Cos’è la green economy e quali politiche sono state adottate?

A chi non è mai capitato di sentire parlare di Green Economy? Molto probabilmente tutti almeno una volta abbiamo sentito questa espressione e di fatto, vista che ad essa sono collegati anche incentivi, ci siamo chiesti di cosa si tratta esattamente. Cercheremo quindi di capire di cosa si tratta e quali vantaggi può portare.

Le definizioni di green economy

Dalla definizione data da Oxford Languages emerge che si tratta di un: modello di economia che mira alla riduzione dell’impatto ambientale mediante provvedimenti in favore dello sviluppo sostenibile, come l’uso di energie rinnovabili, la riduzione dei consumi, il riciclaggio dei rifiuti.

L’enciclopedia Treccani ci dice qualcosa di più: “ In particolare la green economy è una forma economica in cui gli investimenti pubblici e privati ​​mirano a ridurre le emissioni di carbonio e l’inquinamento, ad aumentare l’efficienza energetica e delle risorse, a evitare la perdita di biodiversità e conservare l’ecosistema. Tali investimenti devono essere supportati dalla spesa pubblica, da riforme politiche e da cambiamenti delle regole miranti a mantenere, migliorare e, se necessario, ricostruire il capitale naturale come un bene economico di importanza critica.”

Come si nota dalla definizione Treccani, vi è un coinvolgimento pubblico e privato volto a migliorare le condizioni ambientali e conservare l’ecosistema attraverso una serie di attenzioni a numerosi fattori. La green economy richiede un cambiamento radicale del modo in cui ognuno di noi immagina il mondo produttivo e la vita quotidiana, attraverso un ripensamento globale della produzione e dello stile di vita che deve diventare sempre più sostenibile, teso a proteggere l’ambiente in cui si vive e la biodiversità.

Come sono adottate le politiche di  economia verde?

Per poter adottare politiche di green economy è quindi necessario, prima di fare investimenti, capire l’impatto ambientale che questi possono avere e come invece modificare l’impianto iniziale dei propri progetti al fine di ridurre l’inquinamento che si potrebbe produrre. Ad esempio utilizzando fonti energetiche alternative e rinnovabili, oppure riducendo il packaging dei prodotti, utilizzando materiali riciclati e simili iniziative che possono contribuire a ridurre le emissioni inquinanti.

Abbiamo però visto in precedenza che l’impegno verso la green economy deve essere dei privati, ma vi deve essere anche un impegno pubblico e non è detto che debba essere solo economico, infatti vi sono diverse norme che mirano ad incentivare comportamenti consapevoli e ridurre l’inquinamento, come il divieto di vendita di prodotti in plastica monouso previsto dal decreto legislativo 196 del 2021 .

Ulteriori misure di green economy sono quelle previste dal piano di transizione 4.0.

I vantaggi della green economy

Riduzione dei costi

I vantaggi della green economy sono numerosi e di diversa natura, proprio per questo nel breve periodo una conversione dell’economia può sembrare un costo, ma in realtà nel lungo periodo i vantaggi sono davvero maggiori rispetto ai costi.  La green economy può convertirsi in risparmio: riciclare vuol dire avere comunque un minore bisogno di materie prime e quindi allo stesso tempo una maggiore disponibilità a fronte di una domanda più bassa, questo si traduce anche in un costo minore delle materie prime, infatti lo stesso è determinato dall’equilibrio/squilibrio tra offerta e domanda di un determinato prodotto.

Sprecare meno vuol dire anche che diminuisce il costo della gestione dei rifiuti, infatti la green economy tende a ridurre la produzione di scarti, anche questo naturalmente si traduce in risparmio.

Crescita di posti di lavoro

La green economy porta anche alla nascita di nuovi posti di lavoro, anche denominati green jobs, si tratta di lavori connessi alle attività principali, ad esempio: addetti al recupero di rifiuti speciali, come possono essere i metalli presenti in molti dispositivi elettronici; lavoratori impegnati nel riciclo, in agricoltura. Molteplici figure professionali sono richieste nel settore delle energie rinnovabili. Tra i professionisti sempre più ricercati ci sono gli esperti in bioarchitettura, cioè specializzati nella progettazione basata sull’uso esclusivo di materiali di costruzioni e arredi “verdi” in quanto realizzati con materiali naturali (lana, legno, sughero, paglia) e in grado di ridurre i consumi energetici andando quindi a ridurre l’impatto energetico del fabbricato.

