Frutta e verdura Made in Italy da record

Nonostante l’anno scorso sia stato caratterizzato da temperature imprevedibili, e pericolose per l’agricoltura, tanto che anche i prezzi hanno pesantemente influito sulle tasche degli italiani, il 2017 passerà alla storia anche, e soprattutto, per il record storico delle esportazioni di frutta e verdura, con un valore di circa 5,2 miliardi in aumento del 2% rispetto all’anno precedente.

Questi numeri sono stati resi noti da Coldiretti, che si è anche basata sui dati Istat, e sono stati presentati in occasione dell’apertura di Fruitlogistica di Berlino, la fiera internazionale più importante del settore.

La Germania, oltretutto, è il Paese che rappresenta, per l’acquisto di frutta e verdura italiane, il principale cliente, tanto che si aggiudica il terzo posto nelle esportazioni totali, in aumento del 4% nel 2017.

Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti, ha dichiarato in proposito: “L’Italia ha le risorse per cogliere le opportunità che vengono dalle nuove tendenze salutistiche nel mondo dove il Made in Italy ha un valore aggiunto in più”.

Per fare in modo che questi risultati si mantengano,però, occorre intervenire per rimuovere gli ostacoli organizzativi, ma anche burocratici e infrastrutturali.
Ad esempio, suggerisce Coldiretti, bisognerebbe accelerare i dossier fitosanitari che potrebbero permettere di aumentare le esportazioni di prodotti ortofrutticoli verso destinazioni oggi problematiche, come Brasile, Cina, Giappone e Sudafrica.

Dall’altra parte, però, occorrerebbe porre un freno alle importazioni, che nel 2017 sono aumentate del 5%, specialmente per quanto riguarda il Marocco, dal quale importiamo pomodoro, arance, clementine, fragole, cetrioli e zucchine o con l’Egitto per fragole, uva da tavola, finocchi e carciofi, per un totale di quasi 5 miliardi.

Vera MORETTI

Gli italiani hanno fame: la parola all’esperto

Gli italiani si sono messi a dieta. E non certo per questioni estetiche, ma più di portafoglio. Se le statistiche diffuse dallIstat rivelano che la spesa media mensile per famiglia nel 2011 è stata pari a 2.488 euro ( segnando +1,4% rispetto al 2010), quello che è cambiato è il modo di consumare degli italiani, soprattutto per quanto riguarda il settore dei prodotti agroalimentari.

Coldiretti denuncia il calo nell’acquisto di prodotti ortofrutticoli e di alimenti come carne e pesce, a cui si aggiunge una particolare tendenza verso il ‘fai da te’ casalingo: con l’aumento record negli acquisti di farina (+8 %), uova (+6 %) e burro (+4 %), i cittadini dimostrano come sia meglio, e soprattutto più economico preparare in casa pane, pasta, conserve e yogurt.

Non solo. Il dato che emerge con maggior evidenza riguarda la scelta di acquistare i prodotti alimentari non più attraverso il canale classico del supermarket, ma attraverso le catene di discount e hard discount. Si compra meno, e soprattutto si guarda meno alla qualità di quello che si porta in tavola.

Questo fenomeno è destinato a ripercuotersi inevitabilmente sulle piccole e medie realtà di produttori agricoli e di beni alimentari, che ricevono sempre meno richieste e si trovano costretti a vendere a prezzi più bassi, contraendo il loro indotto economico. Dall’altro lato è in forte crescita il fenomeno dell’agricoltura a Km zero e degli orti urbani (quasi una famiglia su 3 in Italia possiede un orto, sempre secondo Coldiretti).

Che cosa dovrebbe fare allora la piccola e media impresa del settore agroalimentare per venire incontro alle esigenze del consumatore finale?
La parola all’esperto: ecco cosa ne pensa Rosario Trefiletti, Presidente di Federconsumatori, su come siano cambiate oggi le abitudini dei consumatori italiani.

