I commercialisti e i Panama Papers

I commercialisti italiani sono intervenuti nei giorni scorsi sul caso Panama Papers, condannando duramente gli evasori, o presunti tali, i cui nomi sono usciti dalle carte dello studio Mossack Fonseca e ricordando, invece, l’opportunità della voluntary disclosure.

Chi si è affidato a cinici consiglieri fraudolenti e, non avvalendosi della voluntary discolsure, ha spostato le proprie disponibilità da Ginevra a Panama è sciocco e volgare – ha infatti dichiarato il presidente dei commercialisti, Gerardo Longobardi, nel corso di un convegno sulla lotta all’evasione -. Dovrebbe essere consapevole che dal 30 settembre 2015 per schivare il reato di autoriciclaggio potrà sì utilizzare le disponibilità economiche non oggetto di voluntary a Panama, ma solo per pagarsi le vacanze in quello Stato caraibico, o per metterle dentro un pouf, seguendo un noto esempio di cronaca degli Anni ’90”.

La voluntary disclosure approvata dal Parlamento italiano e terminata nel dicembre dello scorso anno – ha proseguito il presidente dei commercialistiè stata l’ultima spiaggia per chi deteneva disponibilità finanziarie all’estero, e mal gliene incolse a chi non ha aderito, restando insensibile ai molti appelli che anche la nostra categoria ha lanciato nei mesi scorsi”.

Longobardi ha ricordato poi come “da qualche anno a questa parte la sensibilità internazionale ha cambiato atteggiamento verso l’occultamento di ricchezze nei paradisi fiscali. Questi ultimi sono divenuti di fatto una nuova categoria di Stati canaglia”.

Secondo il presidente dei commercialistiper evitare il ripetersi a livello nazionale e internazionale di fenomeni di occultamento di ricchezze non dichiarate, è evidente che, nell’immediato occorre proseguire e, semmai, rafforzare il percorso intrapreso già da qualche anno dall’Ocse circa gli standard sullo scambio automatico di informazioni tra Stati. A ciò va aggiunta un’azione incisiva sulla transparency bancaria, ossia sulle regole che impongono alle banche di verificare la trasparenza della titolarità e della provenienza dei fondi da loro gestiti”.

Questa maggiore trasparenza – ha proseguito Longobardisi tramuterebbe in una maggiore tutela del risparmio nonché dell’economia ‘pulita’. In tal modo si genererebbero dei circuiti finanziari trasparenti (di serie A) contrapposti ai residuali circuiti finanziari non trasparenti (di serie B), in cui potrebbero rafforzarsi le misure speciali di contrasto all’economia illecita”.

L’obiettivo a cui tendere, ha concluso il presidente dei commercialisti italiani, è “un sistema di piena libertà economica a condizione di una totale trasparenza, che premi i comportamenti fully compliant, vale a dire i comportamenti rispettosi delle regole”.

I commercialisti sul Patent box

I commercialisti italiani accolgono con soddisfazione l’introduzione, in Italia, del regime di Patent box, come ha sottolineato il presidente nazionale dei commercialisti, Gerardo Longobardi, durante il convegno “Patent box: confronto con l’Agenzia delle Entrate”, tenutosi nei giorni scorsi a Milano.

Il regime di Patent box – ha ricordato Longobardiè una misura fiscale arrivata nel nostro Paese con eccessivo ritardo, ma che ha innegabili riflessi positivi sul tax rate aziendale e che va apprezzata per i suoi aspetti procedimentali basati su una collaborazione preventiva tra fisco e contribuenti che secondo noi deve divenire sempre più la stella polare nei rapporti con l’erario”.

