Il web che fa crescere il tuo business: www.businesscoachingefficace.com

Continuano le testimonianze dei professionisti che hanno fatto del web il vero punto di forza del proprio business. Professionisti che, grazie a un sito internet aggiornato, efficace, con un dominio forte e dotato di strumenti fondamentali come la newsletter e una piattaforma e-commerce hanno “svoltato” e sfruttato al meglio tutte le opportunità che internet può offrire a chi fa impresa. Uno stimolo a scoprire LAMIAIMPRESAONLINE.IT il servizio di Google dedicato a professionisti e piccole imprese che consente di creare un sito dalla A alla Z, chiavi in mano e gratis.

Dopo l’esperienza dello studio legale Iozzo e il suo sito http://www.multe-ingiuste.com/, specializzato in ricorsi avverso sanzioni amministrative, multe, cartelle esattoriali, fermi amministrativi, oggi tocca al dott. Giulio Ardenghi, uno dei pochi business coach professionisti italiani, che affianca imprenditori di grandi aziende e di PMI, manager e professionisti affinché sviluppino risorse utili a raggiungere i loro obiettivi professionali e personali in modo misurabile e duraturo.

Bergamasco ma con uno spirito e una mission internazionali, il dott. Ardenghi con il suo sito http://www.businesscoachingefficace.com, fa del web un punto di partenza irrinunciabile per il proprio business ma guarda oltre, specialmente alle potenzialità dei social media.

Quanto e in che modo l’ha aiutata nel suo business l’avere un sito internet professionale?
Indubbiamente il sito aiuta molto il business. Penso però che il sito, per quanto importante, non sia il solo focus su cui attivarsi. Serve a poco se non si mettono in testa alcune regole che riguardano i social media, ovvero l’uso del web 2.0.

Ovvero?
I social media sono un importante strumento di SEO, dal momento che i link che provengono da essi giocano un ruolo sempre più importante nel posizionamento del nostro sito sui motori di ricerca, Google in primis.

Che cosa è cambiato nel suo rapporto con i clienti da quando è andato online?
Tutto. I clienti si aspettano che siamo online e che siamo social, dal momento che il 60% dei navigatori europei si collega a un social almeno una volta alla settimana e che il 93% di chi fa business pensa che ogni società dovrebbe avere una presenza sui social.

Che cosa consiglia ai propri clienti che vogliono sviluppare un proprio sito internet?
Dico che utilizzare il web e specialmente il web 2.0 non è una passeggiata. Richiede competenza strategica e operativa. Tempo, tanto tempo. Alimentazione continua di notizie e informazioni. Una persona che vi si dedichi almeno 2 ore al giorno. E tutta la struttura aziendale, piccola o grande che sia ne viene coinvolta.

Da artigiano a imprenditore: quanto impegno è richiesto

In termini di tempo dedicato al lavoro, colui che guida il processo di trasformazione da azienda artigiana a PMI deve calcolare almeno un +40%. Questo all’inizio, in quanto sarà occupato a imparare nuove competenze e a metterle in pratica. Inoltre, aumenta l’analisi (senza trasformarsi in paralisi) del mercato, della concorrenza, del mix di produzione, della composizione del portafoglio clienti, della distribuzione geografica, dei margini, dei costi per unità prodotta, del costo del lavoro, etc.

Per molti settori artigianali, anche se di valore elevato quali l’hi-tech, o il green business, sovente mancano dati quantitativi ufficiali e verificati.

Così come un grande impegno lo richiede l’impostazione di una funzione commerciale che sappia individuare i potenziali nuovi clienti (prospect), contattarli attraverso fiere, visite, dimostrazioni o via internet. E di conseguenza la realizzazione di un’immagine aziendale sexy, che si concretizza nel rifacimento del sito web, piuttosto che con la realizzazione di una nuova brochure che trasmetta la nuova immagine dell’azienda, il suo posizionamento, le sue differenze verso la concorrenza.

L’abitudine di fare ogni tre mesi un punto della situazione economica è sana e va pianificata. Controllare come ci si sta muovendo col fatturato verso il budget e verso l’anno precedente è una pratica da eseguire almeno settimanalmente.

L’IT viene in soccorso e quindi una snella ma esaustiva piattaforma di controllo delle commesse (dai preventivi all’incasso) è essenziale. Avere un cruscotto che, con al massimo 12 parametri, tiene sotto controllo le principali aree dell’azienda, aiuta a riconoscere per tempo un problema e a intervenire tempestivamente con azioni correttive.

In un’economia sofferente come è oggi quella italiana, può essere indispensabile cercare sviluppo in un’area geografica più vasta: da impresa locale a regionale, nazionale, internazionale.

I primi risultati della nuova configurazione si ottengono in generale dopo 9-12 mesi dall’inizio della mutazione se si è veloci nell’implementazione delle azioni di base. Il punto non è fare il +30% rispetto all’anno precedente, obiettivo che dalla mia esperienza è possibile realizzare. Ma continuare a crescere anno dopo anno. In altri termini, il secondo anno è più impegnativo del primo, in quanto occorre agire più sull’efficienza interna (più velocità, più precisione, ossessivo controllo dei costi) e, molto probabilmente, affrontare un tema delicato: siamo pronti ad andare all’estero? In Paesi con una crescita più vivace e continuativa? Come ci organizziamo?

Le alleanze, in questo caso con partner internazionali, possono essere utili accertandosi che essi non vogliano solo utilizzare la vostra tecnologia d’avanguardia per presentarsi ai loro clienti con le soluzioni più all’avanguardia per poi dirottarli di nuovo su quelle in loro possesso.

L’impegno del “general manager” è in funzione della sua abilità di imparare facendo, della capacità di coinvolgere i soci e i collaboratori nel fare bene e velocemente, nel delegare accertandosi di aver costruito un valido sistema di controllo. Nel tempo, quindi, cambia la qualità dell’impegno. Si alza, diventa più efficace, ci si sposta dall’high performance all’eccellenza. Considerate sempre quello che io chiamo “attrito da primo distacco“, ovvero la resistenza a rendere efficace una qualsiasi nuova azione fuori dalla routine. Siate cauti nel calcolare i tempi di realizzazione di azioni che non avete mai fatto prima. Inserite un fattore K (una costante) pari a +N giorni sui tempi ideali.

