Calderone in difesa della fedeltà fiscale dei professionisti

“Il grado di fedeltà fiscale dei professionisti ordinistici è molto elevato. Più in generale servirebbe un nuovo modo di gestire il rapporto fiscale con un sistema diverso, basato più sulla tassazione dei consumi che sulla presunzione dei ricavi”. Così Marina Calderone, presidente del Cup e del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, in un’intervista a ‘Il Sole 24 Ore’, commenta l’azione di controllo della Gdf nei confronti delle professioni.

“Tutti i contribuenti -continua Calderone- devono rispondere del loro rapporto tributario con lo Stato. Non ci possono essere aree grigie o di tolleranza: nè può apparire strana l’esistenza di aree residuali, su di un campione non esattamente significativo, di illiceità che va perseguita ma non enfatizzata”.

Per Calderone, in conclusione “gli Ordini devono continuare ad assolvere il loro gravoso compito di garanzia nei confronti dei cittadini a tutela della fede pubblica, perseguendo chi non rispetti le regole”.

Fonte: Adnkronos.it

Codacons: estendere i blitz anti evasione

Nei primi quattro mesi del 2012 la Guardia di Finanza ha scoperto circa 650 milioni di euro di Iva evasa. Il Codacons plaude all’azione delle forze dell’ordine, ma è evidente che quello che è stato fatto finora non basta se si considera che per la Corte dei Conti sull’Iva vi è una evasione del 36%, di gran lunga la più elevata tra i grandi Paesi europei, con l’eccezione della Spagna.

Se si vuole combattere seriamente l’evasione, il Governo Monti deve cambiare il meccanismo che consente a professionisti ed artigiani disonesti di evadere con la complicità del consumatore, grazie allo sconto sulla prestazione. Innumerevoli le possibili soluzioni, a cominciare da un diverso sistema di detrazioni fiscali.

Il Codacons chiede, inoltre, che i blitz della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle entrate non si limitino agli esercizi pubblici come locali notturni, ristoranti e alberghi, ma si estendano anche ad idraulici, elettricisti, meccanici, gommisti, carrozzieri, architetti, avvocati …. insomma artigiani e professionisti vari. In particolare l’associazione di consumatori ricorda che, avendo il decreto Salva Italia codificato la prassi di eseguire “gli accessi in borghese”, è indispensabile che gli agenti si fingano normali clienti di questi artigiani.

Basterebbe recuperare il 10% dell’evasione sull’Iva per scongiurare l’aumento previsto ad ottobre.

Fonte: agenparl.it

Trieste: beccati idraulici evasori fiscali

Idraulici con grande giro d’affari, ma inesistenti per il fisco. A scoprire tre evasori totali e un evasore paratotale, per circa cinque milioni di euro, è stata la Guardia di finanza del gruppo di Trieste.

Gli idraulici evasori operavano soprattutto in alcuni stabili gestiti da un amministratore di condominio di Trieste. Dalle indagini è emerso che uno degli artigiani, pur avendo formalmente cessato l’attività da diversi anni, continuava a lavorare utilizzando per la fatturazione un codice fiscale alterato, prendendo lavori appaltati a prezzi ribassati alla ditta del figlio, risultato evasore paratotale.

I titolari delle altre due imprese artigiane coinvolte, sempre evasori totali, hanno invece adottato lo spostamento ‘fittizio’ della propria residenza in Slovenia, nel tentativo di eludere i controlli dell’erario italiano. I due imprenditori, pur se anagraficamente residenti a Trieste, risultavano abitare vicino a Capodistria, da dove si muovevano quotidianamente per raggiungere la città giuliana ed eseguire i lavori che venivano loro commissionati.