Il fatto che l’applicazione del Patent box preveda una vera e propria procedura di ruling per la determinazione dell’agevolazione – ha proseguito Longobardicostituisce un passaggio che giudichiamo con estremo favore, nell’ottica di una più proficua ed efficace collaborazione tra fisco e contribuente. In questo caso, infatti, l’impresa determina in contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate i metodi e i criteri di calcolo del contributo economico alla produzione del reddito d’impresa o della perdita del bene immateriale utilizzato direttamente. Il Patent box – continua Longobardirappresenta proprio l’emblema del mutamento di strategia che il Fisco sta perseguendo in questi ultimi due anni e che, a nostro avviso, andrebbe sempre più spesso adottata per rafforzare la via del dialogo e della collaborazione diretta”.

Longobardi ha anche letto questa novità con l’occhio dei contribuenti: “La logica che ispira il Patent box – ha infatti sottolineato – può facilitare la tax compliance dei contribuenti. Tale agevolazione individua un nuovo approccio all’azione di contrasto all’evasione che privilegia, almeno nelle intenzioni, un modello di cooperazione basato su un potenziato rapporto di fiducia reciproco. I contribuenti vengono infatti coinvolti in maniera attiva già nella fase anteriore a quella di predisposizione delle dichiarazioni, in modo da facilitare l’adempimento spontaneo e favorire il tax planning delle imprese”.

In conclusione, secondo Longobardiquello della pianificazione dell’impatto fiscale degli investimenti può essere uno dei fattori per migliorare il contesto generale in cui si troveranno ad operare le imprese nel nostro Paese”.

Longobardi: punire le “mele marce” tra i commercialisti

Sembra quasi una beffa. A pochi giorni dall’entrata in vigore del nuovo codice deontologico dei commercialisti, diversi professionisti iscritti all’Ordine sono stati coinvolti in una inchiesta della procura di Roma su presunte sentenze tributarie pilotate da una “cricca” della quale facevano parte funzionari pubblici, giudici e professionisti, tra i quali alcuni commercialisti.

Il Consiglio nazionale dei commercialisti si è quindi sentito in obbligo di intervenire sulla vicenda con una dura dichiarazione del presidente, Gerardo Longobardi: “Il Consiglio nazionale dei commercialisti si costituirà parte civile nei processi in cui sono coinvolti professionisti iscritti all’Ordine che con il loro operato infangano il buon nome dell’intera professione. Gli oltre 116mila professionisti qualificati e competenti iscritti ai nostri Albi, tutti i giorni al servizio di cittadini, imprese e Istituzioni, non meritano di veder sfregiata la loro credibilità umana e professionale dai comportamenti sbagliati di poche mele marce”.

Solo pochi giorni fa – ha poi ricordato Longobardiè entrato in vigore il nostro nuovo codice deontologico. Regole molto stringenti alle quali affiancheremo a breve anche nuove norme sulle sanzioni disciplinari. Accadimenti come quelli che stanno emergendo in queste ore sono un affronto anche a questo impegno della categoria nel dotarsi di punti di riferimento etici sempre aggiornati. Tutto ciò è inaccettabile”.

E’ arrivato il momento – ha proseguito Longobardidi difendere con forza l’operato posto al servizio del Paese dalla stragrande maggioranza dei commercialisti italiani. Fermi restando il nostro assoluto rispetto per il principio della presunzione di innocenza e il nostro approccio garantista, sono convinto che sia giunto il momento – anche attraverso la costituzione di parte civile nei casi di comprovata responsabilità di colleghi – di far comprendere all’opinione pubblica quanto determinante sia il ruolo della nostra professione nella intermediazione costante tra imprese, cittadini e pubblica amministrazione, sempre finalizzata alla tenuta e alla crescita del tessuto imprenditoriale e al buon funzionamento della macchina dello Stato. Un ruolo troppo spesso misconosciuto”.

Nella difesa della trasparenza e della legalità – ha proseguito il presidente dei commercialisti italianisiamo del resto al fianco della Guardia di Finanza, dell’Agenzia delle Entrate, della Giustizia tributaria. Una battaglia sulla quale con i vertici nazionali di queste Istituzioni ci siamo tutti assieme espressi in numerose occasioni pubbliche”.