Dott. Giulio ARDENGHI | g.ardenghi[at]infoiva.it | www.businesscoachingefficace.com | Bergamo

Business Coach professionista, affianca imprenditori di grandi aziende e di PMI, manager e professionisti affinché sviluppino risorse utili a raggiungere i loro obiettivi professionali e personali con soddisfazione, velocemente, in modo misurabile e duraturo. È specializzato nei processi di cambiamento (professionali e aziendali) e nel lancio di start-up. Dopo la tesi (IULM- Milano) sulle Relazioni Esterne del Centro Georges Pompidou (Beaubourg) di Parigi ha iniziato il percorso professionale nel settore comunicazione, per proseguire nel marketing e commerciale. É stato per 25 anni manager di multinazionali italiane e straniere. Ha lavorato e vissuto a Londra, Singapore e Seoul. Ha raggiunto la posizione di direttore generale e poi ho deciso d’intraprendere l’attività di Business Coach che gli sta dando molte soddisfazioni. Ha conseguito un advanced master in PNL, un attestato di counselling in PNL, ha seguito corsi di Gestalt, l’Hoffman Process, ed ha partecipato ai seminari di Jodorowsky. È stato docente alla Scuola di Direzione Aziendale di Torino. Ha tenuto seminari in università italiane e straniere su temi della comunicazione, dell’innovazione, gestione e motivazione della forza vendita. Giornalista pubblicista, i suoi articoli specifici e dal taglio pratico su temi applicativi legati all’area del coaching (start-up, come diventare imprenditori di se stessi, il vero cambiamento, migliorare la propria carriera, trovare la propria vocazione, autostima e leadership) sono pubblicati anche in Internet. Unisce una solida e comprovata esperienza di campo con una meticolosa preparazione di psicologia applicata. Gli piace definirsi un enzima: acceleratore di processi di trasformazione. Il suo motto è pragmatismo col cuore.

Da artigiano a imprenditore: i fattori chiave di successo

Il passaggio da artigiano a imprenditore perché avvenga con successo, cioè con risultati economicamente veloci, misurabili, positivi e duraturi, si basa sui seguenti fattori chiave:

1) Allineamento: ovvero coerenza fra i propri valori, qualità personali, doti, competenze professionali e l’obiettivo di sviluppo che abbiamo in mente. Se ci sono più persone, come soci, famigliari coinvolti nell’impresa, è essenziale che anch’essi siano allineati sull’intento e sugli obiettivi. Nello specifico, tutti devono convergere sul perimetro operativo dell’impresa, sugli obiettivi, sulle modalità operative, sull’organizzazione da creare, sulle politiche retributive, sulle priorità strategiche, sulla gestione del personale, sull’attenzione agli aspetti economici.

2) Cambiamento: ovvero la volontà profonda di imparare nuove materie e di mettere in atto nuovi comportamenti. È la parte sicuramente più difficile. Il cambiamento parte da noi stessi. Non può essere esterno a noi. Quindi il nuovo modo di pensare e di agire deve trovare la motivazione dentro di noi. Costanza, determinazione, pazienza, perseveranza, pianificazione, velocità di reazione, pensare come una multinazionale tascabile sono derivate del cambiamento che deve avvenire nel nostro modo di vederci. Avremo successo se ci sentiamo veramente a nostro agio nella nuova dimensione d’impresa che stiamo costruendo.

3) “Primus inter pares“: in ogni organizzazione che superi le 5 persone occorre che ci sia il punto di riferimento, la persona che mette energia, che cristallizza le decisioni operative, che stimola la struttura a non rifugiarsi nelle aree di confort del passato, che sostiene il morale, che sprona all’eccellenza, che coagula la condivisione ed evita di usare il “braccino” nell’implementazione delle decisioni. Inoltre è colui che smantella convinzioni e opinioni con fatti e analisi quantitative. Che tiene il ritmo. Che pensa e agisce come capo di una multinazionale tascabile.

4) Sensibilità economica: attenzione ai margini, al listino prezzi, alla preparazione dei preventivi, al controllo feroce dei costi, agli impegni di cassa, al raggiungimento degli obiettivi di fatturato mensili, ai costi per unità prodotta e alla resa economica delle macchine sono fattori igienici, cioè indispensabili nel quotidiano di un imprenditore. Poi, coinvolgere i soci ogni tre mesi nel fare un punto della situazione economico/commerciale, analizzando gli scostamenti dal budget, trovandone le ragioni e mettendo in atto operazioni correttive. Anche la sensibilità finanziaria fa parte di questa competenza: leasing, ipoteche, debiti, siete sicuri che sia tutto sotto controllo? State approfittando delle moratorie o facilitazioni per dilazionare le rate di pagamento o accorpare debiti e ottenere migliori condizioni? Come vi ponete nei confronti delle banche? L’imprenditore ricorre sovente al credito, molto più dell’artigiano. Questo è un elemento che deve essere gestito con estrema cura e in modo periodico e non casuale.

5) Pianificazione: non è sempre richiesto di utilizzare metodi di project management, ma di sicuro è vitale non essere dei terribili semplificatori che improvvisano. Non confondete urgenze con priorità. Non è un buon segnale di gestione efficiente e sana se lavorate dalle 5,30 di mattina sino a notte fonda, obbligando i vostri soci o collaboratori a fare altrettanto. La frenesia è indice di dispersione di attenzione, mancanza di focus. Sovente il tutto è accompagnato da una visione del dettaglio esasperata e dalla cecità di fronte a eventi importanti. Fallire la pianificazione è pianificare il fallimento. Pianificare significa anche valutare per tempo l’impatto sul conto economico delle decisioni operative. Si guadagna a preventivo, non a consuntivo (grande rischio!).

