I prodotti a marca salvano il carrello di Natale

In un momento nel quale l’economia è quello che è e i portafogli degli italiani anche, il Natale si conferma un’occasione ottima per spendere il giusto cercando la qualità. I prodotti a marca, in questo senso, si confermano una scelta azzeccata e sempre più condivisa, come ha dimostrato ADM, Associazione Distribuzione Moderna.

ADM ha infatti calcolato che riempiendo il “carrello delle feste” con i prodotti a marca, una famiglia può risparmiare 22 euro rispetto alla spesa con prodotti di altri marchi; un risparmio che, in termini percentuali, arriva al 26,12%. Il dettaglio dell’indagine ADM sui prodotti a marca è ben sintetizzato in questa infografica.

Secondo ADM, anche a Natale nel carrello della spesa degli italiani continuano ad aumentare i prodotti a marca del distributore rispetto a quelli degli altri marchi, raggiungendo una quota di mercato del 18%. Merito soprattutto della percezione che il consumatore ha sviluppato dei prodotti a marca del distributore; secondo ADM, nella visione del consumatore i prodotti a marca sono ormai simili a quelli di una vera “marca”, che portano valori propri che affiancano e completano, nel carrello delle famiglie, l’offerta rappresentata dai grandi brand industriali nazionali e internazionali.

Il risultato è anche determinato da un ottimo rapporto qualità/prezzo, che rende i prodotti a marca in grado di soddisfare pienamente i bisogni di una famiglia costretta a prestare sempre più attenzione al proprio potere d’acquisto. Secondo ADM, quindi, i prodotti a marca del distributore sono un’eccellente opportunità di risparmio. E con quello che esce dalle tasche degli italiani a Natale, ogni risparmio è benedetto.

Un “monitor” per il vino italiano

Le imprese italiane che operano nel settore vitivinicolo hanno nell’export il loro punto di forza e la loro ancora di salvezza. Spesso, però, le dimensioni limitate non permettono a tante di loro di poter tenere un occhio costante e continuo sul mercato del vino, che cambia velocemente ed è sempre più dipendente dall’export e quindi da mercati anche molto diversi fra loro. Proprio per dar loro una mano ad avere il polso di questo mondo in rapido mutamento, Nomisma ha lanciato Wine Monitor, un osservatorio che si propone di guidare i produttori nella ricerca dei mercati migliori per il vino italiano e per il loro sfruttamento.

Attraverso il sito dedicato www.winemonitor.it, le imprese potranno disporre di dati, informazioni e indicazioni strategiche in tempo reale sui consumi di vino nei vari mercati mondiali, comprese le caratteristiche e i fattori di successo che variano di importanza fra Paese e Paese: se, per esempio negli Usa c’è attenzione per il vitigno e per il brand, in Germania conta soprattutto l’origine.

Ogni mercato ha infatti le sue peculiarità in termini di gusti, consumo, canali distributivi, norme all’ingresso e vincoli tariffari che non sempre sono facili da decifrare e tradurre in scelte aziendali per imprese che, in molti casi, non vanno al di là della dimensione familiare. I produttori di vino con un fatturato superiore ai 50 milioni di euro sono infatti meno di 30, cui si deve il 40% dell’export, mentre il 60% del vino esportato avviene a opera di piccole e medie imprese. Nel 2012 il mercato del vino prodotto in Italia, ha fatto segnare un record nelle esportazioni con 4,66 miliardi di euro di vini venduti oltreconfine (+6,6% sul 2011), per un quantitativo pari a 21 milioni di ettolitri.

Wine Monitor cerca di mettere a disposizione delle imprese il maggior numero di informazioni di mercato possibili, grazie all’apporto scientifico di analisti economici e di mercato, di esperti di comunicazione, promozione e internazionalizzazione del vino, oltre alla collaborazione con enti e istituti capaci di fornire informazioni di mercato utili alla comprensione delle tendenze in atto: tra questi figurano Symphony Iri, Demetra e Borsa Merci Telematica Italiana.