Le vicende che stanno emergendo in queste ore – ha concluso Longobardici obbligano però anche ad una riflessione approfondita sulla necessità di una complessiva riforma della Giustizia tributaria. Se i ministeri e gli altri soggetti competenti vorranno aprire un confronto su questo tema, i commercialisti non faranno certo mancare le loro proposte”.

I commercialisti e la crisi di impresa

Quali sono i limiti della definizione di crisi di impresa in Italia? Sono limiti stringenti o adeguati? E come superarli? Si tratta di domande estremamente attuali alle quali i commercialisti italiani provano a rispondere con un documento messo a punto dal Consiglio nazionale dei commercialisti, proprio per superare i limiti tuttora presenti, secondo la categoria, nella definizione di crisi di impresa.

Una scelta, quella di intervenire nel dibattito sulla definizione di crisi di impresa, sintetizzata così dal presidente nazionale dei commercialisti, Gerardo Longobardi: “Abbiamo ritenuto necessario predisporre questo documento in considerazione della crescente attenzione dimostrata negli ultimi anni dal legislatore per la disciplina delle procedure concorsuali, tanto da istituire una Commissione ministeriale di esperti per la riforma organica della materia e tanto da intervenire con continue modifiche sulla legge fallimentare”.

Ma c’è di più, come spiega il consigliere nazionale delegato alla materia, Raffaele Marcello, secondo il quale c’è “opacità nella definizione di crisi di impresa e, ancora più, c’è carenza di conoscenze da parte dei soggetti che non hanno dimestichezza con la gestione dinamica aziendale, sia sotto il profilo della governance di aziende in bonis che possano presentare tensione finanziaria, sia sotto quello dei dati informativi finanziari e di bilancio che permettono una rilevazione dei vari stadi di crisi che possono caratterizzare la vita, anche ordinaria, delle imprese”.

Il documento del Consiglio nazionale sulla crisi di impresa, prosegue Marcello, “indica dunque le linee di indirizzo per i commercialisti che svolgono la propria attività in contatto con l’imprenditore, al fine di tentare una qualificazione della crisi aziendale, che ne consenta anche il monitoraggio e l’emersione, fornendo un eventuale paragone del concetto aziendalistico di crisi alla possibile definizione giuridica di crisi d’impresa e insolvenza attuale e in chiave prospettica”.

Certificazione unica, i commercialisti chiedono uno slittamento

Così come accaduto lo scorso anno, anche per il 2015-2016 la certificazione unica sta creando dei grattacapi ai commercialisti, tanto che il presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili Gerardo Longobardi, durante un’audizione alla Commissione parlamentare di vigilanza sull’Anagrafe tributaria, ha proposto uno slittamento al 15 marzo per la trasmissione telematica della nuova certificazione unica integrata all’Agenzia delle Entrate.

Oltre a questo spostamento dei termini per la certificazione unica, Longobardi ha chiesto di limitare l’obbligo d’invio alla sola certificazione unica che si riferisce ai soggetti ammessi all’uso della dichiarazione.

Oltre a questi passaggi, il Cndcec ha chiesto alla Commissione di azzerare o ridurre le sanzioni per errori, omissioni o ritardi almeno per il primo anno di invio dei dati della certificazione unica da parte dei professionisti sanitari al sistema Tessera sanitaria nazionale. Tutto questo in previsione dell’inserimento anche dei dati sanitari nel 730 precompilato.

Un’ulteriore prova del fatto che, se sulla carta lo strumento della certificazione unica è sicuramente un passo avanti sulla strada della semplificazione, dall’altra la sua implementazione è tutt’altro che aliena da intoppi.

Il Cndcec entra a far parte della Confédération Fiscale Européenne

Passo importante per il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili. Il Cndcec ha infatti aderito alla Cfe, la Confédération Fiscale Européenne, organismo che rappresenta oltre 180mila consulenti fiscali di 21 organizzazioni da 26 Paesi europei.

