Aumento Iva, Confcommercio: 26mila negozi a rischio

A causa del previsto aumento dell’Iva dal 21% al 22% ben 26mila negozi rischiano di sparire entro la fine del 2013.

A lanciare l’allarme è l’Ufficio studi di Confcommercio, che rivede la previsione del saldo natalità-mortalità delle imprese del commercio al dettaglio alla luce dell’aumento dell’Iva. Un aumento che riguarda circa il 70% dei consumi totali e che sarebbe una mazzate per imprese e famiglie.

Se il Governo andrà avanti con l’aumento dell’Iva, gli aggravi di imposta sui portafogli delle famiglie italiane saranno pari a 2,1 miliardi di euro nel 2013 e 4,2 miliardi nel 2014.

Secondo Confcommercio, l’aumento dell’Iva potrebbe portare 26mila imprese del settore ad abbassare una volta per tutte le saracinesche. Ecco perché il presidente dell’associazione, Carlo Sangalli, ha chiesto di “evitare un’altra calamità sui consumi“, perché la domanda “che fra investimenti e consumi, muove l’80 per cento del Pil, ora è ferma: alzare l’aliquota significa assestarle un ultimo, letale, colpo. Alle aziende in crisi serve un segnale forte è quel segnale non c’è“.

Basterà questo ennesimo grido a far suonare un campanello d’allarme nella testa del governo?

Sangalli: “Governo svelto, o ci schiantiamo”

Il presidente di Confcommercio Giancarlo Sangalli non usa mezzi termini durante la relazione annuale dell’associazione: è necessario “derubricare definitivamente l’ipotesi di ricorrere all’inasprimento dell’Iva come clausola di salvaguardia dei saldi della manovra salva-Italia. Gli aumenti Iva rischiano, tra il 2011 ed il 2014, di tradursi in minori consumi reali per circa 38 miliardi di euro. Insieme al carico da 90 delle maggiori accise e dell’impennata della fiscalità energetica, sarebbe la Caporetto delle famiglie, delle imprese, del lavoro. Bisogna, dunque, procedere ad una spending review senza timidezze“. Insomma: muoversi alla svelta oppure ci schiantiamo.

Una stilettata da parte di Sangalli anche alle banche, le quali “erogano alle imprese con il contagocce. E le gocce sono insufficienti a bagnare il terreno della crescita divenuto arido, troppo arido“. Sarebbe necessario, invece, premere sul “pedale della collaborazione tra banche e imprese secondo quella relazione di prossimità territoriale che è tanta parte della storia italiana del sostegno creditizio all’economia reale“.

Per non parlare dell’Imu, che Sangalli definisce “una vera e propria mazzata per gli immobili legati all’esercizio dell’attività d’impresa“. E chiude con un monito: “Dalla parte delle imprese e del lavoro: è la scelta di campo che chiediamo alla politica tutta, ma, oggi, anzitutto allo strano governo ed alla sua strana maggioranza: il tempo stringe. La risposta è urgente“.