Italia, medaglia d’oro del vino

Se i consumi interni di vino calano in Italia, ci consoliamo con il boom dell’export. E questo lo abbiamo già scritto nei giorni scorsi. Ora consoliamoci con un’altra buona notizia, per le imprese del vino e per il sistema-Paese: nel 2012, l’Italia ha superato di nuovo la Francia nella sfida su chi dei due è il maggior produttore mondiale.

Un dualismo che data praticamente da sempre e che ancora una volta il nostro sistema produttivo ha vinto nonostante la crisi e il calo globale della produzione. Lo scorso anno il raccolto del nostro Paese si è assestato, secondo i dati di Coldiretti, intorno ai 41 milioni di ettolitri, con un calo del 3% rispetto al 2011 ma con un innalzamento della qualità media delle uve raccolte.

Non tragga in inganno il -3%. Secondo Coldiretti, infatti, nonostante questo i cugini francesi sono stati distaccati nella corsa, dal momento che oltralpe il raccolto ha subito un tracollo del 19%, che ha portato la raccolta a 40,5 milioni di ettolitri. Anche il loro cavallo di battaglia, lo champagne, secondo l’organizzazione mondiale della vigna e del vino ha subito cali importanti, con punte che hanno toccato il 26%.

Questi cali si sono comunque riflessi a livello mondiale, dove la quota di mercato di Italia+Francia, essendo preponderante, ha trascinato giù l’intera produzione globale. Coldiretti stima infatti una raccolta di 248,2 milioni di ettolitri, il livello minimo dal 1975, e un -6% rispetto alla raccolta 2011. Al calo delle due nazioni leader si è infatti sommato quello registrato in Spagna (-6%), che rimane comunque il come terzo produttore mondiale con 31,5 milioni di ettolitri.

Interessanti i dati che vengono dagli altri continenti: aumenta il raccolto negli Usa e tocca i 20,6 milioni di ettolitri (+7%), diminuisce l’Argentina a 11,8 milioni di ettolitri (-24%), sale l’Australia a 11,6 milioni di ettolitri (+4%), percentuale pari a quella del Sudafrica dove la raccolta è arrivata 10 milioni di ettolitri.

Un’ultima chicca che solletica l’orgoglio tricolore: sempre secondo Coldiretti, lo spumante italiano va a fare da maestro in casa del professore, dal momento che l’export delle nostre bollicine cresce del 35% in Francia. Adieu monsieur champagne…

La Gdo e il vino, storia di un amore incrinato

Molte piccole imprese vitivinicole italiane vivono grazie alla grande distribuzione. Preoccupa, quindi, il dato emerso dalla ricerca di SymphonyIRI Group sull’andamento del mercato del vino e sui vini più venduti nella Grande Distribuzione (Gdo) nel 2012, che sarà presentata a Vinitaly 2013. Diminuiscono, infatti, nel 2012 le vendite di vino nei supermercati: per la prima volta negli ultimi 10 anni anche la bottiglia da 75 cl evidenzia un dato a volume negativo, con un calo per quanto riguarda il totale del vino confezionato del 3,6% a volume rispetto al 2011.

Nonostante la tendenza negativa, aumentano del 3,3% le vendite del vino in bottiglia a denominazione d’origine nella fascia di prezzo superiore ai 6 euro. Flessione più contenuta per il vino in brik che perde l’1,7%, tengono le bollicine con un –0,6% e crescono anche le vendite del vino a marca commerciale, prodotto dalle catene distributrici (+1,9% sempre a volume).

L’analisi dettagliata delle statistiche evidenzia che il 2012 è stato un anno caratterizzato da un forte aumento dei prezzi dei vini nella Gdo: del 5,5% per il totale del vino confezionato, del 4,5% a litro per le bottiglie di 75 cl a denominazione d’origine e del 10,1% per i brik. Questi aumenti rendono problematici i raffronti con l’anno precedente perché molti prodotti, aumentando di prezzo, sono andati a collocarsi nella fascia superiore. Per esempio, i vini a denominazione sotto i 2 euro (una fascia di prezzo che rappresenta il 25,2% del mercato) perdono a volume il 18,3%, ma proprio perché tanti prodotti sono passati alla fascia di prezzo centrale, quella tra 2 e 4 euro che copre la maggiore quota di mercato, quasi il 50%. A proposito di quote di mercato, è interessante notare che la fascia di prezzo tra i 4 e i 6 euro copre il 14,8% del mercato e quella sopra i 6 euro il 5,4%.