Un’adesione, quella del Cndcec che punta a far sì che il Consiglio approfondisca il tema della fiscalità anche in ottica europea. Come ha ricordato il presidente del Cndcec Gerardo Longobardi, “l’internazionalizzazione delle imprese, il dinamismo normativo a livello Ocse e delle Istituzioni europee sui temi dell’equità fiscale, della trasparenza e della lotta all’evasione, assieme alla necessaria valorizzazione del ruolo del professionista consulente fiscale rendono imperativo e doveroso il contributo dei Commercialisti, per lo sviluppo di norme e meccanismi di tassazione che necessariamente impatteranno sui contribuenti italiani e sulla nostra professione”.

Congratulazioni per l’adesione sono arrivate al Cndcec dal presidente della Cfe, l’olandese Henk Koller, che ha ricordato “la rilevanza della partecipazione italiana nel contesto delle iniziative promosse dalla Cfe nella cooperazione con la Commissione Europea, sui progetti Beps (Base Erosion and Profit Sharing) dell’Ocse e sulla redazione di uno Statuto per il contribuente, arricchendo la compagine delle 21 delegazioni già coinvolte”.

Con il proprio ingresso nella Cfe, il Cndcec punta in maniera decisa a ricoprire un ruolo di primo piano a livello europeo, aiutando la confederazione a sviluppare le relazioni con autorità a livello nazionale e internazionale, rappresentando i professionisti e evidenziando il contributo da loro offerto grazie alle competenze tecniche acquisite.

I commercialisti sui termini della voluntary disclosure

La proroga dei termini per perfezionare la relazione di accompagnamento all’istanza di adesione alla voluntary disclosure, disposta dall’Agenzia delle Entrate, non basta, è necessario prorogare anche il termine stesso di adesione alla voluntary disclosure, fissato per il prossimo 30 settembre

È quanto chiedono i commercialisti italiani, in una lettera inviata dal presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Gerardo Longobardi, al ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan.

Nella lettera sulla voluntary disclosure, Longobardi sostiene che la proroga dei termini “si rende anzitutto necessaria per non vanificare il lavoro che l’Amministrazione finanziaria e i professionisti hanno sin qui svolto per il buon esito della procedura, con tutti i conseguenti positivi effetti per il nostro Paese sia in termini di gettito, sia in termini di emersione di attività fino a ora sconosciute al Fisco“.

Una richiesta, quella dei commercialisti sulla voluntary disclosure, originata, secondo Longobardi, da una serie di motivazioni tecniche che rendono la proroga più che necessaria.

Innanzitutto – continua Longobardi nella missiva – solo lo scorso mese di agosto, e quindi in pieno periodo feriale, sono stati risolti alcuni rilevanti dubbi interpretativi sull’applicazione della disciplina da parte dell’Agenzia delle Entrate con le Circolari 30/E dell’11 agosto e 31/E del 28 agosto. Inoltre, soltanto il 27 agosto è stato finalmente reso disponibile sul sito dell’Agenzia il waiver svizzero, ossia l’autorizzazione che i contribuenti, i quali intendono continuare a detenere le proprie attività finanziarie in Svizzera, devono rilasciare agli intermediari finanziari elvetici per l’invio all’Agenzia delle Entrate di tutti i dati e le informazioni riguardanti le attività oggetto della procedura“.

Inoltre, scrive ancora Longobardi, “è del 2 settembre l’entrata in vigore della norma che sterilizza il raddoppio dei termini per l’accertamento – con le connesse certezze in ordine agli eventuali riflessi penali dell’adesione alla voluntary disclosure – con la conseguenza che solo a partire da tale data molti contribuenti si sono attivati per aderire alla procedura. Considerati anche i tempi tecnici di invio della documentazione da parte degli intermediari esteri, la scadenza del 30 settembre risulta impossibile da rispettare, costringendo i professionisti interessati a rinunciare, responsabilmente, all’accettazione dell’incarico“.