Stiamo assistendo all’aumento esponenziale della tendenza ad acquistare prodotti alimentari nei discount. Lo denuncia Coldiretti, lei cosa ne pensa?
Occorre fare chiarezza. Innanzitutto questa tendenza c’è da anni, ma adesso stiamo assistendo alla sua consacrazione. Il consumo di prodotti agroalimentari, come tanti altri prodotti di altri settori, sta calando. Ed è gravissimo, perché non è che tutti gli italiani si siano improvvisamente messi a dieta, ma piuttosto è calato il loro potere d’acquisto. I cittadini comprano di meno in quantità, ma la cosa più grave è che comprano minore qualità, preferendo utilizzare gli hard discount o altri canali di approvvigionamento che non sempre sono sinonimo di qualità. Le famiglie italiane acquistano prodotti che costano di meno, mettendo in gioco anche la qualità stessa che sta all’origine delle produzioni.

E’ possibile differenziare il fenomeno e dire di una maggior diffusione di supermercati al Nord e di discount al Sud?
I cittadini si comportano sempre nello stesso modo: laddove ci sono gli hard discount, sia al Nord che al Sud, preferiscono puntare al risparmio, anche a discapito della qualità.

Coldiretti ha proposto come alternativa per il risparmio, l’acquisto di prodotti a Km zero o direttamente dai produttori agricoli. Una soluzione vincente o un fuoco di paglia?
Di norma comprare a km zero costa di meno. Ma c’è di più: esiste un protocollo d’intesa, siglato tra FederConsumatori e Coldiretti, che prevede che i mercati di Campagna Amica, a km zero, siano tenuti ad applicare uno sconto del 30% sui propri prodotti rispetto alle medie dei prezzi applicati in quel territorio.

Che cosa, allora, ne pensa del fenomeno degli orti urbani?
Un fenomeno ancora poco diffuso in Italia. Magari ce ne fossero di più. Li si intravede soprattutto nelle periferie delle grandi città, o a Roma e Bologna. Io sono per il sostegno e per lo sviluppo di queste realtà, perché permettono al cittadino di risparmiare.

Come cambia l’atteggiamento di chi acquista?
Il consumatore si adegua, cercando di risparmiare. La sua battaglia consiste nel cercare di aumentare il suo potere d’acquisto. In una fase in cui il potere d’acquisto è basso, per non dire bassissimo, usa l’arte dell’arrangiarsi: discount, mercati, produttori agricoli. Fa qualche passo in più alla ricerca di un posto dove sia possibile spuntare un prezzo migliore. Tiene gli occhi aperti sulle promozioni.

Federconsumatori come aiuta il cittadino?
Noi continuiamo a fare il nostro lavoro di denuncia e sensibilizzazione. Non abbiamo nessuno potere se non la forza della denuncia.

Alessia CASIRAGHI

Grande freddo: spesa bollente

di Alessia CASIRAGHI

Le temperature scendono, i prezzi lievitano. E’ l’equazione modello che ha visto in questi ultimi giorni gonfiarsi prezzi di metano, gas e prodotti alimentari a causa delle nevicate oltre ogni aspettativa e delle temperature artiche che hanno congelato tutto lo stivale, da Nord a Sud.

La Cia-Confederazione italiana agricoltori ha stimato un aumento dei prezzi per i prodotti freschi, ovvero frutta, verdura, carni e pesci, di circa il 10% rispetto all’inizio di gennaio.

Effetto ‘accaparramento‘, gelate nei campi, difficoltà di distribuzione delle merci per via dei rallentamenti e dei blocchi sulle principali arterie della viabilità della penisola, senza dimenticare i fenomeni speculativi sui prezzi, hanno già portato, secondo Cia-Confederazione ad un esborso di 50 euro in più a famiglia sul bilancio mensile.

Si passa cioè da 467 euro, spesa media al mese per nucleo familiare, a 517 euro per famiglia. La corsa dei prezzi del carrello della spesa sembra inarrestabile, considerate anche le non rosee previsioni per i prossimi giorni.

Cia-Confederazione osserva infatti che la stima dei danni arrecati dal maltempo all’agricoltura è destinata a crescere ancora. Un costo per il settore primario pari a 250 milioni di euro, che potrebbero lievitare a 500 milioni se si considera l’intera filiera dell’agroalimentare italiano, dal campo ai trasporti al dettaglio. A ciò va aggiunto lo stop forzato di più di 50 mila aziende agricole, per la poca o assente disponibilità di luce e gas.