Fonte: ansa.it

Guardia di Finanza contro il caro-benzina

La benzina vola e le Fiamme Gialle si muovono per capire come mai ha messo le ali. La procura di Varese ha infatti avviato un’indagine nella quale le compagnie petrolifere vengono assimilate a soggetti incaricati di un pubblico servizio; così, i militari del Nucleo di Polizia Tributaria della Gdf di Varese si sono recati nelle sedi delle principali compagnie petrolifere italiane per acquisire la documentazione necessaria a verificare l’esistenza di possibili manovre speculative sui prezzi dei prodotti petroliferi. L’indagine della procura varesina ha preso il via da un esposto presentato dal Codacons, riferito a possibili manovre speculative su prodotti petroliferi atte a determinare, indebitamente, il rincaro di benzina e gasolio al dettaglio sul mercato nazionale italiano

La denuncia fa riferimento alla “violazione delle norme che puniscono la condotta di chi pone in essere manovre speculative sulle merci“. “Negli ultimi anni – si legge nell’esposto – abbiamo dovuto assistere ad un continuo, elastico speculativo margine tra il prezzo del singolo barile di petrolio e le influenze dello stesso sul costo del carburante presso i vari distributori. In particolare, avviene di sovente che il prezzo del carburante per i consumatori aumenti immediatamente ogni qual volta si verifica un incremento del costo del petrolio mentre, viceversa, tale corrispondenza viene a mancare nel momento in cui il prezzo del petrolio scende“.

In quest’ultimo caso, infatti, la diminuzione del prezzo del carburante presso i distributori è molto lento, causando un ingiusto profitto a danno dei consumatori. Inoltre tali aumenti tendono a verificarsi sistematicamente in prossimità delle cosidette grandi partenze, incrementando il sospetto che in queste occasioni vengano scientificamente poste in essere delle manovre atte ad aumentare il prezzo del bene benzina, in danno ai consumatori“.

Questa azione della Gdf è un provvedimento innovativo, sotto il profilo dell’inquadramento giuridico, poiché assimila le compagnie petrolifere a soggetti incaricati di un pubblico servizio in quanto l’attività esercitata, rivolta a un pubblico indeterminato e caratterizzata da un prodotto di essenziale utilità per i cittadini e le imprese, è soggetta a norme di diritto pubblico ed a provvedimenti e interventi da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

Nonostante l’apertura delle indagini, il presidente di Unione Petrolifera, Pasquale De Vita, si mostra sereno. Un’indagine di questo tipo “è una cosa seria e sarà fatta seriamente ed emergerà la verità. Sono molto tranquillo“.

Evasione, le linee guida dei Comuni per segnalare i furbetti

La lotta all’evasione fiscale parte, oltre che dai cittadini, anche dagli enti locali.

Con il Provvedimento del 27 febbraio 2012, l’Agenzia delle Entrate ha infatti stabilito le linee guida che i Comuni devono seguire per inviare alla Guardia di Finanza e all’Agenzia delle Entrate le segnalazioni qualificate, quelle in grado di evidenziare, come dice il Provvedimento, “senza ulteriori elaborazioni logiche” i comportamenti evasivi o elusivi.

Con riferimento alle segnalazioni qualificate, rilevanti ai fini dell’accertamento dei contributi previdenziali e assistenziali non dichiarati, trasmesse dai Comuni all’INPS, il Provvedimento individua come specifico ambito d’intervento quello del “Contrasto al lavoro sommerso”, per il quale dovranno essere inviate all’INPS segnalazioni qualificate relative a soggetti che:

– effettuano attività edilizia omettendo la denuncia contributiva relativa all’impresa;
– svolgono attività di commercio ambulante o su area pubblica omettendo la Comunicazione Unica ai fini fiscali, amministrativi e previdenziali e/o la denuncia contributiva relativa all’impresa;
– svolgono attività commerciale o artigiana omettendo sia la Comunicazione Unica ai fini fiscali, amministrativi e previdenziali che la denuncia contributiva relativa all’impresa.