Dott. Giulio ARDENGHI | g.ardenghi[at]infoiva.it | www.businesscoachingefficace.com | Bergamo

Business Coach professionista, affianca imprenditori di grandi aziende e di PMI, manager e professionisti affinché sviluppino risorse utili a raggiungere i loro obiettivi professionali e personali con soddisfazione, velocemente, in modo misurabile e duraturo. È specializzato nei processi di cambiamento (professionali e aziendali) e nel lancio di start-up. Dopo la tesi (IULM- Milano) sulle Relazioni Esterne del Centro Georges Pompidou (Beaubourg) di Parigi ha iniziato il percorso professionale nel settore comunicazione, per proseguire nel marketing e commerciale. É stato per 25 anni manager di multinazionali italiane e straniere. Ha lavorato e vissuto a Londra, Singapore e Seoul. Ha raggiunto la posizione di direttore generale e poi ho deciso d’intraprendere l’attività di Business Coach che gli sta dando molte soddisfazioni. Ha conseguito un advanced master in PNL, un attestato di counselling in PNL, ha seguito corsi di Gestalt, l’Hoffman Process, ed ha partecipato ai seminari di Jodorowsky. È stato docente alla Scuola di Direzione Aziendale di Torino. Ha tenuto seminari in università italiane e straniere su temi della comunicazione, dell’innovazione, gestione e motivazione della forza vendita. Giornalista pubblicista, i suoi articoli specifici e dal taglio pratico su temi applicativi legati all’area del coaching (start-up, come diventare imprenditori di se stessi, il vero cambiamento, migliorare la propria carriera, trovare la propria vocazione, autostima e leadership) sono pubblicati anche in Internet. Unisce una solida e comprovata esperienza di campo con una meticolosa preparazione di psicologia applicata. Gli piace definirsi un enzima: acceleratore di processi di trasformazione. Il suo motto è pragmatismo col cuore.

Da artigiano a imprenditore: gestire Soci e Collaboratori

Un capitolo delicato. Se i soci sono operativi nell’impresa artigianale devono avere un ruolo definito: commerciale, amministrazione, produzione, ricerca&sviluppo, etc. Siete certi che ognuno sappia esattamente cosa deve fare? Non ci sono inefficienze da sovrapposizione? C’è il “primus inter pares” che svolge le funzioni di Direzione Generale, di coordinamento delle varie iniziative?

In azienda ci deve essere un solo punto di riferimento. Chi vuole mettersi in gioco? Fare da leader del cambiamento, conoscendo conseguenze e responsabilità? Il leader deve ottenere la legittimazione dal gruppo. Ma, prima di tutto, deve sentire il ruolo dentro di sé. Deve sapere dove vuole arrivare, come arrivarci e in che tempi. Deve essere di esempio: impara cose nuove, le applica e poi impara come farle fare agli altri. Cioè acquisisce delle competenze non solo da “professional” ma anche da manager. Non demorde quando incontra resistenze al cambiamento o vede che il socio, seppure d’accordo ideologicamente, si rifugia nelle aree di confort, continua con le vecchie abitudini, non si impegna a imparare materie nuove.

Il carisma del leader deve fare da enzima per accelerare i processi di miglioramento. Persistere, portare pazienza, avere determinazione e portare a casa qualche veloce risultato rafforza la sua credibilità operativa e strategica.

I soci continuano, logicamente, a confrontarsi a condividere le decisioni più importanti. Il leader fa da traino, da motivatore. Sprona e aiuta a migliorarsi. È un compito difficile, non sottostimate i tempi né le resistenze attive e passive. Ci saranno; e potranno portare a qualche tensione che dovrà essere gestita ricordando i valori aziendali condivisi e la visione concordata. In una fase del processo più avanzata, non è da escludersi che qualche socio si perda lungo la strada perché divenuto più elemento di inefficienza e rallentamento che di booster allo sviluppo.

Se avrete gestito in modo eccellente il passaggio da impresa artigianale a PMI (piccola-media impresa) avrete considerato questa eventualità e quindi, al momento opportuno, dopo N tentativi di recupero del socio, se infruttuosi, vi sarete premurati di ricoprire le sue specifiche competenze con un collaboratore o con un altro partner più adatto ai tempi e alla fase che l’azienda sta vivendo.

Sostituite il mito della grande famiglia, dove tutti si vogliono bene (non è vero, nella pratica) con una chiara e condivisa definizione dei compiti e dei ruoli, degli obiettivi quantitativi da raggiungere, dei premi alla produttività o alla generazione di margine. Ogni collaboratore avrà una descrizione scritta della propria mansione, un referente gerarchico e un colloquio semestrale o annuale per la valutazione del proprio operato. Le regole d’ingaggio devono essere esplicite. Le regole per gli incentivi note e trasparenti.

Un leader non punisce, esorta a ottenere l’eccellenza ed è al fianco del collaboratore per insegnare come migliorare la prestazione.

Un leader non coccola (paternalismo). Gratifica il collaboratore quando c’è il merito. Professionalità, sensibilità, etica devono essere alla base del rapporto con i collaboratori se l’eccellenza è il traguardo che vi state ponendo.

Rendere noto in un’occasione formale annuale gli obiettivi dell’azienda aiuta a creare spirito di corpo così come la celebrazione di importanti commesse conquistate o l’avvio di una nuova macchina in produzione.

Dott. Giulio ARDENGHI | g.ardenghi[at]infoiva.it | www.businesscoachingefficace.com | Bergamo

Business Coach professionista, affianca imprenditori di grandi aziende e di PMI, manager e professionisti affinché sviluppino risorse utili a raggiungere i loro obiettivi professionali e personali con soddisfazione, velocemente, in modo misurabile e duraturo. È specializzato nei processi di cambiamento (professionali e aziendali) e nel lancio di start-up. Dopo la tesi (IULM- Milano) sulle Relazioni Esterne del Centro Georges Pompidou (Beaubourg) di Parigi ha iniziato il percorso professionale nel settore comunicazione, per proseguire nel marketing e commerciale. É stato per 25 anni manager di multinazionali italiane e straniere. Ha lavorato e vissuto a Londra, Singapore e Seoul. Ha raggiunto la posizione di direttore generale e poi ho deciso d’intraprendere l’attività di Business Coach che gli sta dando molte soddisfazioni. Ha conseguito un advanced master in PNL, un attestato di counselling in PNL, ha seguito corsi di Gestalt, l’Hoffman Process, ed ha partecipato ai seminari di Jodorowsky. È stato docente alla Scuola di Direzione Aziendale di Torino. Ha tenuto seminari in università italiane e straniere su temi della comunicazione, dell’innovazione, gestione e motivazione della forza vendita. Giornalista pubblicista, i suoi articoli specifici e dal taglio pratico su temi applicativi legati all’area del coaching (start-up, come diventare imprenditori di se stessi, il vero cambiamento, migliorare la propria carriera, trovare la propria vocazione, autostima e leadership) sono pubblicati anche in Internet. Unisce una solida e comprovata esperienza di campo con una meticolosa preparazione di psicologia applicata. Gli piace definirsi un enzima: acceleratore di processi di trasformazione. Il suo motto è pragmatismo col cuore.

