti sul regolamento per la formazione professionale continua degli iscritti negli Albi tenuti dagli Ordini dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili.

Nello specifico, il Cndcec ha reso che l’obbligo della formazione professionale è richiesto anche agli iscritti che hanno compiuto i 65 anni o che li compiono nel triennio di erogazione della formazione professionale continua, come riportato nel Regolamento per la Formazione Professionale Continua degli iscritti negli Albi tenuti dagli Ordini dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili in vigore dall’1 gennaio 2016.

Il Cndcec ricorda che l’obbligo di formazione professionale è ridotto a 10 crediti formativi annuali e invita l’Ordine a informare tutti gli iscritti che hanno goduto dell’esonero per età fino al 31 dicembre 2015, che dall’1 gennaio 2016 devono assolvere l’obbligo formativo acquisendo 10 crediti formativi permanenti per l’ultimo anno del triennio in corso e 30 crediti formativi permanenti nei successivi trienni.

Inoltre, l’Ordine ricorda che la violazione dell’obbligo alla formazione professionale ha rilievo disciplinare.

Apprendistato, costruire i professionisti del futuro

 

Da contratto ‘snobbato’ perchè rigido e normativamente complesso a occasione unica per investire in capitale umano e costruire la propria impresa del futuro. Il contratto di apprendistato vanta un privilegio fondamentale per le aziende, di piccole come di medie dimensioni: l’opportunità di ‘cucirsi su di sè’ le figure professionali del domani, formandole, istruendole e dando loro gli strumenti per costruirsi una vera e propria professionalità.

Ma è davvero così? O sarebbero auspicabili altri metodi per favorire un interscambio fertile e di lunga durata tra scuole, università, centri di formazione e imprese?

Infoiva lo ha chiesto a Enrica Carminati, responsabile del progetto Fareapprendistato.it, un sito, realizzato in collaborazione con Adapt e il CQIA dell’Università di Bergamo, che ha lo scopo di promuovere e supportare la corretta implementazione in Italia dell’apprendistato, valorizzandone in particolare la valenza educativa e formativa.

L’apprendistato avrebbe dovuto essere il canale d’ingresso principale dei giovani nel mercato del lavoro, ma a oggi pare fatichi ancora a decollare? Perché? Quali sono i suoi limiti?
L’apprendistato sconta l’eredità di contratto “difficile” e “rigido”. In passato le imprese preferivano fare ricorso ad altri strumenti, magari anche più onerosi dell’apprendistato, perché quest’ultimo era complesso da gestire – a causa di un quadro normativo incerto, stratificato e a livello regionale frammentario – oltre che gravato da un eccesso di burocrazia e formalismo. Nel 2011, tuttavia, è intervenuta una profonda e organica riforma della disciplina del contratto di apprendistato, che ha superato molte delle criticità emerse negli anni, consegnando agli operatori un nucleo di regole certe, essenziali e immediatamente operative.
Il principale limite oggi è allora rappresentato dall’assenza, o comunque dall’insufficienza, di una corretta e diffusa informazione sul “nuovo” apprendistato, che ne metta in luce le grandi potenzialità, sia per il tessuto produttivo, sia per noi giovani. Proprio per questo il gruppo di ricerca di Adapt – Associazione per gli Studi Internazionali e Comparati sul Diritto del lavoro e sulle Relazioni Industriali – ha creato e cura il portale www.fareapprendistato.it, ove è possibile consultare liberamente documentazione utile e dialogare con chi studia e utilizza lo strumento.

Perché un’azienda dovrebbe scegliere questo tipo di contratto piuttosto che un altro?
Ci sono molteplici ragioni: innanzitutto per la possibilità di investire in capitale umano per costruire la propria impresa del futuro. Questo contratto consente alle imprese di intercettare giovani e giovanissimi al fine di formarsi “in casa” e in base agli effettivi fabbisogni quelle professionalità che spesso il mercato non offre. Inoltre, a seconda della articolazione tipologica che si attiva, può mettere virtuosamente in dialogo il mondo della scuola, dell’università e della ricerca con quello del lavoro, al fine di portare in azienda elevate competenze, che si traducono in competitività e sviluppo. Senza dimenticare, in questo momento di crisi, i generosi incentivi economici e normativi che lo accompagnano.

Ad oggi, alle piccole e medie imprese, conviene stipulare contratti di apprendistato?
Oltre ai vantaggi di cui si è detto, la legge di Stabilità per il 2012 ha introdotto uno sgravio contributivo del 100%, per i primi tre anni di contratto, per le imprese con meno di dieci dipendenti che hanno assunto o assumeranno fino al 31 dicembre 2016 apprendisti. Del resto sono proprio le realtà più piccole ad avere oggi più che mai la necessità, per rimanere nel mercato e crescere, di investire nel futuro, ottimizzando il bilancio tra costi e benefici.