Laura LESEVRE

Vedi Napoli e poi evadi

di Davide PASSONI

Ci risiamo. La Guardia di Finanza si è rimessa i costumi di scena ed è tornata sul palcoscenico e sotto i riflettori per un’altra operazione “spettacolare” contro i furbetti dello scontrino. Dopo i blitz dei mesi scorsi nelle località più “in” del Nord, da Cortina a Portofino, e nei locali ed esercizi della Milano da bere, questa volta è toccato al Sud, a Napoli.

Li avevano invocati, il governatore del Veneto Luca Zaia altri esponenti leghisti, controlli spettacolari ed efficaci anche al Sud. Eccone uno di tutto rispetto, per la città interessata e per i risultati sconcertanti ottenuti. Un blitz per scoprire che cosa? L’acqua calda fiscale, ovvero che l’Italia è veramente unita almeno quando si tratta di uccellare il fisco.

I numeri del blitz partenopeo parlano chiaro. I militari hanno effettuato controlli nelle zone dei mercati (Sanità – Pignasecca – Sant’Antonio Abate – Sant’Anna a Capuana) e in quelle a più alta vocazione commerciale (Vomero – Chiaia – via Toledo – corso Umberto I). Su 386 esercizi commerciali controllati, 317 sono risultati irregolari, tanto che l’82% di loro, di fatto non adempiva agli obblighi fiscali previsti dalla vigente normativa. Nel mercato di Sant’Anna a Capuana, con l’arrivo dei finanzieri gli incassi sono nettamente aumentati: su circa 50 ambulanti presenti, 40 di loro erano privi del misuratore fiscale e, all’arrivo dei militari, si è registrata una variazione media degli incassi del 133%, con un picco del 985%.

E vogliamo parlare delle auto? Su 35 veicoli controllati, 8 sono risultati intestati a persone fisiche o imprese con un reddito totalmente non in linea con il valore del veicolo. Basti dire che gli intestatari di una Porsche Carrera e di una Audi A5 non hanno mai presentato la dichiarazione dei redditi.

Occhi puntati anche sulla movida. Nelle ore serali e notturne sono stati eseguiti controlli in 30 esercizi commerciali: su 261 lavoratori intervistati, 34 sono risultati irregolari. Nei confronti di 5 locali sarà avanzata la proposta di sospensione dell’attività per gravi irregolarità in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro.

E visto che siamo a Napoli, tolti gli abiti borghesi e rimessa la divisa, alcune pattuglie hanno dato attuazione nel centro della città a una serie di attività per contrastare e prevenire l‘abusivismo commerciale, la contraffazione dei marchi, tutelare la sicurezza prodotti e del made in Italy e combattere la vendita di sigarette di contrabbando.

Insomma, dove vai vai la storia è sempre la stessa. Del resto, quali che siano le ragioni storiche o antropologiche (se ci sono….), un dato resta certo: vista la qualità dei controlli e la natura delle sanzioni, c’è chi si fa due conti e ne deduce che, alla fin fine, perché non provarci? Conviene di più non dichiarare che farsi ammazzare di tasse. Fino a quando la musica cambierà. Speriamo che questo sia solo il preludio di una bella sinfonia “eroica” contro i furbetti dello scontrino.

Caccia all’evasione 2.0

 

Un nuovo modo per ‘scaricare’ le tasse, o meglio gli evasori. Si chiama Tassa.li, la nuova app per Android e Apple che permette di segnalare direttamente dal proprio smartphone chi evade il fisco. Come?

Basterà scaricare sul proprio cellulare l’app gratuita e tenere gli occhi aperti: Tassa.li permette infatti agli utenti di segnalare in tempo reale e in modo anonimo ogni abuso al fisco. Scontrini mancati, fatture non emesse, importi non corretti. L’idea è semplice e intuitiva: basterà scrivere l’importo della mancata ricevuta e indicare a quale delle quattro categorie fa parte (bar e ristoranti, locali notturni, servizi, negozi) e premere invio. Il gioco è fatto: la segnalazione è partita. Grazie infatti al sistema di localizzazione satellitare dei cellulari la posizione dell’evasore viene rilevata e inviata immediatamente al server di Tassa.li.