Da artigiano a imprenditore: i primi passi operativi

Definire chi siamo e che cosa facciamo in modo sintetico, preciso e chiaro, anche per poterlo comunicare.

Esempio: un’azienda di incisioni stampi con tecniche esclusive laser ha creato il seguente slogan “Laser or nothing”. Aggressivo, facile da ricordare, specifico.

Individuare e dare un nome accattivante alle diverse linee di produzione o di lavorazioni.
Sempre la medesima azienda ha creato il settore “Just in Time” per le lavorazioni veloci e poco complesse, il settore “Touch&Feel” per lavorazioni che richiedono texture in 3D e che creano un effetto tattile, e il settore più artistico è stato chiamato “Il Nuovo Cesello”.
Questa azienda eseguiva già queste tre diverse lavorazioni, ma non avevano un nome, erano indifferenziate. Oggi differenzia anche l’approccio ai clienti.

Inoltre, ha registrato il nome D.R.E. (Design Rendering Engineering) che indica l’insieme dei software e del know-how necessario per le incisioni in 3D. Oggi può dire di essere l’unica azienda ad avere il DRE, nome che è entrato nel lessico corrente di settore. In comunicazione è passato il concetto: “Chi non ha il DRE ha solo macchine”.

Capire quanto è grande il mercato di riferimento è importante. Ma non è sempre facile. Torno alla nostra azienda laser. Il suo mercato di riferimento è il mercato delle incisioni di stampi o quello delle incisioni possibili solo col laser? Inoltre, non sempre in settori specialistici si trovano dati attendibili sulla cubatura del mercato.

Più facile è individuare quei 2 o 3 settori che fanno l’80% del mercato. Sempre riferendoci all’azienda laser, il settore automotive è quello più importante. Quindi un’attenzione particolare verrà posta per sviluppare azioni di penetrazione in quel segmento con la linea “Touch&Feel”.

Scegliere il posizionamento della propria azienda, del marchio, è un altro passo operativo. Vogliamo essere una “boutique” o un operatore nella media di settore? In funzione della specificità vera suggerisco di posizionarsi in una nicchia specifica. Più unica è la nostra tecnologia, più possiamo distinguerci. Quindi, compilate una lista solida delle competenze che fanno la differenza nei confronti dei concorrenti e dei clienti.

Concentratevi sull’analisi realistica delle possibilità di crescita: a livello locale, regionale, nazionale, internazionale. Evitate convinzioni. Usate numeri. Confrontatevi con le associazioni di categoria o con “amici” già presenti sul mercato.

Un’azienda con 20 dipendenti e circa 3 milioni di euro di fatturato è leader in due province lombarde per la progettazione e l’assemblaggio di sistemi di sicurezza. L’imprenditore non desidera allargare il proprio perimetro operativo. La nostra azienda di applicazioni laser, al contrario, ha deciso di cercare un’alleanza con un player internazionale per accedere ai settori più ricchi e ai mercati internazionali. A voi la scelta. Nel secondo caso non sentitevi inferiori a una multinazionale. Voi avete un’esclusiva tecnologia o un know-how che può completare la gamma di soluzioni offerta dal “gigante” e viceversa. Preparatevi a condurre una negoziazione, a redigere un Memorandum of Understanding (MOU). Un imprenditore deve avere la disponibilità a imparare nuove materie, eventualmente con l’aiuto di un professionista esterno.

I vostri conti sono in ordine? Sapete quant’è il MOL (margine operativo lordo)? Quanto incide il costo del lavoro? Quanto cubano i leasing e i debiti? Quant’è il vostro margine? Non esiste dinamismo commerciale senza un ferreo controllo dei costi e la conoscenza del vostro conto economico.

Dott. Giulio ARDENGHI | g.ardenghi[at]infoiva.it | www.businesscoachingefficace.com | Bergamo

Business Coach professionista, affianca imprenditori di grandi aziende e di PMI, manager e professionisti affinché sviluppino risorse utili a raggiungere i loro obiettivi professionali e personali con soddisfazione, velocemente, in modo misurabile e duraturo. È specializzato nei processi di cambiamento (professionali e aziendali) e nel lancio di start-up. Dopo la tesi (IULM- Milano) sulle Relazioni Esterne del Centro Georges Pompidou (Beaubourg) di Parigi ha iniziato il percorso professionale nel settore comunicazione, per proseguire nel marketing e commerciale. É stato per 25 anni manager di multinazionali italiane e straniere. Ha lavorato e vissuto a Londra, Singapore e Seoul. Ha raggiunto la posizione di direttore generale e poi ho deciso d’intraprendere l’attività di Business Coach che gli sta dando molte soddisfazioni. Ha conseguito un advanced master in PNL, un attestato di counselling in PNL, ha seguito corsi di Gestalt, l’Hoffman Process, ed ha partecipato ai seminari di Jodorowsky. È stato docente alla Scuola di Direzione Aziendale di Torino. Ha tenuto seminari in università italiane e straniere su temi della comunicazione, dell’innovazione, gestione e motivazione della forza vendita. Giornalista pubblicista, i suoi articoli specifici e dal taglio pratico su temi applicativi legati all’area del coaching (start-up, come diventare imprenditori di se stessi, il vero cambiamento, migliorare la propria carriera, trovare la propria vocazione, autostima e leadership) sono pubblicati anche in Internet. Unisce una solida e comprovata esperienza di campo con una meticolosa preparazione di psicologia applicata. Gli piace definirsi un enzima: acceleratore di processi di trasformazione. Il suo motto è pragmatismo col cuore.