Senza contare il fatto che “la formazione del dossier documentale da consegnare all’Agenzia delle Entrate è adempimento oltremodo complesso, tenuto conto della necessità di ricostruzione analitica degli imponibili da regolarizzare. In particolar modo per le attività estere più datate si stanno riscontrando notevoli difficoltà nel reperimento dei documenti necessari”.

Staremo a vedere se queste obiezioni sui termini di adesione alla voluntary disclosure, così come quelli sottolineati da altre parti, porteranno a una modifica degli stessi.

A Caserta il convegno sulla revisione dei conti

La Reggia di Caserta ospiterà, il 14 e il 15 settembre prossimi, il convegno organizzato dal Consiglio nazionale dei commercialisti, in collaborazione con la Fondazione nazionale di categoria e l’Ordine dei commercialisti di Caserta, che quest’anno avrà come argomento principale la revisione legale dei conti.

Sarà Gerardo Longobardi, leader dei commercialisti italiani, ad aprire i lavori, che si inserirà al termine dei saluti di Pietro Raucci, che, come presidente dell’Ordine di Caserta, farà gli onori di casa.

Alla tavola rotonda sui decreti 118/2011 e 126/2014 parteciperanno anche il vicepresidente nazionale dei commercialisti, Davide Di Russo, ed il consigliere nazionale delegato agli Enti pubblici, Giovanni Gerardo Parente, che analizzeranno le novità sulla contabilità degli enti pubblici e sul ruolo dei revisori.

La seconda giornata sarà aperta da Giorgio Sganga, presidente della Fondazione nazionale dei commercialisti, a cui seguiranno diversi interventi tra cui quello del consigliere nazionale delegato ai Principi di revisione, Raffaele Marcello, che si soffermerà in particolare sul ruolo e le attività del Cndcec nell’implementazione del progetto ISA Italia.

Vera MORETTI

Bilancio del Cndcec approvato all’unanimità

Durante l’Assemblea svoltasi il primo luglio a Roma presso la sede del Coni è stato approvato all’unanimità il bilancio consuntivo 2014 del Consiglio nazionale dei Dottori commercialisti e degli Esperti contabili da parte dei rappresentanti degli Ordini territoriali.

La tradizione vuole che anche i presidenti e i vicepresidenti degli organi locali partecipino attivamente ai processi di approvazione dei conti dell’organo nazionale, con particolare riferimento al bilancio preventivo e consuntivo.

La giornata di lavori è iniziata con la lunga relazione di Gerardo Longobardi, presidente dei commercialisti italiani, sull’attività svolta dal Consiglio nazionale.
L’Assemblea ha anche offerto lo spunto per un confronto tra rappresentanti nazionali e locali al fine di tracciare insieme la traiettoria verso cui indirizzare il lavoro futuro.

Longobardi ha dichiarato: “È stato un anno difficile perché abbiamo dovuto rimettere in moto una macchina complessa come il Consiglio nazionale, amalgamare una squadra di governo, riannodare i fili interrotti di necessarie relazioni istituzionali, riconquistare spazio nei numerosi dibattiti sulle questioni di nostro interesse. E’ stata un’attività frenetica per la ferma volontà di riconquistare alla nostra professione gli spazi perduti, per riportare la voce dei commercialisti al centro dei dibattiti, per non far mai mancare il nostro apporto ai tavoli di discussione”.

Il lavoro effettuato dal Consiglio è stato rivolto anche all’adeguamento dei Regolamenti della professione alle disposizioni normative dettate dalla riforma delle professioni, deliberando quelli per la funzione disciplinare, la formazione professionale continua ed il tirocinio.

Longobardi è poi passato ad analizzare i progetti strutturali a cui il Consiglio si è dedicato: le Scuole di alta formazione per la specializzazione degli iscritti e la Rete del valore per gli studi professionali.