Un vero e proprio data base stana-evasore, che ha già raggiunto quota 27 mila utenti che hanno inviato oltre 43 mila segnalazioni tramite il sistema ‘Tassa.li’. In coordinamento con la Guardia di Finanza e le Forze dell’Ordine, la nuova app ha già permesso l’individuazione di oltre 7 milioni e 300mila euro di evasione.

Tassa.li è nata da un’idea di un giovanissimo imprenditore, Edoardo Serra, che insieme a un gruppo di ‘malati di tecnologia’, fra cui alcuni studenti del Politecnico di Milano ha dato vita alla nuova application. L’app era già stata lanciata a luglio 2011, ma solo dopo il boom dei controlli di finanza nelle varie città italiane ha conquistato la ribalta di giornali e siti web. Per chi non possiede uno smartphone, Tassa.li è disponibile anche in versione web.

Allarme etichette bugiarde

Tre cartoni su quattro di latte Uht presenti nei nostri supermercati sono di importazione; la maggior parte dei prosciutti – due su tre – sono prodotti con cosce di animali di importazione, ad esclusione di quelli a denominazione di origine; metà delle nostre mozzarelle e dei nostri formaggi, non a denominazione di origine, non sono prodotti in Italia ed un terzo della nostra pasta, venduta nel nostro Paese, è fatta con grano saraceno. Eppure tutti vengono venduti come prodotti italiani. Sono solo alcuni esempi che danno un’idea di quanto sia esteso nel settore agroalimentare italiano – un settore d’oro, ricorda la Coldiretti, che in valore assoluto produce nel nostro paese circa 150 miliardi di euro di fatturato – il fenomeno della contraffazione.

I risultati emergono dal lavoro d’indagine della Commissione parlamentare d’inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, che ha approvato una relazione specifica sui reati nel settore agroalimentare, in questi giorni al vaglio dell’Aula di Montecitorio. Perchè dell’argomento se ne occupi il Parlamento con una commissione ad hoc è presto detto: i danni provocati da questo tipo di reati sono ingenti, per i produttori e per i consumatori. Nell’ultimo triennio – e a parlare chiaramente sono sempre i numeri – i reparti della Guardia di Finanza hanno sottoposto a sequestro oltre 3.700 tonnellate di merci e quasi 6 milioni e mezzo di litri di prodotti alimentari contraffatti o comunque recanti un’etichettatura ingannevole sull’origine o sulla qualità del prodotto. “Naturalmente si tratta non di prodotti di alta qualità – si precisa nella relazione del Parlamento -, ma comunque destinati ai nostri supermercati senza alcuna indicazione riferita all’origine o che ne caratterizzi la qualità”.

La cronaca, ancora meglio dei numeri, racconta la reale portata del fenomeno. A Salerno, ad esempio, sono stati sequestrati quasi 100 mila litri di olio destinati al mercato italiano e a quelli statunitense e canadese. Le bottiglie riportavano un’etichetta doppiamente ‘bugiarda’: non si trattava di olio extravergine di oliva nè, soprattutto, di olio italiano bensì spagnolo. Dell’immagine italiana si abusa anche quando si parla di formaggi: a giugno a Taranto sono state sequestrate oltre 24 tonnellate di formaggio proveniente da Amburgo e destianato al mercato libico, che riportava sull’etichetta la denominazione ‘mozzarella’, con il tricolore italiano e altri segni distintivi nazionali come gli scavi di Pompei. Contraffazioni a go go anche per i pomodori, specie per i San Marzano.