Da artigiano a imprenditore: i problemi da superare

Accettare l’idea del cambiamento, da artigiano a imprenditore, è una cosa. Cambiare davvero è un’altra. Le persone tendono a non cambiare le proprie abitudini. Guidare una modifica nel modo di operare in un’azienda è molto delicato. La proprietà deve essere di buon esempio, deve motivare continuamente i propri collaboratori, occorre intervenire quando il gruppo tende a ritornare nelle proprie aree di confort.

Il lato positivo è che se la proprietà riesce a insistere sul cambiamento per un tempo equo, con costanza e coerenza, il nuovo modo di lavorare si sostituirà al precedente diventando una nuova abitudine.

Un’analisi onesta dei punti di forza e debolezza passa sovente attraverso un esame delle competenze  e dei deficit dell’imprenditore che rispecchiano i plus e i minus dell’azienda. Capito questo, si può passare a un piano di sviluppo personale e aziendale. Anche attingendo a chi può affiancare, come un navigatore, l’imprenditore in questa trasformazione.

Come su ogni nave, a bordo deve esserci un solo comandante, ovvero la persona che è in grado di prendere decisioni e di attuarle. Quindi anche se l’impresa è costituita da più soci o è a carattere famigliare deve esserci un “primus inter pares” ovvero colui che eserciterà il ruolo di direttore generale, oltre a essere il responsabile commerciale o di altra funzione operativa.

Le caratteristiche di questa figura sono: credibilità, autorevolezza, determinazione, senso etico, competenza, leadership. C’è posto per un solo leader in azienda. Questo è il primo aspetto pratico da risolvere.
Poi vengono la strategia commerciale, l’organizzazione e l’efficienza della produzione, l’ottimizzazione dell’R&D, ruoli funzionali-operativi ben definiti, il ferreo controllo dei costi e un periodico (ogni tre mesi) check-up della situazione economico-finanziaria (conto economico, budget, analisi degli scostamenti).

Purtroppo constato che in molte aziende artigianali, anche in quelle tecnologicamente all’avanguardia, si delegano gli “economics” al commercialista. Una grave lacuna. L’imprenditore deve saper leggere e valutare i propri conti. Deve dedicare un tempo equo all’analisi dei risultati e predisporre correttivi, se è il caso.

Sugli interventi desidero essere chiaro. L’imprenditore deve avere fiducia in se stesso e quindi trovare la determinazione a mettere in atto anche decisioni forti. L’uso del “braccino”, come a tennis, non porta a osare, a ragion veduta, ma a stare nel mezzo a non prendere vere decisioni per paura di fallire o di alterare equilibri che sono in realtà già saltati (esempio: costo del lavoro, margine per unità prodotta, ricerca di alleanze).

Essere “timidi” non paga e non è una caratteristica del vero imprenditore, piccolo o grande che sia. Pensare e agire da multinazionale significa non precludersi alcuna opzione e puntare in alto.
Faccio un esempio. L’azienda decide per la prima volta di partecipare a una fiera di settore: il mio suggerimento, basato su esperienze pratiche, è di puntare alla fiera principale in Europa. Eventualmente facendo un test di messa a punto dello stand e del materiale espositivo presso una fiera provinciale. Ma non perdete tempo nel muovervi a cerchi concentrici. Mirate subito al top. Ovviamente occorrerà prepararsi in modo specifico e curando i dettagli del pre-fiera, del durante, e soprattutto del dopo fiera, ovvero su come gestire i contatti raccolti (prospect), ad esempio, all’Euro Mold di Francoforte.

Se la vostra azienda sarà sexy, si apriranno prospettive che oggi fate difficoltà a intravedere come possibili.

Dott. Giulio ARDENGHI | g.ardenghi[at]infoiva.it | www.businesscoachingefficace.com | Bergamo

Business Coach professionista, affianca imprenditori di grandi aziende e di PMI, manager e professionisti affinché sviluppino risorse utili a raggiungere i loro obiettivi professionali e personali con soddisfazione, velocemente, in modo misurabile e duraturo. È specializzato nei processi di cambiamento (professionali e aziendali) e nel lancio di start-up. Dopo la tesi (IULM- Milano) sulle Relazioni Esterne del Centro Georges Pompidou (Beaubourg) di Parigi ha iniziato il percorso professionale nel settore comunicazione, per proseguire nel marketing e commerciale. É stato per 25 anni manager di multinazionali italiane e straniere. Ha lavorato e vissuto a Londra, Singapore e Seoul. Ha raggiunto la posizione di direttore generale e poi ho deciso d’intraprendere l’attività di Business Coach che gli sta dando molte soddisfazioni. Ha conseguito un advanced master in PNL, un attestato di counselling in PNL, ha seguito corsi di Gestalt, l’Hoffman Process, ed ha partecipato ai seminari di Jodorowsky. È stato docente alla Scuola di Direzione Aziendale di Torino. Ha tenuto seminari in università italiane e straniere su temi della comunicazione, dell’innovazione, gestione e motivazione della forza vendita. Giornalista pubblicista, i suoi articoli specifici e dal taglio pratico su temi applicativi legati all’area del coaching (start-up, come diventare imprenditori di se stessi, il vero cambiamento, migliorare la propria carriera, trovare la propria vocazione, autostima e leadership) sono pubblicati anche in Internet. Unisce una solida e comprovata esperienza di campo con una meticolosa preparazione di psicologia applicata. Gli piace definirsi un enzima: acceleratore di processi di trasformazione. Il suo motto è pragmatismo col cuore.

Sviluppare nuove competenze per sviluppare il business

Prima di sviluppare nuove competenze, il futuro imprenditore deve essere consapevole del fatto che soluzioni che hanno funzionato nel passato oggi non sono più efficaci. Deve smontare alcune convinzioni assai diffuse fra gli artigiani.