Siamo impegnati nell’elaborazione di progetti strutturali di sostegno allo sviluppo della professione. Le Saf daranno agli iscritti, soprattutto a quelli più giovani, la possibilità di conseguire, nelle materie di competenza ed in quelle più innovative, una preparazione tale da accedere a nuove ed ampie opportunità di affermazione professionale per non vivere più quasi esclusivamente di contabilità e dichiarazioni fiscali. Per questo motivo, in futuro chiederemo al legislatore di prevedere normativamente tali specializzazioni nel nostro ordinamento professionale, quando verrà riformato”.

Alla stessa esigenza di sostegno ed ampliamento delle competenze risponde il progetto Rete del Valore che parte dal limite rappresentato dalla ridotta dimensione degli studi professionali, dei commercialisti in particolare.

Con tale progetto si intende promuovere l’integrazione nell’offerta dei servizi, da quelli core a quelli meno caratteristici, dello studio del commercialista in modo da esaltarne le performance ed assicurare alla clientela i servizi richiesti. Credo che non esista progetto più strutturale per l’utilizzo dell’avanzo di gestione. A tale proposito, ringrazio i sindacati e alcuni Ordini territoriali per i suggerimenti che ci hanno dato. Su una cosa ci troviamo d’accordo: l’avanzo deve essere restituito agli iscritti non già in forma monetaria, ma con erogazioni di servizi e di utilità, anche e non solo attraverso gli Ordini territoriali”.

Per quanto riguarda il tema della razionalizzazione della struttura delle società partecipate dal Consiglio nazionale, Longobardi ha sottolineato non solo l’eliminazione di un collegio sindacale e la riduzione del numero dei componenti del nuovo cda da 5 a 3, ma anche rassicurato che “abbiamo rinunciato alla scatola “registro revisori”, ma non al suo contenuto. Vi assicuro che faremo di tutto per portare a casa il Registro dei revisori”.

Altro tema importante è stato l’impatto delle nuova geografia giudiziaria sugli Ordini territoriali dei commercialisti. “Sul punto, il Consiglio nazionale ha lavorato con attenzione e circospezione, come noto ai rappresentanti degli Ordini interessati. E l’occasione si è presentata con le elezioni che si sono tenute di recente presso il commissariato Ordine di Castrovillari. In quell’occasione il commissario ha predisposto le liste senza tener conto degli iscritti del sopprimendo Ordine limitrofo di Rossano Calabro. E tale comportamento, ben noto a questo Consiglio, è stato implicitamente avallato dal Ministero della Giustizia. Ciò posto, se da un lato esistono segnali diretti e indiretti che militano a favore dell’esistenza in vita almeno sino al 31 dicembre 2016 di Ordini che già lo scorso anno dovevano considerarsi cancellati, credo che sia difficile mantenere inalterato l’attuale assetto territoriale dei nostri Ordini, salvo eventuali proroghe, disposte ex lege, degli Ordini stessi, oltre il 31 dicembre 2016”.

Parlando dell’interlocuzione istituzionale, i commercialisti hanno lavorato per riannodare i rapporti persi ed accreditarsi come imprescindibili interlocutori per tutte le tematiche economiche, fornendo idee e soluzioni, non mancando i numerosi appuntamenti istituzionali, soprattutto quelli con il Parlamento dove spesso vengono ascoltati nel corso del procedimento legislativo.

Non abbiamo mai fatto mancare il nostro apporto in particolare sui temi sensibili per la professione e così abbiamo rappresentato al Parlamento, al Mef e all’Agenzia delle Entrate la necessità di rendere l’applicazione delle norme, soprattutto quelle fiscali, meno onerosa per cittadini e professionisti che con il loro lavoro garantiscono il funzionamento del sistema fiscale. Noi commercialisti sosteniamo con forza il processo di semplificazione del fisco e siamo favorevoli alle innovazioni, come la fatturazione elettronica e l’operazione 730 precompilato, ma non possiamo fare a meno di sottolineare alcuni elementi di forte criticità che il CN ha subito segnalato nelle sedi istituzionali in cui è stato audito. Continueremo a batterci affinché tale disciplina, unica nel panorama tributario, venga abrogata, facendoci parte attiva in un futuro incidente costituzionale, supportando i colleghi raggiunti da provvedimenti sanzionatori, approntando dei modelli di ricorso con l’ausilio di insigni costituzionalisti e tributaristi”.