“Si tratta di un settore che merita particolare attenzione – fanno notare i commissari nella loro relazione – perché alcune statistiche indicano come l’importazione di pomodoro di origine extra Unione europea sia incrementata nell’ultimo anno del 187 per cento, con la conseguente possibilità di un crescente utilizzo fraudolento dell’alimento in produzioni dichiarate nazionali”. Non va meglio nel settore vinicolo, dove la contraffazione non ha risparmiato nemmeno vini di qualità come il Sassicaia e l’Amarone della Val Policella Docg. Dal 2007 al 2009 le bottiglie di finto Amarone vendute sono state circa 1.200.000, per un guadagno illecito di circa 2.500.000 euro.

Fonte: agenparl.it

L’esercito degli evasori totali

Tra il 2001 e il 2010 la Guardia di Finanza ha svolto un lavoro ciclopico di lotta all’evasione fiscale e al lavoro nero. Secondo un’laborazione dell’Ufficio Studi della Cgia di Mestre, nel periodo indicato sono stati scovati quasi 350mila lavoratori in nero ed evasori totali e paratotali. L’imponibile recuperato dal contrasto all’evasione si aggira attorno ai 230 miliardi di euro: un valore leggermente superiore al Pil di Piemonte e la Toscana.

Secondo il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi, “se facciamo una media molto trilussiana possiamo dire che in questi ultimi 10 anni sono venuti a ‘galla’ mediamente oltre 63 milioni di euro al giorno“.

Riguardo alla crescita dell’imponibile recuperato, in termini assoluti si è passati dai 15,28 miliardi accertati nel 2001 ai 49,24 “recuperati” nel 2010: +222% nel decennio.

Non è un caso – dice ancora Bortolussiche l’imponibile accertato abbia assunto dimensioni rilevanti negli ultimi 4 anni. Il merito va alla politica adottata dall’Amministrazione finanziaria che ha intensificato in maniera encomiabile l’azione contro i grandi evasori e coloro che sono completamente sconosciuti al fisco“.

Se sarà introdotta la cosiddetta patrimoniale – prosegue-, a pagare non saranno, ancora una volta, solo coloro che sono conosciuti al fisco, mentre chi è un evasore totale la farà franca ancora una volta? Quindi, non è meglio potenziare l’attività di contrasto alla grande evasione che in questi ultimi anni ha dato ottimi risultati?“.

Parlando di persone, nel periodo in esame ne sono state scoperte quasi 350mila: 81.770 evasori totali (persone completamente sconosciute al fisco) e paratotali (contribuenti che hanno occultato oltre il 50% del loro giro d’affari) e altri 267.355 che svolgevano un’attività completamente o del tutto in nero.

Secondo l’Istat, però, in Italia l’imponibile sottratto ogni anno al fisco attorno è di circa 250/275 miliardi di euro. Se nel 2010 sono stati recuperati poco meno di 50 miliardi, significa che siamo ancora intorno al 20% del totale stimato.

Attenzione a distinguere bene tra imponibile accertato e riscossione effettiva, ossia i soldi che concretamente finiscono nelle casse dell’Erario dopo i vari livelli di giudizio. “Ebbene – conclude Bortolussile riscossioni effettive, seppur in forte aumento negli ultimi anni, si aggirano attorno al 10-12% dell’imponibile accertato. Un risultato ancora contenuto che va assolutamente migliorato“.

Crack Amato, indagato Siciliotti

Il presidente nazionale dell’ordine dei commercialisti, Claudio Siciliotti, è indagato insieme ad altre 11 persone nell’ambito del crack del pastificio Amato di Salerno, dichiarato fallito lo scorso luglio. Siciliotti, secondo la Procura di Salerno, sarebbe coinvolto nell’ipotesi di bancarotta fraudolenta che interessa la ditta. Sia Siciliotti, sia un consigliere nazionale dell’ordine, Roberto D’Imperio, anch’egli indagato, sono stati consulenti dell’azienda nel 2006 per assisterla durante il delicato passaggio generazionale. Nei giorni scorsi i finanzieri hanno anche perquisito lo studio di Udine di Siciliotti. Indagato anche il titolare dell’azienda, Giuseppe Amato, insieme ad altri quattro componenti della famiglia.