“Il 30% dei raccolti in campo aperto (cavoli, radicchio, carciofi, indivia e cicoria) è andato perso, completamente ‘bruciato’ dal gelo – sottolinea Cia- Confederazione. – Ben il 5% delle piante, tra alberi da frutta, olivi e viti, è stato distrutto, e sono già morti per il freddo eccessivo 10 mila animali, tra mucche, pecore, cavalli, maiali e polli”. Viene da chiedersi come facevano i nostri nonni, che alle temperature polari erano di certo avvezzi.

Maltempo: agricoltura danneggiata per 500 mln

Mentre l’ondata di gelo polare sta avviandosi alla fine, l’agricoltura fa il suo doloroso elenco dei danni, che hanno già superato i 500 milioni di euro. Ma bisogna fare anche altri conti: quelli sui rincari, che da qualche giorno stanno facendo impazzire i prezzi di frutta e verdura sui banchi dei mercati e sugli scaffali della grande distribuzione.

“E’ il copione di un film già visto troppe volte – dicono al Centro Studi di Confagricoltura -. Il gelo ha colpito alcune produzioni come indivia, radicchio e cavolfiori, con una conseguente diminuzione dell’offerta. Ma i rincari al consumo non riguardano che minimamente gli incassi delle aziende agricole”. In altre parole, i prezzi di frutta e verdura, nei casi in cui sono aumentati per i consumatori, hanno determinato per gli agricoltori variazioni in positivo assolutamente marginali e solo per i prodotti colpiti da forti cali produttivi, mentre per la frutta le variazioni sono praticamente nulle. Il Centro Studi di Confagricoltura ha preso a riferimento i prezzi all’origine Ismea di alcuni ortofrutticoli dell’ultima settimana disponibile (5° settimana del 2012 che va dal 29 gennaio al 5 febbraio) e li ha confrontati con quelli della settimana precedente e della corrispondente settimana 2011. Ecco i risultati.

Per gli ortaggi, i maggiori rincari riguardano i prodotti più colpiti dal gelo (radicchio, indivia e cavolfiori). Per questi prodotti i rincari su base settimanale sono anche “a doppia cifra” (+22,4% per il radicchio, +13-14% per l’indivia e cavolfiori, +12% per finocchi e peperoni etc.) ma:

o   si tratta di rincari che in assoluto sono nell’ordine di qualche centesimo per chilogrammo! Stiamo parlando di 10-12 centesimi in più per un kg di radicchio o di peperoni, addirittura solo 2-4 centesimi in più a chilo per indivia, finocchi, lattuga e cavolfiori. Certo un aggravio che non può pesare più di tanto sul carrello della spesa dei consumatori. Evidentemente i rincari sono frutto di altri fattori e non certo dell’aumento dei prezzi all’origine.

o   Per alcuni prodotti orticoli le quotazioni all’origine sono ferme (pomodori in serra e ciliegini) e per altri, come le tanto “chiacchierate” zucchine, addirittura si registra un calo delle quotazioni all’origine, che sono arrivate a meno di un euro a kg con una riduzione di 14 centesimi per chilogrammo, quotazione pari al 12,5% in meno rispetto alla settimana precedente e leggermente inferiore a quella della stessa settimana dello scorso anno.

Non solo le zucchine ma anche altri prodotti oggi costano all’origine meno (anche considerevolmente in percentuale) di quanto accadeva un anno fa. L’indivia -6%; i finocchi -9% ed i peperoni -22%. Per ciliegini e patate comuni il calo è addirittura del 30 per cento. Per le cipolle le quotazioni sono inferiori di oltre il 47% rispetto al 2011.

·Per quanto riguarda la frutta, i prezzi sono praticamente fermi rispetto alla settimana precedente (e la cosa si giustifica anche considerando che a parte gli agrumi la fase di raccolta è già da tempo conclusa) e tutti in calo, anche fortemente (ad es. actinidia: -12,8%; mandarini: -17,4% e pere: -43,3%), rispetto alle quotazioni all’origine dello scorso anno.