Con i collaboratori siamo come una grande famiglia“. È un mito. Un rapporto sano, etico, professionale e volto all’eccellenza non può essere basato su simil-rapporti famigliari. Mamma e papà è meglio lasciarli a casa. Molto più trasparente una relazione fra datore di lavoro e collaboratore. L’imprenditore rischia i suoi soldi, il collaboratore la sua professionalità. Ruoli diversi. Ciò non vuol dire che l’azienda si debba trasformare in un campo di lavori forzati, ma sottolineare le differenze per evitare compiacenze e garantire un trattamento equo ed etico è salutare. Anche la comunicazione interna se ne avvantaggia. Ci si parla in modo più professionale e diretto, evitando chiacchiericci, pettegolezzi e perdite di tempo.

Inoltre, un approccio più professionale permette di gestire meglio eventuali promozioni, aumenti di salario, deleghe. Dà anche al collaboratore l’opportunità di essere valutato per i risultati ottenuti e per il contributo che dà al lavoro di squadra, evitando personalismi (favoritismi).

Noi siamo pratici, orientati al fare, al lavoro“. Anche l’uomo di Neanderthal costruiva manufatti (asce, punte di lancia, seghe, raschiatoi, flauti, etc.) e inventò nuove tecniche di scheggiatura. Quindi questo mito, così diffuso, non è originale, è “igienico”. L’uomo lavora da sempre. Oggi non basta fare. Occorre fare in modo eccellente e presto e inventare e innovare in continuazione, con un occhio al margine e l’altro alla soddisfazione dei clienti, che bisogna individuare. Ma il tutto molto velocemente, cosa che non era richiesta al nostro antenato.

Piccolo è bello“. Se guadagni molto sì. L’artigiano-artista è forse in questa categoria. L’artigiano hi-tech per guadagnare deve crescere in fatturato, deve esportare all’estero, deve ricercare alleanze per svilupparsi e garantirsi i margini che gli consentano, non solo in percentuale, ma anche in valore assoluto, di continuare a innovare il proprio know-how.

La comunicazione la fa il prodotto“. Errato. La comunicazione è un investimento e non un costo per creare valore e attrazione verso il proprio marchio, la propria azienda, la propria unicità. Si comunicano i valori dell’azienda, le proprie specificità tecnologiche, le soluzioni trovate, il modo di lavorare, le competenze del team, il servizio ai clienti. Una brochure di presentazione è il biglietto da visita dell’azienda, così come un sito ben gestito e ricco di informazioni e aggiornamenti, così come l’uso di tecniche web 2.0, piuttosto che la partecipazione a fiere ed esposizioni. Tutto gestito con intelligenza e competenze specifiche. Comunicare è un investimento (quindi occorre valutare il ritorno sull’investimento) non un costo. Ma si evitino l’approssimazione e il fare tutto in casa, pena un’immagine raffazzonata e controproducente (soldi gettati al vento).

Dalla mia esperienza operativa, ho rilevato anche la scarsa attenzione alla preparazione dei preventivi. Fatti in pochi minuti (perché bisogna correre a settare le macchine in officina) e trattati più come un aspetto burocratico che come prima sorgente del margine. Sovente l’artigiano non sa che margine ha sulle lavorazioni. Un errore imperdonabile per un imprenditore da PMI.

In sintesi, il neo-imprenditore deve ragionare e agire come se gestisse una multinazionale tascabile.

Dott. Giulio ARDENGHI | g.ardenghi[at]infoiva.it | www.businesscoachingefficace.com | Bergamo

Business Coach professionista, affianca imprenditori di grandi aziende e di PMI, manager e professionisti affinché sviluppino risorse utili a raggiungere i loro obiettivi professionali e personali con soddisfazione, velocemente, in modo misurabile e duraturo. È specializzato nei processi di cambiamento (professionali e aziendali) e nel lancio di start-up. Dopo la tesi (IULM- Milano) sulle Relazioni Esterne del Centro Georges Pompidou (Beaubourg) di Parigi ha iniziato il percorso professionale nel settore comunicazione, per proseguire nel marketing e commerciale. É stato per 25 anni manager di multinazionali italiane e straniere. Ha lavorato e vissuto a Londra, Singapore e Seoul. Ha raggiunto la posizione di direttore generale e poi ho deciso d’intraprendere l’attività di Business Coach che gli sta dando molte soddisfazioni. Ha conseguito un advanced master in PNL, un attestato di counselling in PNL, ha seguito corsi di Gestalt, l’Hoffman Process, ed ha partecipato ai seminari di Jodorowsky. È stato docente alla Scuola di Direzione Aziendale di Torino. Ha tenuto seminari in università italiane e straniere su temi della comunicazione, dell’innovazione, gestione e motivazione della forza vendita. Giornalista pubblicista, i suoi articoli specifici e dal taglio pratico su temi applicativi legati all’area del coaching (start-up, come diventare imprenditori di se stessi, il vero cambiamento, migliorare la propria carriera, trovare la propria vocazione, autostima e leadership) sono pubblicati anche in Internet. Unisce una solida e comprovata esperienza di campo con una meticolosa preparazione di psicologia applicata. Gli piace definirsi un enzima: acceleratore di processi di trasformazione. Il suo motto è pragmatismo col cuore.

“Datemi un punto di appoggio e solleverò il mondo”. Qual è la tua leva?

La frase pronunciata da Archimede parlando della leva rende bene come oltre alla consapevolezza di voler cambiare, la volontà duratura di attuare il cambiamento, occorra un’azione concreta che faccia da punto di appoggio per la metamorfosi di un’azienda artigianale in una PMI.

Qual è l’unicità della tua produzione o del tuo servizio? In che cosa ti distingui concretamente dai tuoi concorrenti? Qual è l’elemento che fa la vera differenza verso la tecnologia tradizionale del settore in cui operi?