Tutela della salute

La green economy è in grado di migliorare la vita di ognuno di noi, infatti, non vi sono solo vantaggi economici legati a nuove professioni e al risparmio energetico, ma anche e soprattutto un miglioramento delle condizioni di vita e di salute. L’inquinamento si traduce in problemi alla salute, sia sotto forma di problemi all’apparato respiratorio dovuti alla presenza di polveri sottili nell’aria, sia problemi all’apparato gastro-intestinale messo a dura prova dall’uso di pesticidi in agricoltura, dalle piogge acide dovute all’inquinamento e dalla scarsa qualità in genere del cibo che mangiamo che viene in vari modi contaminato dall’inquinamento.

Niente crisi per la green economy

Investire per combattere la crisi aiuta a rimanere a galla, soprattutto se si tratta di innovazioni nel campo della green economy.
Dal rapporto di GreenItaly 2014, redatto da Unioncamere e Fondazione Symbola, che da 5 anni fa il punto sulle eccellenze della green economy nazionale, emerge infatti che in questo periodo più di un’impresa su cinque ha scommesso su innovazione, ricerca, conoscenza, qualità e bellezza, e soprattutto sulla green economy.

Sono infatti 341.500 le aziende italiane (circa il 22%) dell’industria e dei servizi con dipendenti che dal 2008 hanno investito, o lo faranno quest’anno, in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2.
La percentuale sale al 33% se si considerano le industrie manifatturiere.

L’economia verde non ha solo portato ricchezza alle aziende che vi hanno creduto, ma anche nuovi posti di lavoro, ben 3 milioni dal 2008 e la cifra è destinata a crescere ulteriormente nell’anno in corso con 234 mila assunzioni legate a competenze green: ben il 61% della domanda di lavoro.

Con questo andamento, i green jobs sono oggi al 70% per quanto riguarda le assunzioni destinate ad attività di ricerca e sviluppo, che supera dunque quel 61,2% che già aveva stupito l’anno scorso.

A questo proposito, ha dichiarato Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere: “Che la cultura green non sia oggi più soltanto patrimonio di un piccola cerchia di illuminati, ma, al contrario, sia un orientamento che sta progressivamente conquistando gran parte dei nostri connazionali, è dimostrato dalla disponibilità, che quasi 8 italiani su 10 dichiarano, a preferire prodotti eco-sostenibili all’atto dell’acquisto. Un acquisto peraltro oggi sempre più oculato e attento, visto il permanere di una sostanziale crisi dei consumi. Questa semplice constatazione deve ancora di più valorizzare l’atteggiamento seguito dalle nostre imprese, che si rivelano campioni anche nel fare un diverso tipo di made in Italy, in cui il rispetto della nostra tradizione produttiva si sposa indissolubilmente con la tutela dell’ambiente e si coniuga con una idea di business anche eticamente positiva, oltre che vincente”.

Vera MORETTI

Sempre più lavoro dalla green economy

Le buone notizie, per le imprese italiane, arrivano dall’ultimo rapporto Greenitaly, realizzato da Unioncamere e Symbola.

Il fatturato estero dell’industria italiana tra ottobre 2008 e giugno 2012, infatti, è cresciuto più di quello francese e tedesco.
Cosa significa ciò? Che sempre più stranieri scelgono il Made in Italy, anche al di fuori dei settori ormai noti come l’enogastronomia e il lusso.

Per fare un esempio concreto, il tessile tecnico italiano è quello maggiormente scelto in Cina. Le imprese locali, infatti, per centrare gli obiettivi imposti dal piano quinquennale del governo cinese sul risparmio energetico, acquistano macchinari progettati e assemblati nel Belpaese.

Secondo i dati del rapporto Greenitaly, le medie e grandi industrie italiane sono le più brave ad adattarsi velocemente alle esigenze dei clienti, e anche le più attente ai consumi.
Il mondo della green economy rappresenta, ad oggi, uno dei motori principali da cui ripartire per avviare una concreta ripresa.

Dal 2008 a oggi, sono 327mila, pari al 22% del totale, le aziende italiane che hanno scelto di investire nelle tecnologie green per ridurre il loro impatto ambientale e risparmiare energia.
Ciò porta a fare affari con l’estero, come accade alle imprese manifatturiere: il 42% delle imprese manifatturiere che hanno investito in eco-sostenibilità esportano, contro il 25 per cento di quelle che non lo fanno.

Ad essere maggiormente penalizzate sono le piccole realtà, perché la diffusione delle pratiche green è direttamente proporzionale alla capacità di investimento e alla facilità di accedere al sistema creditizio. Per questo motivo, si passa dal 18% delle micro-imprese con meno di dieci dipendenti, al 66% di quelle con più di cinquecento addetti.