Dopo l’intervento del presidente, sono intervenuti il tesoriere Roberto Cunsolo che ha illustrato il bilancio consuntivo 2014; il segretario Achille Coppola sul piano delle performance del Consiglio nazionale, e il consigliere delegato alla Tariffa Giorgio Luchetta, che ha illustrato il software per la predisposizione del mandato professionale, disponibile gratuitamente per tutti i commercialisti.

La seconda parte della giornata è stata dedicata ai presidenti locali, che hanno dimostrato di apprezzare l’utilizzo dell’avanzo di gestione per la realizzazione di progetti strutturali a favore degli iscritti e degli Ordini territoriali, sottolineando al contempo l’importanza di temi vecchi e nuovi: riforma dell’ordinamento professionale, Registro dei revisori, proroga del mandato del Consiglio nazionale, esercizio abusivo della professione, accesso ai bandi comunitari per i professionisti.

L’Assemblea si è conclusa con l’arrivederci del presidente Longobardi a Milano dove, dal 15 al 17 ottobre, si svolgerà il congresso nazionale dei commercialisti “Semplificare per crescere. I commercialisti energia per lo sviluppo”.

Vera MORETTI

I commercialisti contro il ddl su mercato e concorrenza

Il disegno di legge relativo al mercato e alla concorrenza non piace ai professionisti, e anche i commercialisti hanno voluto aggiungersi al coro dei “no” che in questi giorni sono piovuto sui media.

Ad esprimere le sue perplessità è stato Gerardo Longobardi, presidente nazionale della categoria, il quale si è mostrato contrario alle disposizioni che trasferiscono competenze proprie di alcune professioni regolamentate a soggetti che non sono abilitati all’esercizio della professione, e che quindi non possono certo avere competenze specifiche nelle materie oggetto dell’intervento normativo, incapaci dunque di fornire ai propri utenti concrete garanzie circa l’affidabilità della prestazione resa.

A questo proposito, Longobardi ha dichiarato: “La tutela dell’interesse pubblico si persegue con il mantenimento delle specificità di ciascuna professione e non ponendo in contrapposizioni le professioni ordinistiche attraverso una redistribuzione di competenze che non è collegata alla formazione di base e specialistica delle medesime”.

Il presidente dei commercialisti ha inoltre fatto riferimento ai trasferimenti immobiliari previsti dall’art. 28 del DDL, aggiungendo che “se l’intenzione del legislatore è quella di estendere le competenze di talune operazioni immobiliari ad altri soggetti ordinistici, non può sottacersi che l’estensione ai soli iscritti all’Albo degli avvocati desta non poche perplessità, considerando che gli stessi non vantano in materia, competenze specifiche ed ulteriori rispetto a quelle dei commercialisti. Oltretutto, recenti provvedimenti normativi vedono equiparati gli iscritti agli ordini degli avvocati, dei notai e dei commercialisti nell’esercizio di rilevanti funzioni. Si tratta di attività riservate ai tre ordini professionali e non ad uno o due soltanto di essi. Mi riferisco all’attività dei delegati alle vendite immobiliari nell’ambito del processo esecutivo, dove il commercialista svolge compiti identici a quelli che il DDL intende estendere ora ai soli avvocati. L’esclusione dei commercialisti appare per tutti questi motivi irragionevole e idonea a creare disparità di trattamento tra professioni regolamentate”.

Gerardo Longobardi non ha tralasciato neppure il tema relativo al trasferimento di quote srl, affermando che “se da un lato si ritiene ridondante e non garantista la nuova procedura che si affianca alle due già esistenti, dall’altro si apprezza la previsione normativa secondo la quale i commercialisti potranno intervenire nella costituzione di diritti parziali (usufrutto, pegno e sequestro conservativo) su partecipazioni di srl”.

Vera MORETTI