Esistono, secondo lei, strumenti migliori per incentivare l’occupazione giovanile?
Io credo che nel nostro Paese non manchino i “buoni” strumenti, tra cui certamente l’apprendistato. Del resto sono state le parti sociali, unitariamente, a condividere, in intese siglate a partire dal 2010 con Governo e regioni, la necessità di rilanciarlo proprio per combattere i preoccupanti fenomeni della dispersione scolastica, della disoccupazione giovanile e del disallineamento tra domanda ed offerta.
Quel che serve, invece, sono serie e strutturate politiche a sostegno dell’occupazione giovanile, volte a creare un raccordo tra il mondo dell’istruzione e della formazione, da un parte, e quello del lavoro dall’altra, così da trasformare effettivamente il contratto di apprendistato in una leva di placement.

Il contratto di apprendistato è apprezzato dai giovani?
A volte il contratto di apprendistato è sottovalutato, perché ricondotto all’immagine del “garzone di bottega” o comunque associato, erroneamente, ad attività esclusivamente manuali e di basso profilo. Proprio nei giorni scorsi, sui giornali, si leggeva della volontà del Ministro Fornero di promuovere una campagna per rilanciarne l’immagine, oggi poco accattivante. La maggior parte dei giovani, tuttavia, si informa ed è consapevole che quello di apprendistato è un contratto stabile, che garantisce loro piene tutele e la possibilità di acquisire una professionalità facilmente spendibile nel mercato.

Qual è il vero problema del mercato del lavoro in Italia? Pensa sia ancora troppo rigido, specialmente per quanto riguarda i vincoli all’ingresso?
Rispondendo a caldo e di getto, direi che è l’eccessivo costo del lavoro, che influenza e condiziona le scelte imprenditoriali. Al di là di questo, non sono in grado di individuare l’origine ultima dei problemi del nostro mercato del lavoro e nemmeno di trarre a distanza di pochi mesi un bilancio sull’ efficacia e sulla bontà degli ultimi interventi legislativi, che certo hanno aggiunto rigidità in fase di ingresso. Da giovane che si muove in questo mercato e che vede tanti coetanei in difficoltà, penso che questo sia il momento per concentra le energie e attenzione sugli strumenti già operativi e che possono fare la differenza, se valorizzati, tra i quali appunto l’apprendistato.

Alessia CASIRAGHI

 

La Sicilia per la formazione professionale

Finanziamenti a fonbdo perduto fino a 500.00 euro sono disponibili per programmi di formazione e aggiornamento professionale.

Le scadenze delle domande sono così articolate:

– 31 luglio 2011;
– 30 settembre 2011;
– 31 dicembre 2011;
– 31 marzo 2012.
Gli ambiti di intervento sono tre:

Ambito n.1 – Aree di crisi
Piani di formazione oggetto di specifici accordi aziendali inerenti situazioni di crisi in atto per le quali siano avviate le procedure di accesso agli ammortizzatori sociali previsti dalla legislazione vigente.

Ambito n.2 – Sostegno alla qualificazione delle risorse umane
Piani di formazione oggetto di specifici accordi aziendali connessi a processi di ristrutturazione, riorganizzazione, sviluppo e investimento senza esclusione di settore di appartenenza.

Ambito n.3 – Settore Formazione Professionale
Piani di formazione oggetto di specifici accordi aziendali connessi a processi di ristrutturazione, riorganizzazione, sviluppo e investimento nei settori della Formazione e Istruzione Professionale, con particolare riferimento ai lavoratori dipendenti che agiscono all’interno di Enti ed Organismi della Formazione e/o che offrono servizi all’interno del Piano Regionale dell’Offerta Formativa (P.R.O.F.), per i quali è previsto a breve un “piano di rilancio e di riqualificazione” attraverso l’aggiornamento e la specializzazione delle competenze professionali obsolete e a rischio di espulsione.

Il calcolo del preventivo finanziario per ogni singolo intervento formativo (corsi, seminari, workshop, ecc.) costituente il Piano presentato dovrà essere formulato sulla base di un parametro di costo per ora di formazione/partecipante che non potrà superare i 19,00 Euro al netto del contributo privato e comunque entro il parametro orario massimo di 250euro.

Il parametro rappresenta la quota pubblica, comprensiva della quota parte di costi destinati ad attività trasversali, non formative o di accompagnamento.

Presentazione della domanda

Il presente Avviso prevede la procedura di seguito descritta: le domande di candidatura dovranno pervenire, presso il Dipartimento Regionale Istruzione e Formazione professionale, a partire dalla data di pubblicazione del presente Avviso sulla GURS e fino al 31/03/2012, salvo anticipato esaurimento delle risorse finanziarie disponibili, sulla base delle seguenti scadenze predefinite:
Rif. DD. n. 40/Cont./V/2007