Parlando, invece di quote di mercato globale, i vini a denominazione raggiungono il 56,1% delle vendite di vino nella Gdo, mentre i brik il 31,5% (sempre a volume). La spinta promozionale rispetto al 2011 non è aumentata, mantenendosi stabile, mentre i prezzi medi di una bottiglia di 75 cl a denominazione d’origine è di 4,28 al litro, e di 1,24 per il brik.

Il vino più venduto nei supermercati italiani è il Lambrusco con più di 14 milioni di litri per un valore di 44 milioni di euro. Seguono Chianti, Montepulciano d’Abruzzo, Barbera, Bonarda. Va sottolineato il calo delle vendite a volume del Nero d’Avola (-30,2% a volume), dovuto ad un aumento del prezzo del 20,8%, un fenomeno che si ripete anche per altri vini.

Tra i vini “emergenti”, cioè quelli che fanno registrare una maggior crescita a volume, boom del Pecorino, prodotto nelle Marche e in Abruzzo, con un +23,8%, seguito da Pignoletto, Grillo, Traminer, Falanghina. Aumentano le vendite delle bottiglie a denominazione a marca commerciale, distribuite dalle insegne della Gdo con nomi di fantasia o col proprio nome, che aumentano di prezzo e di qualità.

La marca commerciale arriva così a conquistare una quota di mercato del 14,7% (bottiglie più brik). Le scelte strategiche delle aziende distributive hanno portato a qualificare il prodotto, che ora è presente con maggiore frequenza in segmenti nobili del mercato, diversificando in questo modo la propria offerta al consumatore e ampliando il proprio target di riferimento. Una politica premiata dai clienti, che anche nel vino hanno ora nella marca privata un valido punto di riferimento.

Secondo Alberto Coldani, rappresentante di Federdistribuzione a Vinitaly 2013 e Direttore Acquisti PGC di Carrefour, “in un mercato difficile come quello attuale anzitutto è necessario sottolineare i positivi risultati ottenuti dalla marca privata, cresciuta dell’1,9% in quantità e del 9,2% in valore, quest’ultimo dato per il suo ingresso in fasce di prezzo più alte. Per contrastare la tensione sul mercato, la Gdo ha intrapreso piani promozionali molto forti che hanno contribuito a ridurre i margini delle catene e, spesso, impedito di assorbire l’elevata inflazione all’acquisto. Oltre alle preferenza accordate in modo sempre crescente alla marca commerciale abbiamo rilevato, e credo continueremo a farlo nel 2013, un aumento delle vendite a volume – del 3,3% nel 2012 – per i vini di prezzo superiore ai 6 euro, un forte segnale che attesta la ricerca, oltre che della convenienza, anche della qualità“.

GDO, grande amore degli italiani

La grande distribuzione piace sempre di più agli italiani. E’ quanto emerge dai dati relativi alle vendite al dettaglio di febbraio diffusi dall’Istat. Secondo l’istituto di statistica le vendite della grande distribuzione hanno registrato un aumento dell’1,9% rispetto al febbraio del 2011 mentre quelle delle imprese commerciali operanti su piccole superfici hanno messo a segno una diminuzione dell’1,3%. In relazione alla tipologia di beni venduti, nella grande distribuzione le vendite segnano, in termini tendenziali, un aumento sostenuto per i prodotti alimentari (+4%) e molto più contenuto per quelli non alimentari (+0,3%). Nelle imprese operanti su piccole superfici le vendite sono diminuite sia per i prodotti alimentari (-0,3%), sia per quelli non alimentari (-1,6%). Sempre a febbraio tra le imprese della grande distribuzione si sono rilevati aumenti tendenziali sia per gli esercizi non specializzati (+2,2%), sia per quelli specializzati (+0,1%). Nei primi, le vendite degli esercizi a prevalenza alimentare sono aumentate del 2,8%, quelle degli esercizi a prevalenza non alimentare sono aumentate dello 0,4%. Tra gli esercizi non specializzati a prevalenza alimentare, si sono registrati aumenti in tutte le tipologie di esercizio. In particolare, l’aumento più sostenuto riguarda i supermercati (+3,4%) mentre quello più contenuto è rappresentato dagli ipermercati (+2,1%).