Non parlo solo di output produttivo, parlo anche di processo industriale, di software sviluppati in casa, di competenze specifiche costruite sperimentando.
Non sempre le aziende artigianali brevettano quanto inventato. In altre parole, non creano una barriera all’ingresso da parte di altri concorrenti perché pensano che nessuno sia in grado di replicare quanto esse hanno sviluppato, se non a costo di ripetere tutti gli errori che l’azienda in questione ha incontrato e risolto con sforzi di ricerca e sviluppo e investendo tempo.

La leva non può essere il prezzo basso. Questo vale forse a tutt’oggi nella minuteria metallica, un settore dove il valore aggiunto è basso e dove importare dalla Cina, per ora, non è così conveniente soprattutto per i tempi di consegna e i costi di trasporto.

Ma questa azienda è esposta all’andamento delle aziende committenti che, a loro volta, subiscono l’andamento del cliente finale e del mercato. Quindi la loro posizione è debole.

Queste aziende artigiane sono alla fine della filiera, sono terzisti che subiscono le decisioni di altri. Non parleranno mai al cliente finale. Il loro interlocutore è un committente di primo o secondo livello ed è quest’ultimo che detta il prezzo di acquisto e i tempi di consegna.

L’azienda artigianale di qualità o hi-tech deve essere in grado di individuare l’elemento o una composizione di elementi che possono trasformarla in una “boutique” super specializzata.

Faccio un esempio concreto. Un’azienda artigiana afferma di aver sviluppato un know-how unico al mondo nell’incisione laser di stampi in 3D. Questo know-how è veramente unico? Sostituisce o si affianca a tecnologie più tradizionali? C’è richiesta di mercato per l’applicazione di questo know-how? A quanto posso fatturare questa unicità? Come posso raggiungere i clienti finali interessati alla mia invenzione o innovazione?

Il primo passo è comunicare questa specificità al mondo interessato. Ma per comunicare qualcosa ho bisogno di nominarla. Non possono dire: “Noi siamo gli unici a possedere queste macchine“, “Solo noi abbiamo sviluppato un tecnologia di incisione unica“. Questa non è comunicazione. Si può comunicare solo qualcosa che si riesce a definire in modo specifico.

Nel caso citato, l’azienda hi-tech ha coniato il termine Design Rendering Engineering (DRE), sotto il quale ha raccolto tutto il suo know-how di progettazione e di produzione basato sia sullo sviluppo di software che di hardware. Oggi la sua comunicazione, via media di settore, web e web 2.0, punta sull’affermazione del DRE. Nome che è stato registrato. “Senza il DRE sono solo macchine“, è un concetto che oramai distingue questa azienda da tutta una miriade di artigiani che pullulano nel settore dell’incisione (chimica) di stampi.

Hanno trovato la differenza, le hanno dato un nome e la comunicano. Questa è una leva vera per fare sviluppo.

Dott. Giulio ARDENGHI | g.ardenghi[at]infoiva.it | www.businesscoachingefficace.com | Bergamo

Business Coach professionista, affianca imprenditori di grandi aziende e di PMI, manager e professionisti affinché sviluppino risorse utili a raggiungere i loro obiettivi professionali e personali con soddisfazione, velocemente, in modo misurabile e duraturo. È specializzato nei processi di cambiamento (professionali e aziendali) e nel lancio di start-up.Dopo la tesi (IULM- Milano) sulle Relazioni Esterne del Centro Georges Pompidou (Beaubourg) di Parigi ha iniziato il percorso professionale nel settore comunicazione, per proseguire nel marketing e commerciale. É stato per 25 anni manager di multinazionali italiane e straniere. Ha lavorato e vissuto a Londra, Singapore e Seoul. Ha raggiunto la posizione di direttore generale e poi ho deciso d’intraprendere l’attività di Business Coach che gli sta dando molte soddisfazioni. Ha conseguito un advanced master in PNL, un attestato di counselling in PNL, ha seguito corsi di Gestalt, l’Hoffman Process, ed ha partecipato ai seminari di Jodorowsky. È stato docente alla Scuola di Direzione Aziendale di Torino. Ha tenuto seminari in università italiane e straniere su temi della comunicazione, dell’innovazione, gestione e motivazione della forza vendita. Giornalista pubblicista, i suoi articoli specifici e dal taglio pratico su temi applicativi legati all’area del coaching ( start-up, come diventare imprenditori di se stessi, il vero cambiamento, migliorare la propria carriera, trovare la propria vocazione, autostima e leadership) sono pubblicati anche in Internet. Unisce una solida e comprovata esperienza di campo con una meticolosa preparazione di psicologia applicata. Gli piace definirsi un enzima: acceleratore di processi di trasformazione. Il suo motto è pragmatismo col cuore.

Artigiano, imprenditore. Quale differenza?

Torna da oggi a scrivere sulle pagine di Infoiva il dott. Giulio Ardenghi, business coach qualificato. Dopo averci accompagnato, nei mesi scorsi, nel mondo del business coaching, ora ci spiegherà, in 8 puntate, come un artigiano di qualità può trasformarsi in un imprenditore di successo.

Il dizionario ci aiuta, ma fino a un certo punto, a fare chiarezza sul significato di artigiano e di imprenditore.

Artigiano è “chi esercita un’arte manuale, per proprio conto e in locali propri, lavorando da solo o con la collaborazione dei familiari o di pochi aiutanti*”.
Imprenditore è colui “che intraprende un’attività produttiva e commerciale**”.

Mi sembrano definizioni molto larghe e poco specifiche.
Per la mia esperienza, l’artigiano viene cercato dai clienti. L’imprenditore cerca i clienti.
L’artigiano una volta ripianati i leasing dei macchinari e dei locali si dedica ad assicurarsi nel tempo giusti profitti.
L’imprenditore sviluppa il proprio mercato al di fuori del proprio originale perimetro operativo, afferma il proprio prodotto/servizio migliorando continuamente le differenze verso i concorrenti, dedica risorse alla ricerca e sviluppo, crea posti di lavoro, si dà una struttura manageriale. Diventa grande tramite alleanze, acquisizioni, fusioni.