Solo nei settori dove esistono norme o interessi particolarmente rilevanti per investire nel green, come quello chimico-petrolifero o della gomma plastica, si arriva al 30% anche tra le micro.
Piuttosto attive anche le piccole imprese di trasporti, logistica e comunicazione.
Tra i grandi, i valori di adesione superano il 90% nel settore cartario, chimico e metallurgico, anche se i settori più dinamici rimangono legno-arredo, tessile, ceramica, automotive, meccanica e chimica.

Ad oggi, coloro che svolgono un lavoro “green” sono più di 3 milioni, e anche quest’anno sono previsti ulteriori incrementi: su un totale di 563.400 assunzioni programmate nell’industria e nei servizi, circa 216.500 saranno nel settore green.
Nel 2013 le assunzioni “verdi“ sono state circa 52mila, più del 9 per cento del totale. Di queste circa 47mila non hanno carattere stagionale, mentre l’incidenza delle assunzioni a tempo indeterminato è del 52%.

Secondo il rapporto Greenitaly, nonostante la crisi abbia colpito tutti i profili professionali, le imprese cercano di salvare i posti di lavoro legati alla green economy, perché sono quelli “capaci di dare slancio all’attività, stare al passo con i tempi e permettere all’impresa di arricchire la propria immagine e la qualità dei servizi offerti“.

Tra i profili più richiesti, secondo i dati raccolti dal sistema informativo Excelsior, spiccano analisti e progettisti di software, che hanno il compito di predisporre i sistemi informatici necessari per gestire i sistemi ambientali ed ecologici.
Seguono gli operai specializzati in tecniche eco-sostenibili, come elettricisti delle costruzioni civili, meccanici, montatori di macchinari industriali e idraulici.

Altri profili invece sono più difficili da trovare: mancano all’appello specialisti in scienze economiche e ingegneri civili e meccanici.

Si iniziano anche a delineare le professioni più richieste del futuro, come l’ingegnere energetico e l’esperto di acquisti verdi, specializzato nell’individuazione di servizi a basso impatto ambientale, carpentieri del legno, bioarchitetti e chimici ambientali.

Vera MORETTI

Il lavoro del futuro? E’ Green

di Alessia CASIRAGHI

La Green attitude invade il mondo del lavoro. Unioncamere, nel corso della ventunesima edizione di JOB&Orienta, svoltasi a Verona, ha rivelato che nel 2011 il 38% delle assunzioni previste dalle aziende ha riguardato posizioni green, ovvero figure professionali legate alla sostenibilità.

Parola d’ordine per il curriculum: green skills. I settori legati alla sostenibilità in senso stretto, sembrano infatti la chiave non soltanto per uscire dalla crisi e far ripartire la crescita economica, ma anche per creare nuovi posti di lavoro.
La conferma arriva dal Rapporto GreenItaly, curato da Symbola e Unioncamere, secondo il quale il 23,9% delle imprese italiane (circa 370mila imprese, di cui 150mila industriali e quasi 220mila di servizi) tra il 2008 e il 2011 ha investito o investirà in tecnologie e prodotti green, scegliendo di coniugare qualità, innovazione e sostenibilità.

Delle 227 mila assunzioni previste per il 2011 in Italia, circa la metà, pari a 97.600 unità , il 16,4% del totale, sono legate alle “professioni verdi”, ovvero ai settori delle energie rinnovabili, della gestione delle acque e rifiuti, della tutela dell’ambiente, della mobilità ed edilizia sostenibile e dell’efficienza energetica.

In cima alla classifica il settore delle costruzioni, con oltre il 70% delle assunzioni programmate, seguito dall’industria manifatturiera. La richiesta riguarda le micro imprese del Sud del Paese.

Le professioni più richieste? L’auditor esperto in emissioni di gas serra in atmosfera, il tecnico superiore per industrializzazione, qualità e sostenibilità dell’industria del mobile, lo statistico ambientale, l’operatore marketing delle produzioni agroalimentari biologiche, il risk manager ambientale, l’ingegnere dell’emergenza, il progettista di architetture sostenibili e l’esperto del ciclo di vita dei prodotti industriali.

Le imprese lamentano però una difficoltà a reperire le figure riconducibili alla green economy e ai green jobs, al punto che quasi il 15% delle posizioni richieste rischia di rimanere insoddisfatto a causa di un’inadeguata preparazione dei candidati.

Un ultimo fattore è degno di segnalazione: il 48% degli impiegati nella green economy riescono a strappare contratti a tempo indeterminato in tempi piuttosto ristretti. E se il green e il colore della speranza…