“In conclusione – sottolinea l’analisi di Confagricoltura – se ci sono particolari rincari al consumo degli ortofrutticoli questi non dipendono dai produttori agricoli, che invece confermano, evitando eccessivi aumenti dei prezzi all’origine, il ruolo antinflattivo del settore a vantaggio dei consumatori. Questo anche se il reddito degli agricoltori è pregiudicato sia dalle minori entrate (influenzate dal calo di produzione dovuto al gelo) sia dai maggiori costi (collegati ai rincari energetici)”.

Fonte: agenparl.it

Se un litro di gasolio costa più di un litro di latte

di Alessia CASIRAGHI

Nel 2012 ogni 1.000 euro di spesa per famiglia italiana, 191 se ne andranno in trasporti, combustibili ed energia elettrica mentre 190 in alimentari e bevande. E’ la prima volta che la spesa dell’energia supera quella alimentare. A renderlo noto un’analisi condotta da Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi all’aumento stimato del 2,8 % dell’inflazione nel 2011.

I dati relativi allo scorso anno hanno fatto registrare un aumento record dei prezzi per trasporti, combustibili ed energia – complice la benzina alle stelle – mentre l’aumento per gli alimentari e’ rimasto contenuto al 2,4 %, al di sotto dell’inflazione media registrata.

Nel solo mese di dicembre i prezzi del ‘fresco’, vale a dire frutta, carni e verdure, sono addirittura scesi dello 0,2%. Ad assorbire buona parte dei rincari, fa sapere Confagricoltura, i produttori agricoli, visto “il forte incremento tendenziale dei prodotti energetici, saliti nel 2011 dell’11,3%”.

Sempre a dicembre 2011, rispetto allo stesso mese del 2010, gli aumenti della spesa energetica sono stati del 15,8 % per la benzina, del 24,3 % per il gasolio da autotrasporto e del 16,8 % per il riscaldamento, mentre i trasporti aerei passeggeri sono lievitati del 18,3 % come quelli marittimi, seguiti da quelli ferroviari aumentati del 9,8 %.

In breve un litro di gasolio costerà di più di un litro di latte o di un chilo di pasta. E se nel 2012, come rende noto il Codacons, il costo della vita aumenterà di 1.059 euro per una famiglia media italiana, le previsioni sono tutt’altro che rosse: “Bisogna evitare il rischio reale che le famiglie italiane per far fronte ai rincari energetici – sottolinea Coldiretti – siano costrette a risparmiare con l’acquisto di cibo a basso prezzo, a cui può corrispondere anche bassa qualità e rischi per la salute”.

Coldiretti: troppe speculazioni danneggiano il settore ortofrutticolo

Coldiretti denuncia le speculazioni che avvengono nella filiera della produzione di frutta e verdura. Il prezzo pagato al primo produttore sarebbero infinitamente più bassi rispetto al costo di vendita ultimo. E’ in particolare la frutta a presentare la maggior differenza di prezzo.

In particolare crollano del 47% i prezzi alla campagna dei cocomeri e del 22% le pesche solo per fare degli esempi. Si tratta del risultato – precisa la Coldiretti – delle distorsioni e delle speculazioni che si verificano nel passaggio della frutta dal campo alla tavola. A causa delle inefficienze e delle eccessive intermediazioni nel passaggio della frutta dall’azienda agricola al carrello della spesa – sottolinea la Coldiretti – i prezzi almeno triplicano, ma possono aumentare anche di 5 o 6 volte.

Le pesche gialle – conclude la Coldiretti – vengono pagate agli agricoltori 35 centesimi al chilo, ma ai consumatori costano in media 1,9 euro al chilo con un ricarico del 413 per cento (piu’ di cinque volte), i cocomeri passano da 0,12 euro al chilo in campo a 0,6 euro al chilo sulla tavola con un aumento del 400 per cento (cinque volte ) e i meloni da 0,39 euro al chilo a 1,3 euro con un ricarico del 233 per cento (triplicano). Il meteo non è stato favorevole, l’emergenza Escherichia Coli non ha di certo aiutato, ma al di là di effetti congiunturali è necessario proteggersi dalle speculazioni.