Fonte: Ansa.it

Vendite al dettaglio in calo a settembre

A settembre 2011 l’indice destagionalizzato delle vendite al dettaglio (valore corrente che incorpora la dinamica sia delle quantità sia dei prezzi) ha segnato un calo dello 0,4% rispetto ad agosto 2011. Nella media del trimestre luglio-settembre 2011 l’indice è diminuito dello 0,6% rispetto ai tre mesi precedenti. Nel confronto con agosto 2011, le vendite di prodotti alimentari diminuiscono dello 0,2% e quelle di prodotti non alimentari dello 0,4%. Rispetto a settembre 2010, l’indice grezzo del totale delle vendite segna un calo dell’1,6%. Le vendite di prodotti alimentari aumentano dello 0,7%, mentre quelle di prodotti non alimentari scendono del 2,5%. Le dinamiche delle vendite per forma distributiva registrano, nel confronto con il mese di settembre 2010, un lieve aumento (+0,2%) per la grande distribuzione e una significativa diminuzione (-2,8%) per le imprese operanti su piccole superfici. Nei primi nove mesi del 2011, rispetto allo stesso periodo del 2010, l’indice grezzo diminuisce dello 0,7%. Le vendite di prodotti alimentari segnano un incremento dello 0,1% e quelle di prodotti non alimentari una diminuzione dell’1,2%.

Forma distributiva e tipologia di esercizio 
Nel confronto con il mese di settembre 2010 si registra un aumento dello 0,2% per le vendite della grande distribuzione e una flessione del 2,8% per quelle delle imprese operanti su piccole superfici. Nella grande distribuzione le vendite crescono del 2,1% per i prodotti alimentari e diminuiscono dell’1,4% per quelli non alimentari. Nelle imprese operanti su piccole superfici, le vendite segnano un calo in entrambi i settori merceologici: -1,9% per i prodotti alimentari e -3,1% per quelli non alimentari. Nel mese di settembre 2011, tra le tipologie di imprese della grande distribuzione, si rileva un aumento tendenziale dello 0,4% per gli esercizi non specializzati e una flessione dello 0,8% per quelli specializzati. All’interno dei primi, le vendite degli esercizi a prevalenza alimentare aumentano dell’1,2%, mentre in quelli a prevalenza non alimentare diminuiscono del 2,9%. Tra gli esercizi a prevalenza alimentare, l’aumento più sostenuto si registra per i discount (+2,9%), quello più contenuto per gli ipermercati (+0,2%). Nella media del periodo gennaio-settembre 2011, le vendite degli esercizi non specializzati diminuiscono, in termini tendenziali, dello 0,6%, quelle degli esercizi specializzati aumentano dell’1,5%.

Andamento delle vendite per dimensione di impresa 
Con riferimento alla dimensione delle imprese, nel mese di settembre 2011 il valore delle vendite diminuisce, in termini tendenziali, del 2,7% nelle imprese fino a 5 addetti, del 2,3% nelle imprese da 6 a 49 addetti e dello 0,1 % in quelle con almeno 50 addetti. Nel confronto tendenziale relativo ai primi nove mesi dell’anno, il valore delle vendite diminuisce dell’1,3% nelle imprese fino a 5 addetti, dell’1,1% in quelle da 6 a 49 addetti e dello 0,2% nelle imprese con almeno 50 addetti.

Prodotti non alimentari 
Per quanto riguarda il valore delle vendite di prodotti non alimentari, a settembre 2011 le variazioni tendenziali negative di maggiore entità riguardano i gruppi Calzature, articoli in cuoio e da viaggio (-6,7%), Elettrodomestici, radio, tv e registratori (-4,6%) ed Abbigliamento e pellicceria ( 4,2%). I gruppi che registrano le flessioni più contenute sono Prodotti di profumeria, cura della persona (-0,4%) e Altri prodotti (gioiellerie, orologerie) (-0,8%).
Lo rende noto l’Istat.