Molti artigiani moderni oggi sono all’avanguardia nell’Hi-Tech o nell’eco-business. Si sono posizionati in una nicchia di mercato, ma sovente si trovano impreparati a fare il salto culturale e operativo per diventare imprenditori. Queste entità posseggono know-how unici, che a volte non hanno nemmeno brevettato. Sovente inventano o innovano profondamente processi di lavorazione rendendoli più veloci, più accurati, più efficaci e competitivi in termini di ore/macchina e ore/uomo verso tecnologie tradizionali.

Benché il passaggio da artigiano a imprenditore non sia obbligato, sono molti i giovani artigiani che hanno la convinzione di avere un prodotto, un processo o un servizio unico e all’avanguardia. Vorrebbero svilupparsi, ma non sanno cosa fare. Non conoscono quali sono i primi passi da compiere senza inciampare nei “soliti” errori da mancanza di competenze e di fiducia in se stessi che sabotano qualsiasi tentativo di sviluppo.

Forse la vera differenza fra artigiano e imprenditore è proprio il desiderio di quest’ultimo di osare, di rischiare a ragion veduta, di crescere.
Non basta l’intuizione geniale, la competenza tecnica. Occorre la predisposizione mentale a imparare competenze manageriali per svilupparsi in modo intelligente. Serve la capacità di interpretare la complessità e trovare la propria via virtuosa: visione d’insieme, posizionamento specifico, aggressività commerciale, ossessivo e regolare controllo dei costi, capacità di gestire più persone. E comunicare. Senza dare per scontato che al di fuori delle mura del capannone il mondo sappia che si è eccellenti. Occorre farlo sapere. Conoscere anche le strategie e i mezzi del web 2.0 è essenziale.

Se siete pronti a imparare materie nuove, ad applicarvi con costanza, ad analizzare onestamente i vostri punti di forza e di debolezza e porvi riparo siete quasi pronti al “via!”. La formula è, riportando l’esperienza di molti artigiani divenuti imprenditori di successo, lavorare prima di tutto su se stessi, riconoscere i propri limiti (e le proprie qualità). Si richiede un atto di lucidità coraggiosa perché è il cambiamento, con le sue conseguenze e nuove responsabilità che spaventa. Ma l’imprenditore ama la sfida proficua e riesce a superare ansia e stress.

*http://dizionari.hoepli.it/Dizionario_Italiano/parola/artigiano.aspx?idD=1&Query=artigiano&lettera=A
**http://dizionari.hoepli.it/Dizionario_Italiano/parola/imprenditore.aspx?idD=1&Query=imprenditore&lettera=I

Dott. Giulio ARDENGHI | g.ardenghi[at]infoiva.it | www.businesscoachingefficace.com | Bergamo

Business Coach professionista, affianca imprenditori di grandi aziende e di PMI, manager e professionisti affinché sviluppino risorse utili a raggiungere i loro obiettivi professionali e personali con soddisfazione, velocemente, in modo misurabile e duraturo. È specializzato nei processi di cambiamento (professionali e aziendali) e nel lancio di start-up.Dopo la tesi (IULM- Milano) sulle Relazioni Esterne del Centro Georges Pompidou (Beaubourg) di Parigi ha iniziato il percorso professionale nel settore comunicazione, per proseguire nel marketing e commerciale. É stato per 25 anni manager di multinazionali italiane e straniere. Ha lavorato e vissuto a Londra, Singapore e Seoul. Ha raggiunto la posizione di direttore generale e poi ho deciso d’intraprendere l’attività di Business Coach che gli sta dando molte soddisfazioni. Ha conseguito un advanced master in PNL, un attestato di counselling in PNL, ha seguito corsi di Gestalt, l’Hoffman Process, ed ha partecipato ai seminari di Jodorowsky. È stato docente alla Scuola di Direzione Aziendale di Torino. Ha tenuto seminari in università italiane e straniere su temi della comunicazione, dell’innovazione, gestione e motivazione della forza vendita. Giornalista pubblicista, i suoi articoli specifici e dal taglio pratico su temi applicativi legati all’area del coaching ( start-up, come diventare imprenditori di se stessi, il vero cambiamento, migliorare la propria carriera, trovare la propria vocazione, autostima e leadership) sono pubblicati anche in Internet. Unisce una solida e comprovata esperienza di campo con una meticolosa preparazione di psicologia applicata. Gli piace definirsi un enzima: acceleratore di processi di trasformazione. Il suo motto è pragmatismo col cuore.

Business Coach oggi: professione a tutto tondo

Nona e ultima puntata del viaggio di Infoiva, il Quotidiano online delle Partite Iva, nel mondo del Business Coaching, professione che da qualche tempo si sta diffondendo con successo anche in Italia. In collaborazione con il Dott. Giulio Ardenghi, uno dei pochi e qualificati Business Coach italiani.

Esistono oramai da anni anche in Italia associazioni di categoria che certificano gli iscritti e hanno un codice deontologico. Purtroppo non fanno massa. Dipendono molto dalle scuole di formazione di coaching (poche eccellenti, molte evanescenti) e non sempre si rivolgono a tutti i potenziali clienti, ma solo a quelli che in teoria fanno “nome”. Ma questi il coaching se lo fanno in casa, molte volte, o accedono al mercato internazionale. Credo che dovrebbero agire più sulle associazioni di categoria, camere di commercio, sindacati, unioni industriali provinciali, incubatori di start-up. Utile l’aggiornamento che propongono, ma ancora più utile sarebbe una chiara distinzione fra chi esercita operativamente con i clienti e chi insegna coaching.

In Italia il mercato, lo dicono i numeri è ancora in fase di sviluppo. I professionisti eccellenti ci sono (cercateli con cura) e si confrontano anche a livello internazionale. Ma vige ancora un po’ la vecchia formula italiana “chi fa da sé fa per tre”. Le associazioni dovrebbero unirsi e fare focus. A volte mi sembra che abbiano bisogno di un buon business coach per sviluppare un piano con obiettivi veloci, misurabili e duraturi.

Il mercato incalza, i clienti sono più esigenti e quindi sono del tutto ottimista che nei prossimi 2 anni vedremo il “business coaching d.C.”- per parafrasare Marchionne – espandersi tramite professionisti preparati.

Dott. Giulio ARDENGHI

http://www.businesscoachingefficace.com/