Fonte: Agenparl.it

Orari di apertura dei negozi: sì alle liberalizzazioni

C’è forte perplessità sulla nuova manovra che prevede la liberalizzazione degli orari dei negozi. Quel che è certo che ormai si farà. La liberalizzazione di orari ed aperture dei negozi nei centri turistici fanno pensare ad una scelta a favore del turismo però le critiche sollevate illuminano sui possibili rischi. Si tratterebbe infatti di una manovra che andrà ad incentivare solo  la grande distribuzione danneggiando i piccoli negozianti.

I sostegni di cui il turismo necessita sono infatti ben altri, poichè le norme ci sono, sono esaustive e non va dimenticato che le Regioni in materia di orari hanno già completa e diretta competenza. Anche la Confesercenti teme che si tratti di una liberalizzazione che andrà a favorire i grandi supermarket, mentre metterà in ginocchio il piccolo commercio nelle realtà urbane che ha bisogno di essere protette e sostenuto con misure differenti.

Calano le vendite a marzo, trascinate dagli alimentari

Vendite al dettaglio in calo marzo. Lo rileva l’Istat, secondo il quale vi è stata una flessione del 2% rispetto allo stesso mese del 2010 e dello 0,2% rispetto a febbraio 2011. L’istituto aggiunge che la discesa registrata su base annua è la più marcata dal gennaio del 2010. Sulla contrazione, sia tendenziale che congiunturale, pesa soprattutto la negativa performance del comparto alimentare.

Rispetto a febbraio 2011, le vendite degli alimentari sono diminuite dello 0,3% e quelle dei non alimentari dello 0,2%; a confronto con marzo 2010 la differenza è ancora più ampia: -2,6% per i primi e -1,6% per i secondi. Sempre su base annua, nella grande distribuzione le vendite segnano variazioni negative sia per il ‘food’ (-2,9%), sia per il ‘non food’ (-1,2%).

Anche per le imprese operanti su piccole superfici si registra una diminuzione, con un calo sia per i prodotti alimentari sia per quelli non alimentari. Guardando alla dimensione delle imprese, a marzo 2011 il valore delle vendite diminuisce, in termini tendenziali, del 2,2% nelle micro imprese (fino a 5 addetti), del 2,0% in quelle da 6 a 49 e dell’1,7% nelle imprese con almeno 50 addetti.

Riguardo al valore delle vendite di prodotti non alimentari, a marzo le riduzioni più forti toccano i gruppi ‘Cartoleria, libri, giornali e riviste’ e ‘Giochi, giocattoli, sport e campeggio’ (-2,4%), ‘Abbigliamento e pellicceria e Mobili, articoli tessili, arredamento’ (-2,3%). L’unico settore non in negativo è quello degli ‘Elettrodomestici, radio, tv e registratori’ (0%).

d.S.

In calo le vendite al dettaglio in calo: a gennaio -1,2%

Secondo quanto rilevato dall’istituto di ricerca Istat, le vendite al dettaglio hanno subito un importante calo rispetto all’anno precedente. Nel mese di gennaio infatti la caduta sarebbe dell’1,2%. E’ da maggio 2010 che non si registrava un rallentamento simile. Simile anche i dati relativi al calo del dato congiunturale, che è il più alto da aprile 2010.

E’ il comparto alimentare a registrare un -0,5% rispetto al mese di dicembre, mentre si registra un -0,2% per il comparto non alimentare. I dati negativi proseguono con un -0,9% per le vendite della grande distribuzione e dell’1,4% per quelle delle piccole imprese. Sono invece le imprese “specializzate” della grande distribuzione a trovare segnali di respiro con un + 1,2%. Record negativo spetta agli ipermercati con un calo stimato del 2,7%.

Considerando il numero degli addetti, nel mese di gennaio 2011 il valore delle vendite diminuisce, in termini tendenziali, dell’1,7% sia nelle imprese fino a 5 addetti sia in quelle da 6 a 49 addetti e dello 0,3% nelle imprese con almeno 50 addetti. Tra i prodotti non alimentari sono i supporti magnetici e strumenti musicali a registrare la maggior caduta (-2,4%), i generi casalinghi durevoli e non durevoli (-2,3%), gli elettrodomestici, radio, tv e registratori e i giochi, giocattoli, sport e campeggio (entrambi  -2,0%).

Mirko Zago